Ci sono diversi elementi di interesse nella Collegiata di Bellinzona. Già avevo trattato uno dei due giganteschi quadri che affiancano l’altare che ritrae Simon il mago durante il suo volo pindarico. Fa un certo effetto vedere quest’uomo in procinto di schiantarsi sotto, anzi sopra, gli occhi sgomenti dei presenti.
Ma a ben vedere c’è una presenza molto più inquietante sulla navata di sinistra, in corrispondenza della cappella della madonna di Lourdes.
In basso ad un quadro raffigurante una donna con vestiti dai colori sgargianti un essere tendente al mostruoso non meglio identificato, la osserva con aria di profondo avvilimento frammista a ricerca di pietà
Dettaglio del quadro di Santa Marta affronta il drago,
Bartolomeo Roverio detto il Genovesino (1577-1630 ca.),
1608 - Collegiata Bellinzona
Si tenderebbe a concludere che si tratti del “solito mostro” addomesticato e addirittura portato al guinzaglio dalla principessa di turno come nella leggenda di San Giorgio o come appare nello stemma di Frauenfeld
Pala d'altare. Lato esterno: vita del cavaliere Giorgio, dettaglio
Tempera su legno di abete rosso, olio. 175,5 cm x 113,5 cm
Ulrich Mair - ca 1470
Museo nazionale svizzero
Prendere il Leu alla catena
In particolare inerente la simpatica scenetta del drappo di Frauenfeld si legge:
«Nella leggenda della fondazione, la figlia del potente conte di Kyburg andò a caccia e lì incontrò un cacciatore, un cavaliere di Seen di bassa nobiltà. Si innamorarono e lui osò chiedere la sua mano al padre. Quest'ultimo, però, si oppose a questa unione con un pretendente non adeguato al suo rango. La giovane donna chiese quindi l'intercessione dell'abate di Reichenau. Il conte di Kyburg alla fine acconsentì al matrimonio e le diede in dote il terreno su cui la coppia avrebbe costruito la loro torre residenziale, poi diventata il castello di Frauenfeld. Fu così che la signorina di Kyburg prese il Leu alla catena»
Questi stendardi del XV secolo sono rimasti solo in pochi esemplari. La bandiera ha come simbolo la «Fräuli mit em Leuli» ed è la più antica bandiera di Frauenfeld rimasta.
Si dice che la bandiera sia stata portata prima nelle guerre di Borgogna (1474-1477) e poi anche nella battaglia di Schwaderloh nel 1499. A partire dal 1461, le truppe turgoviesi combattono in diverse guerre a fianco dei cantoni confederati.
Museo cantonale di Turgovia - Frauenfeld
La tarasca
Andando però a spulciare la storia di questa santa si apprende che la strana creatura non é un drago ma una tarasca.
La Tarasca (in francese Tarasque) è un mostro che, secondo la leggenda, avrebbe devastato la Provenza, una regione francese. Il 25 novembre 2005, l'UNESCO ha inserito la Tarasca nella lista dei Patrimoni orali e immateriali dell'umanità.
Miniatura “Santa Marta che addomestica la Tarasca” tratta dal manoscritto “Ore di Enrico VIII”, di Jean Poyer, ms. H.8, c. 191v, XVI secolo, Morgan Library, New York.
La leggenda vuole che la Tarasca fosse originaria della Galazia, patria del mitico Onachus, un mostro capace di bruciare qualsiasi cosa entrasse in contatto con il suo corpo, e che proprio dall'unione tra l'Onachus e il Leviatano, fosse nata la Tarasca. Quest'ultima giunse in Provenza, nei pressi del villaggio di Nerluc, e situata la propria tana nel letto del fiume Rodano, imperversò nella regione uccidendone gli abitanti e devastando ogni cosa.
Nella leggenda aurea, Marta di Betania, assieme a sua sorella Maria di Betania, raggiunse le coste provenzali nel 48, in seguito alle persecuzioni in patria. Più precisamente approdarono nella zona della Camargue, nel paese attualmente chiamato Saintes-Maries-de-la-Mer. Qui trovarono il mostro, che venne ammansito da Santa Marta grazie alla preghiera: ad ogni Ave Maria recitata la Tarasca si rimpiccioliva in dimensioni.
La statua della tarasca a Tarascona (e dove altrimenti?)
Quando divenne completamente innocua, Marta la condusse nella città di Nerluc, che poi (in onore della Tarasca) prese il nome di Tarascona; nell'emblema della città è presente l'immagine della creatura mostruosa.
Qui però i cittadini uccisero la creatura. Ancora oggi l'uccisione della Tarasca è celebrata a Tarascona l'ultima domenica di giugno.
Lapidazione della tarasca
La leggenda della Tarasca assomiglia molto ad altre già viste in passato: la creatura è affascinata e indebolita da una donna ma alla fine viene uccisa dagli esseri umani. Il concetto è vagamente simile nel mito dell'unicorno: entrambi vengono tranquillizzati dalla presenza di una donna.
I due quadri presenti nella collegiata dí Bellinzona
Se quella che doveva essere una bestia immonda per cui provare orrore e terrore assume tutt’altra connotazione nei quadri della collegiale di Bellinzona: essa tende più a far tenerezza se non addirittura pietà. Dopo averla privata di tutta la potenza e cattiveria, condizione in cui (purtroppo) mai ci appare nelle opere esposte, viene ridotta in un tenero cucciolone. Come se non bastasse viene fatta a pezzi a sassate dal genere umano. Ed é proprio quest’ultimo in ultima analisi ad apparire come il vero e proprio mostro.
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