Approfitto della mia tre giorni in "estremo oriente" (con le dovute proporzioni), per penetrare in Italia, o meglio ancora nel ambiguo territorio della Val Venosta. Dopo aver visitato Curon mi sposto a sud per visitare Glorenza. Glorenza é affascinante per una sua caratteristica che difficilmente si riscontra nei villaggi nelle Alpi: le sue mura. Quando si entra da una delle sue tre porte si ha la voglia di scoprirne ogni angolo, di non lasciarsi sfuggire l’occasione di sentirsi catapultati in un altra epoca ad ogni passo che si fa.
Già alla fine del XII° secolo le monache benedettine di Monastero rivendicavano dagli abitanti di Glorenza la decima che questi comunque si rifiutavano di versare.
Nel 1225 intervenne nella disputa addirittura anche Papa Onorio III. La disputa venne decisa dai commissari pontifici, Priore Heinrich di Monte Maria e Canonico Riverius di Coira che decisero a favore delle monache.
Nelle case si trovavano accanto ai magazzini, le botteghe degli artigiani, che esponevano le proprie merci sotto i portici sui banchi al riparo sia dal sole che dalla pioggia.
Glorenza è menzionata per la prima volta come città in un documento scritto intorno al 1304. Grazie alla sua posizione favorevole al confine tra il Tirolo e la Svizzera, divenne rapidamente molto ricca e famosa per il suo mercato. I principi della regione incoraggiarono l'insediamento con un'esenzione fiscale di dieci anni e la città approfittò dei pedaggi e dei diritti di deposito (il diritto di deposito obbligava i mercanti di passaggio a disimballare le loro merci e a metterle in vendita).
La causa diretta fu un'incursione tirolese sul convento di Müstair (11.2.1499) e una razzia tirolese nella Bassa Engadina (24.3.1499). Dopo inutili tentativi di invasione compiuti da soldati svevi a Sankt Luzisteig e in Prettigovia, Massimiliano concentrò l'attacco principale sul fianco orientale, nell'alta val Venosta, e fece sbarrare con una fortificazione la gola della Calven (oggi Alto Adige), cioè il passaggio più stretto all'entrata della val Monastero. Guidate da Benedikt Fontana, le tre leghe decisero di affrontare l'esercito asburgico. L'11 maggio le truppe asburgiche furono scacciate dal Passo del Forno. Il 17 maggio la forza principale dei confederati (all'incirca 6300 uomini) si mosse da Zuoz verso la val Monastero, e il 21 maggio furono a ridosso del vallo difensivo.
Decisero di non attendere oltre e di attaccare gli austriaci il giorno seguente: i rifornimenti delle truppe erano molto difficili, e si sapeva che Massimiliano stava sopraggiungendo con un altro esercito. Nella casa detta Chalavaina (da cui la denominazione reto-romana battaglia da Chalavaina) si tenne un breve consiglio di guerra, durante il quale venne approntato il piano della battaglia.
2000 circa dei 12 000 uomini di Massimiliano erano stazionati lungo il vallo, 1200 mercenari italiani coprivano il fianco destro e 200 tirolesi presidiavano il ponte al di dietro del vallo. Un paio di chilometri a monte del vallo, a Tubre, anche la rocca di Castel Rotund era occupata dagli asburgici. Il resto dell'esercito era schierato come riserva in Val Venosta, tra Burgusio e Glorenza.
Il piano svizzero prevedeva l'aggiramento delle truppe asburgiche, piuttosto che tentare un disperato attacco frontale al vallo. Un contingente di 2-3000 uomini, al comando dei capitani Wilhelm von Rigk e Niklaus Lombrins, condotto da guide locali salì sino ai 2300 metri di cima Slingia per giungere in questo modo alle spalle del nemico. Castel Rotund, dal quale era impossibile non notare la manovra, rappresentava un problema, occupato come detto da truppe austriache. La manovra aggirante ebbe quindi inizio verso mezzanotte, ragion per cui parte delle truppe si perse nel buio, e invece di puntare direttamente su Laudes si mosse verso la Val Arunda.
I confederati raggiunsero la val Venosta sul far del giorno, dove immediatamente si scontrarono con le truppe asburgiche. Ma quando si sparse la voce dell'arrivo di una forza di 30 000 svizzeri, tra le file asburgiche scoppiò il panico, e parte delle truppe si diede alla fuga. Le truppe svizzere puntarono verso il ponte dietro al vallo, dove però parte degli austriaci in ritirata si unì ai Tirolesi, resistendo con grande tenacia. La lotta si protrasse per alcune ore, ma il ponte non venne conquistato, e il vallo non fu preso alle spalle. Il piano degli svizzeri stava fallendo.
