Passa ai contenuti principali

Piccolo manuale escursionistico alternativo

Questo manualetto non vuole essere un ennesima copia delle migliaia già in commercio, e neppure una guida ad escursioni particolari. Qui dentro troverete emozioni, piccoli aneddoti e pseudo consigli da parte di un escursionista dilettante che fa qualche giro ogni anno in posti tutto sommato raggiungibili da tutti e "favolosamente comuni".

Nel 2023 sulla bassa di Nara

1. Le Basi

1.1. Mare o montagna?

Poco importa, quello che conta veramente é che ci sia una passione, una voglia di uscire, di avere un contatto diretto con la natura, la vera regina incontrastata, e non ci sono dei che possono competere, Madre Natura sarà sempre una spanna sopra.
Se si vuole poi giungere al fatidico bivio, si perché un bivio c'é sempre, tra mare o montagna, per uno scorretto come me il concetto é molto semplice: il mare é piatto e ci pisciano dentro tutti, ma questo evidentemente é puramente soggettivo.

1.2. Elementi naturali di famiglia 

Amare la montagna risulta più facile per uno che ci vive, così come amare il mare risulta più facile per uno che nasce sulla costa. Certo non é una regola ma spesso é così; l’incessante visione delle montagne, già di primo mattino quando si getta uno sguardo fuori dalla finestra con la scusa per vedere che tempo fa, ci schiaffa in faccia la realtà della natura che ci circonda. Il ripetersi quotidiano eleva questa componente naturale a elemento di presenza fissa, di familiarità, l'ambiente circostante fa parte della nostra vita a tutti gli effetti.

Antica cartolina di Airolo, impossibile snobbare il profilo delle montagne

Se poi nella vita di tutti i giorni non si vivono drammi o vita di stenti in cui la visione della montagna viene collegata a questi stati d'animo, ci si affeziona in un qual modo , é inevitabile

1.3. L’Heidismo

La cara e piccola Heidi, che tutti conosciamo, porta con se un ottimo esempio di quanto sopra descritto; oltre alle caprette e il nonno il vero collant che fa da sfondo al tutto sono le montagne, le stesse che osserva ogni mattina mentre si alza dal pagliericcio, o quelle che va inutilmente a cercare dalla cattedrale di Francoforte durante il suo soggiorno in Germania.

Heidi affranta dopo essersi resa conto che dal tetto della cattedrale di Francoforte non si vedono le montagne

In questo frangente Heidi soffre di malinconia e ancor più che il nonno, la nonna o Petar va proprio a cercare il collante, lo sfondo che la collega ai suoi ricordi e a tutti i vari personaggi: le montagne. 

Possiamo ben immaginare la delusione che prova la fanciulla nel non vedere nemmeno da lontano le protagoniste della sua vita.

1.4. Hic sunt leones

Questa locuzione latina (qui ci sono leoni) è un'espressione che viene associata alle carte geografiche antiche per indicare le zone ancora inesplorate dell'Africa, ricorrente nella storiografia e nella pubblicistica, ma senza riscontri nella documentazione cartografica medievale né nei rarissimi reperti dell'età antica. Essa sarebbe comparsa su carte geografiche dell'antica Roma e di età successiva in corrispondenza delle zone inesplorate dell'Africa e dell'Asia. La frase stava ad indicare che non si sapeva cosa si trovasse in quelle lande sconosciute, a parte il fatto che fossero abitate da belve, oppure si riferiva a territori che non potevano essere conquistati.

Hic sunt leones

Tutta questa intro per portarci alla curiosità di sapere che cosa c'é, più che all'inesplorato il riferimento é allo sconosciuto che si nasconde al di fuori dell'orizzonte di tutti i giorni; cosa c'é dietro la montagna di casa? Come si presenta la natura e il territorio? Questa componente di curiosità, di voglia di partire alla scoperta aiuta ad avere un ulteriore stimolo per indossare gli scarponi.  Per chi ha questa curiosità sarà come partire all'avventura ogni volta e ogni scenario nuovo che si incontra ci arricchisce e ci rimane indelebilmente, o comunque per lungo tempo, nella memoria. La montagna é molto variegata e sa offrire scorci sempre diversi che sono li ad aspettarci.

2. In marcia

2.1. L'itinerario

Partendo quindi dalla domanda di poco fa "Vi siete mai chiesti cosa cé dall'altra parte della montagna che vedete tutti i giorni dalla finestra?" Dopo anni potrebbe succedere di volerlo scoprire. Il vero consiglio, universalmente riconosciuto, é quello di lasciare detto a qualcuno dove si va, specialmente se si intende fare l'escursione in solitaria. Così tanto che avreste la certezza che vi ritroverebbero prima che vi trasformate un mucchietto di ossa. 

Green Boots (Stivali Verdi) è il nome dato al corpo non identificato di uno scalatore che è diventato un punto di riferimento sulla principale via della cresta nord-orientale del Monte Everest. Il corpo non è stato identificato ufficialmente, ma si ritiene che sia Tsewang Paljor, uno scalatore indiano morto sull'Everest nel 1996. Il termine Green Boots ha origine dagli scarponi da alpinismo verdi marca Koflach indossati. Tutte le spedizioni dal lato nord incontrano il corpo rannicchiato nella grotta calcarea ad 8500 m di altezza.

