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D.A.F. De Sade - Elogio dell’omicidio

Si proprio quel De Sade. Trovo un libricino in una altrettanto minuscola biblioteca a Biasca. Incuriosito da titolo ed evidente me autore ne prendo possesso.

Il racconto narra dell’incontro di Juliette con il pontefice Sisto VI. Juliette pone 4 richieste al pontefice in cambio dei suoi favori sessuali che si riveleranno poi dei più depravati.

Quello a colpire é il tema centrale del libro: il papa illustra a Juliette che l’omicidio non solo deve essere tollerato ma é necessario

Del divin marchese (1740-1814) la cui biografia oscilla tra il più spinto libertinaggio e lunghi anni di prigionia - in pochi ne hanno saputo parlare con tanta lucidità come George Bataille: "di Sade dovremmo poter prendere in considerazione unicamente la possibilità che offre di calarci in una sorte d'abisso d'orrore che dobbiamo esplorare, e che inoltre é dovere della filosofia esporre, chiarire e far conoscere. Considero che per chi voglia andar fin in fondo nella comprensione di ciò che significa l'uomo, la letteratura di De Sade é non solo raccomandata, ma fortemente necessaria

L’uomo e la natura 

L’elogio dell’omicidio si basa su una filosofia di De Sade che provo qui sotto a riassumere: egli sostiene che la natura e l’uomo non hanno un legame e che anzi, il procreare dell’uomo impedisce alla natura di creare nuove specie. Se al contrario l’uomo si estinguerebbe darebbe modo alla natura di esprimersi e svolgere il suo ruolo creando nuovi generi. 

A dar man forte a questa volontà della natura le innumerevoli sciagure che affliggono la terra, con l'evidente obiettivo di cancellare l'uomo.

Al momento dell'acquisto del libricino la commessa: "contiene delle belle immagini"

Scrive il De Sade:

Se la natura fosse soggetta ad altre leggi, le creature che risultano dalle leggi attuali non esisterebbero più sotto le nuove, mentre la natura esisterà sempre, pur con leggi diverse. I rapporti tra l'uomo e la natura o tra la natura e l'uomo sono quindi nulli; la natura non può costringere l'uomo con alcuna legge, l'uomo non dipende affatto dalla natura, essi non si devono nulla l'un l'altro e non possono né offendersi né rendersi utili a vicenda.

Al momento della sua creazione, l'uomo riceve leggi dalle quali non può più deviare; queste leggi riguardano la sua conservazione... la sua riproduzione, leggi che dipendono unicamente da lui... inerenti al suo esistere, ma che non sono affatto necessarie per la natura; perché egli non dipende più da quella stessa natura, ma ne è separato al punto che non è assolutamente utile al suo funzionamento, potrebbe benissimo quadruplicare la sua specie o estinguerla completamente, senza che l'universo ne risenta la minima alterazione. 

Se si moltiplica, gli opera in conformità ai propri interessi, dal suo punto di vista; se si distrugge invece, opera in senso opposto ai propri interessi, sempre secondo il proprio punto di vista; ma agli occhi della natura è diverso: se si moltiplica, ha torto, perché toglie alla natura l'onore di un fenomeno nuovo, in quanto il risultato delle sue leggi sono necessariamente le creature. Se quelle creature che vengono create non si riproducessero più, essa creerebbe nuovi esseri e godrebbe di una facoltà che non possiede più; non perché non possa più averla se volesse, ma poiché essa non fa mai nulla di inutile e finché i primi esseri creati si propagano mediante le loro stesse facoltà, la natura non genera più nuove creature: la moltiplicazione della nostra specie, che è diventata una delle leggi inerenti alla nostra realtà, danneggia decisamente i fenomeni di cui la natura é capace

Così, ciò che consideriamo virtù diventa un crimine ai suoi occhi; al contrario, se le creature si distruggono compiono opera meritevole nei confronti della natura, in quanto, in quel caso, cessano di utilizzare una facoltà ricevuta ma non una legge imposta, e rimettono la natura nella necessità di sviluppare una delle sue più belle facoltà che non adopera più in quanto costretta all'inutilità.

La natura non ci dimostra forse fino a che punto il nostro potere di riprodurci la intralci... e quanto invece vorrebbe rifuggirlo, distruggendolo? Non ci dimostra forse tutto ciò per mezzo delle calamità con le quali ci opprime costantemente, per mezzo delle divisioni e delle discordie che semina tra di noi... con la propensione all'omicidio che ci ispira in continuazione? Le guerre, le carestie con cui ci affligge, le pesti che invia di tanto in tanto sulla Terra per distruggerci, gli scellerati che moltiplica - quegli Alessandro, quei Tamerlano, quei Gengis Khan, tutti questi eroi che devastano la Terra-, tutto questo, dico, non dimostra in maniera inconfutabile che tutte le nostre leggi sono contrarie alle sue e che essa tende unicamente alla loro distruzione?


