Questo il castello visto per l’ennesima volta prima della mia visita su una cartolina acquistata nel chiosco della stazione di Scuol, a pochi km dal maniero.
Web
Il castello me l'aveva segnalato mesi prima un compaesano "vai a Tarasp" e per convincermi mi aveva mostrato un paio di foto trovate sul momento in rete. Il fascino é indubbio, difficile resistere per uno come me. Lo annoto nella lista di posti da vedere,
Fin dall'inizio mi resi conto che essendo piuttosto lontano dall’uscio di casa ci voleva una visita ben preparata. Tarasp infatti si trova in Engadina, all'estremo est della Svizzera, zone ancora inesplorate.
Affinando le idee decisi poi di dedicare alcuni giorni agli estremi della Svizzera, dopo due giorni all'estremo occidente (Ginevra) optai per un esplorazione in estremo oriente (Engadina) che mi avrebbe portato tra gli altri posti a Scuol, Sent, Curon, Glorenza e Munstair
La prima “anomalia” la noto già con la prima foto da relativamente vicino. Sul tetto della costruzione sventolano due bandiere che più distanti dalla Svizzera (e non solo geograficamente) non potrebbero essere: Brasile e Giappone.

Ma non ho nemmeno il tempo per lasciar che i timori prendano il sopravvento che in un attimo mi ritrovo davanti all'entrata dove mi aspetta la guida, già perché il castello é visitabile solo accompagnati.
Essi costruirono la fortezza e diedero avvio ai primi dissodamenti, intensificati nel XII e XIII secolo con il prosciugamento di paludi e la deviazione di piccoli stagni. Al posto di un villaggio centrale sorsero progressivamente le dieci frazioni di Aschera, Vallatscha, Chaposch, Fontana, Sparsels, Florins, Sgnè, Chants, Vulpera e Avrona. Il lago di Tarasp, creato già nel medioevo, serviva per la pesca e come riserva d'acqua in caso d'incendio.





"Ha affreschi del XIV secolo. I dipinti degli apostoli sono del XVI secolo e potete vedere anche un autoritratto di Mopita" (che mi guardo bene dal riproporre).
Dopo una breve ricerca posso affermare con quasi assoluta certezza si tratti dell'apparizione di san Francesco su un carro di fuoco.

Ed eccomi arrivato; oggi é il primo giorno e sono appena giunto alla stazione di Scuol, la prima meta é Tarasp.
Non riuscirò mai però a fare una foto in grado di riprodurre la magnificenza del luogo, sarà perché troppo abituato alle foto dei siti turistici, sarà perché ora con il drone si aprono nuovi orizzonti....già, ma io non ho un drone e nel mio selezionatissimo spazio in valigia non ci sarebbe comunque posto per lui
Di sicuro riporto scatti meno wow ma più di nicchia. Il primo di questi lo faccio risalendo la collina dalla parte meno frequentata e subito noto qualcosa che mi turba.
Prima immagine del castello salendo sulla collina
Ho un flash, mi torna per un secondo alla mente la mia visita alla cruex du vent nella val de traverse nel Canton Neuchâtel, dove nella baita ristorante adiacente il sito svettava bandiera domenicana; vai a vedere che il castello é gestito da qualche organo particolare....
Aggiro la collina e inizio a salire dalla parte opposta. Ai suoi piedi un laghetto che come mi avevano preannunciato pieno di ninfe, però..si però anche qui qualcosa non va: una grossa palla argentata galleggia placidamente al suo centro

Laghetto di Tarasp con inquietante palla argentata
La storia del castello in breve
Il castello di Tarasp fu costruito sulle rovine di una fortezza romana intorno al 1040 dai signori di Tarasp, che si erano trasferiti nella regione dell'Engadina dalla zona del Lago di Como.
Prima la torre, poi la cappella e il pozzo, così come lo vediamo oggi.
Nel XVI secolo, la famiglia dei Tarasp si estinse dopo soli duecento anni. Il castello passò brevemente in possesso del vescovado di Coira, poi, a seguito di vendite e guerre, cambiò più volte proprietario.
Qui ci furono gli austriaci e anche gli Asburgo, anch'essi austriaci.
Nel 1239 la fortezza passò ai conti del Tirolo e dal 1464 Tarasp divenne una contea austriaca.
Ecco perché in alto sulla facciata si vede lo stemma austriaco, sopra il quale è scritto in tedesco antico "HIE ESTERHH" (qui é Austria). E accanto si vede lo stemma con la doppia aquila degli Asburgo.
Tarasp è stata a lungo un'enclave austriaca.
Svizzera nel 18 secolo. A destra si nota il buco bianco rappresentante l'enclave Austriaca di Tarasp
Era anche, o è tuttora, l'unico luogo dell'Engadina ad essere cattolico. Il paese non ha nemmeno l'aspetto di un tipico villaggio engadinese. Ha uno stile diverso.
Ha una bella chiesa cattolica e passeggiando per il paese si capisce che ci vivono o hanno vissuto dei cattolici. Ci sono crocifissi sulle facciate e altri indizi che indicano la loro presenza.