Oltre alla meta sarebbe buona cosa verificare la fattibilità del percorso tenendo conto delle proprie condizioni fisiche, per far questo il sito delle cartine topografiche della Confederazione (vedi capitolo) ci viene in aiuto

2.2. Il mattino ha l'oro in bocca

Così come per i musei e per ogni cosa la mattina é il momento della giornata dove si rende di più. Inoltre, la mattina presto la massa ovina (maggior parte della popolazione) dorme ancora, un motivo in più per svegliarsi presto e godere degli "spazi vuoti". Altri punti da non sottovalutare per la montagna collegati al mattino sono due; il primo é puramente legato alla prestazione; al mattino fa fresco e camminare risulta piacevole, calcolando poi che essendo in montagna molto presto ci si imbatte in una salita affrontarla nella frescura di primo mattino, magari con la rugiada che ci rinfresca i polpacci risulta un sollievo.
La seconda é più di tipo "romantico", l'alba é riconosciuta come l'opposto del tramonto, un momento comunque particolare della giornata che offre spettacoli di luce poi assenti per il resto della giornata. Approfittare di questi momenti per vedere il giorno nuovo nascere tra qualche picco o riflesso su un laghetto di montagna non ha prezzo

Alba inoltrata mozzafiato ai laghetti Boden

2.2. La forma fisica

Deve essere un crescendo e non pretende di uscire a metà luglio con una spedizione impossibile, già da marzo iniziare a farsi la gamba é consigliabile. Il top é giungere a giugno (dove le giornate sono più lunghe) al massimo della forma per poterle sfruttare al massimo, avere 16 ore di luce é una manna.
La grande sfida é quella di mantenere la forma per tutto l'anno, solitamente con l'arrivo dei mesi invernali anche il nostro corpo tende ad andare in letargo se non lo si tiene allenato. Lo scenario invernale é completamente diverso: dalle poche ore di luce, a come si affronta il percorso, solitamente in inverno bisogna ricorrere all'aiuto di racchette o pelli di foca e il marciare "nudi e completamente liberi" viene comunque a mancare.

2.3. La fatica

È inutile sperarci, potreste essere il campione mondiale di corsa in salita in montagna ma la fatica ci sarà sempre. Quello che cambia é la quantità e qualità di fatica che proverete; fattori come forma fisica, quindi peso, e muscolatura incidono fortemente. Per esperienza posso affermare con certezza che anche il fumo incide sulle prestazioni; dopo aver fumato per lungo tempo ho smesso e la differenza é palpabile, i problemi maggiori ora sono esclusivamente riguardanti la parte della muscolatura e non della respirazione

2.4. I propri limiti 

Questo capitolo, assieme alla questione della carta igienica nel sacco, rappresenta il capitolo più importante. Da esseri umani siamo portati a portare a termine le nostre sfide, oggigiorno ancor di più in quanto dobbiamo metterle in buona vista sui social. Il fallimento, la rinuncia in questa era di competizione digitale non é ammessa. 
Invece saper rinunciare é un grande atto di forza e intelligenza, saper riconoscere i propri limiti ed adattarsi ad essi é fondamentale nella crescita di una persona.
Si può rinunciare per diversi fattori; stanchezza, tempo che volge al brutto, sentiero esposto o non ben tracciato, la sicurezza, il portare a casa la pelle deve sempre venire al primo posto.

Oltre a questo ci sono le rinunce dovute all'invecchiamento: chi più sa accettare nel tempo la propria "decadenza fisica" e più la sa adattare con l'intensità delle attività che intende fare meglio vive. 
Bisogna essere coscienti che il tempo passa e che quello che facevamo una volta oggi non riusciamo magari più.

2.5. Salita, discesa e pianura

L'Olanda é famosa per il suo piattume, dal punto più basso a quello più alto ci sono pochi metri. In Svizzera invece si é nel cuore delle Alpi, quindi quando sento qualcuno che cerca percorsi con poca salita la prima cosa che mi balza in mente é andare su un campo di aviazione, in una pista d'atletica o sul classico tapis roulant. Volenti o nolenti il nostro territorio é caraterizzato dalle alpi, da montagne gigantesche al cui cospetto sembriamo degli sputi 

2.6. Soli o in compagnia?

Una delle questioni più importanti. Soli si sa a cosa si va incontro, in compagnia meno, Va tenuto conto di diversi fattori. 1. la condizione fisica di chi viene con noi, correre il rischio di doverlo aspettare agni 10 minuti o farsi aspettare ogni 10 muniti può essere scocciante. 2. Il personaggio in se stesso, un grio dura almeno 6-8 ore, significa ritrovarsi isolati nel nulla assoluto con una persona che, se non conosciamo più che bene, potrebbe rivelarsi ancora più pesante del sacco che portiamo.

2.7. Quanto manca?

È una frase che può diventare martellante con l'andare del tempo, é giusta porsela ma in silenzio, nella propria mente. A chi la pone con una certa insistenza chiede si potrebbe rispondere in diversi modi. Il mio preferito resta: chi ha fiato per parlare ha ancora fiato per camminare


2.8. I dolori

Vero e proprio spauracchio, possono comparire all'improvviso, possono essere sopportabili e stabili, oppure possono intensificarsi in maniera repentina. Tra i vari classici:

  1. Male al lato del ginocchio: sopraggiunge specialmente durante le discese e può essere molto fastidioso, oltre che piuttosto doloroso. Secondo gli esperti la causa é lo scarso allenamento e un rafforzamento del muscolo potrebbe porre termine al dolore per le escursioni seguenti. Ne ho sofferto spesso in passato e mi capita ancora ogni anno anche se in maniera meno preponderante. Non applico una vera e propria cura, a furia di andare a camminare so di allenare il muscolo e di conseguenza di estirpare il dolore
  2. Fiacche: vero e proprio spauracchio, solitamente si provano varie combinazioni scarpe-calze per trovare la formula magica. Ma anche la formula magica non ci mette completamente al sicuro. Ad esempio nella traversata Engelberg Lucerna dovetti arrestarmi per il crescente dolore alla base del piede causa sfregamento eccessivo sul tratto in pianura. Mi aspettavo settimane di stop e invece inaspettatamente dopo pochi giorni ero come nuovo
  3. Pelle dell'orso: anch'essa collegato allo sfregamento, solitamente sull'inguine, di capi di abbigliamento intimo sulla pelle, a lungo andare può creare forti irritazioni
  4. Bruciature. Mai e poi mai sottovalutare il sole, quando si cammina magari non si percepisce il sole che ci si sbatte sopra, una della parti che va maggiormente protetta é dietro al collo, roba da diventare i cugini lontanamente imparentati con i colli rossi (redneck) d'America

La traduzione letterale di redneck, "collo rosso", si riferisce al colore della nuca scottata dall'esposizione al sole dovuta al lavoro nei campi, ai quali i redneck sono in genere sottoposti, ed è quindi sinonimo di contadino.

