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Samuel Butler e il passo del Sassello

Cosa accomuna il sottoscritto e Samuel Butler? Fino a ieri pensavo nulla oltre al bianco degli occhi. E invece, per mia grandissima sorpresa un elemento che pensavo solo ed esclusivamente mio.

Ultimo tratto verso il passo dal versante leventinese. Sullo sfondo il lago di Prato (2056 m.s.m.)

Percorro, o meglio cerco di percorrere, il passo del Sassello almeno una volta all'anno. Sarà perché é un passo poco frequentato. Sono sicuro che in passato non fosse così, in più tratti (come la foto sopra) compaiono delle tracce di intervento umano per facilitare la percorribilità.  

Dopo le mie prime tre ascensioni non incontrai persone da entrambi i versanti; sarà perché non conosciutissimo, sarà perché da guadagnare metro per metro (non ci sono carrabili che portano vicino alla sommità) e quindi faticosissimo.
Sarà perché bisogna proprio ad andare a cercarselo.

In rosso il passo del Sassello

Il passo del Sassello

E solo dopo l'indipendenza ottenuta dal Cantone Ticino nel 1803, dopo tre secoli di dominio dei cantoni sovrani, che la Vallemaggia può iniziare a costruire la sua prima strada carrozzabile che raggiunse Bignasco nel 1824. Fino a quel momento ci si spostava solo a piedi. I sentieri pedestriani permettevano di raggiungerla da sud e da nord, come pure di valicare i crinali per spostarsi nelle valli limitrofe poste ad est e ad ovest.

Alcuni viandanti che superavano le Alpi centrali, transitando sul valico del San Gottardo, invece di seguire il corso del fiume Ticino, superavano il crinale tra la Leventina e la Vallemaggia. Tra i collegamenti più diretti e frequentati vi suggeriamo il passo del Sassello, che collega i con Fusio in Valle Lavizzara. È un passaggio ripido e faticoso che richiedeva una giornata di cammino per andare da una valle all'altra.

Spettacolare vista dal passo Sassello (2336 m.s.m.) guardando verso Nord Ovest.
 A sinistra la valle Maggia, cliccando ed ingrandendo l'immagine si può notare la diga del Naret. 
A destra la valle Leventina, si noti il lago Ritom é la funicolare

Samuel Butler

Ma veniamo a Samuel Butler, innanzi tutto chi é costui?
Nato nel cuore dell'Inghilterra nel 1835, Samuel Butler fu scrittore e saggista. Su volere del padre fu avviato alla carriera ecclesiastica, ma presto vi rinunciò e fuggì in Nuova Zelanda per fare l'allevatore di pecore. Tornato in patria nel 1864, si stabilì a Londra e si dedicò all'arte e alla musica; nel 1872 pubblicò il romanzo satirico Erewhon, una delle sue opere più note

Autoritratto 
 
Tra gli anni settanta e ottanta dell'Ottocento visita ripetutamente il Ticino e lascia interessanti descrizioni. Nel 1880 si trovava in Ticino per assistere alle celebrazioni dei 400 anni dell'apparizione della Madonna a Fra Bartolomeo Piatti da Ivrea, sul Sacro Monte di Orselina; ne raccontò pochi mesi più tardi nel diario di viaggio Alps and Sanctuaries of Piedmont and the Canton Ticino.

Il passo del Sassello lo supera diverse volte. Ogni volta attirato dalla bellezza di Fusio e dalla idilliaca valle del Sambuco, da lui ritenuti luoghi del cuore, con paesaggi da sogno e con gente povera ma ospitale. 

Descrive un incontro fatto sul sentiero che porta al valico; viene raggiunto da due donne scalze e cariche che vanno verso Fusio. Esse raccontano che il giorno prima sono partiti da casa, a Mogno, con duecento uova e parecchio pollame per venderle ad un buon prezzo a Airolo. In un'altra occasione, sul passo, incrocia una famiglia di arrotini ambulanti con sulle spalle gli attrezzi del loro mestiere.

Samuel Butler, convinto che “la Val Sambuco è una delle più belle che ci siano note”, cercò di interpretarne musicalmente il fascino.

