Sbuco su Cimalmotto dal sentiero proveniente da Campo Valle Maggia verso mezzogiorno. Non mi aspetto di trovare spunti storici altrettanto avvincenti che a Campo, sarebbe impensabile in così pochi ettari sperare in tanto. Eppure....
Vista da Cimalmotto in direzione di Campo Valle Maggia di cui si intravede il campanile in lontananza
Ci sono due elementi geologici che caratterizzano questa parte della valle: la frana che domina la parte inferiore e il pizzo Bombögn che sovrasta la parte superiore. Campo Valle Maggia e Cimalmotto sono l'affettato di questo ipotetico sandwich
Chi visita Campo e le sue frazioni con occhio attento non può non rimanere
esterrefatto dal contrasto fra la bellezza paesaggistica della zona e la ricchezza
dei monumenti storici da un lato e la desolante povertà demografica dall’altro.
I motivi sono diversi: innanzitutto Campo, al momento dell’autarchia più dura,
era uno dei comuni più popolati della Valmaggia (nel XVIII superava i 900
abitanti; nel 1850 erano ancora 506; ora sono 52).
D’altra parte la distanza da
Locarno e la strada disagevole impedirono che si creasse qualsiasi forma di
pendolarismo. Inoltre gli abitanti di Campo e Cimalmotto tra il 1850 e il 1990
dovettero confrontarsi con la grande frana che si era formata sotto i rispettivi
villaggi e che aveva creato un’enorme insicurezza: alcune case sono crollate, la
chiesa in 80 anni si è spostata di 6 m in verticale e 27 m in orizzontale.
Grazie ai lavori di risanamento di fine XX secolo il movimento franoso si è
arrestato mentre negli ultimi anni alcuni edifici storici particolarmente preziosi
sono stati restaurati.
Tuttavia questo non basterà per sperare in una ripresa demografica. Perciò i
pochi residenti, per lo più anziani, devono gestire un territorio vastissimo e
salvaguardare un patrimonio storico e artistico eccezionale.
La frana di Campo
La Frana è un fenomeno geologico che ha toccato la storia di Campo. I primi segni dell’instabilità del terreno sono stati scoperti nel diciottesimo secolo.
Le responsabilità del fenomeno della frana sono state attribuite sia alla natura stessa sia all’uomo. Quest’ultimo,infatti con l’attività del disboscamento e la pratica della flottazione del legname lungo il fiume della Rovana, ha partecipato a danneggiare il territorio.
Oratorio di S. Antonio abate (Boschetto)
Vanoni Giovanni Antonio (1810-1886) - (attr.)
Olio su tela, cm 64 x 74
GRAZIA RICEU[TA] / LI 17. OTTOBRE / L'ANNO 1846
Madonna delle Grazie / S. Antonio abate / Anime purganti
Al momento del censimento era in casa parrocchiale.
Il fiume in piena entro il paese verde e fosco di pioggia; tronchi gialli sul fiume, sbarrato da robusta barriera pericolosamente premuta dalla quantità di tronchi portati dall'acqua; grandi cataste di borre, su quella di sinistra un uomo con ombrello assiste e invoca la Vergine e sant'Antonio abate; sotto, le Anime purganti.
Della stessa mano (che non si esclude possa essere quella del giovane Vanoni), una tela dell'identico formato e nello stesso oratorio rappresenta il fiume in piena e un ponte in legno: assiste un uomo con l'ombrello, che quasi certamente è lo stesso dell'altra tela. Scritta: «Grazia Riceuta Li 18 Ottobre 1846 / sul Belisimo ponte di Lodano...» (seguono due parole illeggibili, forse il nome del graziato).
Quest'alluvione del 1846 è come un preludio a quella disastrosa del '68; il soggetto è testimonianza dei deplorevoli diboscamenti ottocenteschi, che denudarono le nostre montagne e ne sconvolsero l'ecologia...
Tra gli anni 1830 e 1860 molto boschi della Rovana infatti sono stati rasi al suolo su richiesta dei Patriziati allo scopo di vendere le bore ed ottenere in cambio un indennizzo. Il legname veniva venduto soprattutto nelle regioni del Po’(in Italia), dove a quei tempi la richiesta era molta.