3. La tecnica

3.1. Le applicazioni

Nell'era digitale sono diverse le applicazione che ci aiutano per tracciare i nostri percorsi, prima e dopo averli fatti. Una su tutte che mi sento di segnalare sono le cartine ufficiali della confederazione Svizzera 

Oltre a poter tracciare i percorsi seguendo meticolosamente i sentieri e dando la possibilità al SW di tracciarvi il profilo esiste anche una cartina del 1864 che potete sovrapporre a quella attuale. 

Si nota come il chiacciao del Basodino si sia ritirato rispetto al 1864 (quando era chiamato ghiacciaio di Cavergno)

3.2. La meteo birichina 

Solo le giornate metereologicamente belle possono essere considerate belle? Anche una giornata di nebbia o di pioggia può avere il suo fascino.

Stesso scenario a 24 ore di distanza nei pressi del passo San Giacomo.

Anche in questo caso ci sono innumerevoli app, quella Swiss Meteo che utilizzo normalmente é sicuramente buona, inoltre dare un occhiata alle (sempre più frequenti) webcam prima di partire non può che essere una buona mossa

Inoltre una delle cose da tenere maggiormente in considerazione legate alla meteo in montagna é la velocità in cui le condizioni atmosferiche mutano. 


Molti anni fa vi fu un bivacco della morte proprio dovuto alle condizioni metereologiche sul passo del Naret, ecco i consigli degli esperti proprio inerenti la tragedia del 12 ottobre 1997 apparesi sul giornale La Regione del martedi 14.

3.3. Cosa mettere nel sacco

Proprio partendo dalla tragedia riportata sopra propongo questi utili consigli sono conosciuti da chi frequenta la montagna con una certa regolarità, nascono dall'esperienza delle gite passate, anche se sarebbe certamente più utile saper fino dall'inizio cosa portare

Da questo cartello presente in Valle Bedretto (cliccare sull'immagine per ingrandire) aggiungo due posizioni non indicate:

1. La carta da cesso.
Non dimenticherò mai l'aiutnte di stato maggiore Schneider quando chiese alla 20ina di partecipanti sotto ufficiali se nel sacco avevamo messo la carta igienica. Nessuno l'aveva portata con se. Trovai questo consiglio molto pratico, non sempre si hanno morbide foglie per pulirsi il sedere. Aggiungo anche che fu l'unica cosa che mi insegnò l'aiutante di stato maggiore Schneider che mi rimase in mente.

2. Power bank
Anche se non dovremmo appoggiarci all'utilizzo del telefono perché non sempre si può contare sulla copertura di rete, risulta comunque utile portare con se un unità di batteria supplementare (power bank). Ancora meglio se ricaricabile con pannelli solari (solitamente già incorporati) così da essere ancora più autonomi.
Trovare una presa in montagna non é sempre facile. Ma forse ora con tutte quello biciclette elettriche faranno qualcosa (nota polemica)

3.4. I bastoni

Vero tema di discussione, vera ed unica droga dell'escursionista. Quand'ero fanciullo deridevo chi passeggiava sotto lo stabile in cui lavoravo mentre provavano i bastoni da passeggio...col senno di poi lo trovo ancora comico ma col tempo devo ammettere che i bastoni sono un elemento che torna comodo, in salita per aiutarsi con le braccia a salire, in discesa per attutire i colpi e anche sul piano quando potrebbe succedere di aver bisogno di un punto d'appoggio per non perdere l'equilibrio. I bastoni sono un elemento imprescindibile e quando li si dimentica a casa si sa che la giornata é in parte segnata e si sente l'assenza, proprio come quella di una droga (leggera)

3.4. Leggere i segnali (tempi di percorrenza?)

Il bello dei cartelli é che oltre ad indicare dove ci troviamo (nome e altitudine) indicano anche i tempi di percorrenza per raggiungere le varie località. Immaginatevi ora nella vostra mente come deve essere l'uomo normale, l'uomo standard, ed ora immaginatelo mentre cammina sui sentieri che state per calpestare. Evidentemente non é possibile che l'uomo standard corrisponda ad uno standard universale, non é concepibile. Questo implica che qualcuno rimarrà sempre deluso / soppeso dalle tempistiche indicate sui cartelli. 

Sempre legato ai tempi di percorrenza segnalo la possibilità di trovarsi davanti a dei casi di teletrasporto. Ovvero casi in cui in un cartello viene indicata la meta x a un tempo y, e mezz'ora più tardi la stessa meta x veine indicata sempre a distanza di y minuti. Bisogna prestare particolare attenzione, la mente tende a diminuire i tempi di percorrenza perché quella é la speranza, se poi quello che ci immaginiamo non corrisponde a realtà subito diamo la colpa ai cartelli

3.5. Bianco rosso e bianco blu

Le vertigini sono un fattore puramente soggettivo, Non ho capito se possono mutare nel tempo, discutendo con altre persone sembrerebbe di si. A chi vuole darvi una risposta spiccia sul perché della differenziazione dei sentieri tra bianco-blu e bianco-rosso vi dirà che "i sentieri bianco-blu sono stati fatti per non far salire proprio tutti ovunque".
Solitamente chi da questa risposta non ha un minimo di vertigine e potrebbe percorrere la via alta della Carassina di rientro dal carnevale di Rabadan

Uno dei momenti che difficilmente scorderò: scendendo dal Sassello la segnaletica (cartello e segni sul sasso) indica tutto rosso-bianco appena sopra Piatto. Invece, come poi proverò sulla mia pelle, la svolta a destra verso il lago Naret era un ben più esposto bianco-blu come indicato dalla cartina

