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Dietro le montagne di casa

Per parafrasare la motivazione iniziale "ero curioso di vedere cosa ci sia dietro le montagne che vedo tutti i giorni dalle finestre di casa" ho rifatto quel giro da fare nel cuore dell'estate, quando la forma fisica é al top, un giro che avevo già portato a termine nel 2022.

Vista invernale della catena montuosa posta a meridione del paese di Airolo, al centro il Mezzogiorno e a destra il più rinomato ed elegante Vespero. Ma che ci sarà la dietro?
Tutte le altre foto presenti sono state scattate durante l'escursione del 03.08.2025

Questa volta rispetto al 2022 integro alcune varianti:
  1. Partenza prevista da casa (1142 m.s.m. alla stazione) e non dalla comoda Pesciüm (1746 m.s.m.) raggiunta in funicolare
  2. Arrivo previsto di nuovo a casa: come mi disse una volta lo zio "bisogna tornare alla base di partenza con le proprie gambe", anche se nel 2022 fu proprio lo zio a venirmi a prendere di sua iniziativa, forse preoccupato, a Ossasco.
Non nascondo una mia certa incertezza; al momento della partenza infatti non so ancora se riuscirò a completare il giro, per questo metto degli obiettivi intermedi e cerco alcuni piani alternativi
  1. Raggiungimento del passo Sassello: decidere se varcarlo ed andare in valle Maggia o rientrare verso casa
  2. Se si prosegue, giunti sul fondovalle della valle Maggia decidere se proseguire il giro previsto oppure gettare la spugna recandosi a Fusio o in alternativa fino a Mogno per ripercorrere 1:1 l'itinerario delle donne di rientro dal mercato di Airolo con tanto di pollame e uova (!) descritto dal Butler 
  3. Se si prosegue: dal fondovalle alla diga del Naret, seguire il sentiero o la carrabile?
  4. Dal passo Naret, rientro via Ossasco? Oppure deviare verso Fontana? Oppure indipendentemente da dove rientrare seguite piano di emergenza che in caso di seri problemi prevede rientro in autopostale?
Potrò rispondere a questi quesiti solo strada facendo, di ora in ora, di chilometro in chilometro. Prima di tutto va curata la partenza: indispensabili sono le condizioni metereologiche e l'orario di partenza.

Partenza ritardata

Mi sveglio alle 06 passate, ed é un male, se voglio fare il giro completo ogni ora di luce é importante. Ricordo che quando feci l'attraversata Airolo Cevio l'orologio della stazione non marcava nemmeno le 05:30. È vero, nel 2022 per il giro che vado a rievocare oggi ero partito solo alle 08:30 (prima funivia per Pesciüm) ma almeno mi ero risparmiato i primi 500 di salita. Ad ogni modo il tempo é buono, é stato segnalato vento, che può essere fastidioso, ma i suoi 25km/h non sono sufficienti per mettere in forse l'escursione.

Ora che preparo il necessario e verifico i dettagli si fanno le 7, per la precisione alle 07:07 parto da sotto casa. Tra i vari dettagli vanno sicuramente citati la scelta degli slip/boxer, infatti la scelta di mutande che vanno a sfregare contro l'inguine a lungo andare, e in giri come oggi é il caso, potrebbero causare forti infiammazioni e dolori fino a far rinunciare al completamento del giro.

Stazione Airolo - 07:10 bene ma non benissimo come inizio

Airolo - Alpe di Ravina

Nella testa continuo a ripetermi che oggi il ritmo sarà decisivo, ogni singolo passo, ogni scelta di dove poggiare un piede nei passaggi più irregolari. Ogni movimento combinato al ritmo sono un piccolo consumo di energia, scegliere accuratamente la via più lineare e adattare la velocità quando necessario sarà il requisito decisivo nella giornata odierna.

Va tutto molto bene fin da subito, temperatura piuttosto fresca, gambe che si scaldano velocemente, é tutto OK fin dall'inizio e appena sotto Nante due mucche intente a sonnecchiare e parzialmente nascoste alla vista da una sporgenza rimangono sorprese dalla mia apparizione così come sorpreso rimane il sottoscritto. Attraverso il paese di Nante e imbocco subito il sentiero che sale verso l'alpe di Ravina, il primo traguardo intermedio.

 Roncascio - il sole ancora si nasconde e non si decide ad uscire prepotente. Va anche bene così

Appena sopra Nante un rumore di un veicolo cattura la mia attenzione, getto una sguardo sotto e lo spettacolo dei due stagni appena fuori Nante in zona Roncascio che riflettono i primi timidi raggi di sole sono uno dei tanti piccoli spettacoli da immortalare oggi. 

