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Il codice dei mercenari svizzeri

I mercenari svizzeri combattevano per tutti, sino a quando veniva pagato il loro soldo, ma conservavano un forte senso di identità nazionale, formato in due secoli di lotte continue per affermare la loro indipendenza. Questo fattore fu sfortunatamente trascurato nel 1500 dal Moro.

Picche incrociate

Essendo incorporati un po' ovunque prima o poi quello che in molti temevano infine capitò all’inizio del febbraio 1500; in quel periodo Milano era stufa dei francesi e del Trivulzio.
Un corpo francese sotto Yves d’Allègre si trincerò in Novara che Ludovico il Moro attaccò quasi subito, ottenendone infine la resa il 22 marzo, occupandola e facendone il centro delle proprie operazioni. Ma Luigi XII reagì; rinforzi francesi affluirono da Oltralpe sotto il La Tremoille e i due avversari si confrontarono davanti a Novara all’inizio di aprile.

I due eserciti quasi si equivalevano, i francesi erano superiori in artiglieria, i milanesi in fanteria. Secondo Pieri, Ludovico aveva a disposizione 15.000 fanti, un terzo svizzeri, un terzo lanzichenecchi tedeschi e un terzo cernide italiane. I francesi avevano 7.000 svizzeri e 2.500 tra guasconi e italiani, più molta cavalleria. Si combatté fuori dalla città e i ducali ottennero qualche successo, ma gli svizzeri da una parte e dall’altra non avevano ancora incrociato le picche. 

Fratelli contro fratelli e padri contro figli

Ciò che avvenne dopo ebbe dell’incredibile. Giunsero a Novara messaggeri dalla dieta svizzera che chiesero ai mercenari di negoziare per evitare di uccidersi a vicenda, “fratelli contro fratelli e padri contro figli”. Apparentemente i capitani svizzeri avevano già ricevuto istruzioni in tal senso dalle rispettive autorità cantonali. Seguirono convulse negoziazioni tra capitani svizzeri al servizio di Francia e capitani al servizio del Moro. Forse la situazione militare era più favorevole ai francesi, forse il soldo con il Moro era a rischio, le versioni sono contrastanti e confuse. Certo solo fu il risultato: gli svizzeri scelsero la Francia, rifiutandosi di combattere per il duca e ottenendo libero passaggio verso le loro terre. I lanzichenecchi a questo punto si unirono alla capitolazione e il Moro fu perduto, pensò solo a salvarsi. Poiché il La Tremoille gli rifiutò il libero passaggio: ottenne di tentare di fuggire con la complicità dei capitani svizzeri.

Un vile tradimento

Il 10 aprile i fanti svizzeri uscirono da Novara e sfilarono di fronte ai loro connazionali per rientrare in patria. Sforza, che i suoi Svizzeri avevano travestito da soldato, si confuse tra i militi, ma durante la perquisizione delle truppe in ritirata fu scoperto e catturato dai Francesi il 10 aprile.
Venne trasferito in Francia e rimase prigioniero di riguardo del re morendo nel Castello di Loches in Turenna il 27 maggio 1508. 

Il 10 aprile, mentre travestito e mescolato alle truppe cercava di ripiegare verso Bellinzona,il Moro fu tradito da un capitano dei mercenari svizzeri pagato dal comandante della spedizione francese Luis de la Tremoille e consegnato ai francesi insieme ai fratelli Sanseverino.

Lodovico il Moro presso il municipio di Bellinzona

Il tradimento metteva in cattiva luce l'onore e la rispettabilità di tutto il corpo mercenario svizzero, una duro colpo all'immagine, il tradimento destò scalpore e la dieta dei cantoni svizzeri riunita a Zurigo il 5 maggio 1500 decise di investigare la questione. 
Seguirono indagini e interrogatori di cui sono rimasti i documenti negli archivi di Appenzell. Alla fine Hans Turmann di Uri fu riconosciuto colpevole dell’infamia, la condanna per lui fu esemplare, occorreva dare un segnale forte sia ai mercenari svizzeri che ai potenziali acquirenti, il tradimento non é contemplato.
Il boia di Zurigo si recò ad Altdorf per decapitare Turmann che fu giustiziato nel 1501 (o secondo altri nel 1503).
Esecuzione di Hans Turmann nel 1501, raffigurata nel 1513 nella Luzerner Chronik di Diebold Schilling (Zentral- und Hochschulbibliothek Luzern, Sondersammlung, Eigentum Korporation Luzern).

L'opinione del Macchiavelli

Nel suo celeberrimo "Principe" Macchiavelli sconsiglia vivamente di rifornirsi di truppe mercenarie, le sue motivazioni sono però soprattutto di tipo materiale e non prevede casi come quello avvenuto in Lombardia ad inizio 1500

Niccolò Macchiavelli (stampa primi 800)

Tratto da il Principe di Macchiavelli: "Quelle mercenarie e quelle ausiliarie sono inutili e pericolose; e colui che fonda il proprio stato sulle armi mercenarie non sarà mai saldo né sicuro, perché queste sono poco coese, sfrontate, senza disciplina, infedeli, coraggiose con gli amici e vili coi nemici: non hanno timore di Dio, né fedeltà verso gli uomini, e, con loro, più si ritarda il combattimento, più si ritarda la sconfitta; e in tempo di pace ti spogliano loro', in tempo di guerra ti spogliano i nemici. Il motivo è che non hanno altro attaccamento e altra ragione di combattere se non un po' di stipendio, il quale non è sufficiente a far sì che vogliano morire per te"

"Fedeltà e onore" slogan dei mercenari

Per smentire voci che mettevano in cattiva luce le forze mercenarie, indispensabili per l'economia dei Confederati, occorreva dare un segnale totalmente opposto, un segnale forte, tangibile.

Fedeltà e onore erano le parole base alle truppe mercenarie Confederate, venire a meno di questi principi fondamentali era un grave affronto. Ne testimonia bene anche la bandiera del reggimento svizzero Karrer impegnato in Canada nel XVIII° secolo

Bandiera del reggimento svizzero Karrer

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