Nel frattempo la forza principale degli svizzeri aveva ricevuto il segnale convenuto per l'attacco, che però non aveva ancora avuto luogo, per timore di subire perdite troppo elevate, e in attesa che il vallo venisse attaccato alle spalle. Ma quando giunse la notizia del fallimento della manovra aggirante, gli svizzeri decisero di attaccare frontalmente, e riuscirono, a prezzo di gravi perdite, ad espugnare il vallo. Tra i morti vi fu anche Benedikt Fontana, il condottiero delle forze confederate. Secondo una leggenda, ferito a morte sul vallo, avrebbe spronato i propri uomini con le parole «Hei fraischgiamank meiss matts, cun mai ais be ün hom da fear, quai brichia guardad, u chia hoatz Grischuns e Ligias u maa non plü» (Avanti ragazzi miei, io sono solo un uomo, non guardate me, oggi Leghe e Grigioni, o mai più). Lo sfondamento del vallo provocò la fuga dei difensori, che coinvolse anche i mercenari italiani.
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Gli svizzeri inseguirono i fuggitivi lungo la Val Venosta. Numerosi lanzichenecchi in fuga morirono nell'Adige, in piena per il disgelo primaverile, quando i ponti cedettero sotto il loro peso. Morirono circa 5000 uomini, tra svevi, tirolesi e italiani. Le perdite svizzere ammontarono a 2000 uomini.
La battaglia della Calva fu la battaglia decisiva della guerra sveva. Massimiliano non riuscì a convincere i suoi alleati svevi ad inviare nuovi contingenti nei Grigioni, e dovette ben presto far ritorno al Lago di Costanza.
Si narra che venerdì 21 ottobre 1519 il cittadino Simon Fliess si presenta dal giudice Wilhelm Hasslinger e intende denunciare i topi, animaletti fastidiosi e non ragionevoli, in quanto avrebbero causato immensi danni. Il giudice apre il processo e ordina come difensore per i topi il cittadino di Glorenza Hans Grienebner e come pubblica accusa Minig Schwarz di Stelvio.
Il Processo va avanti con testimoni, domande e risposte fino al 2 maggio 1520, quando il giudice, pressato dagli abitanti di Stelvio, condanna i topi all’espatrio. Essendo però i topi molto piccoli e non sapendo nuotare sarà costruito un ponte sul fiume Adige per farli passare. Inoltre il giorno della partenza i cani e i gatti dovranno stare chiusi in cantina e i topi malati e le tope incinte possono rimanere altre due settimane. Non é noto se la condanna venne effettivamente eseguita

Il commercio perse sempre più importanza e molti trovarono occupazione nell'agricoltura. Magazzini diventarono stalle, uffici commerciali diventarono granai. I mercanti divennero contadini. Inoltre le divisioni fecero il resto. La frammentazione della proprietà terriera portò povertà, fame e miseria. Anche l'artigianato soddisfaceva appena la richiesta locale e non era altro se non un'occupazione secondaria.

Nel XIX secolo, l'ex città commerciale era dominata da strutture economiche prevalentemente agricole. A causa delle divisioni ereditarie sotto forma di divisione reale, i terreni erano diventati troppo piccoli per garantire la sopravvivenza dei proprietari. Molti abitanti dovettero guadagnarsi da vivere come carrettieri, cioè come venditori ambulanti che trasportavano le loro merci (frutta tropicale, castagne dal sud, utensili domestici dal nord) su un carretto.
Il 16 giugno 1855 un'inondazione proveniente dal lago di Haid, nell'Alta Val Venosta, devastò la città. Anche la ferrovia della Val Venosta, inaugurata nel 1906, non toccava direttamente Glorenza, ma terminava nella vicina Malles, senza quindi dare un impulso economico diretto. Quando Glorenza passò all'Italia dopo la Prima guerra mondiale, la situazione economica non cambiò. A causa della perdita di importanza, nel 1931 anche il tribunale fu trasferito a Silandro.

Solo a partire dagli anni '70, grazie alla collaborazione di diverse università e istituti superiori, è iniziata una ristrutturazione e una rivitalizzazione completa della città, che ora può sfruttare i vantaggi del suo pittoresco centro storico come attrazione turistica.
Per dare un’immagine dell’urbanistica della cittadina la miglio soluzione é dall’alto.
Foto scattata all’esterno del museo storico di Glorenza
Ma non bisogna fantasticare troppo, avere la testa tra le nuvole potrebbe diventare estremamente pericoloso, meglio guardare chi arriva, soprattutto dai due assi principali che tagliano la cittadina; se una volta era cavalli oggi i tempi di reazione devono essere più scattanti, perché chi sopraggiunge potrebbe essere una vettura o, ancora peggio, un matusa a bordo di una bici elettrica. Si tratta quest’ultima di una vera e propria invasione, l’ultimo flagello di Dio. Peccato.
La piazza centrale di Glorenza
Per avere una foto poco movimentata devo ricorrere ad una delle foto presenti nel museo storico nella torre di Sluderno
Vista sulla piazza principale in direzione la porta sud con relativa torre in secondo piano
Nome est omen
Il significato originario del nome della città viene spiegato come "radura nel bosco", "radura dei noccioli" oppure "adura degli ontani" ed ancora come "posta nell'angolo". La località è posta infatti alla confluenza di tre corsi d'acqua: l'Adige, il Puni e i Ram.
In inverno il Monte di Glorenza sottrae il sole già nel primo pomeriggio, mentre forte soffia il caratteristico vento venostano. Può darsi che il primo insediamento fosse sorto presso il guado o ponte sull' Adige che oggi separa la chiesa dal centro abitato.
