“Posso farle una domanda?”- era da parecchio tempo che aspettavo questo momento, quello di porre una semplice domanda, molto probabilmente ingenua dal punto di vista della monaca di clausura che si appresta ad ascoltarla, ma così carica di significati per me.
Sarei però un folle a riportare qui il punto apice della mia visita al monastero benedettino di Santa Maria assunta sopra Claro, questo il nome ufficiale che per motivi di scorribilità della lettura non ripeterò più in maniera completa
L’itinerario odierno parte e finisce nell’abitato di Claro, ridente agglomerato ai piedi del monastero. Prima di salire al monastero faccio un giro alla ricerca dei luoghi di interesse in paese. Mentre cammino per i vicoli noto gente indaffarata: un'intera famiglia sta partecipando al taglio della siepe; vengono eliminate le punte in maniera che il contorno risulti il più regolare possibile, perché é importante avere un certo ordine, perché una siepe impeccabile é anche sintomo che si é anche ordinati dentro. In questo modo tutta la comunità potrà apprezzare e testimoniare che in questa casa si vive bene. E aggiungiamoci pure il fatto che se un giorno si decidesse di partecipare ai campionati del mondo della siepe più regolare si partirebbe avvantaggiati. O no?

Il monastero benedettino di S. Maria Assunta sorge su uno sperone roccioso coperto da selve di castagni sopra il villaggio di Claro. Già abitata in epoca preistorica, la località a settentrione di Bellinzona è situata nel distretto di Riviera, luogo di passaggio sulla via delle genti lungo l'asse principale che collega il nord e il sud dell'Europa. Assieme alle valli Leventina e Blenio questa regione costituiva sin dall'alto medioevo un'unità religiosa e politica sotto il dominio dell'arcidiocesi di Milano: le cosiddette tre valli ambrosiane. In particolare la secolare appartenenza alla stessa circoscrizione ecclesiastica ha contribuito a forgiare l'identità delle «Tre Valli».

L'importanza del monastero di Claro, da oltre cinquecento anni un' «officina di arte spirituale» all'insegna della preghiera e del lavoro, travalica i confini regionali. Simile a una cittadella, l'impianto monastico cinto da mura è andato trasformandosi nel tempo in un complesso edilizio organico di dignitosa semplicità. Qui vive una piccola comunità di religiose che dal 1971 ha stretti legami con l'abbazia benedettina di S. Maria di Rosano presso Firenze. Negli anni 1997-2005 il convento è stato sottoposto a un restauro integrale, volto a mettere in risalto le peculiarità dello storico complesso soddisfacendo al contempo le esigenze dell'odierna vita benedettina.


Tra il 1490 e il 1565, sotto la guida delle prime quattro badesse, il numero delle religiose crebbe costantemente. Dal 1560 circa fino al 1857 le benedettine si dedicarono all'istruzione delle fanciulle delle regioni vicine e sotto la dominazione confederata accolsero anche allieve del canton Uri,
Nel 1559 ad alcune monache fu affidato per decreto papale il mandato di riorganizzare l'antico convento di S. Lazzaro a Seedorf (UR).
Le prime due badesse di quella comunità religiosa, esistente ancora oggi, giunsero da Claro.
Tra le molte visite pastorali degli arcivescovi milanesi, che in vario modo sostennero il monastero, rivestono grande importanza quelle del cardinale Carlo Borromeo (1538-1584; proclamato santo nel
1610). Egli sostò al monastero nel 1567 e nel 1570, imponendo alle religiose rigorose norme di clausura ai sensi del Concilio di Trento (1545-1563), Il rispetto di tali regole si rivelò per le monache di Claro - come per la maggior parte delle benedettine dell'odierna Svizzera - estremamente gravoso, infatti, la povertà le costringeva a procurarsi il sostentamento fuori del monastero e a questuare. Le scarse entrate indussero il cardinale Federico Borromeo a ridurre, in occasione della sua visita del 1608, il numero delle monache professe e ad affidare al prevosto di Biasca nonché vicario foraneo, Giovanni Basso, il compito di amministrare le loro doti. Nonostante le difficoltà materiali, in quei decenni furono intrapresi diversi lavori di costruzione per adeguare il monastero alle esigenze della vita claustrale.