Nel corso del XVI secolo, la struttura fu ampliata dai proprietari e trasformata in fortezza di confine.
Nel 1803, Tarasp, una delle ultime enclavi della Svizzera, fu annessa alla Repubblica Elvetica da Napoleone.
Nei decenni successivi, il castello di Tarasp cambiò più volte proprietario e la struttura subì gravi danni.
Nell'estate del 1900, l'industriale di Dresda Dr. Karl August Lingner si recò a Vulpera per un soggiorno di cura. L'inventore del collutorio Odol decise quindi di acquistare la fortezza in rovina e di ristrutturarla. Da case patrizie grigionesi, da corti nobiliari del vicino Tirolo e dalla Germania furono acquistati antichi rivestimenti e mobili per riportare il castello al suo antico splendore.
Nel 1916 Lingner fece installare nell'ex armeria, oggi sala della musica del castello, un organo Jehmlich di Dresda. Oggi è considerato il più grande organo di proprietà privata in Europa.
Nello stesso anno Lingner morì improvvisamente.
In base al testamento, il castello avrebbe dovuto essere lasciato in eredità all'ultimo re di Sassonia, Federico Augusto III. Poiché questi rifiutò il lascito, Tarasp passò al granduca Ernesto Luigi d'Assia. La famiglia dell'Assia rimase proprietaria della tenuta fino al 2016, quando Not Vital acquistò il castello di Tarasp. Oggi Tarasp ospita una collezione di arte antica, moderna e contemporanea. La Fondazione Not Vital comprende anche il Parkin, un parco di sculture a Sent, e la storica Plantahaus ad Ardez.
L'architettura
Il castello di Tarasp è stato realizzato in stile romanico, dalle fondamenta alle torri. L'esterno, essenziale e lineare è privo di decorazioni, ma sulla facciata rivolta verso la cittadina sono affrescati alcuni stemmi araldici.

Schloß Tarasp, semplice, lineare, ma magnifico
Dato che il castello si trova su un pendio brullo e roccioso, a 1000 metri sul livello del mare, come per molti altri castelli alpini, le mura di difesa non costituiscono un elemento costruttivo essenziale.
Le esili mura di difesa del castello
Nei castelli di montagna è dato, perciò, molto spazio alla parte abitativa. Quest'ultima è stata completamente ricostruita nel Seicento in contrasto con lo stile del castello. Essa, infatti, al contrario dell'esterno del castello, è particolarmente opulenta e sfarzosa. Le camere principali sono la Sala da Pranzo, ricoperta di intarsi lignei e la camera da letto, famosa per i suoi mobili in legno pregiato del XVIII secolo.
Un artista a corte
E oggi? Proprio come temevo oggi il castello appartiene ad un artista, ho già negli occhi le immagini di bellissimi dipinti del XVI secolo coperti da opere d'arte moderna più che discutibili. Sono sempre stato dell'avviso che se uno vuole visitare un castello si aspetta di trovarci all'interno elementi a tema, se voleva vedere dell'arte moderna andava ad un museo di arte moderna. E poco importa se l'artista é locale e di fama internazionale: un certo Not Vital. Ma come spesso mi capita il destino avrà in serbo per me un tiro barbino. Per il momento i miei "wow" sono tutti incentrati alla sua opera giù vicino al cancello, la lingua di bue.

La lingua di bue è alta cinque metri e diciassette.
È alta quanto la statua del David di Michelangelo a Firenze.
Altra opera é l'albero davanti al quarto cancello. L'albero si trovava in tanti parchi, Parquemensen, ed è stato fuso in bronzo. Alla base non ha foglie, ma lettere; se si mettono queste lettere nell'ordine giusto, si ottiene una frase in romancio che dice: "Il mondo è troppo grande per vivere in un solo posto o in tre o quattro". É un motto del poeta sudcoreano Ko Un. Questo si adatta molto bene a Not Vital.
Inizio a capire le bandiere del Giappone e del Brasile sul tetto.
"Lui viaggia in tutto il mondo ed è di casa in tutto il mondo. Salendo, avete già attraversato tre archi. E questo qui è il quarto arco, se qualcuno con cattive intenzioni arrivava al quarto arco, veniva cosparso di pece bollente dal cosiddetto "naso di pece" sopra l'arco e se veniva colpito, era davvero sfortunato."
Il primo arco
"...questo si dice ancora oggi quando qualcosa va storto. Ora però attraversiamo questo arco senza pericolo; potete vedere sulla sinistra la cappella quasi millenaria."