Sguardo verso Grasso di Dentro

Addio al Sambuco

Trovo in rete questo dialogo inerente il passo e la valletta del Sassello. La diga del Sambuco non é ancora stata costruita e il dialogo verte su quello che é e quello che sarà di questo meraviglioso angolo di Ticino.
Tratto da "Ossi da mordere" di Piero Bianconi, Edizioni del Cantonetto

Sapete come va con il leggere di sera, a letto, insonnoliti e ormai più di là che di qua: è un modo di cucire insieme veglia e sonno, di sovrapporre inestricabilmente coscienza e sogno; da non saper più, al momento buono, se la tal cosa l'avete davvero veduta o pensata, o se invece semplicemente sognata. Ci si dice sempre: guardarsene; ma poi ci si ricasca, puntalmente.
Così m'è capitato l'altra sera, l'altra notte.

Un amico m'aveva raccontato dei lavori in Valmaggia (in quella valle, dice lui, che oramai è ribattezzata in Maggiathal); mettendomi a letto, presi il libro di Samuel Butler, rilessi le pagine sull'incantata valletta del Sambuco. Già son pagine nelle quali sogno e realtà, visione e immaginazione si stringono intimamente, fuse dall'estro dell'Inglese; anche con gli occhi bene aperti non è facile dire se quella sua valletta händeliana il Butler l'ha davvero veduta o se piuttosto è da mettere nella assai più seducente geografia del mondo fantastico: figuriamoci a occhi socchiusi...

Vista verso Grasso di Dentro

Fatto sta che a un certo momento, cascatomi il libro di mano e il sonno con dolce violenza premendomi le palpebre, mi parve di trovarmi innanzi in carne e ossa il sorridente Samuele, col suo sorriso complicato tra la barba dura, le scarpe immense e gli occhietti vispi al di sopra degli occhiali a stanghetta; e che continuasse a dirmi del Sambuco, di quell'incanto di colori e musica, e le trote, e Händel, e il suo amico albergatore, e i camosci, e il sentiero che scende dal Sassello e passa di lì, una volta l'aveva fatto col suo amico Guglielmoni: « Quando giungemmo in val Sambuco, la gente stava mungendo le poche bestie, il latte faceva le fusa nei secchi con un fondo ronzio come di soddisfazione. Il sole si coricava rosso sul Campo Tencia, l'acqua era chiara, come l'aria; e l'aria, nell'ombra fonda della valle, aveva un che dell'azzurro profondo e della trasparenza dell'acqua... ».

Capre a Grasso di Dentro

IO: — Signor Samuele, pensi un po' che la sua bella valletta è ormai condannata, progettano di colmarla d'acqua, di mutarla in un vasto bacino di accumulazione: energia elettrica!
Come faremo a salvarla? Come ci difenderemo dal progresso che rode e livella ogni cosa?

LUI: - Calma, figliuolo, calma. Così come io trovavo nella valletta sopra Fusio la musica di Händel, cosi voi potrete ripescare nella musica di Händel la valletta sommersa. Poi io già avevo notato che quella valletta è, evidentemente, un antico lago svuotato; che torni a esser lago dopo alcuni millenni è cosa che non deve far impallidire di sdegno... Quanto al progresso, andiamo adagio: 'facilissimo dirne male in nome d'un dubbio estetismo, bisognerebbe per cominciare saper fare a meno dei suoi benefici.

Provati un po' per una settimana a leggere e lavorare di sera a lume di candela: poi ne riparleremo. Prova un po' a costringer tua moglie a lasciar in pace la cucina elettrica, accenda il camino, la stufa economica, si sporchi di cenere e carbone, si arrostisca: e con lei sbrigatela poi da solo...

IO: - Caro Mister Butler, questi sono i suoi soliti spiritosi paradossi, il fatto concreto è che la valle del Sambuco è bell'e condannata, non la vedremo più, non udremo più il ronzio del latte nei secchielli, la sera, quando la gente munge le vacche e il sole si ritira sempre più alto e glorioso. Il mondo si impoverisce di poesia, di bellezza...

LUI: — Il sole sul Capo Tencia, quanto rimirarlo, verso settembre! Venivo apposta da Londra per guardarlo, per rivedere il mio amico Dazio. Ma credi che, una volta sommersa la valle, tramonterà in altro modo? E che queste montagne vorranno scomporsi per quella poca pozza che gli uomini meditano di fargli ai piedi? O che quella poca pozza si rifiuterà di riflettere la sagoma solenne e placida delle montagne? O che le proporzioni della valletta muteranno? Già a me piace immaginare che tenera luce inedita lo specchio dell'acqua farà brillare su queste pendici erbose, e magari anche come allegramente si moltiplicheranno le trote nel grande spazio acquatico, e cosa sarà veder baluginare il lago come una lunga lingua umida tra le montagne, scendendo dal Sassello con l'amico Guglielmoni, cosi brav'uomo, poveretto, e ottima guida...