Oltre a coltivare l'orto e ad allevare animali da cortile le benedettine di Claro si dedicano con abilità e perizia al restauro di libri, documenti antichi e paramenti liturgici, nonché all'esecuzione di pregevoli lavori di cucito e ricamo. Inoltre, alla portineria del monastero si possono acquistare prodotti fatti in casa come biscotti, marmellate e miele.

È con sorpresa frammista a delusione, che scopro che il monastero é comodamente raggiungibile tramite una carrabile asfaltata che entra persino all'interno del convento.
La strada prosegue poi fino a giungere ad un gruppo di cascine: sono arrivato a Caurì. Da qui poi scende il sentiero che per il bosco mi riporterà a Claro
Ma prima che lo imbocchi vado a dare un occhiata al gruppo di cascine ed é in questa occasione che si fa avanti un anziana: cammina con l’ausilio di due stampelle, procede lentamente ed é vagamente gobba. Ha un pullover verdino inguardabile con il logo di Wimbledon e malgrado questo dettaglio avrò modo di scoprire che la signora si integra perfettamente nell’ambiente circostante.
Con una scusa attacco bottone: tutti gli anziani conosciuti in cima a qualche montagna mi hanno sempre regalato grandi momenti. La signora si chiama Carmen ed é da trent’anni che passa tutto l’anno nel cascinale alle sue spalle. “Ho 16 gatti, prima erano 20”.
Si crea subito feeling, le persone di montagna sono diverse dallo stereotipo in cui le si immagina come il nonno di Heidi ovvero burbere e taciturne. Anzi, le poche che ho incontrato conversano volentieri e sono anche molto simpatiche. Cadiamo presto sul tema Ambrì Piotta. Pariamo a lungo, ci disperiamo, ridiamo, poi ci incazziamo, e di nuovo ridiamo.
Poi la conversazione entra nel pseudofilosofico fino a sfociare a conclusioni, piuttosto semplicistiche ma pur sempre conclusioni. Veniamo al punto: Carmen abita a Caurì da trent’anni, é lontana dal centro abitato più vicino, é una sua scelta per cui ha lottato. Carmen ha scelto di vivere a Caurì a scapito della compagnia, qualsiasi essa sia. Il posto é decisamente fuori mano, i contatti rari e difficoltosi. Chi vuole venire a trovarla si assume un impegno extra per giungere fin quassù. Con la sua scelta Carmen ha privilegiato il posto alle persone. É più importante dove che con chi. Esattamente lo stesso pensiero che mi é nato durante l’ascesa all'Arnisee