Glorenza si trovava infatti in un punto alquanto favorevole lungo il percorso che, risalendo verso il Passo del Forno e il Giogo di Santa Maria, scendeva nella Valtellina e giungeva quindi a Como e Milano Il percorso verso nord conduce attraverso il Passo Resia ed il Fernpass verso Augusta (Augsburg),
Glorenza si trovava infatti in un punto alquanto favorevole lungo il percorso che, risalendo verso il Passo del Forno e il Giogo di Santa Maria, scendeva nella Valtellina e giungeva quindi a Como e Milano Il percorso verso nord conduce attraverso il Passo Resia ed il Fernpass verso Augusta (Augsburg),
Dalle tre porte principali é un via vai incessante
Preistoria e protostoria
Il Fachegg, ai piedi del Glurnser Köpfl, era abitato già in epoca preistorica. Si tratta di un insediamento neolitico sopra Söles. Già in epoca romana Glurns (Glorenza) era un importante snodo viario. Qui passava la Via Claudia Augusta e una via commerciale che portava agli Elvezi nella Svizzera (allora ancora inesistente).
Medioevo
Il primo insediamento, il villaggio di Glurns, era situato nella parte occidentale dell'odierna città, tra il ponte sull'Adige e la porta di Mals. La prima menzione documentata “in vico Glurnis” risale al 1163 e si trova nel contesto di un trasferimento di beni di Glurns dai conti di Tarasp al convento benedettino di St. Johann (San Giovanni). Il nome deriva dal latino colurnus e significa cespuglio di nocciolo. Il nome italiano Glorenza, invece, fu coniato solo durante il periodo del fascismo italiano.
"L'esercito é garanzia sicura dei destini della patria"
La movimentata storia dell'insediamento è caratterizzata da orrori bellici, incendi, epidemie e alluvioni; numerosi documenti andarono in questo modo perduti, l'archivio del tribunale è scomparso.
Il tardo Trecento ed il Quattrocento rappresentano il primo periodo aureo di Glorenza. Come luogo di mercato godeva di una certa importanza nell'ambito del transito interregionale.
Il tardo Trecento ed il Quattrocento rappresentano il primo periodo aureo di Glorenza. Come luogo di mercato godeva di una certa importanza nell'ambito del transito interregionale.
Nel 1495 si tenne qui e a Malles il noto concilio dei principi voluto dall'imperatore Massimiliano.
Il 1499 rappresenta una pesante cesura nella storia locale: persa la battaglia della Calva, Glorenza venne messa a ferro e fuoco. In occasione della ricostruzione l'impianto urbano fu notevolmente ampliato, tanto più che la città divenne fortezza confinaria verso i territori delle leghe retiche. La nobiltà locale costruì in quell'epoca le proprie residenze urbane.
A partire dalla seconda metà del XVII secolo iniziò tuttavia la decadenza e gli abitanti divennero sempre più dei semplici contadini. L'inizio di una nuova fase di sviluppo economico può essere fatto coincidere con il risanamento iniziato nel 1972.
Super decimas vittulorum
Dopo le turbolenze delle invasioni barbariche i vescovi di Coira controllavano la Val Venosta sino a Merano. Il vicino maso Söles, di fondazione franca, evidenzia l'interesse al territorio da parte anche del potere temporale. La nobiltà, ed in primis i conti di Tirolo, iniziarono a contrastare l'influsso politico ed economico dei vescovi di Coira.
Verso la fine del XIII secolo Mainardo II pose la fortificata (nuova) Glorenza letteralmente sotto il naso del vescovo di Coira. Per recarsi a Sluderno, nella sua residenza di Castel Coira, questi era costretto a superare le barriere daziarie tirolesi.
Già alla fine del XII° secolo le monache benedettine di Monastero rivendicavano dagli abitanti di Glorenza la decima che questi comunque si rifiutavano di versare.
Nel 1225 intervenne nella disputa addirittura anche Papa Onorio III. La disputa venne decisa dai commissari pontifici, Priore Heinrich di Monte Maria e Canonico Riverius di Coira che decisero a favore delle monache.
Nel 1233 Glorenza divenne sede di un tribunale principesco che aveva giurisdizione su tutta l'alta Val Venosta. Ogni condannato a morte aveva diritto ad avere un cuscino, che veniva fabbricato da un contadino di un piccolo maso che ancora oggi è chiamato Polsterhof (trad. “maso del cuscino”)
Via portici
Mentre il villaggio di Glorenza era sotto il vescovo di Coira, i principi del Tirolo favorirono l'insediamento di un villaggio vicino (intorno all'odierna via dei Portici), che già nel 1294 era chiamato “burgum” (luogo fortificato).
A partire dall'inizio del XIII secolo si svolgeva a Müstair, nel giorno della Nascita di Maria (8 settembre), un mercato che ricadeva sotto la protezione del vescovo di Coira. La data non era stata scelta a caso: era giorno di festa per il convento, i passi e i valici non erano ancora ghiacciati, il bestiame faceva ritorno dagli alpeggi.
