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Morte e dintorni nei musei di Basilea

Che il tema della morte nella città di Basilea fosse onnipresente nella vita quotidiana del passato l'avevo già notato visitando il museo di storia; così come a Berna anche a Basilea il tema della danza macabra é ampiamente conosciuto e faceva parte del tessuto della società.

Con la mia visita al Kunstmuseum di Basilea in data 22.04.2023 ho il modo di approfondire il tema da diversi punti di vista e sotto diverse sfaccettature. 

Danza della morte 

Intorno al 1440, un artista sconosciuto aveva dipinto una danza della morte sul muro interno del cimitero laico vicino al monastero domenicano. Il quadro era alto circa 2 metri e lungo 60 metri. Poiché il muro fu abbattuto nel 1805, il dipinto andò distrutto. Alcuni amanti dell'arte hanno fatto tagliare pezzi del dipinto dal muro durante la demolizione. I frammenti del quadro che si salvarono all'epoca sono esposti all'Historisches Museum Basel, Barfüsserkirche. Essi colpiscono per la loro elevata qualità artistica.

Una delle 37 coppie danzanti presenti sul muro del cimitero di Basilea (Museo di Storia di Basilea)

37 coppie danzanti, ciascuna composta da uno scheletro e da un essere umano morente, gli scheletri personificavano la morte. I singoli moribondi erano identificati dai loro abiti e attributi come membri di diversi gruppi sociali. L'ordine dei danzatori rifletteva la struttura sociale tardo-medievale. La processione danzante era guidata dalle autorità ecclesiastiche e secolari, seguite dai rappresentanti delle proprietà e delle professioni di una città. Alla fine, danzavano i rappresentanti più bassi della società: cieco, ebreo, pagano, cuoco e contadino. 

Dettaglio delle 37 coppie danzanti (Museo di Storia di Basilea)

Il quadro dal tema macabro voleva rappresentare l'incertezza dell'ora della morte, l'onnipresenza della morte, l'ineluttabilità davanti alla morte, ma soprattutto l'uguaglianza di tutti gli uomini davanti alla morte. I visitatori del cimitero dovevano ricordarsi della fragilità di tutto ciò che è terreno e della finitezza della propria vita. Venivano ammoniti con urgenza a trascurare i valori terreni come la ricchezza, la bellezza e il potere. L'intento moraleggiante-didattico corrispondeva agli obiettivi dell'Ordine domenicano, che non si insediava in valli isolate ma in città e perseguiva attivamente la cura pastorale del popolo. Per la loro spiccata attività di predicazione, i domenicani erano chiamati anche predicatori. 

Il breve circolo della vita

Vita somnium breve (la vita é un breve sogno), 1888, Arnold Böcklin

Nell'opera di Böcklin, il bambino rappresenta i primi anni di vita. Adottando una variante del motivo popolare della "scala della vita", utilizzato fin dal XVI secolo per simboleggiare la vita umana in una serie di gradini ascendenti e discendenti. In una postura piuttosto adulta, il bambino, seduto a terra, guarda fuori dal quadro tra le figure di adulti e cavalli che lo sovrastano.
In alto la morte sta per colpire all'improvviso 

La morte

Statuetta raffigurante la morte che abbozza un beffardo ghigno mentre stringe una clessidra, sa già che la partita la vincerà lei, questione di tempo. Museo di storia di Basilea

Vanitas Natura morta con teschio, 1630,  Sebastian Stoskopff

L'anno 1630 si legge nell'almanacco sulla parete di fondo. Datato 1630/31 da Hahn-Woernle; nel catalogo di Strasburgo/Aquisgrana dopo il 1630.
Il libro musicale aperto contiene la parte superiore di una composizione in cinque parti di Orlando di Lasso (1532-1594) dopo un rondeau di Clément Marot (1496-1544) intitolato "Un bien petit de pres me venez prendre". In linea con il tema della vanitas, il poema tratta della richiesta di dilazione del pagamento da parte di un debitore. Il componimento fu pubblicato per la prima volta nel 1571; seguirono altre edizioni fino al 1599. È riconoscibile per l'iniziale a V e l'intestazione "Orlande" sul lato sinistro. 

Natura morta con teschio, libri, flauto e pipa (Harmen Steenwyck)

Steenwyck dipinse diverse nature morte con teschi su cui è posto un berretto. Si confrontino, ad esempio, i dipinti firmati del Dordrechts Museum di Dordrecht (inv. n. 453) e di Christie's New York, 12.1.1996, lotto 174. In entrambi, come in questo caso, i flauti sono depositati accanto al teschio.