È mentre intraprendo la bella discesa che da Caurì mi riporta a Claro attraverso un bosco di castagni che giungo a queste conclusioni. Per essere eremiti non servono a nulla delle mura che non riescono comunque a tener lontano le magagne del mondo fuori. Anche quel campanello in portineria rappresenta un ulteriore ponte con l'esterno, certo i contatti sono brevi ma comunque frequenti.
Sarei però un folle a riportare qui il punto apice della mia visita al monastero benedettino di Santa Maria assunta sopra Claro, questo il nome ufficiale che per motivi di scorribilità della lettura non ripeterò più in maniera completa
Il monastero da un depliant presente al monastero.
La zona aperta al pubblico é assai limitata, consiste nella terrazza che da sulla valle (tutta a sinistra) con annessa chiesa e localino per gli acquisti (vedi sotto)
L’itinerario odierno parte e finisce nell’abitato di Claro, ridente agglomerato ai piedi del monastero. Prima di salire al monastero faccio un giro alla ricerca dei luoghi di interesse in paese. Mentre cammino per i vicoli noto gente indaffarata: un'intera famiglia sta partecipando al taglio della siepe; vengono eliminate le punte in maniera che il contorno risulti il più regolare possibile, perché é importante avere un certo ordine, perché una siepe impeccabile é anche sintomo che si é anche ordinati dentro. In questo modo tutta la comunità potrà apprezzare e testimoniare che in questa casa si vive bene. E aggiungiamoci pure il fatto che se un giorno si decidesse di partecipare ai campionati del mondo della siepe più regolare si partirebbe avvantaggiati. O no?
Peccatori penitenti in un dipinto nell’Ossario (?) adiacente alla chiesa di San Lorenzo, campagne di Claro
Più in là una coppia piuttosto giovane é in piena trance agonistica: in programma la difficile pulizia dei tappetini dell’auto. Difficile perché quello che si deposita sopra é arduo da rimuovere, tanto che per l’operazione ben due persone sono impegnate: lui che tiene il tappetino fermo mentre lei preme con forza il bocchettone dell’aspirapolvere strisciandolo sopra guidata da nevrotici movimenti. É sotto un cielo terso in una magnifica giornata autunnale che queste importanti operazioni stanno avendo luogo…
Mosaico sopra la porta principale della chiesa di San Lorenzo a Claro
Ad attirarmi maggiormente sono le attività della popolazione piuttosto che le opere presenti in paese. Malgrado la presenza di due chiese e un oratorio trovo solo presso la chiesa di San Lorenzo un paio di elementi di interesse che ho riportato qui sopra.
Prima di intraprendere la salita visito l’oratorio che si trova ai suoi piedi.

La scritta sulla facciata esterna non da modo di sbagliarsi. Ci troviamo davanti all'oratorio di Sant'Ambrogio ai piedi della salita per il monastero
Salita al monastero
Dal lato escursionistico sono poco meno di 400 i metri di dislivello da compiere su un sentiero interamente nel bosco. La salita standard non é praticabile, ci sono dei lavori in corso. Questa variante contava anche di alcune cappelle che avrò modo di scoprire quando torneró una volta terminati i lavori.
Il sentiero alternativo aggira il masso roccioso su cui svetta il monastero sul lato destro. Sentiero piacevole senza grandi pendenze. Dopo circa 20 minuti un tornante, da lì il sentiero spiana a continua dritto fino al monastero che si erge a pochi minuti di distanza
Piccola caverna ricavata sotto l'anfratto di un masso.
Costruzioni tipiche in val Bavona e più rare dalle nostre parti
Ad un tratto si esce dal bosco e compare un imponente muro, per un attimo la memoria ritorna al muro dell'abitato di Rasa, certo meno voluminoso ma evidentemente analogo.
Percorro il sentiero che affianca il muro per immettermi finalmente all'interno del monastero.
Mi rendo subito conto che la parte "visitabile" rappresenta una minima parte del complesso monastico.
Lo scenario che però regala questo spicchio di pace é idilliaco. Il campanile svetta a dominare lo scorcio mentre le palme si amalgano perfettamente al cielo completamente terso che fa da sfondo. I fiori perfettamente allineati regalano quel tocco in più al quadretto che mi si staglia dinnanzi

Eccomi finalmente giunto in questa oasi di pace, pace non però completa: ci sono diversi collegamenti al mondo esterno. Ad esempio dei sacconi bianchi per il trasporto delle provviste con l'elicottero che giacciono davanti all'entrata della clausura in attesa che le monache vengano a ritirarli. Altro elemento che fa da ponte con il mondo fuori sono i rumori, una motosega che ronza ininterrottamente in lontananza o il rumore degli aeroplani in transito. A questo va aggiunto la presenza di altri escursionisti di passaggio. Poco male. Mi prendo il mio tempo per immergermi in questo luogo così spesso osservato dal basso.
Storia del monastero