Subito dopo affronto un tratto in forte pendenza, un pendio dove passa la pista da sci completamente dritto ed erboso. In cima nel bel mezzo una mucca che mi fissa. Mentre la saluto (si ogni tanto parlo alle mucche) da dietro sopraggiunge un altro escursionista facendomi sobbalzare. Ha circa la mia età, viaggia più leggero ed ha la borraccia davanti, come quelli veri che bevono senza nemmeno dover buttar via tempo per togliersi il sacco.
Scambiamo quattro parole: lui é diretto verso le cime delle piste da sci.
"Bello il Sassello" risponde quando gli comunico la mia meta, io la sparo bassa dicendomi incerto sul raggiungimento, lui mi da una rapida occhiata, stile scanner e mi fa capire che sicuramente posso farcela. Lo saluto subito perché ha decisamente un altro ritmo, oltrepassa velocemente la mucca ancora ferma in mezzo al sentiero e sparisce nel bosco.

Ora tocca a me; finalmente posso salutarla comme il faut! La lascio un po' inebetita così come mi guardano inebetite tutte le mucche che saluto mentre mi allontano

La mucca incrociata salendo sulle piste da sci, zona Costone (1580 m.s.m.)
Sullo sfondo a sinistra la Fibbia e a destra la bocchetta che non é altro che il passo del San Gottardo. Completamente a destra l'abitato di Airolo

Il percorso di oggi non presenta tratti particolarmente esposti, tranne forse per una decina di metri nel bosco che portano all'alpe di Ravina e i primi metri sul versante valmaggese appena dopo il valico del Sassello. Passo in tranquillità questo piccolo ostacolo. Un mio difetto é quello di accelerare in questi tratti per togliermi il prima possibile da una situazione di potenziale pericolo, ma l'errore é doppio: oltre a bruciare importanti energie per queste accelerazioni va anche detto che la velocità non é mai sinonimo di sicurezza, anzi... Nella giornata odierna cerco di migliorarmi anche sotto questo aspetto.

Giungo in breve tempo nel boschetto appena sotto l'Alpe di Ravina, perdo la traccia per un paio di minuti, anche questo può capitare ma importante é fermarsi subito quando ci si rende conto evitando di andar troppo nelle frasche, magari cacciandosi in qualche guaio.

Alpe di Ravina (1775 m.s.m.) 
Al centro le mucche intente a pascolare

L'arrivo all'alpe é preannunciata da un forte rumore di campanacci. Le mucche infatti hanno appena lasciato la stalla dopo la mungitura e il pastore le sta accompagnando nella zona odierna di pascolo. Con loro un cane che inizialmente corre verso la mia direzione, ma poi si ferma subito, sono molto lontano e inoltre sto prendendo una direzione opposta rispetto alle bovine.

Alpe di Ravina - Passo Sassello

Comincia il bello. Il percorso dall'alpe inizia ad inerpicarsi, passando per il malandato laghetto di Ravina. Dopo aver attraversato l'alpe il sentiero si addentra nel bosco fino ad un piccolo canale, la prima delle piccole grandi sfide nelle sfide odierne. Come mi ripeto nella testa affronto questo tratto adattando velocità e scegliendo il percorso meno ripido possibile, piccoli passi, scalini bassi. In un attimo supero questa piccola asperità, ora tra dolci sali e scendi nel bosco mi dirigo a passo sicuro verso il laghetto di Ravina, o quel che ne resta.

Lago di Ravina (1889 m.s.m.)
Ogni anno incuriosito faccio una microdeviazione per verificare lo stato del laghetto. Quest'anno meglio dell'anno scorso ma sempre piuttosto malinconico

Si sta avvicinando il pezzo clou, il passo del Sassello, ora il sentiero scorre piano nel bosco seguendo la valle per circa 700 metri. Poi di colpo curva verso l'alto.
Questo é un altro punto caratteristico della giornata. Per emergere sul Sasso della Preda, completamente spoglio da alberi, occorre prima affrontare un breve ma ripida salita. In questi 100m di dislivello il sentiero scompare quasi completamente alla vista, non si vede dove si poggiano i piedi, una vera e propria giungla. Penso spesso alla prima volta in cui compii questo tratto: non sapevo ancora cosa mi aspettava, ero assillato dal pensiero di perdere la traccia.

Sotto il Sasso della Preda la traccia c'é ma non si vede, si intuisce. 