La frana sotto i nucei di Cimalmotto e Campo Valle Maggia (in immagine)
Numerosi gli studi,
le misurazioni e i progetti pensati tra il 1858 e il 1970. Le
alluvioni del 1978 e del 1979 rammentarono che la frana
di Campo poteva essere un grave pericolo soprattutto
per la Bassa Valle: durante i due eventi l’alveo del fiume
Rovana a Cevio si alzò di 5-6 metri.
I lavori di risanamento iniziarono nel 1980: si costruì una
briglia di contenimento trasversale al fiume, una galleria di
drenaggio all’interno del terrazzo lunga circa 2 km e una
galleria in roccia di deviazione del fiume. Così ora, in caso
di forte portata, il fiume di fronte al Piano forma una bella
cascata. Lo scivolamento si è quasi arrestato e il fronte
della frana ha iniziato a rinverdirsi.
La situazione peggiorò così che nel 1991 il Cantone prese in mano la situazione e realizzò due opere principali: “Un cunicolo di deviazione del fiume Rovana sul fronte opposto della Valle” e un altro “di drenaggio sotto il corpo della Frana”.Grazie al lavoro svolto, la Frana è ora stabile. Ciò ha portato più tranquillità e sicurezza alla popolazione.
Pizzo Bombögn
Il Pizzo Bombögn, con i suoi 2.331 metri sul livello del mare, separa la Val Rovana di Bosco dalla Val di Campo. La sua imponente mole ha sempre suscitato rispetto tra gli abitanti, soprattutto perché in passato le sue pendici sono state spesso teatro di valanghe che hanno travolto le fattorie situate sugli alpeggi circostanti.
Forse per placare gli elementi della natura, all'inizio del XX secolo, sulla sua cima è stata messa una croce di legno, portata sulle spalle, con una targa di metallo con la scritta
“CAMPO A CRISTO REDENTORE CELEBRANDO CONSACRA - 2 settembre 1900”. [“Campo al Cristo REDENTORE CELEBRANDO LA CONSACRAZIONE - 2 settembre 1900”].
La posa è stata celebrata con una processione e una consacrazione alla quale hanno partecipato molti abitanti di Campo e Bosco Gurin.
Dopo essere stata danneggiata dalle intemperie, la croce è stata sostituita nel 1904 da una croce in ferro fatta da un fabbro di Locarno e donata da una benefattrice di Ascona. Verso la metà del secolo, questa croce ha mostrato di nuovo segni di usura. Grazie all'aiuto di alcuni volontari, è stata rimessa in piedi, ridipinta e dotata di un parafulmine.
Il 26 settembre 1954 si tenne l'ultima processione in cima alla montagna, in commemorazione del cinquantesimo anniversario dell'erezione della croce di ferro.
Nel 2000 fu rimossa e restaurata nuovamente su iniziativa dell'APAV, per essere infine collocata in cima alla montagna con l'ausilio di un elicottero il 10 settembre dello stesso anno.
Le numerose valanghe e la grande instabilità della zona (lo scivolamento di Campo presentava movimenti da 9 a 12 cm all'anno) hanno portato, negli anni '30, alla formulazione di un progetto di
prevenzione delle valanghe e al prosciugamento e al rimboschimento dell'altopiano di Campo con la piantumazione di larici e pini cembri. Diverse famiglie locali hanno partecipato all'operazione di rimboschimento: gli uomini hanno scavato i pozzi per una paga di 90 centesimi l'ora, mentre le donne hanno trasportato e piantato le piantine per 50 centesimi l'ora.
Si stima che tra il 1936 e il 1940 sia stata rimboschita una superficie di circa 20 ettari. Tuttavia, l'allevamento di capre, molto diffuso all'epoca, minacciava seriamente le nuove piantagioni (perché questi animali sono ghiotti di germogli). Per rimediare, molte capre sono state abbattute e tra Campo e il Sasso Rosso è stata costruita una recinzione fatta di pali di legno e filo spinato.Il Muro
Verso la fine del 1947, prese forma l'idea di un muro a secco che scendeva dalla cresta verso Campo per circa 300 metri e con un'altezza media di 2 metri. Con la sua particolare sezione, doveva impedire l'accesso alle capre dal lato di Cerentino che sarebbero penetrate a mangiare le pianticelle appena piantate, pur rimanendo praticabile dal lato di Campo grazie alla sua leggera inclinazione e alle poche pietre sporgenti.