Nel 1291 Mainardo II, conte del Tirolo, diede a Glorenza i diritti di mercato e nel 1294 spostò il mercato di San Bartolomeo da Monaco a Glorenza che si sarebbe tenuto da allora in poi ogni 24 agosto ovvero quattordici giorni prima di Müstair. Poiché nessun commerciante lombardo era disposto ad affrontare il difficile tragitto per due volte nel corso di quindici giorni, Müstair perse presto d'importanza.
Il conte fece costruire attorno alla strada un muro di fortificazione con due porte, andate distrutte, poste all'estremità superiore e inferiore. Tra le merci commerciate, figuravano il sale della valle dell'Inn (intorno a Innsbruck) e il vino della Valtellina (Lombardia), nonché pecore e cereali provenienti dalle aree circostanti.
Il conte fece costruire attorno alla strada un muro di fortificazione con due porte, andate distrutte, poste all'estremità superiore e inferiore. Tra le merci commerciate, figuravano il sale della valle dell'Inn (intorno a Innsbruck) e il vino della Valtellina (Lombardia), nonché pecore e cereali provenienti dalle aree circostanti.
Via Flora vista dalla torre di Sluderno
Rodfuhr
Attraverso il passo Resia arrivava a Glorenza anche l'oro bianco del Tirolo; il sale delle saline di Hall veniva confezionato in cesti e trasportato con cavalli, carri trainati da buoi o sul dorso di muli. Era obbligatorio passare da Glorenza, dove il sale veniva pesato e preparato per la vendita. L'antica Glorenza deve la sua ascesa economica a questo deposito di sale cosi come al sistema di trasporto locale chiamato "Rodfuhr"
Il trasporto delle merci attraverso le Alpi imponeva la suddivisione del percorso in brevi tratte ed una conoscenza alquanto dettagliata dello spesso periglioso tragitto.
Il privilegio per i residenti, ma in seguito diverrà uno scomodo dovere, di gestire il trasporto in colli "Ballen" assumeva il nome di "roda" "Rodfuhr",poiché avveniva ad intervalli regolari e secondo un preciso calendario cíclico. Gli abitanti di Glorenza avevano competenza sul percorso tra Laces e
Nauders. Le merci trasportate venivano scaricate e depositate nella Ballhaus. Il compenso per i carrettieri dipendeva dal peso e dalla tipologia della merce. Solitamente il peso della bilancia di Giorenza non corrispondeva perfettamente a quello di altri luoghi.
Nauders. Le merci trasportate venivano scaricate e depositate nella Ballhaus. Il compenso per i carrettieri dipendeva dal peso e dalla tipologia della merce. Solitamente il peso della bilancia di Giorenza non corrispondeva perfettamente a quello di altri luoghi.
Il termine Rodfuhr deriva dalla parola latina “rota” = ruota, perché ogni stazione aveva un certo numero di trasportatori locali che venivano chiamati in un ordine prestabilito o “Rod” per il trasporto alla stazione successiva e che erano persino obbligati a farlo. Le stazioni di Rodfuhr erano distanziate tra loro di circa 20-35 km, che corrispondeva alla distanza percorsa in un giorno.
Nelle case si trovavano accanto ai magazzini, le botteghe degli artigiani, che esponevano le proprie merci sotto i portici sui banchi al riparo sia dal sole che dalla pioggia.
Glorenza è menzionata per la prima volta come città in un documento scritto intorno al 1304. Grazie alla sua posizione favorevole al confine tra il Tirolo e la Svizzera, divenne rapidamente molto ricca e famosa per il suo mercato. I principi della regione incoraggiarono l'insediamento con un'esenzione fiscale di dieci anni e la città approfittò dei pedaggi e dei diritti di deposito (il diritto di deposito obbligava i mercanti di passaggio a disimballare le loro merci e a metterle in vendita).
Nel 1423 Glorenza era al settimo posto tra le 18 città tirolesi.
Si commerciava soprattutto sale proveniente dalle saline di Hall in Tirolo, ma anche frutta esotica dall'Italia settentrionale, vino, ferro, metalli e spezie.
L'antica Glorenza deve la sua ascesa economica a questo deposito di sale cosi come al sistema di trasporto locale chiamato "Rodfuhr"
Molto sale lasciava la città in direzione Worms/ Bormio, e i mercanti riportavano, come merce di scambio, vino della Valtellina.
Molto sale lasciava la città in direzione Worms/ Bormio, e i mercanti riportavano, come merce di scambio, vino della Valtellina.
Pare che la pur commerciale città di Glorenza non disponesse di alcun banco di pegni. Tale compito era svolto dagli ebrei, documentati a Glorenza dal 1393 al 1430. Poiché essi godevano della protezione diretta dei conti di Matsch, trovavano alloggio presso la Torre Flurin, pertinenza di questi conti. Durante uno scontro militare con il vescovo di Coira, Ulrich di Matsch condusse gli ebrei al sicuro nel soprastante paese di Mazia (Matsch). Gli ebrei erano indispensabili per l'attività creditizia; gli interessi annuali, analogamente a quanto praticato dalle banche di prestito, erano dell'82 ⅔ %.
