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Dürer tatuato - prima parte

Ho un debole per Albrecht Dürer, molto marcato. Molto meno per i tatuaggi. Diciamo che se proprio fossi obbligato a tatuarmi qualcosa, la scelta potrebbe facilmente cadere su un opera dell’incisore tedesco.

Pensieri ben distanti da me nella giornata del 8 febbraio 2025. L’obiettivo odierno era il moulage di Zurigo appena finito di visitare. La strada di rientro verso la città vecchia passa davanti all' ETH di Zurigo (politecnico).

Edificio principale rispettivamente Graphische Sammlung, Politecnico federale svizzero (ETH Zürich) in Svizzera

Ero passato di lì ore prima in direzione del moulage e sulle sue fiancate, tra tanti personaggi non mi é scappato, con grande sorpresa, quello di Albrecht Dürer. E li ero già contento, la giornata era già guadagnata, un accenno ad uno dei miei artisti preferiti, che volere di più?


Lo spicchio della facciata del Politecnico di Zurigo dedicato a Dürer

Il resto poi l’ha fatto la mia curiosità: notare che l'edificio era aperto al pubblico, entrare nell’edificio, leggere la planimetria, notare che ci sono spazi espositivi grafici aperti; darci un occhiata é inevitabile. E qui il premio, il premio alla mia curiosità.


Un esposizione interamente dedicata a Dürer!
Stento a crederci.

La prima occhiata all’interno dell’esposizione: oh divina visione

Mi ero spostato a Lugano al LAC molto tempo prima per vedere una piccola parte a lui dedicata. Poi avevo incrociato un paio di opere casualmente a San Gallo.
Sapevo che quelle esposte al LAC erano giunte in Ticino in prestito da Zurigo, ma pensare di trovarsele magicamente davanti a Zurigo, assieme a molte altre, senza cercarle era impensabile

Il cristo nordico

I capelli sono lunghi e biondi. Per il resto, il volto richiama il “Salvator Mundi” di Antonello da Messina, sia per l’inquadratura rigorosamente frontale del personaggio, sia il gesto benedicente accennato dalla mano destra.

Albrecht Dürer, 1471 - 1528
Autoritratto con pelliccia, 1500
Olio su tavola, 67 x 49 cm
Alte Pinakothek, Monaco di Baviera
La scritta in latino accanto al viso si traduce così: "Io Albrecht Dürer di Norimberga, all'età di ventotto anni, con colori appropriati ho creato me stesso a mia immagine".

Il tedesco Albrecht Dürer, nell’ultimo dei suoi autoritratti, si dipinge come un Cristo nordico.
Giovane di bella presenza e condizione economica agiata, ha l’aria sicura dell’artista che, sapendo riprodurre la realtà con colori e pennelli, gode di un potere quasi divino.
A soli 28 anni era già un uomo distinto, ben diverso dal ragazzotto rustico del precedente “Autoritratto con fiore di eringio”, a dimostrazione di quanto rapida fosse stata la sua ascesa sociale.
Era nato il 21 maggio del 1471 a Norimberga da un orafo ungherese stabilitosi in Germania, sposato con una quindicenne che gli avrebbe regalato ben 18 figli, di cui soltanto tre giunti all’età adulta.
Albrecht seguì le orme paterne e imparò la tecnica dell’incisione su metalli, che gli sarebbe stata molto utile in futuro, quando all’attività di pittore avrebbe affiancato quella più redditizia d’incisore.

La bruciante passione per colori e pennelli alla fine gli ottenne dal padre il permesso di frequentare la bottega di Michael Wolgemut, il più importante pittore della Norimberga di quegli anni.
Qui Albrecht iniziò a eseguire i primi disegni destinati a fare da base alle preziose incisioni su legno realizzate per il datore di lavoro.