La costruzione del muro è stata affidata a un'impresa di Cevio per un importo di CHF 37'605.00. Questa somma comprendeva anche la recinzione di filo spinato che scendeva dal limite inferiore del muro verso Campo per 1'234 metri. Tutto questo è stato realizzato tra aprile e dicembre 1948.
Il muro e la montagna stessa hanno una pendenza del 60%, va da sé che la salita in questo ultimo tratto risulta parecchio impegnativa. Il muro è percorribile…per coloro che non soffrono di vertigini!
Ognuno ha i propri limiti, io non vedrò mai la coma del pizzo Bombögn dal vivo
Cimalmotto
Cimalmotto (Cima delle motte è detto in una carta del 1664) sembra un villaggio posto alla fine del mondo. Ma chi ha pazienza di andarci ripartirà con un ricordo indelebile.
A Cimalmotto dedico molto meno tempo, il programma é ancora intenso e prevede tra le altre cose ancora la salita al passo Quadrella, la discesa a Bosco e la visita del museo sulla civiltà Walser.
Passo comunque a dare un occhio alla parrocchia che stupisce per i dipinti già presenti sotto il porticato
Costruita nel corso del XVI secolo, fu ampliata dopo la metà
del XVII e ornata di stucchi. È monumento di importanza
cantonale.
Altri importanti lavori furono eseguiti nel 1749 quando fu affrescata dal pittore Borgnis. All’interno e sul campanile intervenne dopo il 1850 il pittore Pedrazzi, mentre l’ampio e bellissimo porticato esterno si presenta ancora oggi come l’aveva realizzato il Borgnis
Dipinto principale sotto il porticato
Il portico della chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, è una festa di statue e colori. Gli affreschi sono del 1749. A prima vista la monumentale Crocifissione che ora è posta su tela, appare come una delle tante, con molti personaggi. Niente di strano. Eppure osservando le espressioni delle persone ci si rende subito conto che il pittore di Cimalmotto ha qualche cosa di diverso.
Infatti, se si guarda la mano sinistra del ladrone crocefisso alla sinistra di Gesù si nota che l'indice e il mignolo sono tesi, mentre il medio e l'anulare sono piegati all'interno del palmo e tenuti schiacciati dal pollice. Un gesto tuttora in voga.
Le torbe
A ricordare che anche quassù per secoli si continuò a
coltivare la segale, ecco numerose torbe, sia su funghi che
con la mensola perimetrale. Le più antiche risalgono al
XV secolo (quella di fronte alla chiesa è del 1417); le
ultime al XIX secolo. La torba dietro il cimitero è del 1515
ed è oggetto di importanza cantonale. Parecchie sono
state trasformate in abitazioni.
Torba è il termine valmaggese che indica la tipica costruzione con basamento in muratura a secco e una cella granaria in legno di larice o abete, poggiata su funghi o mensole per l'essicazione, la lavorazione e l'immagazzinaggio della segale, cereale fondamentale per la sussistenza fino alla fine del XIX secolo.
Lo zoccolo in pietra ospitava l'operazione della trebbiatura, oppure era utilizzato come deposito per gli attrezzi o come riparo per il bestiame minuto.
Sullo zoccolo delle torbe poggiano quattro o più funghi, elementi alti ca. 1 m con gambi in pietra o legno sormontati da una lastra di pietra rozzamente arrotondata del diametro di ca. 80 cm.
Lo scopo dei funghi era di isolare la cella granaria dall'umidità e dall'assalto di topi e altri roditori.
Spesso le torbe sono circondate da un ballatoio con un'ingabbiatura in legno per l'esposizione della segale al sole e all'aria. La copertura delle torbe è costituita da piode in beola.
La Torba d'Marta
Si stima che la Torba d'Marta, cosi denominata dagli abitanti poiché a fianco vivevano le figlie di Marta Pontoni, sia stata edificata attorno al 1515 (datazione dendrocronologica).
Questo dato la rende una delle più antiche torbe edificate nel Cantone.