La battaglia della Calva
Il 22 maggio 1499, vicino a Glorenza, nella battaglia della Calven, un esercito imperiale tirolese superiore (Lega sveva e re Massimiliano I) fu sconfitto in modo devastante da un esercito della Lega delle Tre Leghe (Lega Grigia, Lega Caddea e loro alleati confederatri) dopo una manovra di aggiramento. In seguito, le truppe vittoriose saccheggiarono la città, le diedero fuoco e commisero atrocità contro la popolazione civile.
Decisero di non attendere oltre e di attaccare gli austriaci il giorno seguente: i rifornimenti delle truppe erano molto difficili, e si sapeva che Massimiliano stava sopraggiungendo con un altro esercito. Nella casa detta Chalavaina (da cui la denominazione reto-romana battaglia da Chalavaina) si tenne un breve consiglio di guerra, durante il quale venne approntato il piano della battaglia.
2000 circa dei 12 000 uomini di Massimiliano erano stazionati lungo il vallo, 1200 mercenari italiani coprivano il fianco destro e 200 tirolesi presidiavano il ponte al di dietro del vallo. Un paio di chilometri a monte del vallo, a Tubre, anche la rocca di Castel Rotund era occupata dagli asburgici. Il resto dell'esercito era schierato come riserva in Val Venosta, tra Burgusio e Glorenza.
Il piano svizzero prevedeva l'aggiramento delle truppe asburgiche, piuttosto che tentare un disperato attacco frontale al vallo. Un contingente di 2-3000 uomini, al comando dei capitani Wilhelm von Rigk e Niklaus Lombrins, condotto da guide locali salì sino ai 2300 metri di cima Slingia per giungere in questo modo alle spalle del nemico. Castel Rotund, dal quale era impossibile non notare la manovra, rappresentava un problema, occupato come detto da truppe austriache. La manovra aggirante ebbe quindi inizio verso mezzanotte, ragion per cui parte delle truppe si perse nel buio, e invece di puntare direttamente su Laudes si mosse verso la Val Arunda.
I confederati raggiunsero la val Venosta sul far del giorno, dove immediatamente si scontrarono con le truppe asburgiche. Ma quando si sparse la voce dell'arrivo di una forza di 30 000 svizzeri, tra le file asburgiche scoppiò il panico, e parte delle truppe si diede alla fuga. Le truppe svizzere puntarono verso il ponte dietro al vallo, dove però parte degli austriaci in ritirata si unì ai Tirolesi, resistendo con grande tenacia. La lotta si protrasse per alcune ore, ma il ponte non venne conquistato, e il vallo non fu preso alle spalle. Il piano degli svizzeri stava fallendo.
Nel frattempo la forza principale degli svizzeri aveva ricevuto il segnale convenuto per l'attacco, che però non aveva ancora avuto luogo, per timore di subire perdite troppo elevate, e in attesa che il vallo venisse attaccato alle spalle. Ma quando giunse la notizia del fallimento della manovra aggirante, gli svizzeri decisero di attaccare frontalmente, e riuscirono, a prezzo di gravi perdite, ad espugnare il vallo. Tra i morti vi fu anche Benedikt Fontana, il condottiero delle forze confederate. Secondo una leggenda, ferito a morte sul vallo, avrebbe spronato i propri uomini con le parole «Hei fraischgiamank meiss matts, cun mai ais be ün hom da fear, quai brichia guardad, u chia hoatz Grischuns e Ligias u maa non plü» (Avanti ragazzi miei, io sono solo un uomo, non guardate me, oggi Leghe e Grigioni, o mai più). Lo sfondamento del vallo provocò la fuga dei difensori, che coinvolse anche i mercenari italiani.
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La battaglia di Calven nella valle di Münster durante la guerra sveva, il 22 maggio 1499. A sinistra, i lanzichenecchi in ritirata della Lega Sveva (croce di Sant'Andrea) e la milizia della contea del Tirolo (aquila rossa). Sul lato destro, le truppe della Lega di Gotteshaus (capricorno) e della Lega Grigia (bianco-nero) avanzano all'attacco.
Gli svizzeri, avanzando in Val Venosta, bruciarono e saccheggiarono undici paesi della valle, fra cui Malles, Burgusio e Silandro, e una sola città quella di Glorenza.
Gli asburgico-tirolesi erano tanto certi della vittoria che a Glorenza era già stato predisposto un banchetto per festeggiarla, lasciando, altresì spalancate le porte della città. L'insediamento fu, preda delle fiamme e non si fecero prigionieri.
Le truppe della Lega assediarono anche alcuni castelli, ma senza alcun successo, e uccisero tutti i maschi di più di 12 anni. Per rappresaglia, a Merano 38 ostaggi della Lega vennero torturati a morte.
Settimane dopo alcune donne anziane furono costrette a condurre i bambini nei prati affinché placassero parzialmente la fame con erbe e radici, come un gregge al pascolo.
Dopo la battaglia
Il 25 maggio gli svizzeri si ritirarono oltre il passo del Forno, portando con sé 300 cannoni di piccolo calibro e 8 cannoni di grosso calibro, predati all'esercito imperiale. Quattro giorni dopo Massimiliano giungeva a Glorenza, rasa al suolo. Per vendetta inviò un esercito forte di 15 000 uomini in Engadina, che però dovette ritirarsi poco dopo, perché i confederati, ritirandosi, avevano bruciato tutti i villaggi e asportato viveri e foraggio.