Le vertigini non vanno prese sotto gamba, é una questione molto soggettiva e se la testa si fa prendere dalle vertigini il corpo si immobilizza e irrigidisce completamente; si rimane completamente bloccati senza riuscire a fare un passo avanti o indietro. La consapevolezza che ci si dovrà muovere e quindi rischiare per togliersi d'impaccio genera ansia che se non controllata potrebbe far degenerare la situazione tramutandosi in panico. Questa situazione l'ho vissuta proprio nell'occasione qui sopra riportata. Cercai di chiamare lo zio al telefono per avere un conforto a distanza, ma a peggiorare tutto in classico stile horror non c'era copertura telefonica. Alla fine mi concentrai in maniera paurosa e affrontai i pochi metri su una piccola cengia che mi portò alla salvezza. Mai più fu da li il mio motto

Bianco rosso nel pressi della capanna Terri al limite per il sottoscritto (T3, vedi sotto), il vuoto a fianco del comunque non strettissimo sentiero rischia di farmi girare la testa e nello step successivo di bloccarmi completamente. Sono passato ma dicendo parolacce.

Per avere un idea delle difficoltà questa pagina trovate le varie descrizioni


Tabella delle difficoltà per il trekking. il T4 per me é già sicuramente troppo e quindi qui non verrà mai trattato

Scopro poi un termine diverso dal classico "vertigini" ad indicare il mio stato d'animo:

vallaise (francese): La sindrome che si scatena quando si permane troppo tempo in un luogo con valli scoscese.

3.6. Uno spauracchio indipendente dalla tipologia di sentiero

C'é un elemento che spaventa più o meno tutti e non ha a che vedere direttamente con la montagna o la conformazione geologica, si tratta dei cani pastore

Quando ci si imbatte nel cartello qui sotto l'umore cambia radicalmente, chi ha un paura accentuata per i cani potrebbe fare retro marcia. Attualmente le razze di cani per la guardianìa ufficialmente riconosciute dall’UFAM sono il Cane da Montagna dei Pirenei e il Pastore Abruzzese.

Quello che non vorremmo mai incontrare

Le regole principali
  1. Non mettersi a correre
  2. Se si é in bicicletta scendere e spingerla a mano
  3. Se si ha un cane (!) tenerlo al guinzaglio
  4. Aspettare che il cane si sia calmato (vedi video)
  5. Proseguire cercando di aggirare il gregge
  6. In generale stare alla larga, se possibile ovviamente
  7. Qui altre info Film (protectiondestroupeaux.ch)
Purtroppo da quello che ne so non esiste un sito che riporta le zone doive sono presenti.

Da esperienza passata posso confermare che non si tratta di un esperienza particolarmente piacevole; nel mio caso si trattava di un passaggio obbligato quindi non avevo modo di rispettare una delle 4 regole riportate nel cartello ovvero stare alla larga. Il cane era vicinissimo e ringhiava, la vera difficoltà é stata mantenere il sangue freddo, difficile specialmente se non si intravede il pastore nelle vicinanze. Proseguire a passo tranquillo senza degnare di uno sguardo l'animale e facendo gli scongiuri che si limiti a ringhiare. In teoria ogni passo senza essere attaccati é un micromiglioramente, il cane ha conferma delle nostre intenzioni, se tutto continua così si hanno buone possibilità di uscirne indenni, o almeno questo é quello che pensavo in continuatzone in quell'episodio 

3.7. Un paio di cose da osservare sulla carta topografica 

Sapere leggere correttamente una carta topografica può rilevarsi di grande utilità. Una cartina versione cartacea va sempre presa con se, più volte mi é capitato che a causa del segnale debole le carte digitali non venivano caricate lasciandomi parzialmente al buio. 

Le più elementari cose da sapere sono le distanze e le altezze.

Un quadrato in una carta corrisponde un km di lato mentre le linee indicano le altezze: più le linee sono vicine più il sentiero é impervio.

In rosso ricalcato il sentiero che porta da Pissarda sulla vetta del Monte San Giorgio, da Pozzo alla cresta (quota 996) le linee di livello sono molto ravvicinate, questo significa che ilo sentiero é in forte pendenza.; poi giunto sulla cresta fin alla vetta spiana, lo si vede bene ricostruito nella mappa sotto

Mappa del percorso in 3D

3.8. Barrette energetica e birre ghiacciate 

L'alimentazione é anche importante, avere una crisi di fame mentre si é intenti a fare un giro potrebbe avere ripercussioni importanti sull'esito della gita. Io sono solito portare con me banane, frutta secca, qualche barretta e zuccheri. Durante i picchi di sforzo (salita rapida ad esempio) cerco di non fermarmi, poi appena raggiunta la meta intermedia mi concedo attimi di pausa per recuperare le forze a mangiare qualcosa per ridare al corpo combustibile da bruciare per creare energia.

4. Fenomemi sociologici e etici in montagna

4.1. La scontatezza dell'acqua

L'oro bianco, il bene più prezioso, bere quando si ha veramente sete porta ad un piacere dei sensi secondo solo all'orgasmo. In montagna può esserci abbondanza così come carenza, conviene sempre informarsi prima della partenza per valutare quanta acqua prendere con noi. 3 litri dovrebbero essere una buona dose qualsiasi gior di una giornata si intende fare.

Certo non si può poi pretendere di fare la doccia in capanna, ma questo dovrebbe essere comprensiblie..

"Fermate il mondo! Voglio scendere!" si diceva ai miei tempi

4.2. Ecologicamente corretto

Questo cartello trovato scendendo dalla Capanna P=ian Secco mi ha léasciato parzialmente sorpreso; non avevo idea che un mozzicone si decomponesse così velocemente, magari ancor più velocemente che la frutta.

