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Diventare guardia svizzera

Nella vita capita prima o poi di arrivare davanti a dei bivi, a dei punti di svolta. Si potrebbe decidere da un momento all'altro di cambiare completamente la propria vita.

Anch'io ho avuto il mio bivio, avevo circa 25 anni. L'episodio mi é tornato alla mente durante la vista alla chiesa di San Vittore nei Grigioni. Al tavolino tra i "soliti" opuscoli trovo un paio che incitano a cambiar vita, o almeno per 26 mesi

I requisiti

Forse é opportuno snocciolare subito i requisiti necessari per intraprende una tale scelta
  • Sono disposto a impegnarmi anima e corpo per la sicurezza del Papa
  • Sono cattolico romano
  • Sono cittadino svizzero
  • Ho tra i 18 e i 30 anni
  • Sono alto almeno 1.74 m
  • Sono celibe
  • M'impegno a servire fedelmente per almeno 26 mesi
  • Ho completato il corso reclute nell'esercito svizzero
  • Ho completato un corso di formazione professionale o conseguito la maturità.
Va detto che quando mi trovai di fronte a questo bivio ordinai la documentazione che purtroppo non trovo più.

Però ricordo nitidamente un paio di altri punti richiesti che vanno ben oltre a quelli elencati. Infatti si chiedeva anche
  • una reputazione irreprensibile
  • assenza di tatuaggi in zone visibili
  • buona dentatura
Inoltre tra i vari opuscoli c'era un questionario che il parroco del mio paese avrebbe dovuto compilare e ritornarmi in busta chiusa.


Inoltre si sottolineava che se i soldi sono la motivazione che porta a fare questa scelta di lasciar perdere. La paga come guardia pontificia é piuttosto bassa, o almeno, 20 anni fa.

Scartabellando nella documentazione presente online però trovo un punto più che interessante


Nelle ultime pagine del depliant invece era riportata una motivazione non da poco: si citava che una volta erano le donne romane a dover scappare dalle guardie svizzere mentre oggi é esattamente il contrario

Una compagnia col rango di reggimento

La Guardia svizzera pontificia dipende direttamente dal papa, è organizzata come una compagnia, ma ha il rango di reggimento; il comandante porta il grado di colonnello e a lui sono assegnati altri quattro ufficiali e un cappellano. 
Ai quadri appartengono inoltre un sergente maggiore, cinque sergenti, dieci caporali e dieci vicecaporali.

Il numero dei soldati della Guardia ha oscillato nel corso dei secoli fra un massimo di 300 (1512) e un minimo di 90 (1976). Dal 1998 l'effettivo è composto da 110 uomini, tra cui sei ufficiali, 26 sottufficiali e 78 alabardieri. Attualmente i cant. Vallese, Lucerna e San Gallo forniscono la maggior parte delle Guardie, anche se alcune provengono dalla Svizzera romanda e dal Ticino.

Divisa da guardia svizzera al museo nazionale di Zurigo

I compiti

La Guardia Svizzera Pontificia veglia costantemente sulla sicurezza personale del Santo Padre e sulla sua residenza.

La Guardia Svizzera Pontificia controlla anche tutti gli ingressi ufficiali alla Città del Vaticano. Le guardie non controllano solo l'accesso, ma danno anche informazioni ai visitatori che arrivano da tutto il mondo.


Durante le udienze e le cerimonie religiose con il Santo Padre, la Guardia Svizzera svolge un servizio di vigilanza. In questo compito fondamentale di protezione delle persone sono impegnate guardie sia in divisa sia in abiti civili. Gli alti sottufficiali e gli ufficiali, inoltre, accompagnano il Santo Padre nei suoi viaggi apostolici all'estero.

Durante le visite ufficiali di presidenti, primi ministri e ambasciatori, la Guardia Svizzera svolge un servizio d'onore. I soldati del Papa accolgono l'ospite con gli onori militari. Il servizio d'onore viene svolto anche in occasione di messe, udienze e agli accessi alla Città del Vaticano, il che richiede una grande resistenza fisica e psichica.

Valorosi e fedeli!

La storia della Guardia Svizzera Pontificia è iniziata con l'arrivo delle prime guardie in Piazza San Pietro il 22 gennaio 1506. Il coraggio e la fedeltà dei mercenari elvetici furono ben presto messi alla prova. Il 6 maggio 1527 essi si schierarono fianco a fianco, combattendo non per la propria vita, ma per quella del Santo Padre. I valori di cui diedero prova allora sono importanti ancora oggi nel servizio al Successore di Pietro. 

Come soldati, occorre mettere i propri interessi in secondo piano per poter essere disponibili a servire qualcosa di più alto.