Finalmente sbuco sul sasso, da qui in avanti é poesia pura, si continua in direzione est seguendo la valle Leventina e a salire nel contempo. Decido di mangiare una delle tre banane tattiche che ho portato con me, mi sembra di star giocando uno degli assi che ho nella manica


A breve si entra nella zona delle scaglie. Brevi tratti di mulattiera aggiunti al bellissimo panorama verso il lago di Prato e le montagne che lo sovrastano fanno il resto. 

Il pizzo Scheggia (2559 m.s.m.) al centro sovrasta il lago di Prato (2056 m.s.m.)

Ma non bisogna lasciarsi ammagliare dal panorama, il tratto é molto ripido e duro, la concentrazione sul passo e sul ritmo é di fondamentale importanza, ne va del proseguito. Come metro di paragone ripenso all'anno scorso dove in questa zona e soprattutto sotto il passo dovevo fermarmi in continuazione a causa della fatica, quest'anno potrebbe essere ben diverso.

Poi ad un tratto eccola spuntare: la bocchetta del passo. Sembra vicina ma bisogna prestar attenzione a non cadere nel solito errore: in vista dell'agognato obiettivo accelerare il passo bruciando importanti energie, quindi proseguire passo dopo passo, lento ma ritmato e sicuro. Rispetto all'anno scorso non sento la necessità di fare particolari pause, le gambe e i polmoni reagiscono molto bene. Si, sono in forma!

Il passo del Sassello visto dal versante leventinese

Proprio sul passo scorgo due figure, si sono arrampicate sul piccolo promontorio sulla sinistra, sicuro mi hanno visto e così decidono di partire prima che arrivi sul passo. Tanto meglio, avrò la bocchetta tutta per me. Un momento intimo tra me e questo luogo così carico di significati.

La classica foto dal passo: una panoramica da ovest a est guardando verso nord. A destra la valle Leventina da dove giungo e a sinistra la valle Maggia dove sto per addentrarmi, si perché la decisione é stata facilmente presa, il fisico risponde bene, ritornare indietro é escluso

Passo Sassello - Grasso di Dentro

Il vento. Avevo accennato che Meteo Suisse prevedeva giornata ventosa, e così é, ma mentre più in basso le sue folate sono attenuate dalla conformazione geologica e dalla vegetazione qui sul passo si é completamente in balia dei venti. Spira abbastanza forte e freddo, il che mi convince a partire dopo pochi minuti. Un occhiata all'orologio 10:50, ben oltre le 09:30 circa della traversata Airolo - Cevio ma perfettamente in linea con l'escursione sfidata oggi che partiva de Pesciüm. Saper di poter essere scesi di molti metri in Valle Maggia per mezzogiorno da ulteriori motivazioni, a queste vanno aggiunte le buone sensazioni che il corpo sta trasmettendo. L'umore é alto. Non ho ancora osato pensare a che variante fare giunto sul fondovalle ma l’idea di una risalita verso il Naret inizia a farsi largo, ma prima occorre verificare come reagiscono le ginocchia alla ripida discesa dal passo che mi porterà dai 2336 del passo ai 1570 quando incrocerò la carrabile sul fondovalle.

Come detto i primissimi metri sul versante valmaggese sono molto ripidi, perseguo con estrema cautela girandomi un paio di volte ad ammirare la bocchetta del passo da questo versante

Malgrado il raggio di sole intrufolatosi nella foto si può intuire la ripidità dell'ultimo tratto verso la bocchetta del passo dal versante valmaggese.

Affronto la discesa con passo sicuro pregustandomi già quella bella fontana a Piatto che butta bene (dicesi di fontana che ha una forte erogazione di acqua fresca e limpida).
In pochi minuti giungo sopra Piatto, non prima di esser di nuovo passato davanti a quella deviazione che anni fa mi ingannò e mi portò alla situazione più sgradevole che a oggi ho passato in montagna


Anni fa infatti a questo punto, in quella triste occasione decisi di prendere la variante a destra, questo mi permetteva di passare in altezza sulla costa della catena montuosa senza dover scendere e risalire dal fondovalle in direzione del Naret. Come si può notare la punta del cartello é bianco-blu-bianco, ben diverso che il bianco-rosso-bianco dipinto sulla roccia ai suoi piedi. A suo tempo, un po' incosciente, un po' mal preparato, un po' ingannato dal simbolo sulla roccia decisi per la scorciatoia in costa: mi trovai in breve tempo in una brutta situazione costretto a proseguire e dover affrontare un passaggio particolarmente esposto. Solo cercai di contattare lo zio per farmi coraggio ma la zona non é coperta da rete cellulare, questo mi mandò per un attimo nel panico. Col senno di poi anche questa sensazione ha avuto un effetto positivo su come approcciare la montagna in futuro.