4.3. Finché strada o filovia lo permetta

La regola é semplice; più ci si allontana da un luogo raggiungibile in vettura o con una funivia più la presenza di altri escursionisti diminuisce, potremmo paragonarlo ai kappelbruckiani, ovvero quelle persone, quella massa ovina che si sposta in massa nei luoghi più rinomanti e in questo frangente anche più comodi da raggiungere.
Mete come Ritom, Cimetta Cardada, Tamaro o Lema risultano essere quindi sovrapopolate, per gli amanti della solitudine sono mete da schivare come la peste, o in alternativa da fare nei due seguenti casi: 
1. Per andare a bersi una birretta in vetta e rinetrare
2. Da fare con il cattivo tempo quando le masse ovine vanno da altre parti

4.4. La bicicletta di Linus

La bicicletta in montagna sta vivendo un esplosione. È innegabile che abbia il suo fascino, e che in certe occasioni risulta molto utile averla. Ma va anche detto che non tutti i tracciati sono fatti per le biciclette, e che se poi ci si ostina a dimostrare al mondo intero che "e pensa non solo ci sono andato, ma addirittura sono andato in biciletta!" (applaudire molto lentamente con colpi secchi)
In queste occasioni la bicicletta più che aiuto si é di intralcio, poco importa, una foto con la bici appoggiata alla croce di vetta fa la sua porca figura (applaudire di nuovo). Quindi difficilmente riesco a concepire una logica di persone che ostinatamente trascinano le loro biciclette su percorsi che regalano solo tanto fatica e frustrazione.

Coppia che ostinatamente spinge la loro bicicletta sul lungo pendio del passo dell'uomo

Questa tendenza sta sfuggendo di mano e sembra ci sia in atto una vera e propria gara per chi riesce a spingersi oltre con l'amata due ruote superando do gran lunga il caro e vecchio buon senso. Che tutte queste imprese siano dei perversi derivati da internet e la possibilità di condividere le più incredibili imprese col resto del mondo?

Il divertimento che sprizza da tutte le parti

Faccio sempre più fatica a concepire dove stia il confine tra reale divertimento e ossessione per mettersi in vista. A questo proposito rammento una disciplina nata proprio con  questo scopo palese ovvero l'extreme ironing, attività nata in Inghilterra nell'ormai lontano 1997


Per concludere in ultima analisi espongo due semplici constatazioni:

Constatazione nro.1: Ma se per salire dal versante a bisogna portarsi la bici in spalla, magari addirittura su vie ferrate questo significa che sul versante b ci sia una pista quantomeno percorribile? Oppure il divertimento sta scendere continuamente dalla bici anche in discesa? Sarebbe un doppio wow!

Constatazione nro.2. Personalmente trovo molto più divertente a appassionante il guinness del mondo di chi fa la maratona portando un uovo sul vassoio, constatazione fatta dopo lunga riflessione, si tratta comunque tutt'altro che una lotta tra titani

4.5. Saluto quelli in bici elettrica?

Poi c'é la questione personale; siamo sullo stesso piano del capitolo precedente e di quello seguente. Una persona che compie determinati sforzi per raggiungere la vetta potrebbe provare una certa stizza nel vedere altre persone, evidentemente con una forma fisica meno prestante, raggiungere lo stesso obiettivo, anzi addirittura in modo più performante grazie ad un aiutino tecnologico...


Questa vignetta descrive perfettamente il concetto, il ciclista potrebbe essere stizzito nel vedere il proprio trisnonno superarlo con nonchalance.
La sfida deve essere con se stessi e non fatta in rapporto agli altri, poi per chi proprio non sa resistere battute come "scusi, probabilmente lei é informato, una presa per ricaricare le gambe é anche disponibile da queste parti?" 

Trovo un aggiramento allo sport, al senso dello sport, dello sforzo fisico, é un equivalente che andare con una moto non inquinante. Mi sembra ancora ieri quando Cancellara fu accusato di aver usato una bici con motore elettrico....

4.6. Il libro di vetta?

Sempre sulla stessa stregua della bici elettrica é il libro di vetta, le persone che vengono letteralmente portate su hanno lo stesso diritto di firmare il libro di vetta rispetto a chi si é sudato ogni singolo metro? Certo che si, ma la coscienza non dovrebbe impedire a chi ha preso scorciatoie di farsi due domande: senza l'ausilio di mezzi meccanici o sherpa sarei mai riuscito a raggiungere la vetta? Probabilmente no, quindi questo risultato é raggiunto solo grazie a degli aiuti, umani o di asfalto

Trova l'eroe
Pizzo Leone

Uno dei casi classici che si possono tirare in ballo e in cui mi sono imbattuto é quello del pizzo Leone, esso é raggiungibile da più versanti. Quando lo affrontai per la prima volta lo feci partendo da Bordei in Centovalli situato ad un quota di 727 m.s.m. Quando sbucai sulla cresta e percorsi gli ultimi metri mi resi conto che dall'altro versante c'era una strada che conduceva comodamente ai 1300 m.s.m., a soli 360m più in basso della vetta; il tutto dilatato su circa 3km di marcia.
Evidentemente un altro tipo di sforzo da chi si é appena sciroppato i quasi 1000m di dislivello su per il bosco.

Scenario pizzo Leone: a sinistra Bordei la partenza degli sportivi, a destra il limitare della strada carrabile partenza dei "leoni da posteggio"

In vetta al pizzo Leone, come in molte altre vette, c'é il libro in cui porre la firma per testimoniare il raggiungimento dell'obiettivo...
Si lo so, fa molto infantile, ma dopo aver visto escursionisti firmarlo dopo essere giunti dal posteggio poco sotto quando é giunto il mio turno ho aggiunto un asterisco alla loro firma *raggiunta dal posteggio zone Luéra...

Stavo meglio dopo? Si.

4.7. Colonne fotografiche

Anche se a differenza dei musei si trovano molto più sparpagliati ci sono punti di passaggio forzati particolarmente belli anche in montagna che creano imbottigliamenti a causa delle foto.

Attesa per la foto da cartolina in località Puntid in val Calnegia

Rispetto ai museo sono due sostanziali le differenze, una positiva e una negativa, quella positiva é che per raggiungere le bellezze das fotografare bisogna spesso camminare e dato che la popolazione é in gran parte pigra il numero di potenziali fotografi cala in modo drastico. Quello negativo risiede che ci sono punti d'obbligo, passaggi forzati, e sono veramente pochi dove però i fotografi rischiano di ammassarsi.