La battaglia della Calva fu la battaglia decisiva della guerra sveva. Massimiliano non riuscì a convincere i suoi alleati svevi ad inviare nuovi contingenti nei Grigioni, e dovette ben presto far ritorno al Lago di Costanza.
La ricostruzione
Nel corso della ricostruzione di Glorenza, intorno alle due parti della città furono costruite le fortificazioni ancora oggi esistenti, secondo i progetti del pittore di corte e architetto militare Jörg Kölderer. Da un punto di vista militare risultava innanzitutto fondamentale avvicinare le fortificazione cittadine alla riva dell'Adige ed assicurare il controllo dell'importante attraversamento fluviale.
Si avanzarono addirittura progetti di abbattimento del campanile sulla riva opposta affinché non accadesse che, se fosse caduto in mani nemiche, si potessero da questo produrre danni alla fortificazione urbana.
Ponte sull'Adige in prossimità della porta sud
La costruzione delle mura cittadine e delle torri avvenne per gradi e si protrasse per quasi un secolo.
Le risorse economiche erano spesso scarse, a ciò si aggiunga che - come spesso avviene - si registrò un caso di appropriazione indebita. Alla popolazione di Glorenza e dei paesi vicini vennero imposte frequenti corvée e servitù. In caso di rifiuto potevano scattare delle sanzioni. Per questi lavori venivano messi a disposizione cibo per gli animali e per gli uomini: fieno per le bestie da tiro e da soma, pane e formaggio per le persone impiegate. È registrata la presenza di mastri costruttori italiani.
Le risorse economiche erano spesso scarse, a ciò si aggiunga che - come spesso avviene - si registrò un caso di appropriazione indebita. Alla popolazione di Glorenza e dei paesi vicini vennero imposte frequenti corvée e servitù. In caso di rifiuto potevano scattare delle sanzioni. Per questi lavori venivano messi a disposizione cibo per gli animali e per gli uomini: fieno per le bestie da tiro e da soma, pane e formaggio per le persone impiegate. È registrata la presenza di mastri costruttori italiani.
La ristrutturazione
Inizialmente le mura cittadine furono dotate di ampie feritoie semicircolari. Queste si dimostrarono tuttavia punto di debolezza, poiché il nemico avrebbe potuto, utilizzando delle scale, raggiungere i camminamenti di ronda attraverso tali aperture. Si dovette quindi procedere alla modifica di tutte le feritoie, che furono dotate ciascuna di un foro più piccolo e di un asse trasversale con avvallamento a "u" per permettere l'appoggio degli allora nuovi e moderni archibugi con supporto. L'archibugio con supporto era una sorta di piccolo cannonicino, che permetteva di mirare con precisione e che per la prima volta poteva essere azionato da un solo uomo.Nel 1528, il futuro imperatore Ferdinando I conferì alla città lo stemma cittadino. Le fortificazioni furono completate intorno al 1580.
Glorenza ricevette lo stemma cittadino relativamente tardi: solo nel 1528 da re Ferdinando l. Reca sulla parte sinistra dello scudo mezza aquila tirolese, a destra tre bande rosso-argento (bianco)-nero. Dopo la concessione dello stemma fu inciso un sigillo cittadino, conservatosi su documenti in pochissimi esemplari di dimensioni variabili.
Tanto legname per nulla
Quando, dopo quasi un secolo di lavoro, fu infine terminato il sistema difensivo, una commissione dovette prendere atto che esso era militarmente superato se il nemico avesse attaccato con l'ausilio dei cannoni. Per la costruzione dei camminamento erano stati impiegati interi boschi. Molto legname era stato impiegato anche per le strutture difensive sul lato verso l'Adige, dietro le mura. Glorenza, che dispone di poco bosco, aveva dovuto richiedere il legname presso altri comuni.
Durante la Guerra dei Trent'Anni una parte del camminamento fu utilizzato come legna da ardere da alcuni reparti militari che erano qui acquartierati, il resto fu preda delle fiamme in occasione dei numerosi incendi.
Durante la Guerra dei Trent'Anni una parte del camminamento fu utilizzato come legna da ardere da alcuni reparti militari che erano qui acquartierati, il resto fu preda delle fiamme in occasione dei numerosi incendi.
Camminamento, in fondo sulla destra la torre di Sluderno
Le chiavi della porta
Glorenza disponeva nel XVI secolo di sei guardiani: una ciascuno per le tre porte, due guardiani notturni ed un responsabile notturno per le parte. Nei periodi turbolenti all'apertura ed alla chiusura delle porte dovevano presenziare alcuni membri del Consiglio civico.
Di notte nessuno poteva entrare in citta: in quel lasso di tempo le chiavi rimanevano al borgomastro.
Di notte nessuno poteva entrare in citta: in quel lasso di tempo le chiavi rimanevano al borgomastro.