Il giuramento delle guardie si tiene il 6 maggio, l'anniversario degli eventi del 1527

Coraggio e fedeltà: valori non troppo scontati nel mondo moderno e frenetico, ma imprescindibili per un soldato.
Solo così è possibile servire, se necessario fino alla morte!

I Cento Svizzeri

Si chiamavano Guardie svizzere le unità del Servizio mercenario adibite alla protezione ravvicinata di un sovrano che ne faceva richiesta (o del suo rappresentante) e alla sorveglianza delle sue residenze. Il reclutamento di queste truppe d'élite, vicine al potere, era particolarmente selettivo. Le unità della Guardia avevano la precedenza sui reggimenti svizzeri ordinari; gli ufficiali e i soldati godevano di privilegi e percepivano un soldo relativamente elevato.

L'esempio più antico di questa particolare forma di mercenariato risale al 1497, quando il re di Francia, Carlo VIII, istituì la compagnia dei Cento Svizzeri della Guardia, prima unità sviz. permanente al servizio di un sovrano straniero.

Bozzetto per l'uniforme dei Cento Svizzeri; illustrazione tratta dal Livre des Chefs d'Œuvres de la Maistrise des Tailleurs de Berne, 1730 di Salomon Erb (Bernisches Historisches Museum) 
Benché i Cento Svizzeri dopo la Riforma venissero reclutati nei cantoni cattolici, il ricordo di questa unità è rimasto vivo anche nelle regioni riformate, in particolare durante le feste tradizionali (processione pasquale dell'Äusserer Stand a Berna, Fête des vignerons a Vevey).

Al servizio della Francia le "Guardie svizzere" divennero il simbolo, spesso mitizzato, della fedeltà assoluta dell'élite del mercenariato svizzero Da Carlo IX, che nel 1567 creò un reggimento di Guardie svizzere, fino a Enrico IV, il servizio di guardia venne sempre assicurato da compagnie svizzere. Nel 1616 Luigi XIII istituì un reggimento permanente di Guardie svizzere Mentre i Cento Svizzeri assicuravano la guardia "interna", le Guardie svizzere erano incaricate di quella "esterna". Gli ufficiali venivano reclutati esclusivamente fra i nobili e i membri dei patriziati cittadini e alcune cariche erano ereditarie.

Il sacco di Roma ( 6 maggio 1527)

Il sacco di Roma del 1527 ebbe inizio il 6 maggio di quell'anno a opera delle truppe imperiali che erano state al soldo di Carlo V d'Asburgo, composte principalmente da lanzichenecchi tedeschi, in numero di circa 14000 unità, oltre che da 6000 soldati spagnoli e da un imprecisato numero di bande di italiani. È il nono e ultimo "sacco" (saccheggio) perpetrato ai danni della città, ed è considerato fra i più brutali e peggiori dei nove eventi nonché uno degli avvenimenti più significativi dell'intera storia di Roma.

Le ragioni che indussero i mercenari germanici ad abbandonarsi a un saccheggio così efferato e per così lungo tempo, cioè per circa dieci mesi, risiedono nella frustrazione per una campagna militare fino ad allora deludente e, soprattutto, nell'acceso odio che la maggior parte di essi, luterani, nutriva per la Chiesa cattolica.

Sacco di Roma, Francisco J. Amérigo, 1884.

Inoltre, a quei tempi i soldati venivano pagati ogni cinque giorni, cioè per "cinquine". Quando però il comandante delle truppe non disponeva di denaro sufficiente per la retribuzione delle soldatesche, autorizzava il cosiddetto "sacco" della città, che non durava, in genere, più di una giornata. Il tempo sufficiente, cioè, affinché la truppa si rifacesse della mancata retribuzione.

Nel caso specifico, i lanzichenecchi non solo erano rimasti senza paga, ma erano rimasti anche senza il comandante. Infatti il Frundsberg era rientrato precipitosamente in Germania per motivi di salute e il Borbone era rimasto vittima sul campo.

Senza paga, senza comandante e senza ordini, in preda a un'avversione rabbiosa per il cattolicesimo, fu facile per loro abbandonarsi per un tempo così lungo al saccheggio di Roma, ricca città e sede dell'odiato papato.

La città era praticamente sguarnita di difensori, in quanto papa Clemente VII aveva licenziato le truppe per motivi economici, convinto di poter trattare con Carlo V per cambiare nuovamente partito. A quel punto gli imperiali, fuori controllo per i mancati pagamenti, agirono di propria iniziativa e assalirono la città, andando oltre le intenzioni dello stesso Carlo V, che voleva limitarsi a minacciare l'uso della forza per costringere Clemente VII a venire a patti.