Iscritta nell'elenco cantonale dei monumenti storici, è stata restaurata dal'Associazione Amici di Cimalmotto tra il 2012 e il 2015, a seguito della donazione delle famiglie Gobbi, Pedrazzini e Sciapina, che ne erano proprietarie.
Originariamente il basamento aveva muri su tre lati; fu chiuso in seguito per fungere da stalla e da deposito. I funghi che sostengono il granaio sono sei.
Un ballatoio in legno sul lato orientale permette l'accesso, tramite due porte gemelle, alla parte superiore in legno, divisa in due celle e un sottotetto. Alcune travi sporgenti suggeriscono che in origine il ballatoio coprisse tre lati della torba.
La carpenteria del tetto si iscrive nella tipologia a cavaliere, con i caratteristici cavicchi per fermare l'ultimo travetto.
Verso il passo Quadrella
Le campane hanno già suonato da un pezzo il mezzogiorno quando finalmente mi avvio da Cimalmotto verso il passo Quadrella. È il momento clou della giornata, la vera sfida fisica. Il passo non va sottovalutato, dopo una prima breve parte in cui attraversa dei campi e la pendenza non é ancora molto accentuata si addentra nel bosco.
Primo tratto del percorso verso il passo appena sopra Cimalmotto. Incrocio e supero una coppia di anziani, lei appare molto affaticata, e le gambe estremamente gonfie ne sono sicuramente una causa, lui, vestito di tutto punto per una grande escursione, le sta di fianco e cerca di aiutarla nel salire con un gesto che é più un aiuto psicologico che fisico. Una scena d'amore, amore vero.
Nel bosco il sentiero non da tregua, é un classico sentiero nel bosco nelle alpi. Qualche zig zag, qualche scalino dovuto a qualche sasso, brevi tratti che spianano, giusto per sciogliere un po' le gambe e riprendere fiato. Il ritmo é incalzante ma le gambe reagiscono bene.
Dopo una buona mezz'ora a ritmo serrato sbuco in una radura che corrisponde all'alpe Quadrella, caricata fino a pochi anni fa. Il panorama é idilliaco, sullo sfondo sua maestà Bombögn fa capolino
Quadrella di Fuori
Approfitto della presenza di una fontana per rifocillarmi e riempire le borracce. Intravedo appena sopra delle persone che stanno salendo, hanno un ritmo più blando ma anche sacchi più grandi, li raggiungerò nei prossimi minuti.
Cosa che si realizza dopo circa 15 minuti, sono due ragazze e un ragazzo. Una ragazza sembra faticare più degli altri due che si fermano ad aspettarla proprio nel momento in cui li sorpasso, mi salutano calorosamente. Siamo tutti felici di essere in quel piccolo paradiso, malgrado il cado, malgrado il sacco pesante, malgrado la salita.
Non vedrò più nessuno fino nella valle sopra Bosco Gürin oltre il passo.
Il paesaggio attorno al sentiero cambia, a furia di alzarsi si arriva a quote dove le piante non crescono più, il sentiero incalza ancora di più e nell'ultimo km sotto il passo registro 248m di salita, una pendenza raramente registrata.
Ma ormai guadando verso l'alto la fetta di cielo si fa sempre più grande, il passo é appena li da prendere; é proprio in questi momenti che bisogna star concentrati; l'illusione di essere arrivati può tramutarsi velocemente in una delusione quando si scopre che il sentiero sale ancora oltre quello che si credeva l'arrivo
Scatto questa ultima foto appena sotto il passo, quando vi giungo la sensazione é di grande meraviglia: la vista sulle due vallate é bellissima, ricorda un po' il Sassello ma più morbido e dolce. Scatto alcune foto, propongo questa panoramica da aprire a tutto schermo.
Sulla destra da dove sono giunto con i villaggi di Cimalmotto e Campo Valle Maggia in fondo alla valle. A sinistra appena nascosto il villaggio di Bosco Gürin.
Non tragga in inganno la pendenza del sentiero, Campo Valle Maggia (a sinistra) e Cimalmotto (a destra) da quassù appaiono assai distanti
Do un ultimo sguardo verso la valle di Campo, fino ieri quasi completamente sconosciuta. Ora non mi resta che scendere verso Bosco Gürin, e ho due opzioni davanti a me....
...continua....
Commenti
Posta un commento