Tutte queste teorie sembrano voler giustificare e camuffare il vero obiettivo del De Sade: snocciolare tutti i macabri dettagli di esecuzioni contenute nella seconda parte del libretto, vera e propria fonte di godimento del marchese.

100 occasioni per uccidere 

Ancora più di nicchia é decisamente sbalorditive sono gli esempi che il pontefice snocciola in cui dimostra che l’uomo é un assassino nato. Ne riporto una parte

A Capodimonte, se una donna partorisce due figli contemporaneamente, il marito ne schiaccia immediatamente uno

I Messicani non partivano mai per una spedizione militare senza prima aver sacrificato bambini di entrambi i sessi.

Alle donne giapponesi è permesso abortire quante volte vogliono, nessuno chiede loro conto di un frutto che non hanno voluto portare.

Il re di Calicut ha, nel suo palazzo, una poltrona a molle sotto la quale è acceso un grande fuoco, e là, in certi giorni di festa, viene legato un bambino fino alla sua totale estinzione.

Nel regno di Zopit e nel Trapoban, i padri sgozzano essi stessi i propri figli di qualsiasi sesso, se il loro aspetto non li soddisfa o se pretendono di meglio. 

In Madagascar, tutti i bambini nati di martedi, giovedì e venerdì vengono dati in pasto alle bestie feroci dai loro stessi genitori. 

Fino alla fine dell'Impero romano i padri facevano morire i propri figli che non piacevano loro, a qualsiasi età. 

Lo zar Pietro rivolse al suo popolo una pubblica dichiarazione il cui sunto era che, secondo tutte le leggi divine o umane, un padre aveva diritto di vita o di morte sui figli, senza appello e senza dover ascoltare il parere di nessuno: egli stesso diede subito l'esempio del diritto che istituiva. 

Finché i sacrifici umani costituiscono uno spettacolo, non dovrebbero mai essere vietati in una nazione guerriera. 

Roma trionfò sull'universo finché ebbe spettacoli crudeli, e cadde nell'umiliazione e nella schiavitù non appena la stupidità della morale cristiana la persuase che era peggio veder uccidere gli uomini invece degli animali. Ma non era per umanità che i seguaci di Cristo ragionavano così, bensi per l'estrema paura che, se l'idolatria avesse ripreso il suo dominio, sarebbero stati loro stessi ad essere sacrificati per il divertimento degli avversari.

Quasi tutti i selvaggi d'America uccidono i loro anziani non appena li vedono malati, è un'opera di carità da parte del figlio e il padre lo maledirebbe se non lo uccidesse quando ormai non è più autosufficiente.

C'è un'isola nel Pacifico in cui si uccidono le donne non appena superano l'età di procreare, come creature che da quel momento diventano inutili al mondo; e in effetti, a cosa potrebbero servire dopo? 

In nessun serraglio dell'Asia è proibito uccidere donne e colui che uccide le sue è liberissimo di acquistarne altre.

Nell'isola di Borneo si crede che tutti coloro che un uomo uccide saranno i suoi schiavi nell'aldilà, di conseguenza, più un uomo vorrà essere servito dopo la morte, più dovrà uccidere in vita. 

Quando i Tartari di Karascan vedono uno straniero dotato di intelligenza, coraggio e bellezza, lo uccidono per appropriarsi delle sue qualità e diffonderle nella propria nazione. 

Nel regno di Tangut, in certi giorni dell'anno, un giovane vigoroso esce con un pugnale in mano e uccide impunemente tutto ciò che incontra; coloro che muoiono per mano sua sono sicuri - così si dice - di ricevere la più grande felicità nell'aldilà. 

In Italia si trovano assassini su commissione che possono essere utilizzati allo stesso modo in caso di necessità; dovrebbero essere tollerati in un governo saggio. Perché poi solo il governo dovrebbe avere il diritto di disporre della vita degli uomini?

Quando i Cartaginesi videro il nemico alle porte, immolarono duecento figli dell'alta nobiltà; una delle loro leggi ordinava di offrire a Saturno soltanto figli di quella casta. Le madri che mostravano anche il minimo segno di tristezza venivano multate, e questi bambini, immolati davanti ai loro occhi. Era la sensibilità ad essere considerata un crimine! 

Un re del nord, di cui mi sfugge il nome, sacrificò nove dei suoi figli con l'unico scopo, disse, di prolungare i propri giorni a spese di coloro che ne venivano privati.