Morte a simboleggiare la rinuncia al mondo

Dittico: Hieronymus Tscheckenbürlin e la personificazione della morte, 1487 
Oberrheinischer Meister, 15. Jh

L'iscrizione aggiunta successivamente sulla cornice originale identifica il giovane elegantemente vestito e fornisce i dati fondamentali della sua movimentata biografia: Hieronymus, appartenente alla rispettata famiglia basilese degli Tscheckenbürlins (1461-1536), stupì i suoi contemporanei quando, tornato dagli studi in Francia con la licenza di legge, rifiutò una carriera secolare di successo per entrare invece nella Certosa di Basilea nel 1487. Nel 1501 divenne priore, l'ultimo prima della Riforma che portò allo scioglimento del monastero. Il suo nome è ancora associato alla sala Tscheckenbürlin, riccamente decorata.
Il dittico mostra il giovane nel tipo di un ritratto di fidanzamento con un fiore nella mano destra. L'accostamento con la figura della Morte è originale e simboleggia in modo macabro la rinuncia al mondo. Una seconda versione del dittico Tscheckenbürlin si trova all'Historisches Museum di Basilea (Inv. 1882.72). Si tratta certamente di una copia di poco successiva, sulla quale però Tscheckenbürlin è ora visibile nell'austero abito da monaco.

La morte e le giovani fanciulle

SINISTRA:  l'uomo d'ossa usa ancora la forza fisica tirando la giovane bellezza per i capelli. A sinistra indica la tomba aperta / DESTRA la donna appare un po' più matura e l'uomo con le ossa cerca di rubarle un bacio. L'interpretazione di Koerner (1985), secondo cui la Morte morde la Bella, è assurda: se si tratta di un morso, perché un mordicchiamento così maldestro della guancia o della punta del mento, quando la spalla e la parte superiore del braccio sarebbero evidenti? (Hans Baldung gen. Grien)

La morte nella guerra

Nella primavera del 1516, spinto senza dubbio dal denaro, ma anche dalla sua nuova posizione politica, si unì alle truppe mercenarie bernesi inviate in Italia contro la Francia. Le sue doti artistiche, già apprezzate dai suoi contemporanei, portarono i suoi ufficiali a chiedergli di creare lo stendardo bernese di Giulio II. Giunto in Piemonte con altri 13.000 Reisläufer, Niklaus marcia su Novara, tenuta da connazionali al servizio del Duca di Milano e assediata da 10.000 francesi. La mattina del 6 giugno, sorprendendo l'esercito francese nel suo accampamento e finendo rapidamente sotto il fuoco dell'artiglieria, gli svizzeri si scontrano frontalmente con i francesi e i loro ausiliari, lasciando sul campo 1.500 uomini e riuscendo a circondare gli avversari e a massacrarne da 5.000 a 10.000. I bernesi vittoriosi seguirono la prassi delle guerre sveve, giustiziando senza pietà i lanzichenecchi tedeschi al soldo della Francia che erano stati catturati dopo la battaglia. Niklaus Deutsch tornò a casa ferito a una mano e impressionato dalla violenza e dalla crudeltà dei combattimenti

Le impressioni che ne ricavò potrebbero avergli ispirato l'interpretazione della sua morte come un lanzichenecco e della sua bua come una prostituta.
I trionfi della morte
Che due dei quadri che conoscevo fossero esposti a Basilea poi per me é stat una grande sorpresa e meraviglia.


Morte nelle vesti di un mercenario che abbraccia una giovane donna  (Niklaus Manuel)

Niklaus Deutsch mantenne la carica di balivo fino al 1528, anno della disputa di Berna e del suo ingresso nel Piccolo Consiglio. Come alfiere della corporazione dei conciatori e sostenitore di Zwingli in una città che era passata definitivamente alla Riforma, ebbe un ruolo di primo piano nella distruzione iconoclasta delle opere a cui egli stesso aveva contribuito.

Il trionfo della morte

Copia dal "Trionfo della morte" di Pieter Bruegel il Vecchio, conservato al Prado di Madrid. Secondo Klaus Ertz, è attribuibile al figlio maggiore, Pieter Brueghel il Giovane, la cui opera consiste principalmente in copie da dipinti del padre. 

Un'altra versione firmata da lui e datata 1626 si trovava a Cleveland, Mildred Andrews Fund (cfr. Van Hauwaert-Thomaes/Folie 1993, Tf. 2, più recentemente Sotheby's New York, asta 27/28.1.1999). Come nella versione di Cleveland, anche nel dipinto di Basilea sono presenti dei sottodisegni, alcuni dei quali non sono stati eseguiti. Tra questi, ad esempio, il cadavere di un bambino che pende a testa in giù dalla bara, presente nella versione originale del padre. Altre copie di Jan Brueghel il Vecchio si trovano nel Joanneum di Graz e nelle Fürstliche Samlungen Liechtenstein di Vaduz.

Descrizione

I toni caldi del quadro evocano un'atmosfera infernale che ben rappresenta la drammaticità del momento: la Morte è giunta e sta uccidendo gli uomini, i quali reagiscono nei più svariati modi (sorpresa, sgomento, rassegnazione, inutile ribellione).

