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Death tour 2024

O charoigne, qui n'es mais hon,
 Oui te tenra lors compaignée?
Ce qui istra de ta liqueur, 
Vers engendrés de la pueur
De ta ville chair encharoignée.'

« O cadavere che non sei più uomo, / Chi ti terrà ora compagnia? / Ciò che uscirà dal tuo liquore, / Vermi generati dal fetore / Della tua vil carne incarognita». P. DE NESSON, Vigiles des morts; parapbrase sur Job, cit. in Antologie poétique française, Moyen Age, Paris, Garnier, 1967, vol. II, p. 184.

Je n'ay plus que les os, un squelette je semble
Décharné, démusclé, dépoulpé...
Mon corps s'en va descendre où tout se désassemble

«Sono tutt'ossa, sembro uno scheletro / Scarnito, snervato, spolpato... / Il mio corpo scenderà dove tutto si dissolve». P. DE RONSARD, Derniers vers, sonetto I, Oeuvres complètes, ed. P. Lau-monier, Paris, Silver et Le Bègue, 1967, vol. XVIII, parte I, pp.176-177.

I vermi che mangiano i cadaveri non vengono dalla terra, ma dall'interno del corpo, dai suoi «liquori» naturali:

Chascun conduit
Puante matière produit
Hors du corps continuellement.

«Ciascun condotto [del corpo] Produce fetida materia / Fuori dal corpo di continuo ». P. DE NESSON, cit. da A. TeNeNTI in Il senso della morte..., cit., p. 147

Death Tour: vivere la morte

Partendo da queste brevi strofe approfitto di una settimana libera per partire in un viaggio che mi avvicinerà ai diversi modi di approcciare e vivere la morte nel corso dei secoli. Per questo tour decido di tralasciare le hit sul tema come possono essere la danza della morte di Basilea, di Berna, del Spreverbrücke di Lucerna ma mi limito ad andare a cercare quelle più discoste e meno conosciute.
Per la gran parte in località molto discoste, non tra le mete canoniche del turismo e di conseguenza in una pace idilliaca.

Tour di giugno

Bisogna lasciar la casa, gli orti e i giardini

La decomposizione è il segno del fallimento dell'uomo, e questo è senza dubbio il senso profondo del macabro, che ne fa un fenomeno nuovo e originale.
Per ben comprenderlo, bisogna partire dalla nozione contemporanea di fallimento che, purtroppo, ci è molto familiare nelle società industriali di oggi.

Oggi l'adulto prova, presto o tardi, e sempre più presto, il sentimento d'aver fallito, il sentimento che la sua vita di adulto non ha realizzato nessuna delle promesse della sua adolescenza. Questo sentimento è all'origine del clima di depressione che si diffonde nelle classi agiate delle società industriali.
Questo sentimento era del tutto estraneo alla mentalità delle società tradizionali. Non era già più estraneo all'uomo ricco, potente o istruito alla fine del Medioevo.

Tuttavia, fra il nostro senso contemporaneo del fallimento personale e quello della fine del Medioevo, esiste una differenza molto interessante. Oggi non mettiamo in rapporto il nostro scacco vitale e la nostra mortalità umana. La certezza della morte, la fragilità della nostra vita sono estranee al nostro pessimismo esistenziale.

Invece, l'uomo della fine del Medioevo aveva la consapevolezza acutissima di essere un morto a breve scadenza, e la morte, sempre presente dentro di lui, infrangeva le sue ambizioni, avvelenava i suoi piaceri. E quest'uomo nutriva una passione per la vita che oggi possiamo a stento comprendere, forse perché la nostra vita è divenuta più lunga: « Bisogna lasciar la casa e gli orti e i giardini...» diceva Ronsard pensando alla morte.

Con questa riflessione, che sento appartenermi malgrado non vivo nel tardo Medioevo, mi accingo a partire in questo viaggio ai confini del tempo. 
Stay tuned.

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