Sempre durante l'esposizione temporanea del museo nazionale svizzero di Zurigo l'occhio mi cade su una bambola inquietante, la scambio inizialmente per una bambola vodoo, ben conscio che da queste latitudini simili credenze non erano di casa.
La bambola dell'alpe Drusa
C'erano una volta un bracciante e un malgaro sull'Alpe Drusa. Avevano poco da fare e uno di loro, in preda all'euforia, ebbe la sacrilega idea di costruire una bambola a grandezza naturale con dei ritagli di stoffa. La vestirono con dei vestiti. La portarono in giro, la fecero sedere su una panchina e le misero in bocca mosto e panna. Poi le fecero domande blasfeme, la derisero, la accarezzarono e molto altro ancora, finché il malgaro ebbe l'empia idea di battezzare la bambola.
Per questo "battesimo" si suonavano grandi campanacci e si poneva una "Gebse" (piatto di legno per il latte) su un bastone. Questo era il fonte e la fonte battesimale. I servitori erano le dee e il malgaro stesso il "sacerdote", che eseguiva l'atto peccaminoso del battesimo.
Erano impegnati a battezzare la bambola quando una povera vecchia entrò nella capanna e chiese un dono. "Abbiamo già una vecchia da sfamare", fu la risposta del pastore senza cuore. "Lasciatela mangiare".
- "Vado io", gridò la donna, "ma lei deve mangiare e mangiare".
"Sì, mangerà e mangerà", esclamò beffardo il casaro alla donna, e con queste parole mise un cucchiaio di panna in bocca alla bambola.
Allora accadde un orribile miracolo: "Nel momento in cui il malvagio casaro alpino, con i tre nomi più alti, versò l'acqua sulla bambola, questa aprì gli occhi e cominciò a parlare.
"Sì, voglio mangiare, mangiare e mangiare", gridò. E fissò il malgaro e i servi con orribili occhi luminosi.
I braccianti, pieni di paura del mostro, rispettarono l'avvertimento.
Ma quando si voltarono dal terzo burrone verso la montagna, il pupazzo aveva appena steso la pelle del malgaro sulla grande pietra vicino alla montagna, che aveva scuoiato il malvagio quando era ancora vivo.
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