Nel 1490, anno d’esecuzione della prima opera certa che di lui ci sia arrivata (“il “Ritratto del padre”), Dürer partì per un viaggio di studio e autopromozione destinato a durare 4 anni, trascorsi fra Paesi Bassi, Svizzera e Alsazia sempre mantenendosi col proprio lavoro.
Ciò gli permise nel 1494, appena tornato a Norimberga, di sposare Agnes Frey e con lei iniziare un non semplice rapporto coniugale, data l’enorme differenza caratteriale e culturale fra i due.
Se Agnes ambiva solo a una vita tranquilla nell’intimità famigliare, 

Albrecht bramava notorietà e successo, per cui non esitò a partire da solo per l’Italia, pochi mesi dopo le nozze.

Padova, Mantova, Pavia e Venezia furono le città visitate durante il tour del 1494, che gli permise di conoscere una realtà nuova, improntata a cosmopolitismo e grande effervescenza culturale.
A Venezia poté esercitarsi nel ritrarre i nudi grazie alla facilità di reperire modelli, non disponibili nella Germania di quei tempi.
Proprio nella magnifica Italia rinascimentale acquisì la solida autostima che traspare dall’autoritratto con pelliccia.

“Autoritratto con pelliccia” di Albrecht Dürer, 1500, Alte Pinakothek, Monaco

L’amore per il bel Paese, dove si sentiva un gentiluomo, l’avrebbe indotto a tornare a Venezia nel 1505. Bello, ricco ed elegante com’era, nella città lagunare divenne un ospite fisso delle feste più esclusive.
Il “Raffaello tedesco” era solito firmare i suoi quadri con la sigla “A.D.” in forma di porta stilizzata, perché il cognome “Dürer” richiama il termine “Tür”, cioè “porta”.

Quando il 6 aprile del 1528 la malaria lo condusse alla tomba, la sua fama era tale che molti artisti minori, per vendere i loro quadri, vi ricopiavano il monogramma di Dürer.

Pensare a Dürer

"Pensare a Dürer significa amare, sorridere, ricordare", scriveva Thomas Mann in un saggio del 1928. Ancora oggi, il nome di Albrecht Dürer evoca ancora oggi una reazione immediata nella maggior parte delle persone. Chiudere gli occhi e pensare ad Albrecht Dürer (1471-1528) significa vedere qualcosa, sia che si tratti del suo autoritratto del 1500, in cui osò rappresentare se stesso come una figura iconica, simile a Cristo, sia che si tratti dell'acquerello di un pezzo di erba, in cui elevò il terreno sotto i nostri piedi a soggetto pittorico a sé stante, o l'onnipresente incisione di Adamo ed Eva nudi, sintesi del suo studio sulle proporzioni umane e allo stesso tempo prova del fatto che 

un artista come lui non ha bisogno di colori per superare la natura stessa.

La selezione di opere in mostra si concentra su Dürer come artista che, soprattutto nella sua opera a stampa, è riuscito non solo a sfidare le norme, ma anche a stabilire nuovi standard.
La Graphische Sammlung del Politecnico di Zurigo possiede una collezione di stampe di Albrecht Dürer invidiabile sia per qualità che per quantità. Questo patrimonio è dovuto soprattutto alla generosità del banchiere zurighese Heinrich Schulthess-von Meiss (1813-1898), esperto collezionista di stampe.
La sua donazione di circa 12.000 stampe antiche di alto livello alla collezione del Politecnico di Zurigo alla fine del XIX secolo includeva le opere di Dürer, a testimonianza delle opportunità che il mercato dell'arte offriva ai ricchi collezionisti dell'epoca.

Immagini enigmatiche

Tra le opere esposte, i visitatori scopriranno una serie di icone familiari dell'opera di Dürer, come la Melencolia, un quadro nobilitato dagli storici dell'arte come la quintessenza dell'“immagine-pensiero” (Denkbild), che non ha mai smesso di essere fonte di ispirazione per gli artisti.
La caratteristica di quest'opera è la sua ostinata resistenza a qualsiasi interpretazione definitiva e completa, nonostante la sorprendente chiarezza dei suoi singoli elementi.

Melencolia fotografata al LAC di Luugano nel contesto dell'esposizione da Dürer a Warhol

Tuttavia Melencolia non è affatto l'unica stampa della mostra che ha fatto disperare molti interpreti zelanti. Tutti sono invitati a cimentarsi con la prima incisione datata di Dürer, Le quattro streghe del 1497, aggiungendo un altro capitolo al dibattito secolare sulla corretta interpretazione dell'opera.