Mentre faccio questi pensieri sono sopra ad una delle immagini di cartolina della giornata; vista su Piatto con il lago Sambuco sullo sfondo

Piatto (2084 m.s.m., la stessa altezza del passo del San Gottardo) 
con il lago e la diga del Sambuco (1458 m.s.m.)

Trovo la fontana che butta bene, gli ometti di pietra invece che avevo notato l'ultima volta che sono passato di qui sono tutti crollati. Riempio le borracce e mi rimetto in moto. 

La velocità della discesa é sostenuta, la gambe, o meglio le ginocchia, reggono molto bene, nemmeno per un attimo penso che potrei pagare più in la nella giornata questo carico extra, e si che il passato dovrebbe insegnare, più volte delle discese affrontate troppo velocemente hanno poi schiantato le gambe, vedi ad esempio le varie discese da capanna Maria Luisa a Riale, oppure da Robiei a San Carlo, tutti episodi questi che hanno fortemente compromesso il resto della gita. Per ora niente di tutto ciò, ancor prima di mezzogiorno ho già raggiunto il fondovalle e la strada carrabile. 

Località Corte del Prevosto (1646 m.s.m.) poco prima di raggiungere la strada carrabile

Il tempo dedicato per rispondere alla domanda 3 citata all'inizio é praticamente nulla. Si prosegue diretti verso il Naret. Una variante al giro fatto nel 2022, variante che va ad alleggerire il tracciato, é che si seguirà la carrabile fino a Grasso di Dentro, il sentiero, seppur regala bei paesaggi nasconde una salita finale molto affaticante. La strada carrabile invece sale in maniera costante e non presenta particolari asperità

Alcuni scorci sulla parte della valle che collega il Sambuco a Grasso di Dentro visti dalla carrabile

Purtroppo la carrabile porta anche degli svantaggi, il primo di tutti é il traffico, nei 2km in cui la percorro sono infatti numerosi i mezzi che mi passano di fianco, macchine, moto e qualche bicicletta, verso questi ultimi porto rispetto in quanto si guadagnano la pace della natura con le proprie forze, sputo invece a volte per terra quando a passare sono rumorose macchine o moto. Si, ne hanno il diritto, ne sono conscio. Però mi stan sulle balle. Punto.

Grasso di Dentro - Passo Naret

Il menzionato traffico ha sicuramente inciso per il proseguimento del tour, rinunciando alla prima parte del sentiero e alle sue fatiche ho avuto modo di rivalutarne la tranquillità e la pace, e malgrado fin dai giorni prima di partire avevo la convinzione di fare la carrabile da Grasso di Dentro alla diga del Naret, mentre osservo dei suini placidi a trascorrere la loro prima e ultima estate all'alpe decido di salire per il sentiero. Certo le buone condizioni fisiche attuali hanno la loro fetta di importanza, ma le roboanti marmitte dei veicoli sono la gocciolona che mi fanno propendere per la via più dura ma anche più immersiva.

Grasso di Dentro (1754 m.s.m.) - qualcuno viene a salutarmi. Alle spalle giunge una nonna con i nipotini ad osservare i simpatici animaletti. Scambiamo due parole, si lamenta del vento, mi chiede da dove arrivo. Mi guarda scostrenata quasi infastidita, come se fossi matto. Le chiedo del sentiero (che ho comunque percorso nel 2022). Non mi risponde nemmeno, se ne va lasciandomi solo con i più simpatici suini.

Senza indugiare prendo il sentiero che punta dritto nella valletta in direzione della diga del Naret. Ricordo ancora le parole del pastorello nel 2022 "in quaranta minuti sono sotto la diga a ramassare le capre"
Aé....

La valletta verso Forna e in seguito la base della diga del Naret

Ripenso a quando affrontai questa salita la prima volta, ricordo una valletta un po' ripida ed esposta, dell'acqua, ricordo anche l'enorme pietraia proprio sotto la diga e quel fantastico piano rigoglioso poco sotto. Credo siano la valletta e la fatica sulla pietraia finale a frenarmi, ma le ottime sensazioni che continuo a provare mi incentivano e spronano a proseguire. Potrei avere un peggioramento improvviso: fiacche, schianto a livello fisico che porterebbe ad avanzare a singhiozzo specialmente in salita, dolori laterali al ginocchio che renderebbe la discesa un agonia. Non ci penso, come giusto che sia, finché la gamba va lasciala andare.