Affresco presente nella chiesa del monastero
L'importanza del monastero di Claro, da oltre cinquecento anni un' «officina di arte spirituale» all'insegna della preghiera e del lavoro, travalica i confini regionali. Simile a una cittadella, l'impianto monastico cinto da mura è andato trasformandosi nel tempo in un complesso edilizio organico di dignitosa semplicità. Qui vive una piccola comunità di religiose che dal 1971 ha stretti legami con l'abbazia benedettina di S. Maria di Rosano presso Firenze. Negli anni 1997-2005 il convento è stato sottoposto a un restauro integrale, volto a mettere in risalto le peculiarità dello storico complesso soddisfacendo al contempo le esigenze dell'odierna vita benedettina.

Veduta generale di Claro. Cartolina illustrata del 1900 ca.
(Archivio di Stato del Cantone Ticino, Bellinzona).
Il villaggio e le sue chiese sono distribuiti sul cono di deiezione;
sopra, l'oratorio di S. Maria e il convento delle benedettine.
Il monastero benedettino di S. Maria Assunta fu fondato I'8 maggio 1490 presso la chiesa romanica dei SS. Maria, Martino e Giorgio da quattro canonici del capitolo del duomo di Milano, nonché signori delle valli ambrosiane, e sottoposto con dignità abbaziale all'arcivescovo milanese. L'edificio di culto con le relative proprietà fu affidato alle quattro monache e alle tre novizie che già da tempo qui vivevano in comunità religiosa. Esse ottennero di potervi erigere gli edifici monastici. Il 13 maggio dello stesso anno fu eletta la prima badessa, Scolastica de Vincemalis proveniente dal monastero milanese di S. Ulderico al Bocchetto. Secondo un manoscritto tardoseicente-sco che racconta le origini del monastero, un'apparizione mariana aveva spinto la benedettina a fondare una casa dell'ordine a Claro, dove era miracolosamente guarita dalla lebbra nel santuario che in seguito sarebbe diventato la chiesa del monastero.

L'atto di fondazione del monastero datato 8 maggio 1490 (Archivio del monastero).
Tra il 1490 e il 1565, sotto la guida delle prime quattro badesse, il numero delle religiose crebbe costantemente. Dal 1560 circa fino al 1857 le benedettine si dedicarono all'istruzione delle fanciulle delle regioni vicine e sotto la dominazione confederata accolsero anche allieve del canton Uri,
Le prime due badesse di quella comunità religiosa, esistente ancora oggi, giunsero da Claro.
Tra le molte visite pastorali degli arcivescovi milanesi, che in vario modo sostennero il monastero, rivestono grande importanza quelle del cardinale Carlo Borromeo (1538-1584; proclamato santo nel
1610). Egli sostò al monastero nel 1567 e nel 1570, imponendo alle religiose rigorose norme di clausura ai sensi del Concilio di Trento (1545-1563), Il rispetto di tali regole si rivelò per le monache di Claro - come per la maggior parte delle benedettine dell'odierna Svizzera - estremamente gravoso, infatti, la povertà le costringeva a procurarsi il sostentamento fuori del monastero e a questuare. Le scarse entrate indussero il cardinale Federico Borromeo a ridurre, in occasione della sua visita del 1608, il numero delle monache professe e ad affidare al prevosto di Biasca nonché vicario foraneo, Giovanni Basso, il compito di amministrare le loro doti. Nonostante le difficoltà materiali, in quei decenni furono intrapresi diversi lavori di costruzione per adeguare il monastero alle esigenze della vita claustrale.
La comunità monastica raggiunse un certo benessere nel tardo XVII e nel XVIII secolo, quando chiesa e monastero furono ristrutturati fino ad assumere il loro aspetto attuale. Nel periodo dell'Elvetica (1798-1803) le benedettine di Claro dovettero congedare le novizie e versare contributi straordinari allo Stato. I disordini causati dalla rivoluzione francese investirono anche il monastero: il 13 maggio 1799 il generale napoleonico Michel Ney tentò di scacciare le monache per insediarvi il suo quartier generale, cosa che si potè evitare solo all'ultimo momento. All'epoca della Mediazione (1803-1813) le misure ostili ai conventi furono in gran parte revocate.
Marshal Michel Ney, duc d'Elchingen, prince de la Moskova
Nel 1802 fu nominato da Napoleone Bonaparte comandante dell'esercito franc. di intervento in Svizzera e poi ministro plenipotenziario presso il governo elvetico. La sua missione prevedeva il ristabilimento della pace e dell'ordine, il disarmo delle truppe federaliste e la restaurazione dell'autorità della Repubblica elvetica.
Nel 1841 il governo cantonale limitò i diritti della comunità religiosa, ma nel 1848 - contrariamente a quanto accadde alla maggior parte dei conventi ticinesi - le risparmiò la soppressione. Controllate dallo Stato e sottoposte fino al 1881 al divieto di accogliere novizie, divieto comunque aggirato con manovre segrete, nei decenni successivi le monache continuarono a condurre una vita austera segnata da privazioni.
Sul finire degli anni '60 del XX secolo la crisi delle vocazioni e l'età avanzata delle poche monache rimaste misero in serio pericolo il futuro del monastero. La sua continuità pote essere assicurata il 13 maggio 1971 grazie a un accordo raggiunto con l'abbazia di S. Maria di Rosano presso Firenze. La badessa di Rosano, responsabile delle due comunità monastiche, è rappresentata a Claro da una priora