Sguardo su Piatto e il lago Sambuco dal sentiero che scende dal passo del Sassello.

IO: - Ma no, signor Butler, nessuno più scenderà di lassù, progettano di scavare una galleria, una strada carrozzabile da Fusio ad Airolo, diritta come un fuso, piana...

LUI: - Benissimo; tanto più che non ci sarà obbligo per nessuno di prender quella piuttosto che il sentiero del Sassello, o del Naret, o del Campolungo... Chi ha tempo e voglia passa i monti, chi ha furia passa sotto, cosa si domandare di meglio? Pensa alle due donne di Mogno che andavano a vender pollastri e uova in Leventina, traversando la montagna, che comodità poter usufruire della strada piana; bisognerà insegnargli l'autostop, e saranno a cavallo...

Sguardo sulla valle del Sambuco.

Si stropicciava le mani, l'ironico inglese; sorrideva sotto i baffi, tossicchiava. A un tratto si mise a camminare a grandi passi su verso il Sassello, con le mani enormi andava carezzando le chine erbose, già arrugginite dall'autunno, si vedeva il luccichio dei chiodi sotto le scarpe sesquipedali, lo si sentiva scatarrare, cavernoso.

Dalla vetta, ormai piccolissimo, si voltò un'ultima volta, con voce amabile soggiunse: « Il mondo gira, figliuolo, gira sempre più in fretta; non c'è altro da fare che lasciarlo girare. Però mi vado sempre meglio persuadendo che la porzione migliore è toccata a me, ai miei tempi girava con giusto ritmo, nè troppo lento nè troppo vertiginoso. Del resto il gusto più bello è di starlo a guardare, come fa questo vecchio mondo a girare girare, sempre più in fretta... ».

La Valle di Sambuco dipinta dallo stesso Butler

Outro

Quello che a bocce ferme mi colpisce maggiormente non é tanto l’amore che prova uno scrittore inglese per questo minuscolo passo, un anonimo tra le migliaia di passi presenti sull’arco alpino; per Butler sarebbe stato più scontato elogiare la superstar dei passi: quel San Gottardo poco lontano e più impregnato di storie e storia.
No, non é tutto questo ad avermi colpito maggiormente, ma piuttosto la testimonianza di quelle due donne scalze che lo percorsero per andare a vender 200 uova e parecchio pollame al mercato di Airolo partendo da Mogno, per non parlare dell'atrezzatura degli arrotini.

Questo é “sconcertante”, io l’ho percorso senza carico extra quale potrebbe essere 200 uova e del pollame o peggio ancora la mola di un arrotino, ho a disposizione attrezzatura all’avanguardia, scarpe comode e barrette energetiche. Ho potuto scegliere una giornata in piena estate col tempo splendido. No, una volta questo passo non rappresentava un simbolo di piacere da fare volontariamente nel tempo libero. Tutt’altro, era per la sopravvivenza. 
E ora non potrò fare a meno di immaginarmi queste sue donne inerpicarsi sui pendii con la merce sulle spalle, e prima di lasciarmi schiacciare dai sintomi della fatica mi lascerò guidare dal loro, e da chissà quanti altri, esempio.

Lo strumento di lavoro dell’arrotino era la mola, una grossa ruota di legno cerchiata di ferro, due ruote piccole (la pietra abrasiva e la smeriglio per lucidare) azionate dalla cinghia di trasmissione della ruota più grande, a sua volta azionata dal pedale a lato della carretta che, mediante un ingegnoso sistema a manovella e pedivella, trasformava il movimento verticale in quello rotatorio. Sul retro della mola vi era un piccolo armadietto con gli attrezzi del lavoro, un cambio di biancheria e, qualche volta, alcune scorte alimentari.
Sopra la mola vi era un secchiello che, con un piccolo rubinetto appeso a un bastone fissato nella mola, faceva gocciolare lentamente l’acqua sopra i ferri da molare, per lavare la polvere dell’abrasione e per evitare il surriscaldamento degli utensili. Sul fianco era appeso uno straccio per pulire i ferri arrotati e, sopra, una piccola incudine per piccole riparazioni.

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