Di buon passo mi inerpico nella valletta, sento le campane delle mucche molto forti, sono molte e molto vicine a breve le incontrerò. Difatti dopo un prima breve salita me le ritrovo davanti, chissà se si rendono conto della fortuna di essere in un posto tanto bello. Chissà se l'apprezzano.
Trovo un piccolo ingorgo proprio sul sentiero, la causa é presto chiara; un ruscello, uno degli innumerevoli affluenti del torrente che scorre nella gola e che porta il nome di Maggia.

Mi devo far largo tra la calca, ma lo faccio il più gentilmente possibile, senza creare confusione.

Signorine voglio solo passare. 

Esco dal pascolo e inizio ad inerpicarmi nella salita vera e propria, vedo la valletta più esposta, non sembra nulla di particolare. E infatti "me la mangio", passo regolare e sicuro, grande serenità. Ribadisco: sono in forma! Ho anche la tranquillità mentale, il ritmo saggio e cadenzato, sto per portare a termine quello che solo due mesi fa non avrei nemmeno immaginato!

Uno sguardo all'indietro dalla valletta, vicino al bosco si intravedono le mucche, ancora più sotto le stalle di Grasso di Dentro. Tra una delle cime in fondo sono sbucato qualche ora fa dal passo Sassello

Appena sopra la valletta esposta raggiungo (!) due ragazzi. Sono simpatici e senza nemmeno chiedercelo proseguiamo assieme, sono due svizzeri francesi, del canton Vaud, che combinazione giusto ieri ero a Payerne, che combinazione uno dei due é proprio di li! 

Mentre salgo e parlo con loro mi rendo conto di due cose: Prima: sostengo il ritmo di due baldi giovanotti e, secondo, soprattutto lo faccio parlando, forse troppo. Giungiamo a Forna, un posto piuttosto incredibile, uno dei due ragazzi rimane folgorato

Forna (2090 m.s.m.), dev'essere il manto erboso che sembra invitarci a tuffarci su di lui, soffice come dev' essere, oppure deve essere l'enorme montagna che si intravede sulla sinistra o più semplicemente l'enorme diga che finalmente spunta a destra dando un metro di paragone all'incessante domanda nella testa di un ragazzo "ma quanto manca?"

"Bucolique" dice uno dei due. Si certo, approvato, ma oggi dell'aggettivo possiamo usarlo fino alla noia.
Mi accorgo che per il breve tratto passato con i due ragazzi mi sono perso tutto quello che mi attorniava concentrato com'ero nella discussione, la natura mi era attorno ma io mi limitavo a passargli di fianco.
Mi tornano alla mente le riflessioni di Rousseau e me ne convinco

Queste ore di solitudine e di meditazione sono le sole della giornata in cui sono pienamente me stesso e in me, senza distrazioni, senza ostacoli, e dove posso veramente dire di essere quello che la natura ha voluto.
Questi rapimenti, queste estasi che provavo talvolta passeggiando solo.

Decido così di salutarli chiedendogli quale sarà il paesaggio che stasera avranno davanti agli occhi prima di addormentarsi (ma un semplice "ciao" non sarebbe bastato?).

Affronto l'ultimo tratto che da Forna mi porta alla base della diga, "finalmente" inizio a sentire la fatica, ma sono a buon punto, una volta conquistata la corona della diga mi aspetta l'aggiramento del lago artificiale, quasi completamente piatto per poi affrontare l'ultimo vero strappo che mi porterà sul passo del Naret. 

Una volta sulla corona si apre improvvisamente un nuovo scenario: un enorme lago in una cornice di montagne completamente spoglie, una in particolare domina il quadretto

Sulla sinistra il Pizzo del Lago Scuro (2648 m.s.m.) che troneggia, a destra il massiccio che comprende il pizzo Cristallina (2912 m.s.m.) e il Pizzo del Naret (2588 m.s.m.)

Sempre sulla corona torna però il via vai di moto, motociclette e auto. Sono parcheggiate un po' ovunque fino dove arriva una strada. Proprio per questo motivo mi incammino subito in direzione del sentiero che mi porterà al passo del Naret ma soprattutto protetto della massa di rumorose pecore umane che si ammassano nei punti panoramici. 

Mentre percorro il sentiero che costeggia il lago sento che i primi dolori iniziano a farsi insistenti, in particolare le dita del piede destro iniziano a farsi sentire, non si tratta di fiacche, ma di dolore "da schiacciamento". Ad aggravare la situazione un improvvisa crisi di fame. Decido quindi di fare una pausa esattamente dove il sentiero lascia il perimetro del lago per salire fino al passo del Naret. 
Mangio una banana diverse barrette di cereali e ancora della frutta secca per placarla!
Dovrebbe bastare per lo strappo che mi aspetta.