Erode, re degli ebrei, nel momento di rendere l'estremo sospiro, fece radunare tutta la nobiltà della Giudea nell'ippodromo di Gerico, poi ordinò alla sorella Salomè di farli morire tutti nell'istante stesso in cui lui avrebbe chiuso gli occhi, affinché il suo lutto diventasse universale e che gli ebrei, piangendo amici e parenti, si trovassero costretti, loro malgrado, a bagnare le sue ceneri di lacrime. Che forza deve avere una passione i cui effetti si protraggono oltre il dramma! Tuttavia, quest'ordine non venne eseguito.

Maometto II tranciò con la propria mano la testa dell'amante Irene, per mostrare ai suoi soldati che l'amore non era in grado di intenerire il suo cuore, nonostante avesse appena trascorso la notte con lei e soddisfatto tutti i suoi desideri. 
Quando scoprì che uno dei suoi favoriti destinati ai suoi piaceri ebbe mangiato nascostamente un cetriolo dei suoi giardini, fece aprire il ventre a tutti quelli che si trovavano nel serraglio finché il frutto non fu scoperto nelle viscere di uno di loro. 
Avendo trovato poi qualche difetto in una Decapitazione di San Giovanni Battista, fece tagliare il collo di uno schiavo in presenza dell'artista Bellini, veneziano, e autore del dipinto oggetto della sua critica, per mostrargli che la natura non era stata da lui ben rappresentata.  

"Ecco" gli disse "così dev'essere una testa tagliata".

È anche lo stesso grand'uomo che, filosoficamente convinto che la vita dei sudditi fosse fatta solo per soddisfare le passioni dei sovrani, fece gettare, come fascine, centomila schiavi nudi nei fossati di Costantinopoli per colmarli, durante l'assedio di quella capitale.

Ma nulla eguaglia la crudeltà degli Indiani nei confronti delle loro vittime: tutti devono divertirsi a colpirle e straziarle mentre, al contempo, le obbligano a cantare.
Incredibile raffinatezza nella crudeltà che non permette nemmeno che le vittime piangano.

I negri del fiume Kalabar prendono i bambini e li consegnano vivi agli uccelli rapaci che ne divorano le carni, spettacolo che diverte immensamente questi selvaggi. 

In Messico tenevano la vittima in quattro, il grande sacerdote la fendeva in due, ne strappava il cuore con cui ungeva l'idolo, e talvolta si trascinava il sacrificato su una pietra tagliente per squarciarlo fino a farne uscire le viscere. Tra questa immensa folla di popoli che abitano il nostro globo, a malapena se ne trova uno che abbia attribuito la minima importanza alla vita umana perché, di fatto, non esiste nulla di meno importante.

Sacrificio umano raffigurato all'interno del Codice Magliabechiano

Gli Americani infilano nell'uretra un bastoncino irto di spine e lo girano a lungo diverse volte, causando terribili dolori. 

Gli Irochesi attaccano l'estremità dei nervi delle loro vittime a dei bastoni che poi vengono fatti ruotare, cosi vi avvolgono sopra i nervi come fossero delle corde. I corpi si slogano e si piegano in modo bizzarro, e la loro visione doveva essere davvero molto stuzzicante...

Nelle Filippine una donna colpevole viene legata nuda a un palo con la faccia rivolta al sole e la si lascia morire così.

A Juida, si sventra, si strappano le viscere, si riempie il corpo di sale e si lega al palo la donna in mezzo alla piazza. 

I Quoia perforano la schiena a colpi di lancia, poi squartano il corpo e costringono la moglie del morto a mangiarlo.

Gli Uroni sospendono un cadavere sopra la vittima in modo che essa possa ricevere sul viso tutto il lerciume che fuoriesce da quel corpo morto e tormentano il poveretto finché non muore.

I Cosacchi legano la vittima alla coda di un cavallo che fanno galoppare su un sentiero accidentato; fu questo, come sai, il supplizio della regina Brunilde. 

L'esecuzione di Brunechilde, miniatura da: Giovanni Boccaccio,
 De casibus virorum illustrium, libro 9, Parigi ca. 1475.

Gli antichi Russi impalavano dai fianchi e appendevano per le costole. I Turchi fanno lo stesso, ma dall'ano.

Il viaggiatore Gmelin vide in Siberia una donna sepolta viva fino al collo, alla quale veniva portato da mangiare; visse così tredici giorni.

In Marocco e in Svizzera, il colpevole viene segato tra due tavole. 

Ippomene, re d'Africa, fece divorare il figlio e la figlia da cavalli privati a lungo di cibo. Fece questo senza neppure riflettere alla sublimità dei loro legami di parentela; probabilmente è da qui che deriva il suo nome Ippomene.