Per ricapitolare: a fondovalle tanti fotografi ma anche molti punti da fotografare, in montagna pochi fotografi ma anche pochi punti d'obbligo fotografia

4.8. Un minimo di dignità nei movimenti

Sarebbe interessante riuscire a rientrare a casa ancora sulle proprie gambe e camminare in maniera piuttosto normale, degna di un qualsiasi ritrovo pubblico, Andare a sfondarsi completamente in montagna da l'impressione di chi va senza limiti, senza sapersi regolare. L'andatura claudicante da solo un tocco comico al tutto e non da quel magari sperato tocco di superstite da guerra di trincea.
Sarebbe comunque consigliabile fare dello stretching a fine gita così come una doccia fredda aiuta a recuperare più velocemente un andatura socialmente accettabile

4.9. Second opinion

Fare domande in montagna può risultare molto utile quando si hanno dei dubbi o anche per la semplice richiesta di informazioni generiche.
Potrebbe però risultare un arma a doppio taglio; può capitare che chi é interrogato vada ad esagerare le cifre per millantarsi. Ad esempio potrebbe dire che una salita che é oggettivamente pendente per lui sia una passeggiata, o che per raggiungere il determinato posto ci vogliano solo 30 minuti quando in realtà ce ne voglio minimo il doppio.

Per fare un esempio, nel 2022 mi trovai all'alpe di campo la Torba con in vista la salita alla diga del Naret. Non avendola mai fatta chiedo qualche informazione ad un pastorello di capre trovato sul posto: "tutte le mattine vado a prendere le capre che arrivano fino ai piedi della diga, 25 minuti e son su"
Inutile dire che il tempo di percorrenza che impiegai fu circa il doppio, evidentemente il pastorello voleva farmi notare che era in gran forma dandomi però un informazione poco veritiera per il mio caso.

Le capre di Campo la Torba, nella valle alle loro spalle, 
più in alto la meta oggetto della discussione con il pastorello

Altri casi analoghi sono capitati inerenti a domande su condizioni dei sentieri etcetera. Quindi mentre alcune informazioni possono essere prese come per buone, altre inerenti soprattutto prestazioni o elementi che potrebbero attingere dalla soggettività piuttosto che dall'obbietività sono da prendere con le pinze.

4.10. Personaggi da capanna

Purtroppo questo potenzialmente succosissimo capitolo risulta attualmente assai scarno. Le mie gite sono "toccata e fuga" da un giorno e il soggiorno in capanna é più unico che raro. Ciò non toglie che mi é capitata l'occasione di soggiornarvi oppure di fermarmi per una fetta di torta ed avere così l'opportunità di osservare fenomeni sociali tipici da capanna.

Uno dei soggetti che ho avuto modo di inquadrare é l'eroe sopravvissuto: gironzola in capanna rigorosamente senza scarponi ma con il resto dell'atrezzatuta ancora indossata, così da far notare che é sicuramente reduce da attività e sicuramente di grande dolore e sofferenza dato l'assenza delle scarpe e l'urgenza di toglierle ma tenere il resto. In realtà questo é molto normale, ma il soggetto in questione non se ne va subito mestamente a fare l'eventuale doccia... non si da pace finché la sua avventura non venga divulgata, così si aggira zona bar e cerca in tutti i modi di trasmettere ai presenti l'epica traversata da lui appena intrapresa, questo anche se non interrogato.

4.11. Un mondo perfetto

Non sarà un mondo perfetto ma in montagna si incontrano a meccanismi che nella vita giù in basso da città non sono pensabili. Uno di questi, utipistico e quello di pensare di vivere in un mondo perfetto, dove ci si può fidare del prossimo, dove nessuno vuole creare danno al prossima e ci si pUô fidare di tutti. È questo il principio che sbattono in faccia ai visitatori gli abitanti della Maderanertal: lungo tutta la valle ci sono molte bancarelle incustodite che offrono vari pezzi ai passanti. Quasi tuztti sono di piccolo valore (un mondo perfetto ok, ma comunque meglio prevenirsi). In alcune ci sono anche pezzi a 40.-. Si tratta per la stragrande maggiornaza di cristalli o piccoli lavori di artigianato. 

Due bancarelle incustodite presenti ai bordi dei sentieri. Degno di nota il tocco d'umorismo con l'autocollante della telecametra che sorveglia, tanto per dare una strizzatina d'occhio a chi per un momento é comunque balenato il pensiero di portar via qualcosa senza pagre

Il messaggio di fondo che danno queste bancarelle crea un aria, un aurora di pace e "vogliamoci tutti bene" nella valle. Va infatti anche sottolineato che le persone in montagna sono quasi sempre felici e con il sorriso, risulta più facile applicare questo principio in questo genere di ambiente.

4.12. Il caso Nirmal Purja

Sempre riallacciato al punto precedente e portato all'estremo ha fatto sensazione il caso di Nirmal Purja nel 2022

In “sneakers” sul ghiacciaio: insultato sui social, ma è Nirmal Purja
Nirmal Purja è stato fotografato fuori da Capanna Margherita, sul Monte Rosa, con un paio di scarpette da trail sulla neve. Apriti cielo, anche la montagna, come qualsiasi argomento, ha i suoi “leoni da tastiera” che, più o meno in buona fede, partono per le proverbiali battaglie contro i mulini a vento sui social. Con più o meno astio, più o meno competenza specifica, Spesso senza capire non diciamo quello che si legge (generalmente solo il titolo) ma neppure quello che si guarda.


La foto del recordman degli 8000 ha infatti scatenato una serie di commenti scandalizzati: “non si va così in montagna”, pensando di parlare del classico vacanziero sprovveduto (ce ne sono e ce ne sono stati, intendiamoci). In questo caso invece si parla di uno dei più forti alpinisti di tutti i tempi che, dopo aver raggiunto la cima del Monte Rosa si è semplicemente messo in una mise più comoda oppure è salito proprio così, per una salita leggera e veloce: per lui un 4000 come il Monte Rosa è ordinaria amministrazione.