Attività delle monache
Conformemente alla regola benedettina «ora et labora» (prega e lavora), la giornata nel monastero è scandita da momenti di preghiera alternati a lavori pratici che contribuiscono alla sussistenza delle religiose. Più volte al giorno le monache si raccolgono in chiesa per la preghiera corale. Le Ore e la Messa sono celebrate in canto gregoriano.Oltre a coltivare l'orto e ad allevare animali da cortile le benedettine di Claro si dedicano con abilità e perizia al restauro di libri, documenti antichi e paramenti liturgici, nonché all'esecuzione di pregevoli lavori di cucito e ricamo. Inoltre, alla portineria del monastero si possono acquistare prodotti fatti in casa come biscotti, marmellate e miele.
Clausura
La zona chiusa di un convento costituisce lo spazio abitativo e di soggiorno riservato esclusivamente alla comunità monastica e può essere lasciato dai religiosi soltanto conformemente alle regole claustrali. La pratica della vita eremitica e dell'ascesi nacque nel III-IV secolo in Egitto, dove i primi monaci cristiani solevano cercare l'isolamento nel deserto. Nel 1298 papa Bonifacio VIII impose a tutti i monasteri femminili delle regole claustrali, rivedute e rese obbligatorie dal Concilio di Trento (1545-1563). Le odierne norme della clausura papale corrispondono all'istruzione «Verbi sponsa» (Sposa del Verbo) formulata nel 1999.
L’eremita di Caurì
Come già avevo pensato mentre intraprendevo la salita per scendere decido di fare un sentiero diversoÈ con sorpresa frammista a delusione, che scopro che il monastero é comodamente raggiungibile tramite una carrabile asfaltata che entra persino all'interno del convento.
La strada prosegue poi fino a giungere ad un gruppo di cascine: sono arrivato a Caurì. Da qui poi scende il sentiero che per il bosco mi riporterà a Claro
Caurì
Ma prima che lo imbocchi vado a dare un occhiata al gruppo di cascine ed é in questa occasione che si fa avanti un anziana: cammina con l’ausilio di due stampelle, procede lentamente ed é vagamente gobba. Ha un pullover verdino inguardabile con il logo di Wimbledon e malgrado questo dettaglio avrò modo di scoprire che la signora si integra perfettamente nell’ambiente circostante.
Con una scusa attacco bottone: tutti gli anziani conosciuti in cima a qualche montagna mi hanno sempre regalato grandi momenti. La signora si chiama Carmen ed é da trent’anni che passa tutto l’anno nel cascinale alle sue spalle. “Ho 16 gatti, prima erano 20”.
Si crea subito feeling, le persone di montagna sono diverse dallo stereotipo in cui le si immagina come il nonno di Heidi ovvero burbere e taciturne. Anzi, le poche che ho incontrato conversano volentieri e sono anche molto simpatiche. Cadiamo presto sul tema Ambrì Piotta. Pariamo a lungo, ci disperiamo, ridiamo, poi ci incazziamo, e di nuovo ridiamo.
Poi la conversazione entra nel pseudofilosofico fino a sfociare a conclusioni, piuttosto semplicistiche ma pur sempre conclusioni. Veniamo al punto: Carmen abita a Caurì da trent’anni, é lontana dal centro abitato più vicino, é una sua scelta per cui ha lottato. Carmen ha scelto di vivere a Caurì a scapito della compagnia, qualsiasi essa sia. Il posto é decisamente fuori mano, i contatti rari e difficoltosi. Chi vuole venire a trovarla si assume un impegno extra per giungere fin quassù. Con la sua scelta Carmen ha privilegiato il posto alle persone. É più importante dove che con chi. Esattamente lo stesso pensiero che mi é nato durante l’ascesa all'Arnisee