La polvere mancante
Nell' inventario dell'arsenale del 1525 incontriamo una laconica annotazione: "10 botticelle di polvere, una aperta e da essa è fuoriuscita della polvere, sono stati bruciati vivi un uomo, una donna e diversi servitori."Si era probabilmente distribuita la polvere da sparo sulla pira affinché questa potesse incendiarsi meglio: si tratta forse di una testimonianza delle guerre contadine e della persecuzione degli aderenti alla Riforma. Un giudice venne accusato di anabattismo e condannato a morte; fu tuttavia graziato in forza delle suppliche di amici influenti e tendendo conto dei figli - minori e dell'avanzato, stadio di gravidanza delle moglie.
Konradin von Glurns
Anche Glorenza reclama il suo eroe: Konradin von Glurns fu comandante dei lanzichenecchi e prese parte alla spedizione italiana di Carlo.V. Nel 1526 difese con successo la città di Cremona. Un anno dopo partecipò con i suoi soldati alla conquista di Roma ("Sacco di Roma"). Mori di peste a Napoli nel 1528.
Le pene
L'ex prigione della piccola cittadina viene ancor oggi definita dagli anziani come il "buco di Glorenza".
I reclusi vi venivano mantenuti a spese della collettività. In un documento si avanza seriamente la considerazione che risulterebbe più conveniente se il delinquente venisse fatto scappare. Non pochi Karrner (carrettieri e commercianti ambulanti) erano imprigionati a Glorenza per "lussuria". in quanto, pur essendo nullatenenti, avevano osato infrangere il divieto di matrimonio.
Il boia
Se il giudice spezzava il bastoncino e decretava la condanna a morte, il condannato veniva condotto al Col di Tarces per l'esecuzione. Per tale pratica veniva chiamato il boia di Merano, con viaggio spesato. La morte avveniva per impiccagione o per decapitazione, talvolta sul rogo.
Non sempre il boia sapeva svolgere bene il suo mestiere: nel 1660 fu segnalato al Governo enipontano che il boia "[..] ha orrendamente decapitato il condannato impiegando non meno di tre colpi". Non si ricorse invece al boia nel caso del leggendario processo ai topi: furono solo condannati a lasciare il territorio.
Non sempre il boia sapeva svolgere bene il suo mestiere: nel 1660 fu segnalato al Governo enipontano che il boia "[..] ha orrendamente decapitato il condannato impiegando non meno di tre colpi". Non si ricorse invece al boia nel caso del leggendario processo ai topi: furono solo condannati a lasciare il territorio.
Processo ai topi
Come visto i processi agli animali erano tutt'altro che una leggenda, anche in questa cittadia vi troviamo una testimonianza
Il Processo va avanti con testimoni, domande e risposte fino al 2 maggio 1520, quando il giudice, pressato dagli abitanti di Stelvio, condanna i topi all’espatrio. Essendo però i topi molto piccoli e non sapendo nuotare sarà costruito un ponte sul fiume Adige per farli passare. Inoltre il giorno della partenza i cani e i gatti dovranno stare chiusi in cantina e i topi malati e le tope incinte possono rimanere altre due settimane. Non é noto se la condanna venne effettivamente eseguita
E le donne?
A parte le pratiche d'eredità, le donne vengono citate solo raramente nei documenti di Glorenza. Non sappiamo se le "stue da bagno" fossero anche luoghi d'appuntamento. Nel 1538 fece la sua comparsa un "maestro" per i bambini. Le bambine poterono godere dell'insegnamento da parte delle suore della misericordia solo a ' partire dal 1844.Goswin, il famoso cronista dell'abbazia di Montemaria, cita un'ostessa e come ostesse le donne hanno "saputo farsi valere come i maschi" sino ai giorni nostri. Il lavatoio, ancor oggi conservatosi presso il ruscello del molino, è rappresentativo del ruolo della gran parte delle donne: solo 30 anni fa qui le donne - qualunque fosse la stagione - lavavano, e s'incontravano per chiacchierare.
Paese, città, paese
Glorenza è salita da paese al rango di città e nel corso del tempo è di nuovo tornata ad essere un paese. Con il trasferimento delle vie di traffico e la vendita dei diritti sovrani asburgici in Engadina, la Val Venosta perse sempre più importanza dal punto di vista politico ed economico, anche perché la Controriforma interruppe ogni contatto con le comunità riformate. Il rifiorire di Glorenza dopo la ricostruzione del 1499 fu di breve durata.
Il commercio perse sempre più importanza e molti trovarono occupazione nell'agricoltura. Magazzini diventarono stalle, uffici commerciali diventarono granai. I mercanti divennero contadini. Inoltre le divisioni fecero il resto. La frammentazione della proprietà terriera portò povertà, fame e miseria. Anche l'artigianato soddisfaceva appena la richiesta locale e non era altro se non un'occupazione secondaria.
Ovunque l'agricoltura era un'occupazione molto importante, indipendentemente dal fatto che fosse praticata da artigiani, braccianti, piccoli contadini o alberghieri.
Anche in tempi di declino economico si trovava a Glorenza, accanto alla maggioranza della popolazione composta da piccoli coltivatori, un ben visibile e molto influente strato sociale educato alla vita cittadina (sacerdote, maestro, dottore"). Accanto ai "letterati", al giudice, ai notai, agli scrivani e ai funzionari statali, c'erano soprattutto i rappresentanti del clero e spesso anche osti benestanti.