I Persiani, il popolo più ingegnoso nella creazione di supplizi, rinchiudevano la vittima tra due piccole barche in modo che piedi, mani e testa passassero attraverso delle aperture, la costringevano allora a mangiare e a bere in quella posizione, forandogli gli occhi con punte di ferro, talvolta spalmavano il viso di miele, in modo che le vespe ne fossero attratte; i vermi la divoravano così, viva. Chi lo crederebbe? Spesso sopravvivevano diciotto giorni in questa situazione atroce. Che sublime raffinatezza! Ecco l'arte, che consiste nel far morire, il più a lungo possibile, un poco ogni giorno.


[Il re] decretò che Mitridate fosse messo a morte su barche, la cui esecuzione avviene nel modo seguente: prendendo due barche uguali, si adagia su una di esse il malfattore sulla schiena; poi, coprendolo con l'altra, e mettendole insieme in modo che la testa, le mani e i piedi rimangano fuori e il resto del corpo giaccia chiuso dentro, gli offrono del cibo e se rifiuta di mangiarlo, lo costringono a farlo pungendogli gli occhi; poi, dopo che ha mangiato, lo inzuppano con una miscela di latte e miele, versandola non solo in bocca, ma su tutto il viso. Quindi mantengono il viso continuamente rivolto verso il sole, e viene completamente ricoperto e nascosto dalla moltitudine di mosche che vi si posano sopra. E poiché nelle barche fa ciò che devono fare quelli che mangiano e bevono, dalla corruzione e dal marciume degli escrementi sgorgano animali striscianti e parassiti, e questi entrano nelle sue viscere e il suo corpo viene consumato. Quando l'uomo è palesemente morto, mentre la barca più in alto viene tolta, trovano la sua carne divorata e sciami di tali creature nocive che predano e, per così dire, crescono al suo interno. In questo modo Mitridate, dopo aver sofferto per diciassette giorni, alla fine morì.

Il supplizio alla moda inflitto oggi nei serragli quando le donne commettono qualche errore, consiste nell'incidere le carni in tutte le direzioni e successivamente far gocciolare del piombo fuso nelle ferite, impalare dalla matrice o lardellare la vittima con stoppini imbevuti di zolfo che vengono poi accesi, i quali prendono alimento dal grasso stesso della vittima.

Spesso, squartavano vive le proprie vittime legandole a quattro giovani alberi ricurvi che venivano rilasciati di colpo. 

Mezio Fufezio fu squartato da quattro carri. 

Sotto gli imperatori si usava frustare a morte. Si avvolgeva la vittima in un sacco di cuoio con serpenti, e si gettava il sacco nel Tevere. 

Altre volte si metteva la vittima su una ruota, la si faceva girare a lungo con violenza in una direzione poi improvvisamente nell'altra, il che squarciava le viscere che spesso venivano vomitate dopo innumerevoli orribili sforzi.

Apuleio parla della tortura di una donna, i cui dettagli sono persino abbastanza divertenti: la cucirono dentro il ventre di un asino a cui si erano strappate le interiora, ma la testa stava fuori; così l'esposero alle belve feroci. 

Il tiranno Massenzio faceva marcire un uomo vivo sul cadavere di un morto.

Ci sono paesi in cui si lega la vittima vicino a un gran fuoco, le si apre il ventre con delle lesine in modo che le fiamme si insinuino nelle viscere, consumandola gradualmente. 

Durante il periodo delle Dragonate si prendevano le ragazze che non volevano convertirsi e, per far loro amare la messa, le si riempiva di polvere da sparo con un imbuto infilato nell'ano e nella vagina, poi le si faceva saltare in aria come delle bombe. È incredibile quanto questo facesse loro amare l'ostia e la confessione all'orecchio del prete! Come non amare un Dio nel nome del quale si fanno cose tanto belle?

E ritornando agli antichi supplizi, vediamo Santa Caterina legata su un cilindro cosparso di punte, rotolare così giù dall'alto di una montagna.

In Siam, le fanno calpestare dai tori. Il re di quel paese fece morire un ribelle nutrendolo con la sua stessa carne, dalla quale ogni tanto tagliava un pezzo. 

Gli stessi talvolta serrano il corpo della vittima, la pungono con strumenti molto acuminati per costringerla a trattenere il fiato poi tagliano bruscamente il corpo in due, pongono la parte superiore su una lastra di rame incandescente, arrestando così l'emorragia e prolungando la vita dello sfortunato in una sola metà del corpo.

I fratelli Moravi facevano morire le persone col solletico. Si è provato un supplizio simile su alcune donne: le si masturbava fino alla morte.

Tutti questi popoli, hanno sgozzato uomini sugli altari dei loro dèi: da sempre, l'uomo ha provato piacere a versare il sangue dei propri simili e, per soddisfare questo desiderio, talvolta ha travestito questa passione col velo della giustizia, talvolta con quello della religione; ma il fondo, lo scopo reale era - fuor d'ogni dubbio - lo stupefacente piacere che vi provava.

Al momento dell'acquisto del libricino la commessa: "contiene delle belle immagini"

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