Le quattro donne nude dovrebbero davvero rappresentare delle streghe?

Qual è il significato della loro sensualità provocatoria? Perché c'è un teschio ai loro piedi e cosa significano le lettere “O G H” sulla sfera sopra le loro teste?

Come ignorarle?

Le opere esposte sono innumerevoli, come poter passarci dinnanzi e pensare di non riportare quelle che più mi hanno catturato?

L'angelo con la chiave dell'abisso

Il foglio conclusivo della serie illustra due differenti passaggi dell'Apocalisse.

Albrecht Dürer - L'angelo con la chiave dell'abisso
Dalla serie L'Apocalisse, 1497/98 circa
Xilografia
Dono di Heinrich Schulthess-von Meiss

In basso a destra l'angelo che scende dal cielo con la chiave dell'Abisso e una gran catena in mano per rinchiudervi Satana per mille anni (20, 1-3). Secondo WÖLFFLIN, nell' angelo «c'è qualcosa di raffinato e leggero nel suo passo e nel modo in cui egli conduce il drago al seppellimento»

San Michele che uccide il drago (dettaglio)

Questa xilografia illustra il dodicesimo capitolo, per la precisione i versetti 7-12, che sono intermedi e complementari alla visione della donna apocalittica insidiata dal drago rosso dalle sette teste. 

Albrecht Dürer
Michele che combatte contro il drago Dalla serie L'Apocalisse (dettaglio), 1498 circa
Xilografia
Dono di Heinrich Schulthess-von Meiss

Il paesaggio sottostante, sopra il quale sta per precipitare il drago sconfitto, è di terra e di mare, secondo quanto è descritto in conclusione del versetto 12 - «Ma guai a voi terra e mare - perché il diavolo è precipitato sopra di voi - pieno di grande furore, - sapendo che gli resta poco tempo».
Stilisticamente si rifà ad altri paesaggi della serie, nei quali gli studiosi hanno riconosciuto il nuovo sentimento düreriano della natura, come traspare, ad esempio, dagli acquerelli alpini disegnati in andata e in ritorno dall'Italia.

La strega (dettaglio)

Altra incisione di piccolo formato, da datarsi intorno al 1500. Una strega cavalca un caprone alla rovescia: in alto sta per essere investita da una pioggia di pietre, in basso dei putti che giocano; due di loro reggono, rispettivamente, un recipiente per cuocere infusioni e un vaso con una pianta di stramonio, ingrediente presente nella preparazione di unguenti dagli effetti allucinatori descritti in alcuni testi di stregoneria di fine Quattrocento. 

Albrecht Dürer - La strega
Verso il 1500
Incisione su rame

La difficile interpretazione complessiva del bulino risalta chiaramente nel commento di Schoch: 
«L'incisione su rame, piccola e decorata come una vignetta, non si presenta però come un trattato serio di filosofia morale o astrologia. Dal punto di vista artistico, è più simile a un'idea divertente, un “capriccio”. Rispetto alle inquietanti visioni di streghe di Altdorfer, Baldung e altri, Dürer reagisce con ironico distacco alla credenza nelle streghe alimentata dall'Inquisizione del suo tempo».

Il mostro marino

Das Meerwunder, il mostro marino, così Dürer chiamava questo splendido foglio in rame maggiore.

Albrecht Dürer
Il miracolo del mare, 1498 circa
Incisione su rame
Dono di Johann Heinrich Landolt

La scena raffigura in primo piano il rapimento nell'acqua di una fanciulla, neppure troppo impaurita a quanto sembra, da parte di un essere favoloso, metà uomo e metà pesce, con piccole corna ramificate in testa e che porta come scudo un guscio di tartaruga con al di sopra l'osso di una mandibola; in secondo piano, altre fanciulle escono velocemente dall'acqua ed un uomo a braccia alzate - il padre? - si dispera sulla riva. Tutta la scena si svolge al di sotto di un promontorio difeso da imponenti fortificazioni di aspetto ancora medievale. Nominando così la stampa, si è finalmente capito, Dürer intendeva veramente riferirsi a un prodigio marino, e fornire così l'illustrazione di uno dei tanti racconti, tramandati sia oralmente che letterariamente, sui rapimenti di fanciulle da parte di fantastici mostri del mare

Sant'Antonio che legge

Il bulino, inciso nel formato oblungo poco praticato da Dürer, raffigura il santo eremita in primo piano, colto nella solitudine di colui che studia secondo il Winkler un disegno a penna di un monaco seduto che legge è servito come studio per la figura di sant'Antonio. 
 