Affresco sull'esterno della chiesa di San Pancrazio
A Glorenza, all'incrocio delle vie, pellegrini e viaggiatori dovevano effettuare una scelta: continuare verso il passo Resia oppure scendere nella valle dell'Adige, salire sul passo del Forno o su quello dello Stelvio; il campanile di San Pancrazio era un punto di riferimento e indicava la via.
Da questo gruppo proveniva, fino alla Costituzione austriaca del 1861, la maggior parte dei 13 (!) deputati al parlamento tirolese che Glorenza poteva inviare. Queste persone portarono un'ombra del grande mondo e della cultura urbana in quella che nel frattempo non era più una Glorenza così "cittadina"
"L'ascia in casa ti evita il carpentiere."
Nel corso del tempo Glorenza da città tornò ad essere un paese. Gli abitanti di Glorenza si dedicarono completamente all'autoapprovvigionamento elle riparazioni necessarie erano effettuate, per quanto possibile in modo autonomo Solo in casi: eccezionali e a seconda della disponibilità si ricorreva ad artigiani locali, anche perché i denaro era scarso. Semplici lussi e novità venivano portati da fuori, dal venditori ambulanti.
Età moderna
Il declino economico della città iniziò all'incirca nel XVI secolo. Le rotte commerciali cambiarono, soprattutto dopo che la Valle Isarco fu resa transitabile presso Bolzano grazie alla Via Ferrata. Le vecchie relazioni commerciali si interruppero. Inoltre, già all'inizio del XVII secolo, le nuove fortificazioni cittadine erano ormai obsolete dal punto di vista militare a causa dell'evoluzione delle tecniche belliche e venivano considerate prive di valore.
Durante la guerra dei trent'anni, la città fu devastata da mercenari vagabondi. Si pensa che questi ultimi abbiano anche portato il tifo epidemico ungherese che imperversò nel 1635.
Glorenza è stata distrutta dal fuoco diverse volte e ricostruita, tipo nel 1664 e in modo devastante il 5 gennaio 1732, quando 89 case e fienili, insieme al bestiame, sono andati a fuoco. Ci sono state cinque vittime. La città è stata anche ripetutamente colpita dalle piene del fiume Adige.
Il 25 e 26 marzo 1799 le truppe francesi invasero la città incustodita. Ci furono saccheggi, distruzioni intenzionali e aggressioni alla popolazione, che causarono otto morti.
Durante la guerra dei trent'anni, la città fu devastata da mercenari vagabondi. Si pensa che questi ultimi abbiano anche portato il tifo epidemico ungherese che imperversò nel 1635.
Glorenza è stata distrutta dal fuoco diverse volte e ricostruita, tipo nel 1664 e in modo devastante il 5 gennaio 1732, quando 89 case e fienili, insieme al bestiame, sono andati a fuoco. Ci sono state cinque vittime. La città è stata anche ripetutamente colpita dalle piene del fiume Adige.
Il 25 e 26 marzo 1799 le truppe francesi invasero la città incustodita. Ci furono saccheggi, distruzioni intenzionali e aggressioni alla popolazione, che causarono otto morti.

Nel XIX secolo, l'ex città commerciale era dominata da strutture economiche prevalentemente agricole. A causa delle divisioni ereditarie sotto forma di divisione reale, i terreni erano diventati troppo piccoli per garantire la sopravvivenza dei proprietari. Molti abitanti dovettero guadagnarsi da vivere come carrettieri, cioè come venditori ambulanti che trasportavano le loro merci (frutta tropicale, castagne dal sud, utensili domestici dal nord) su un carretto.
Già dalla seconda metà del XVII secolo, alla fine di febbraio o all'inizio di marzo, tantissimi bambini emigravano in Germania e in Svizzera come bambini svevi per lavorare in cambio di un nuovo vestito e di una paga minima
Bambini tirolesi a Ravensburg nel 1895
I bambini svevi o bambini pastori erano bambini di contadini di montagna del Vorarlberg, Tirolo, Svizzera e Liechtenstein, che dall'inizio dell'era moderna fino all'inizio del XX secolo, a causa della povertà delle loro famiglie, ogni anno in primavera attraversavano le Alpi per raggiungere i “mercati dei bambini”, principalmente nell'Alta Svevia, dove venivano impiegati come lavoratori stagionali, soprattutto presso contadini delle regioni rurali del Württemberg (Alta Svevia e Giura Svevo), e in parte anche nel Baden e in Baviera. Solo la prima guerra mondiale pose fine a questa pratica.
Il 16 giugno 1855 un'inondazione proveniente dal lago di Haid, nell'Alta Val Venosta, devastò la città. Anche la ferrovia della Val Venosta, inaugurata nel 1906, non toccava direttamente Glorenza, ma terminava nella vicina Malles, senza quindi dare un impulso economico diretto. Quando Glorenza passò all'Italia dopo la Prima guerra mondiale, la situazione economica non cambiò. A causa della perdita di importanza, nel 1931 anche il tribunale fu trasferito a Silandro.

Solo a partire dagli anni '70, grazie alla collaborazione di diverse università e istituti superiori, è iniziata una ristrutturazione e una rivitalizzazione completa della città, che ora può sfruttare i vantaggi del suo pittoresco centro storico come attrazione turistica.
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