Alla sinistra della parte inferiore del quadro, viene raffigurato un imperatore a cui uno scheletro mostra una clessidra (simbolo della fine della sua vita); accanto a loro, uno scheletro con l'armatura affonda le mani in barili pieni di monete (simbolo della ricchezza), inutilmente accumulate dall'uomo. Dietro l'imperatore, passa il carro della morte guidato da due scheletri: uno, appoggiato sul carro, sta suonando tristemente una ghironda; l'altro, alla guida del magrissimo cavallo, è affiancato da una gazza dagli oscuri presagi; sotto il carro, alcune persone cercano invano di nascondersi da loro due. Sopra il carro, un gruppo di scheletri vestiti di bianco esce da una chiesa, suonando le trombe dell'Apocalisse mentre altri due tirano le corde della campana.

Al centro della parte inferiore del quadro, viene raffigurato un sinistro e fiammeggiante castello pieno di diavoli mentre una serie di mostri, esce da una voragine infernale e attaccano i vivi. Accanto all'imperatore, uno scheletro indossante un galero sorregge un prelato che si sente mancare mentre davanti a loro, una filatrice è morta e non può impedire a un cane scheletrico di andare dal suo bambino. Alla destra della filatrice, un pellegrino viene spogliato e sgozzato da uno scheletro vestito da una maglia di ferro da soldato mentre, sopra di loro, due scheletri incappucciati trascinano una bara, investendo un altro morto; ancor più sopra, altri due utilizzano una rete per catturare la folla fuggente. Alla destra degli scheletri, la Morte irrompe a cavallo, reggendo una falce e guidando la sua armata delle tenebre contro una folla costituita da persone di tutti i ceti sociali che viene spinta in una grande stanza galera, con la porta levatoia alzata da due scheletri, incoraggiati da un altro che suona il tamburo. Tra la folla spinta nella prigione, dei soldati cercano inutilmente di contrastare alcuni scheletri con le proprie spade (simbolo della guerra).

Alla destra della parte inferiore del quadro, viene raffigurato un tavolo pieno di carte da gioco, sotto il quale cerca di nascondersi un buffone mentre gli scheletri afferrano le damigelle e porgono loro ossa disgustose sui vassoi da portata, rovesciano le bisacce e spargendo i giochi; accanto al tavolo, una coppia ignora quanto sta avvenendo, distraendosi con la musica (simbolo di lussuria) con l'uomo che suona un liuto.

Nella parte superiore del quadro, gli scheletri massacrano gli uomini in tutti i modi possibili: annegandoli, ferendoli con le armi, seppellendoli, impiccandoli, cacciandoli con i cani, infilzandoli con le lance, decapitandoli, facendoli cadere da dirupi, facendo essiccare i loro cadaveri su macabre ruote issate in cima a pali. Nemmeno la natura viene risparmiata: gli scheletri abbattono gli alberi, le navi affondano o prendono fuoco, i fumi degli incendi anneriscono il cielo, le carcasse degli animali affiorano dalla terra e ovunque vi è rovina, disperazione e morte

La morte e la peste

La peste, 1898, Arnold Böcklin

Peste è un dipinto a tempera del 1898 dell'artista simbolista svizzero Arnold Böcklin, conservato al Kunstmuseum di Basilea. Rappresenta l'ossessione dell'artista per gli incubi di guerra, pestilenza e morte.
La morte impugna una grande falce e domina incontrastata le vie di un paese a dorso di un uccellaccio che soffia il mortifero morbo in faccia ai disperati abitanti. 

La peste è resa principalmente con tonalità di verde pallido, un colore spesso associato alla decomposizione. Gli altri toni predominanti sono il nero e i marroni spenti, ad esempio negli abiti indossati dalle figure raffigurate al centro e sullo sfondo mentre si tuffano per mettersi in salvo davanti al cammino della Morte. Il drappo rosso della donna raffigurata in primo piano è l'unico colore vivace che si vede; essa giace sul cadavere di una donna che è stata anch'essa abbattuta.

Dai documenti non è possibile stabilire con certezza quando Böcklin abbia iniziato a lavorare a questo dipinto. Secondo Heinrich Alfred Schmid, tuttavia, l'artista fu ispirato dalla notizia della comparsa della peste a Bombay nel 1898 (Archivio Schmid, Kunstmuseum Basel; anche Carl Brun riferisce dell'interesse di Böcklin per la peste in India)
Böcklin aveva già sviluppato l'idea della composizione nel 1876 in alcuni schizzi per il previsto dipinto "Il colera", che tuttavia non fu eseguito. Gli schizzi, che presentano grandi somiglianze nella figura della Morte che cavalca il drago, si trovano all'Hessisches Landesmuseum di Darmstadt.