Albrecht Dürer
Sant'Antonio che legge, 1519 circa
Incisione a bulino

Lo sfondo del bulino è interamente occupato da una città fortificata da una cinta ancora medievale, resa nei minimi dettagli. Commenta la Scherbaum, rifacendosi a studi precedenti: 

«Il panorama della città dominata dal castello è fatto di motivi di Norimberga, Trento e Innsbruck e si basa su disegni ormai persi del primo viaggio in Italia di Dürer, che sono stati usati anche nel disegno “Pupila Augusta” (W. 153) e nella “Festa del Rosario” (Praga, Galleria Nazionale). Le linee morbide del disegno “Pupila Augusta” sono trasformate nell'incisione in cubi compatti».

Il grande cavallo

Un esemplare della stampa è nel cosiddetto libretto di Federico Borromeo, conservato nella Biblioteca
Ambrosiana di Milano

Albrecht Dürer
Il grande cavallo
Incisione a bulino. Siglata in basso a destra e datata 1505 in alto al centro

Strauss, riprendendo la lettura di Panofsky, descrive molto bene questo foglio come un innegabile complemento (o controparte) del Piccolo cavallo: Se “Il piccolo cavallo” rappresenta la sensualità animale frenata dall'intelletto, allora questo grande animale simboleggia la “vittoria” dell'intelletto. Il suo immenso potere, cioè la sensualità, è stato messo sotto controllo, è stato domato. Il guerriero corazzato - le sue ginocchiere sono inspiegabilmente identiche - sorride vittoriosamente. Qui è un passo avanti al cavallo, la cui coda è ora doppiamente annodata. È passato da un semplice muro antico, rozzamente scolpito, a una colonna raffinata su cui è parzialmente visibile un idolo nudo. La cosa più notevole è che il cavaliere sta salendo su un livello più alto, mentre il cavallo sta scendendo da una stretta sporgenza che curva attorno a una fossa o a un abisso verso il terreno sicuro e pianeggiante.

Giovane donna insidiata dalla morte (il violento)

Anche se non siglato il bulino viene, per generale consenso dal Bartsch in avanti, attribuito a Dürer. 

Albrecht Dürer
Giovane donna insidiata dalla morte (il violento)
Incisione a bulino

Secondo l'ultimo catalogo curato da Schoch, Mende e Scherbaum, è con questa stampa che inizia il percorso incisorio dell'artista (siamo intorno al 1495). Sono qui riconoscibili le influenze del suo inizio, depositate tutte nella tradizione della grafica nordica della seconda metà del quindicesimo secolo. Influenze che sono sia sul piano stilistico, che su quello iconografico. La scena è una non inusuale allegoria della morte: «La morte è rappresentata come un uomo nudo orrendamente emaciato, con capelli arruffati, barba filamentosa, bocca bramosa e occhi crudeli, in atto di ghermire una giovane donna» (PANOFSKY 1979, p. 88). Strauss ha avvertito, a ragione, una marcata rassomiglianza tra l'orrendo uomo dell'incisione e la Morte nella xilografia dei Quattro Cavalieri dell'Apocalisse.

Dettagli allusivi

Anche il Bagno degli uomini è notevole per il suo potenziale erotico e figura tra le xilografie più famose di Dürer. La stampa esemplifica il piacere malizioso dell'artista per i dettagli evocativi. Ad esempio, solo apparentemente per caso il beccuccio dell'acqua coincide con i genitali dell'uomo in piedi al palo, aprendo una vasta gamma di allusioni significative che invocano teorie sulla sifilide dilagante e sinonimi e simboli comuni per il membro maschile.