L'attacco

La mattina del 6 maggio gli Imperiali cominciarono l'attacco. Vi erano 14'000 Lanzichenecchi e 6'000 spagnoli. A essi si aggiungevano le fanterie italiane e inoltre si erano accodati anche molti disertori della Lega, i soldati licenziati dal papa e numerosi banditi attratti dalla speranza di rapine.

L'assalto si concentrò tra il Gianicolo e il Vaticano. Per essere di esempio ai suoi, Carlo di Borbone fu tra i primi ad attaccare, ma mentre saliva su una scala fu ferito gravemente da una palla d'archibugio, che sembra sia stata tirata da Benvenuto Cellini (secondo l'autobiografia dello stesso). Ricoverato nella chiesa di Sant'Onofrio, il Borbone morì nel pomeriggio. Ciò accrebbe l'impeto degli assalitori, i quali, a prezzo di gravi perdite, riuscirono a entrare nel quartiere del Borgo

Il Borbone viene colpito da un archibugiata

Clemente VII, rifugiatosi in Castel Sant'Angelo mentre gran parte della guardia svizzera venne massacrata, dovette pagare 400000 ducati per essere liberato. I lanzichenecchi, di prevalente fede protestante, erano animati anche da fervore antipapale e furono responsabili delle maggiori crudeltà verso religiosi e religiose e dei danni agli edifici di culto.

Castel Sant'Angelo preso d'assalto

Il castello durante la mia visita del 2022

Vista sul Tevere dal castello

Mentre i lanzichenecchi tedeschi moltiplicavano gli sforzi per ampliare la breccia e valicare in massa le mura a Porta San Pietro, un reparto di soldati spagnoli riuscì fortunosamente a individuare una finestra malamente mimetizzata di una cantina del palazzo Armellini a ridosso delle mura che era apparentemente indifesa; attraverso questa finestra gli spagnoli imboccarono uno stretto cunicolo che li condusse all'interno del palazzo Armellini dove non incontrarono alcuna resistenza. 

I soldati ritornarono quindi indietro e ampliarono l'apertura; le truppe poterono così riversarsi, invadere il quartiere e avanzare verso San Pietro. Contemporaneamente i lanzichenecchi tedeschi, coperti dal fuoco degli archibugi, conquistarono gran parte delle mura e, mentre le truppe pontificie ripiegavano in rotta, si diressero a loro volta verso la basilica avanzando sulla destra degli spagnoli.


Il papa, che era in preghiera nella chiesa, fu condotto attraverso il passetto al Castel Sant'Angelo mentre 189 Guardie svizzere (anch'esse mercenarie ma fedeli al papa) si fecero trucidare per difendere la sua fuga.

Assalto a Castel Sant'Angelo

Vista da Castel Sant'Angelo verso il Vaticano. Sulla destra si distingue il passeto di borgo (in giallo nella cartzina sopra)che permettono un passaggio coperto dal Vaticano fino al castello in caso di emergenza. Il Tevere é a sinistra fuori campo

Privi di comando, i lanzichenecchi, fino ad allora frustrati da una campagna militare deludente, si diedero al saccheggio e alla violenza sugli abitanti della città partendo da Borgo Vecchio e dall'ospedale di Santo Spirito, con una brutalità inaudita e anche gratuita. 
Furono profanate tutte le chiese, furono rubati i tesori e furono distrutti gli arredi sacri. Le monache furono violentate, così come le donne che venivano strappate dalle loro case. Furono devastati tutti i palazzi dei prelati e dei nobili (come gli esponenti della famiglia Massimo), con l'eccezione di quelli fedeli all'imperatore. La popolazione fu sottoposta a ogni tipo di violenza e di angheria. Le strade erano disseminate di cadaveri e percorse da bande di soldati ubriachi che si trascinavano dietro donne di ogni condizione, e da saccheggiatori che trasportavano oggetti rapinati.

Un massacro in una chiesa durante il Sacco di Roma: un sacerdote sta per essere pugnalato e un altro sacerdote giace morto sul pavimento prima dell'altare.

Il sacco di Roma ebbe un tragico bilancio, sia nei danni alle persone sia al patrimonio artistico. Circa 20000 cittadini furono uccisi, 10000 fuggirono, 30000 morirono per la peste portata dai lanzichenecchi.

Dopo una lunga serie di saccheggi, anche determinati dal fatto che le truppe erano rimaste senza soldo, le forze imperiali lasciarono Roma, che fu duramente colpita dall’evento e la cui popolazione si ridusse drasticamente – da 53.000 a 30.000 unità –, nel corso del febbraio 1528.

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