Ho diversi ricordi di questo tratto: sono un centinaio di metri di dislivello, un tratto breve, ma che se si affrontato a fine giornata potrebbero diventare una piccola via crucis. Non sono certo a questi livelli, il passo é ancora buono e regolare, le pause più frequenti rispetto a prima ma ancor abbastanza rare. Sono comunque ben felice di scorgere la croce a pochi metri dal passo. Come sul Sassello mi diverto a guardare nelle due direzioni del passo. 

Passo del Naret (a sinistra direzione val Torta) a destra con la vista sul Naret. Mi trovo contemporaneamente sul luogo più alto della giornata (2437 m.s.m.) e mi appresto a rientrare in val Leventina

Passo del Naret - Ossasco

Da qui tutta discesa, anche i sassi vanno in discesa si svuol dire, ma so che soffrirò, non tantissimo ma soffrirò. La stanchezza ora inizia a farsi sentire, ma é il dolore alle dita dei piedi a preoccuparmi di più. La bellezza della val Torta però riesce a mitigare i dolori. Questi paesaggi vanno conquistati e non a bordo di qualsiasi mezzo motorizzato ma con l'ausilio delle proprie gambe. Sono felice che qui mezzi motorizzati non possono e non potranno mai giungere

Quasi a piedi del passo Naret sguardo sulla parte alta della Val Torta. La bocchetta in mezzo  corrisponde alla capanna Cristallina

Conosco questa valle, ogni anno sento il richiamo, quasi un dovere di percorrerla almeno una volta; con la trasferta di oggi faccio una combo di tutto rispetto: Sassello e Val Torta non sono facilmente associabili nel tragitto nella stessa giornata. 
Mi aspetta ancora una lunga discesa che mi porta sul fondovalle. Non sono ancora in grado di rispondere all'ultima domanda riguardante l'ultimo tratto. La tentazione é quella di rientrare ma scendendo in diagonale e sfruttare la carrabile che dall'alpe Cristallina porta a Fontana, evitando così Ossasco e soprattutto il pezzo Ossasco - Fontana che nasconde ancora delle salite che potrebbero risultare completamente indigeste sapendo che da Fontana a Airolo vanno poi ancora masticati ancora 5km...

È con questi pensieri che scendo la parte alte dalla val Torta. Poi mi fermo. Inutile rispondere ora, la domanda deve porsi quando sarà il momento adatto, quando giungerà il bivio interessato.
Ora invece mi limito ad osservare: ovunque mi giri potrei fare un quadro, mi limito ad osservare la magnificenza della natura, il piacere di godere di essa, sapendo che qualcuno ne ha goduto prima e qualcuno ne godrà dopo di noi. Questa motivazione mi basterebbe per essere immortale, godere nell'infinità del tempo di questa meraviglia.

Parte alta della Val Torta con il Ri di Cristallina

Scendo poi nella media valle e infine la bassa valle. Sono come diversi piani in uno stesso palazzo, dove ognuno offre qualcosa di diverso. Ci si potrebbe fermare ad ogni piano per colazione, salire a pranzo nella media e salire nella alta per cena. 

Media valle a sinistra e bassa val Torta a destra

Giungo all'alpe di Cristallina, da qui una carrabile scende verso il fondovalle, ma ci sono ancora 500m di dislivello da superare. La prima parte é su carrabile obbligata, poi più in basso un bivio da la possibilità di prendere un sentiero per Ossasco attraverso il bosco. Osservando la cartina se continuassi a seguire la carrabile la discesa sarebbe più morbida e mi porterebbe a Fontana, più vicina a casa.

Il trentesimo cancello

Ed é qui che esce il punto di forza della giornata: sceglierò la via più impegnativa, la più dura, dopo tutti questi sforzi ne aggiungo uno, ma lo faccio con gioia, é un modo di mettermi alla prova, di affrontare mentalmente un ultimo ostacolo, l'occasione di dirmi per l'ennesima volta: se voglio posso.

Scendo a ottimo passo la carrabile e infilo il sentierino che in una ventina di minuti mi porta ad Ossasco. Non mi lascio andare, so che mi aspettano pezzi ancora relativamente impegnativi ma che diventano duri pensando a tutto il percorso alla spalle: sono in cammino da più di 11 ore e ho 5000m di dislivello alle spalle, dei quali la metà di salita. Ma proprio malgrado questo affronto l'ultimo dei cancelli, il famoso trentesimo dopo averne superati 29 non sarà quello a rovinarmi la festa, inoltre Ossasco - Airolo é uno dei tre punti che mi ero prefisso di modifica del percorso rispetto alla volta precedente. 