Sovrapposizioni cariche di significato si trovano anche nell'incisione del 1504 di Adamo ed Eva. Dal momento che l'immagine mostra i nostri primi genitori prima della caduta, di fatto devono essere nudi; tuttavia, se visti con i nostri occhi - e solo con i nostri, con lo sguardo imbarazzato dell'umanità dopo la caduta - i loro genitali sono coperti.


Uno sguardo più attento rivela che né Adamo né Eva cercano attivamente di nascondere la loro nudità. Adamo sta in piedi in modo tale che, dalla nostra prospettiva, un ramo dell'Albero della Vita nasconda i suoi genitali, che sarebbero visibili se fosse visto da un punto di vista diverso dal nostro. Eva, a sua volta, nasconde il frutto dell'Albero della Conoscenza dietro la schiena; come per caso, una foglia di fico attaccata al suo stelo serve ancora una volta a schermare la sua zona pubica dal nostro sguardo.

Catturare le emozioni umane

Un'altra delle qualità molto apprezzate di Dürer è la sua capacità di cogliere le risonanze interpersonali e di rappresentare i sentimenti in modo empatico: dalla rabbia, la crudeltà e la volgarità, alla disperazione, il dolore e la compassione, fino alla pietà o alla felicità e all'affetto profondamente sentiti. Nella mostra, questa qualità si manifesta soprattutto nelle due serie dedicate alla Passione, che vengono presentate nella loro interezza: la Grande Passione (1496-1510), eseguita in xilografia, e la cosiddetta Passione incisa, realizzata tra il 1507 e il 1512.

Ecce Homo

Tuttavia, l'abilità di Dürer come osservatore sensibile di tutte le cose umane è evidente non solo nelle sue figure bibliche. Le sue rappresentazioni della gente comune, che in più di un'occasione elevò a soggetto principale della sua arte, sono considerate pionieristiche ancora oggi. 


Tra gli esempi esposti in mostra, figurano stampe come Il cuoco e sua moglie (1496) e Coppia di contadini che balla (1514).

Dürer come ritrattista 

Il ruolo di Dürer come ricercato ritrattista di personaggi famosi del suo tempo è testimoniato non solo dai suoi dipinti, ma anche dai numerosi ritratti che realizzò in xilografia e incisione. La mostra presenta un totale di sei ritratti, tra cui la tanto ammirata e spesso copiata incisione di Erasmo da Rotterdam del 1526, notevole già per le sue dimensioni maggiori rispetto agli altri ritratti incisi. 

Dürer riesce a catturare la totale concentrazione con cui il più famoso umanista d'Europa compone il suo testo. Un vaso con violette e mughetti - fiori famosi per il loro profumo ammaliante - si trova come una natura morta di fronte alle pile di libri. In questo modo, Dürer suggerisce il modo in cui Erasmo acquisisce le sue conoscenze: non solo dai libri, ma anche attraverso l'osservazione della natura.

In alcuni ritratti, come quelli di Ulrich Varnbüler (1523), Federico il Saggio (1524), Willibald Pirckheimer (1524) e Filippo Melantone (1526)

Ulrich Varnbüler (1523),

I montanti delle finestre sono chiaramente visibili negli occhi. L'inserimento di questi riflessi da parte di Dürer non è casuale, ma serve a identificare gli occhi come “finestre dell'anima”.


Ritratto di Massimiliano I

Sul disegno preparatorio eseguito a matita del futuro dipinto su tavola, si legge in tedesco:

 “E’ l’Imperatore Massimiliano che io, Albrecht Durer, ho ritratto ad Augusta nella sua stanzetta, lunedì 28 giugno 1518”.

Il Maestro certo non poteva immaginare che il suo augusto cliente sarebbe spirato a nemmeno sei mesi di distanza dal loro incontro, il 12 gennaio del 1519, gettandolo nel più tetro sconforto perché, seppure versandoglielo sempre in ritardo, gli aveva accordato uno stipendio annuo di 100 fiorini.
Si trattava di una somma considerevole per quei tempi, il cui pagamento con la morte di Massimiliano I fu subito sospeso, il che spinse Durer a compiere un viaggio nei Paesi Bassi nella speranza d’incontrarvi il nuovo Imperatore Carlo V e da lui farsi confermare il generoso appannaggio.
Si portò appresso il ritratto del defunto (che di Carlo era il nonno) per convincere il nipote che quei soldi se li meritava tutti.