Variante per il giornale satirico Nebelspalter 19.04.1904

I Suicidi

Lucrezia, Niklaus Manuel 1517

La clessidra e il teschio fungono da simboli della vanitas (nella cornice). L'abbreviazione SPQR (Senatus populusque romanus, in alto a destra nella cornice) si riferisce alle implicazioni politiche del suicidio della donna romana violentata dal figlio del re, Sesto Tarquinio, che portò al rovesciamento della regalità romana e alla fondazione della Repubblica. Le principali fonti testuali sono Tito Livio, Ab urbe condita, I,57-60 e Ovidio, Fasti, II,685-855.

Notte in un a piccola cittadina germanica, 1923, Georg Scholz

L'opera di Georg Scholz è associata ai pittori della "Neue Sachlichkeit" (termine coniato da Gustav Hartlaub per una mostra alla Kunsthalle Mannheim nel 1925) sia per lo stile pittorico sobriamente oggettivo che per l'atteggiamento socialmente critico. Nella collezione della Staatliche Kunsthalle Karlsruhe si trova un acquerello in forma leggermente modificata che mostra una sezione del dipinto con una scena di strada

Tra le varie situazione rappresentate in alto a destra la onnipresente morte sottoforma di impiccagione, essa fa parte della quotidianità anche in questa forma autoindotta. 

La morte e i santi

Pescare escare nelle vicende dei santi per riproporre scene di martirio e morte non resta che l'imbarazzo della scelta.
Tra tutti i tipi di morte possibile ne vengono proposte diverse, alcune delle quali originali, o fuori dal comune

Giovanni Evangelista

Giovanni rappresenta un caso particolare tra i dodici apostoli poiché la tradizione lo indica come l'unico morto per cause naturali e non per martirio, tanto che i paramenti liturgici per la sua festa sono bianchi e non rossi. Oltre agli Atti di Giovanni, alcune indicazioni patristiche sono concordi nel datare la morte a Efeso sotto l'impero di Traiano (98-117) e Girolamo specifica la data con precisione al 68º anno dopo la passione del Signore, cioè nel 98-99. Esiste comunque una secolare tradizione, riportata anche nella Legenda Aurea, secondo cui Giovanni avrebbe subito un tentativo di martirio a Roma, presso porta Latina, durante la persecuzione di Domiziano; constatato che l'olio bollente non riusciva a bruciare il corpo dell'apostolo, Domiziano lo accecò e lo rimandò ad Efeso, dove poi morì.
In questo caso quindi assistiamo a un tentativo di morte non andato in porto 

Giovanni Evangelista nella caldaia, 1514, Hans Fries

Giovanni Battista

Il Battista morì a causa della sua predicazione fra il 29 e il 32. Secondo il racconto evangelico, egli condannò pubblicamente la condotta di Erode Antipa (il rimprovero di Giovanni rivolto a Erode: "Dir gebürt nit zehaben das wib di[n]es bruoders" (Non hai il diritto di prendere in moglie la moglie di tuo fratello; Mc 6,18).
Erode Antipa conviveva con la cognata Erodiade, rimasta vedova di Filippo; il re lo fece prima imprigionare, poi, per compiacere la figlia di Erodiade, Salomè, che aveva ballato a un banchetto, lo fece decapitare.

Decapitazione di Giovanni Battista, 1514, Hans Fries

Il Cristo morto

Il cristo morto nella tomba, Johann Rudolf Huber il Vecchio.Basilea 1668 - 1748 Basilea 
Hans Holbein il Giovane (Kopie nach / copia dopo)Augsburg c. 1497/98 - 1543 Londra

Dipinto nel 1706, nel museo di Basilea dal 1775

Disastro in bianco e nero

Nella parte nuova del Kunstmuseum di Basilea le opre sono moderne e i soggetti molto diversi che quelli del XVI secolo.
Malgrado questo riesco a trovare un aggancio alla morte dal conosciuto Andy Warhol

Warhol ha preso le tragedie insensate del suo tempo, che esprimevano le fratture e i fallimenti del sogno americano, e le ha presentate come pittura di storia, nella tradizione di dichiarazioni grandiose e strazianti come

Black and White Disaster #4 (5 morti 17 volte in bianco e nero), 1963, Andy Warhol

Quest'opera appartiene alla serie di dipinti "Death and Disaster". Andy Warhol ha utilizzato come modello una fotografia lucida in bianco e nero distribuita dall'agenzia fotografica UPI. Prima di iniziare la stampa sulla tela, ha disegnato la griglia con sottili tratti di matita, che è servita come linea guida per il posizionamento dei pannelli dell'immagine.
Warhol aggiunse il pannello nero monocromatico separato solo in occasione dell'acquisto da parte del Kunstmuseum di Basilea nel 1972.

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