Quanti pensieri, mentre li faccio sono già in marcia e sto affrontando la salita alla fine delle campagne di Ossasco che mi portano nel bosco in direzione di Fontana. Con gran meraviglia mi bevo la salita persino meglio di altre volte di rientro da girti molto meno impegnativi. Forse é l'adrenalina, forse é l'estasi, ma le mie gambe sembrano macinare qualsiasi metro di strada gli si metta davanti.

Giungo a Fonata che supero di slancio non dopo aver mandato a quel paese una macchina con la scritta Jägermesiter di due bimbi minchia che smarmittano sulla cantonale nel paese . Un ennesimo segnale che mi invita ad evitare le strade trafficate dove possibile.

Ora é impossibile che mi fermo, fermarsi in questo tratto che conosco benissimo a 5km da casa non é previsto, dovrebbero capitare cose clamorose affinché non porti a termine il giro. Le dita mi dolgono, ma la stanchezza non é eccessiva. Potrei continuare a marciare ancora ma decido di arrestarmi una volta giunto ad Airolo. Bisogna anche sapersi fermare. Inoltre so che ogni km in più potrei pagarlo pesantemente ed in maniera esponenziale il giorno dopo.

Mi volto per un ultimo sguardo verso la Val Bedretto, stamattina quando sono giunto da Airolo non l'ho nemmeno guardata, forse per scaramanzia, ma sapere che 12 ore dopo sarei arrivato di li mi avrebbe riempito il cuore di gioia in anticipo, sensazione che provo ora. 

Sguardo verso la Val Bedretto, come alla partenza il sole lotta per emergere tra le nuvole

Porterò questa giornata nel cuore per giorni, e proprio per non dimenticare le emozioni provate ho deciso di scriverle qui a caldo, così che ogni volta che decido di rilegge il tutto proverò le stesse emozioni.


Airolo 04.08.2024, il giorno dopo


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Non son solito fare post dedicati agli alberghi, ma questo, come l’ hotel Dakota,  riporta eventi storici e merita una menzione  a parte. Chi entra in questa casa respira la storia e per uno come me non c'é nulla di più entusiasmante L'albergo sulla centralissima piazza di Müstair. Il monastero é a circa 100 passi di distanza Sopra la porta tutta a destra la mia stanza per una notte Nel 1254, la Chasa Chalavaina fu menzionata per la prima volta come locanda.  Questa casa è unica perché rappresenta l'hotel più antico della Svizzera.  1930 (?) La locanda, situata nella strada principale di Müstair, si trova a pochi passi dal monastero di St. Johann, patrimonio dell'Unesco. L'hotel comprende 18 camere, un ristorante, una cucina "colorata" di nero dalla fuliggine e un ampio giardino. Dove un tempo dormivano galline, gatti e capre, oggi ci sono camere per gli ospiti. Le stanze sono in parte arredate con mobili in legno secolari e in tutta la casa si trovano ute...

Il Dazio Grande e la via delle genti

Orson Wells afferma che gli svizzeri in 500 anni sono riusciti a creare ben poco, in particolare: "In Italia sotto i Borgia, per trent'anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù." Orson Wells - Il terzo uomo - fim 1949 Possiamo tranquillamente affermare che gli urani hanno seguito la stessa falsa riga per quanto riguarda il baliaggio di Leventina: in oltre 300 anni sono riusciti “solo” a migliorare la viabilità presso la gola del piottino (e di conseguenza fabbricarci il redditizio Dazio grande) . Le virgolette sul solo stanno comunque a sottolineare la difficoltà di costruire una strada in quel punto, questo senza nulla togliere alla difficoltà nel costruire un orologio a cucù che meritava forse anch’esso sarcasticamente le stesse virgolette nella battuta di Well...

Sulla strada per Beromünster

Domenica 10 agosto 2025. Sono seduto su di un bus in stazione a Lucerna. A momenti partirà e in men che non si dica lascerà la città per addentrarsi nelle campagne lucernesi. Ed é proprio questo che amo, essere portato in quello che nel film Trainspotting viene definito “il nulla”. La mia esplorazione oggi mi porterà da una cappella in piena campagna fino al villaggio di Beromünster. La cappella e il nome del villaggio posto come traguardo intrigano (Beromünster si chiamava fino al 1934 semplicemente Münster, monastero). Sono 7 km completamente piatti in una rovente giornata d’estate. Mi aspetto di vedere forse qualche giocatore di golf ad inizio percorso per poi isolarmi completamente tra campi e boschi fino all’arrivo, la tappa di per se non ha nulla che attiri le grandi masse, in Svizzera Mobile non fa nemmeno parte di un percorso a tema. Ma oggi per stare nella pace occorre ricorrere a questi tragitti di “seconda fascia”. La vera gioia sta nell’apprezzare quello che la natura o ...