5. Aforismi

Un dramma per me sarebbe stato nascere in pianura Padana
(me medesimo)

Datemi strada e la camminerò
(me medesimo)

Non fosse cosa da scavezzacolli, ma al contrario tutto e solo questione di prudenza, e di un po' di coraggio, di forza e di costanza, di sentimento della natura e delle sue più riposte bellezze
(papa Pio XI)

6. Battute e sfottò

"a cosa servono queste catene?"
(mia figlia sfottendomi per la mia sensazione di vertigini evidentemente più sensibile della sua)

"se hai fiato per parlare hai fiato anche per camminare"
(io a mia figlia)

"la prossima volta vedi di nascere in Olanda"
(sfottò a mia figlia, dovuto all'insistenza e le imprecazioni contro le salite)

"scriverò una mail a madre natura chiedendo spiegazioni"
(sfottò da parte mia a mia figlia per le continue lamentele dell condizioni metereologiche / salita / discesa)

“Ti muovi o vuoi star lì a fare pigiama party con gli scoiattoli?”
(Sfottò da mia figlia)

Commenti

Post popolari in questo blog

Suvorov55 - L’epopea di un esercito in Svizzera - Parte2: Risalendo il Ticino

Prosegue il viaggio fianco a fianco del generale Suvorov e la sua armata. Certo non capita tutti i giorni di veder sfilare un armata sotto casa. Quali le reazioni e le ripercussioni e le conseguenze nelle povere terre ticinese? In questa tappa seguiamo l'esercito percorrere un sottoceneri ancora poco stabile sulle sue gambe dopo la scacciata dei Lanfogti Piccolo padre Così la spedizione di Suwaroff in Isvizzera fu decisa: dal suo campo di Asti egli lanciava il 5 settembre 1799 un ordine del giorno pieno di entusiasmo alle sue truppe agguerrite e ben riposate e senz’indugio mettevasi in marcia verso il Cantone Ticino per Gallarate, Varese, Ponte Tresa. Souwaroff era pieno d’umore bellicoso: vecchio d’oltre 70 anni ma arzillo e noncurante dei disagi, ora caracollava frammezzo ai cosacchi ridendo e cantando con essi, ora con parole incoraggianti spronava alla marcia i suoi granatieri , ed i moschettieri mitrati, che in lunghe colonne per sei divoravano le larghe strade lombarde. Fisi...

Museo della riforma di Ginevra 3 - Icone e iconoclastia

In un secolo dove l'analfabetismo si aggira al 90% il potere delle immagini la fa da padrone. Come visto in passato la bibbia veniva disegnata sulle pareti delle chiese, le icone prendevano ancor più piede. E come qualcuno impone delle icone qualcun'altro vuole eliminarle perché non attinenti al suo pensiero. Ecco con parole mia l'iconoclastia: una parola probabilmente udita almeno una volta, ma proprio per quello difficile da ricordare, ma anche se si ricordasse sarebbe assai difficile al giorno d'oggi trovare un iconoclasta praticante....ok, ho capito..... Iconoclastia protestante La Riforma diffidava della superstizione. Combatteva l'infatuazione dei devoti per le immagini e le statue, nel rispetto letterale del secondo dei dieci comandamenti dell'Antico Testamento, che proibisce la rappresentazione materiale di Dio. Nella prima parte del XVI secolo, i riformatori radicali distrussero immagini, dipinti e sculture in campagne iconoclaste, che Lutero, Zwingli ...

L’occhio di vetro

Giungendo un collega in ufficio con un occhio guasto sono iniziate alcune discussioni sull'argomento. In breve tempo, degenerando, ci si é spostati sul curioso tema degli occhi di vetro. In particolare, non ne ricordo l'origine, quella paura di svegliarsi durante la notte e bere quel bicchiere d'acqua appoggiato sul comodino, magari quello contenente l'occhio di vetro. Fantascienza? La storia dell'occhio ingurgitato sa molto di leggenda metropolitana. Molto meno invece l'occhio di vetro. Esso, come molti altri, é uno di quegli argomenti pronti a saltar fuori alla prima occasione valida, occasione che mi si para davanti durante la visita del Moulage Museum dell'università di Zurigo. Esso consiste in u ampio locale in cui sono presenti diverse vetrine contenenti ricostruzioni di tutte quelle orribile malattie che possono accorrere all'uomo. Dalla lebbra alla necrosi passando per le "classiche emorroidi". Di tutto e di più. Nella vetrina dedicata ...

Il Lazzaretto di Milano

Per completare le letture sulla pestilenza che colpì Milano, origine di diversi spunti ( qui , qui e qui ), decido di recarmi direttamente sul posto per cercarne i resti. Si perché se “se non si va direttamente sul posto si gode solo a metà”  Storia del Lazzaretto In un'epoca nella quale le condizioni igieniche erano davvero precarie, nasceva la necessità di adibire alcune strutture alla degenza e all'isolamento degli appestati durante le epidemie. Per questo motivo venne costruito il Lazzaretto, struttura che ogni città avrebbe dovuto avere per garantire un minimo di assistenza ai malati e per difendersi dall'espansione del contagio. Ciò che però non si sapeva era come trattare con la peste. Nei lazzaretti i malati erano di fatto isolati in attesa della morte. Esterno del Lazzaretto e porta di accesso Il primo Lazzaretto di Milano sorse molto distante dalla città, a Cusago tra il 1447 e il 1450, ma si rivelò troppo lontano durante la peste del 1451. Era necessaria una str...