La cappella
"Ha affreschi del XIV secolo. I dipinti degli apostoli sono del XVI secolo e potete vedere anche un autoritratto di Mopita" (che mi guardo bene dal riproporre).
San Pietro a compagnia bella all'interno della cappella, senza ombra di dubbio il luogo più suggestivo di tutto il castello
L'ultima corte
Varchiamo poi un ulteriore portone e ci troviamo nel cortile più interno del castello. Qui é dove riesco a fare le ultime foto legalizzate. Perché poi la guida ci informa che all'interno del castello é proibito fotografare.
La corte più interna
In questa ultima corte riesco a immortalare gli elementi più interessanti di tutto il castello
Il pozzo del castello
Per quelli come me: uno stanzino ben condensato di alabarde e lance.
Così anche gli amanti della storia sono a posto...
L'interno del castello
All'interno del castello riesco a scattare un paio di foto ad elementi curiosi. Uno di questi é questa decorazione per vetri che ritrae un frate non identificato mentre compare da una palla di fuoco su un carro trainato da cavalli bianchi dinnanzi ai suoi ex colleghi intenti a fare il riposino pomeridiano su prato fuori città

Questo episodio appartiene alla serie della Legenda maior (IV,4) di san Francesco:
"Pregando il beato Francesco fuori dalla città, alcuni riposando e altri perseverando nelle orazioni, ed essendo il santo corporalmente lontano dai suoi figli, ecco che costoro videro il beato Francesco sopra un carro infocato e splendente correre per la casa, circa la mezzanotte, risplendente d'una grande luce; onde stupirono quelli che vegliavano, si destarono e spaventarono gli altri che dormivano"
Malgrado il divieto di fotografare le sale interne trovo alcune foto in rete che qui propongo
Oltre ad una bellissima sedia intarsiata che non riesco a fotografare l'occhio mi casca su questi stivali scomodi solo a guardarli. Il relativo oggetto a fianco doveva servire per poterseli sfilare.
Le stanze sono innumerevoli, ne visitiamo solo una parte, le molte opere d'arte moderna deturpano il clima medievale che si sarebbe potuto creare. Il castello rimane così alla fine "insipido"
La chicca della giornata
A fine visita mi ritrovo nuovamente nel cortile più interno. Già entrando avevo notato un enorme catena con aculei attaccata alla parte. Chiedo lumi alla guida
“Trattasi di catena per bloccare la cavalleria, un equivalente della striscia chiodata utilizzata dalla polizia."
Non riesco a capire se si é inventato la risposta sul momento oppure é convinto di quello che dice. Sta di fatto che non ho mai visto nulla del genre e i dubbi restano.
Un altra interpretazione é che faccia parte della tortura della ruota
La ruota vide un uso molto diffuso in tutta Europa durante il Medioevo, ed era uno strumento di tortura privilegiato. Funzionava in due modi: a volte il prigioniero veniva legato al volante e lentamente si accendeva un incendio. I pochi momenti di sollievo in cima al turno hanno dato al prigioniero la possibilità di confessare i suoi crimini prima che la ruota lo riportasse alle fiamme (a sinistra)
Un altro metodo era appendere il prigioniero al volante dopo che era stato avvolto con una striscia di punte di ferro. La ruota fu girata in modo che le punte raschiassero la schiena del prigioniero, e se avessero avuto bisogno di aumentare il dolore, i torturatori dovettero semplicemente abbassare il prigioniero di una frazione di un pollice in modo che le punte scavassero più in profondità nella sua schiena (a destra).
Sul distogliersi
È l'ultimo fremito di questa visita, forse l'unico. La bellezza del luogo ha innalzato le aspettative che non hanno avuto seguito nel giro di stanze tutto sommato abbastanza anonime, questo anche dovuto alle opere d'arte moderna che hanno soffocato quell'atmosfera che il castello prometteva di regalare vedendolo dall'esterno.
Raccolgo ancora degli scatti all’incontaminato esterno mentre mi avvio verso la lingua di bue e quindi l'uscita.
In pochi minuti raggiungo il paese ai piedi del castello, mi giro per gli ultimi scatti, come detto non riesco a catturare quell’atmosfera magica da cartolina. Si sarebbe dovuto cercare in angolazione migliore ma il tempo é in questi giorni ancora più prezioso del solito.
Commenti
Posta un commento