San Benedetto nella chiesa del monastero
Dalla conversazione con Carmen mi sorge una domanda: e se il vero eremita, quello che vive in una bolla lontano da tutto a da tutti fosse lei? Certo perché c’è ancora in ballo la domanda iniziale. Cosa ho chiesto poche ore prima a quella voce in portineria proveniente di là dal muro?
Lontano da tutto
Nel mio immaginario ho sempre pensato alle monache nel monastero di Claro come ad un eccezione.Chiuse nel loro piccolo mondo, con problemi da piccolo mondo, problemi più semplici e di prossimità come la raccolta delle patate piuttosto che un epidemia influenzale nel monastero. Ho sempre fantasticato che questo manipolo di donne vivesse lontano da tutto e tutti in una profonda e beata ignoranza su quanto avviene nel resto del mondo. Niente Covid, Gaza, cassa malati, niente 15 derby persi.

Il resto del mondo. Vista sul fondovalle dal monastero con Claro in primo piano
Volevo sentirmelo dire che cosa si prova a vivere così, ma prima dovevo accertarmi che fosse effettivamente la realtà delle cose.
L'unico modo per poter comunicare con le monache é attraverso le piccola feritoria presente in portineria. È la prima volta che comunico con una persona che si trova a pochi centimetri da me senza poterla vedere.
La portineria del convento rappresenta l'unico punto di contatto con le monache
Ecco quindi la domanda:
“Siete a conoscenza di tutto quello che succede fuori di qui?”
“Viviamo una vita di comunità ma conosciamo cosa succede nel mondo. Aiutiamo chiedendo l’intercessione di Dio pregando”
Stop. Il mio sogno finisce qua.
In cuor mio speravo ci fosse ancora un posto nel mondo dove la gente vivesse la sua piccola realtà confrontata con i problemi ad essa legata. Un mondo semplice, sglobalizzato, senza pregiudizi, violenza e tutto il pattume generato dall’essere umano.
Così non é, anche l’ultimo baluardo é caduto. Siamo tutti a conoscenza di tutto, nessuno può più far finta di nulla.
Carmen invece rappresenta un moderno eremita: isolato ma non troppo, raggiunto da una strada asfaltata con la macchina posteggiata fuori dalla cascina. Ascolta la radio e legge le notizie, la vera scelta é quella di vivere in un luogo idilliaco, circondati dal nulla in mezzo alla natura. Ed à questo quello a cui possiamo ambire, vivere fino all'ultimo nel nostro posto, il posto del cuore, poco importa dove esso sia.
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