Giordano Bruno

Giordano Bruno. Scagli la prima pietra che non ha mai udito tale nome. Probabilmente se si conosce il nome si saprà anche come ha finito i suoi giorni; bruciato vivo. Stop. Ma non basta. Così come non basta passare a velocità supersonica in piazza campo dei fiori a Roma per una rapida occhiata al monumento a lui dedicato. Ci sarà pur un motivo se tra migliaia di messi al rogo a lui hanno fatto la statua. Che diamine. Questi i pensieri mentre riguardo gli scatti strappati a Campo dei fiori in una soleggiata giornata primaverile. A distanza di due anni approfondisco il personaggio e il percorso che lo ha portato ad essere ridotto in cenere a Roma, a poche centinaia di metri della capitale di Gesù Cristo Nostro Signore P.S. É un puro caso che il post esca esattamente lo stesso giorno della sua esecuzione. Il monumento  Nel centro di piazza Campo de' Fiori, in mezzo alle bancarelle del mercato e al vagabondare di romani e turisti, si leva il monumento a Giordano Bruno. Il filosofo è tu...

Hotel Dakota

A volte i musei sono nei posti più insoliti. Un evento particolare può infatti essere preso come filo rosso per l'arredamento di un albergo. Questo é quello che hanno deciso i gestori dell'albergo Dakota a Meiringen Hall dell'hotel Dakota di Meiringen L'incidente Il 18 novembre 1946, un Dakota C-53 americano decollò da Vienna con dodici passeggeri per un volo diretto a Pisa. Dopo lo scalo a Monaco, il pilota Ralph Tate decise di sorvolare le Alpi svizzere e sbagliò le condizioni di altitudine. Volando troppo basso, l'aereo sfiorò il ghiacciaio Gauli a 3350 metri di altitudine a una velocità di 280 km/h. L'aereo sbanda nella neve alta, supera dei crepacci e alla fine si  ferma, senza che i 12 occupanti riportassero ferite pericolose per la vita. A bordo c'erano quattro membri dell'equipaggio e otto passeggeri, tra cui quattro donne, alti ufficiali dell'esercito americano e una bambina di 11 anni. La nebbia e i forti venti costrinsero il Dakota ad att...

Marignano 1515: la battaglia dei giganti secondo il Traxino

Trovo miracolosamente un altro testo inerente la battaglia di Marignano. Vero crocevia della storia svizzera. Questa pubblicazione risulta particolarmente interessante perché arricchita (quasi la metà del testo) da numerosissime note  L'Europa è in fermento, la prospettiva che un'area geografica di importanza fondamentale come il ducato di Milano sia caduta in mano agli svizzeri e al loro comandante, cardinal Schiner, è ritenuta inaccettabile, seppur con la poco credibile assunzione al trono di un figlio del Moro, Massimiliano Sforza, manovrato dallo Schiner e senza nessun margine d'azione autonoma. Nonostante l'indubbio impegno e coraggio da essi profuso, unitamente alle elevate perdite, durante il secondo giorno è ormai evidente a tutti che il vincitore della battaglia è l'esercito francese. Gli svizzeri cominciano a ritirarsi dal Ducato, protetti da alcune robuste retroguardie, rientrando nei propri territori, ma a testa alta: hanno infatti ben combattuto ed il l...

Una nuova partenza

Ho gestito un blog dal 2004 al 2016 Dal 2016 ho preso una pausa, nel frattempo il mio stile di vita e i miei interessi sono mutati, si potrebbe sostenre che sono passato dall'epoca "tardo bimbominkia" al "consapevole di un esistenza da sfruttare bene", o ancora, come amo dire, aver cambiato la mia stagione umana, che sia da "primavera a estate" o da "estate a autunno" non l'ho ancora capito. Nel frattempo i miei interessi si sono spostati fondamentalmente su due temi: montagna e storia. Perché Suvorov55? Suvorov55 é un nome che riesce a racchiudere entrambe le mie passioni, cosa abbastanza difficile in una parola; si tratta di un percorso proposto da una delle innumerevoli app di escursionismo che propone di ripercorrere il percorso fatto dal generalissimo Suvorov nelle alpi svizzere nel contesto delle guerre napoleoniche, il percorso si chiama appunto Suvorov55 ed é una dei miei innumerevoli obiettivi che mi sono proposto di raggiungere....

L’arte di invecchiare

Finché lo scorrere del tempo non diventi uno dei principali pensieri o addirittura sfoci in un ossessione stiamo sicuramente navigando nelle tumultuose acque della gioventù. Inesorabile é purtroppo il passare del tempo, ma questo lo si avverte con lo "scollinamento" (vedi capitolo sotto). All'improvviso sembra tutto fragile, insicuro, ci si rende conto che al contrario dei videogiochi la vita é una sola, appesa ad un filo che potrebbe rompersi da un momento all'altro. Da qui si impone profonda riflessione e una ricerca di filosofie capaci di accompagnarci con grande serenità al più democratico dei giorni.  Negli appunti lasciati di Schopenhauer, e nuovamente racchiusi in un vademecum tascabile trovo alcune risposte a questi pensieri tipicamente serali giusto "prima di spegnere la lampada sul comodino”.  Maestro della sponda superiore del Reno - Dittico: Hieronymous Tschckenbürlin e la morte, 1487 Museo d'Arte Basilea Definizione della vita secondo Schopenhaue...

VERSO

Quello che ci si para dinnanzi é sempre solo una facciata, un lato della medaglia, solitamente il più bello. Ma per conoscere bene qualcuno occorre mangiarci un sacco di sale assieme. L'operazione di scoprire il lato oscuro dei quadri é decisamente più semplice ma raramente non viene trattato perché il lato bello prende per se tutto l'interesse in quanto decisamente la più degno di ammirazione. Si potrebbe dire la stessa cosa dei singoli delle canzoni che uscivano con una seconda traccia, le famose B Sides, sempre un po' bistrattate, a torto, in quanto anche loro erano delle perle destinate a rimanere a vivere all'ombra della parte bella. Ma ritorniamo ai quadri, la Kunsthaus di Basilea decide di farci scoprire cosa sta dietro ai quadri. A oggi non mi sono mai posto grandi aspettative al riguardo, l'unico punto a riguardo erano le ali delle pale d'altare, che vengono solitamente esposte aperte nei musei, ma che nella realtà erano in questa posizione in corrispon...