A 19 anni, il cavaliere franco Götz von Berlichingen andò con il suo capo, il margravio Federico II di Brandeburgo-Ansbach, nella guerra svizzera. Nel luglio 1499, in mezzo a un grande esercito dell'imperatore e delle città imperiali, arrivò a Costanza. Lì, già in aprile, c'erano stati scontri sanguinosi. Il re romano-germanico e futuro imperatore Massimiliano I aveva però in mente di ripartire da Costanza per attaccare i confederati nascosti nelle foreste della Turgovia. Nelle sue memorie, Götz von Berlichingen racconta di quei giorni: "L'imperatore ci raggiunse durante la notte. Indossava un piccolo tabarro verde, vecchio, e un berretto di pelle con un grande cappello verde sopra, così che nessuno lo avrebbe riconosciuto come l'imperatore se fosse stato catturato. Io però, essendo un giovane nobile, lo riconobbi dal naso, perché l'avevo visto in alcune diete imperiali mentre ero con mio cugino.

Raffigurato coi simboli del potere in evidenza, Massimiliano appare con un imponente cappello nero sul capo e con indosso una preziosa stola di pelliccia. La melagrana che porta nel palmo della mano simboleggia ricchezza e prosperità.

Nato il 22 marzo del 1459 e figlio dell’Imperatore Federico III d’Asburgo, si fece notare sin da bambino per la forza straordinaria e l’intelletto prodigioso che gli permise di esprimersi in cinque lingue diverse, italiano compreso.

Il suo matrimonio del 1477 con la principessa Maria, figlia unica ed erede universale del Duca di Borgogna Carlo “il Temerario” (l’uomo più ricco dell’Europa di quei tempi), dopo la morte di quest’ultimo seguita a pochi anni distanza da quella della moglie stessa, ne fece il sovrano di territori vastissimi spazianti dai Paesi Bassi sino alla Borgogna, all’Austria e parti della Germania.

Massimiliano I seppe traghettare i suoi Stati dal Medioevo ai fasti del Rinascimento perché intuì per primo, fra l’altro, l’importanza della stampa a caratteri mobili inventata da Gutenberg.

Opere meno conosciute di Albrecht Dürer

L'obiettivo della mostra, tuttavia, non è semplicemente quello di presentare le opere più conosciute, ma anche di illustrare l'impressionante gamma dell'opera di Dürer nel campo della stampa. La mostra include quindi opere meno conosciute, come due xilografie puramente ornamentali di Nodi (1507). Molti spettatori potrebbero rimanere sorpresi nel sapere che Dürer non solo realizzò xilografie e incisioni, ma sperimentò anche i processi acidi, come dimostrano le due stampe in mostra realizzate con il metodo dell'incisione su ferro: Studio con cinque figure (1515) e Rapimento di un unicorno (1516).

Albrecht Dürer
Il rapimento sull'unicorno
1516
Acquaforte su ferro
Dono di Johann Heinrich Landolt

Tatuaggi con immagini di Dürer

La portata dell'impatto di un artista al di là dei circoli elitari di appassionati d'arte può essere misurata in base al fatto che le sue opere vengono incontrate anche al di fuori delle sale consacrate dei musei. Le riproduzioni delle creazioni pittoriche di Albrecht Dürer si trovano in quasi tutti i luoghi immaginabili, dai libri di scuola alle camere da letto dei nonni - e, più recentemente, anche nelle piscine pubbliche, dato che le sue Mani oranti e l'enigmatica Melencolia / fanno ormai parte del repertorio standard di ogni studio di tatuaggi. La mostra coglie l'occasione per presentare fotografie di tatuaggi di artisti internazionali basati sull'Apocalisse di Dürer (1496-98) e sul Rinoceronte (1515).