Curon sul lago di Resia

Diciamo subito che io sappia non esistono altri Curon per cui si necessita aggiungere la precisazione “sul lago di Resia”. La scelta di aggiungere l’indicazione del lago é per facilitare la messa a fuoco del lettore. Se poi vogliamo esagerare sarebbe bastato dire “dove c’è la chiesa sommersa ed emerge solo il campanile." Sarebbe poi bastato aggiungere due foto del caso, da due angolazioni diverse e chiuderla lì, verso nuove avventure. Ma sarebbe stato “facile”, superficiale e maledettamente incompleto. Se il campanile compare un po’ ovunque, sulle portiere dei veicoli della municipalità agli ingombranti souvenir (vedi sotto) un motivo ci sarà.  Il classico dei classici. E non é legato all’aspetto “wow” che questo edificio immerso in uno scenario idilliaco suscita alla prima vista, come se si trattasse di un opera artistica moderna. C’è dell’altro. Basterebbe porsi semplici domande, ad esempio come si é giunti a tutto questo? Un inondazione? Una tragedia? Oppure é una semplice attr...

Kyburg e la vergine di Norimberga

Il tempo passa ma per la vergine di Norimberga presente al castello di Kyburg sembra non incidere, ache se poi vedremo che qualche ritocco l'ha necessitato pure lei. Che poi se ne possano dire finché si vuole ma la vera superstar del castello del castello di Kyburg é lei, proprio come aveva ben visto chi l'acquistò proprio per questo scopo «Vergine di ferro» I visitatori del castello si aspettavano sempre di vedere armi storiche e strumenti di tortura.  Appositamente per loro venivano realizzate delle «vergini di ferro». Matthäus Pfau acquistò il suo esemplare nel 1876 in Carinzia per mettere in mostra «il lato più oscuro del Medioevo».  A quel tempo, le forze conservatrici cercavano di reintrodurre la pena di morte, che era stata abolita poco prima in Svizzera. Attrazione turistica È risaputo che la Vergine di ferro fu inventata nel XIX secolo. Non vi è alcuna prova che in una simile cassa dotata di lame e con una testa di donna sia mai stata uccisa o torturata una persona....

Da Campo Valle Maggia a Bosco Gurin - parte II - Da Cimalmotto al passo Quadrella

Sbuco su Cimalmotto dal sentiero proveniente da Campo Valle Maggia verso mezzogiorno. Non mi aspetto di trovare spunti storici altrettanto avvincenti che a Campo, sarebbe impensabile in così pochi ettari sperare in tanto. Eppure.... Vista da Cimalmotto in direzione di Campo Valle Maggia di cui si intravede il campanile in lontananza Ci sono due elementi geologici che caratterizzano questa parte della valle: la frana che domina la parte inferiore e il pizzo Bombögn che sovrasta la parte superiore. Campo Valle Maggia e Cimalmotto sono l'affettato di questo ipotetico sandwich Chi visita Campo e le sue frazioni con occhio attento non può non rimanere esterrefatto dal contrasto fra la bellezza paesaggistica della zona e la ricchezza dei monumenti storici da un lato e la desolante povertà demografica dall’altro. I motivi sono diversi: innanzitutto Campo, al momento dell’autarchia più dura, era uno dei comuni più popolati della Valmaggia (nel XVIII superava i 900 abitanti; nel 1850 erano...

Mosé Bertoni

C'é una piccola sala nel museo di Lottigna, resta staccata dal complesso principale del museo, una piccola sala che per eventi sfortuiti (si con la "s" davanti) sono riuscito a vedere solo di sfuggita. Però quello che sono riuscito a assaggiare nei pochi momenti mi ha affascinato. Il classico ometto nato in un piccolo villaggio in una valle discosta per poi costruirsi una vita tutt'altro che scontata. Un personaggio amante delle tradizioni svizzere e dei principi anarchici, una combinazione piuttosto bizzarra per non dire incomprensibile. Si capisce fin dai primi momenti che si ha a che fare con un personaggio di nicchia, degno di un approfondimento. Mosè Bertoni verso il 1910 Foto F. Velasquez, Asuncion (Coll. priv.) Mosè Bertoni non è un uomo comune. Giovane irrequieto, dai molteplici interessi, impegnato politicamente tra i liberali innovatori e vicino all'anarchismo, a 27 anni decide di «dare un calcio a questa vecchia Europa» . Non è neppure un emigrante comu...