Le fotografie qui presentate sono apparse per la prima volta nella mostra “Dürer under your skin”, allestita all'inizio di quest'anno presso l'Albrecht-Dürer-Haus di Norimberga. In occasione della mostra è stato pubblicato un ampio catalogo.


Albrecht Dürer Il martirio dell'evangelista Giovanni Dalla serie L'Apocalisse, 1496/97 circa Xilografia Dono di Heinrich Schulthess-von Meiss


Albrecht Dürer - I cavalier dell'apocalisse

Albrecht Dürer - Canto di lode degli eletti in cielo
Dalla serie L'Apocalisse, 1496/97 circa
Xilografia
Dono di Heinrich Schulthess-von Meiss

Giro finito. Libro delle visite firmato. Ora dovrei andarmene ma non ci riesco; quando mi ricapiterà un occasione simile? Decido di fare un secondo giro, cercando di captare quei dattegli che inevitabilmente possono scappare ad una prima tornata di qualsiasi mostra con numerosi pezzi esposti. è umano

...continua

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Mia nonna diceva sempre di non parlare né politica né di religione durante gli incontri conviviali. A casa però le discussioni più accese ruotavano proprio attorno al tema politico. Con il susseguirsi delle epoche le ideologie hanno mutato assai l’impatto sulla società. Ho però sempre pensato che se fossi vissuto ai tempi della nonna sarei stato con ogni probabilità della sua stessa fazione. Basta vedere cosa proponeva il comitato di Olten nel 1918: il diritto di voto e di eleggibilità per le donne, l'introduzione della settimana di 48 ore e l'assicurazione per la vecchiaia e l'invalidità. Come non essere d'accordo? Oggi questi punti sono delle ovvietà, ma non fu sempre così...anzi come vedremo sorprendentemente durante le ondate di peste, nella perenne guerra padrone - operaio ,  il coltello dalla parte del manico passò decisamente in mano a questi ultimi....e se così non era bastava a ricorrere all’arma dell’ultima spiaggia, arma potentissima: lo sciopero. Alexandre ...

Patto di Locarno

Sono divorziato. Da molti anni ormai.  Il divorzio non deve essere letto come qualcosa di negativo, spesso é un miglioramento delle condizioni di vita. Spesso? Diciamo sempre. Quando quel giorno nella sala del pretorio di Locarno ero intento a battagliare con l'avvocato della mia ex non sapevo che circa 90 anni prima nella stessa aula si tenevano discorsi ben più importanti per l'umanità intera. Presenti tutti i pezzi grossi dell'Europa In breve Dal 5 al 16 ottobre 1925 si svolse a Locarno una conferenza diplomatica tra le delegazioni di sette stati europei: il Belgio, la Francia, la Germania, il Regno Unito, l’Italia, la Polonia e la Cecoslovacchia.  Dopo dieci giorni di trattative, furono parafati sette trattati e convenzioni, di cui il principale fu un trattato di garanzia reciproca – chiamato anche Patto Renano – tra il Belgio, la Francia, la Germania, il Regno Unito e l’Italia, con il quale la Germania accettava la frontiera lungo il Reno scaturita dal trattato di Vers...

Piccolo manuale museale e affini

 Intro Questa piccola guida ai musei e affini non era programmata e nemmeno un obiettivo dichiarato. È nata con le esperienze accumulate nel vario girovagare per musei, monumenti, vicoli più e meno grandi. Piccole accortezze, da applicare con lo scopo di migliorare qualitativamente le giornate dedicate alla visita/vista di qualsiasi tipo di oggetto culturalmente rilevante. "L'opera" é in continuo aggiornamento, una versione finale sarà in coincidenza con la mia dipartita. La vergine di Norimberga presente nel museo del castello di Kyburg;  trattasi di un falso acquistato nei secoli passati dai proprietari del castello per sorprende e intrattenere gli ospiti  La Vergine di Norimberga, spacciata come uno strumento di tortura medievale, è in realtà un prodotto del XIX secolo, un’epoca in cui l’Europa era affascinata da una visione romantica e distorta del Medioevo. Questa riscoperta del Medioevo non era basata su una comprensione storica accurata, ma piuttosto su una visione...