Il museo delle belle arti di Losanna non era nemmeno in programma per la giornata del 5 settembre 2024. Data però la felice ubicazione vicino alla stazione, decido di fare una deviazione sulla via del rientro..
E a giusta ragione! Il primo dipinto che mi si para dinnanzi appena entro al primo dei due piani espositivi é un dipinto che spesso ho incrociato sui libri o sul web: il massacro di San Bartolomeo.
Mi sembra un sogno ritrovarmelo tutto per me per qualche minuto!
Il massacro di San Bartolomeo
Si, lo ammetto la mia malcelata morbosità per atti di violenza estrema motivate da profonde credenze mi ha da sempre affascinato.
Nella notte di San Bartolomeo i cattolici prendono di sorpresa i protestanti per farne scempio; come se una forza si scatenasse all'improvviso per dare libero sfogo ad una violenza inaudita tenuta a bada da tempo. Questa incontrollabile violenza e crudeltà era ad esempio tipica alla fine degli assedi: quando la città assediata infine si arrendeva gli assedianti potevano finalmente varcare le mura sfogavano su tutti gli esseri umani che incrociavano la loro violenza accumulata durante l'interminabile assedio.
Dettaglio di Il massacro di San Bartolomeo, 1572-1584 circa
François Dubois Amiens, 1529-Ginevra, 1584
1572: morte agli ugonotti
Con il termine "ugonotti" si indicavano nel XVI secolo i protestanti (calvinisti) francesi.Guidati dall'ammiraglio Gaspard de Coligny, costituivano un vero e proprio partito politico che rivendicava la libertà di religione e il rispetto di altri diritti civili. Ad essi si contrapponevano i cattolici, guidati dal duca di Guisa, che vedevano nelle richieste degli ugonotti una minaccia per la Chiesa e per l’assolutismo regio. I contrasti tra le due fazioni erano molto accessi e spesso degeneravano in episodi violenti: il 22 agosto Coligny scampò a un attentato, il cui mandante era probabilmente il duca di Guisa, riportando soltanto una ferita ad un braccio.
Ritratto di Gaspard de Coligny (1517-1572). Fa parte della serie di Leeuwarden, una serie di ritratti di ufficiali militari della Guerra degli Ottant'anni e di membri della Casa d'Orange-Nassau, documentati per la prima volta nel 1633 nello Stadhouderlijk Hof (Tribunale dello Stadholder) di Leeuwarden
Nella notte del 23 agosto 1572, per ordine del duca di Guisa e di Caterina de' Medici, regina madre di Francia, i cattolici massacrarono senza distinzione di età e di sesso migliaia di protestanti a Parigi e in altre città francesi (il massacro è passato alla storia come strage di San Bartolomeo, perché iniziò nel corso della notte che precede la festa di San Bartolomeo e continuò nei giorni successivi).
Caterina de' Medici, ritratto di Corneille de Lyon, 1536 circa (Polesden Lacey, Surrey, Inghilterra)
La città era ancora in festa per il matrimonio tra Margherita di Valois (cattolica e sorella del re Carlo IX) ed Enrico di Navarra, uno dei capi della fazione ugonotta. Queste illustri nozze dovevano servire a sancire la pace tra cattolici e protestanti. Ma le cose andarono molto diversamente.
Appena una settimana dopo le nozze, gli uomini della fazione cattolica, temendo che quel matrimonio avrebbe rafforzato i protestanti e che questi ultimi covassero sentimenti di vendetta a causa dell'attentato subìto dal loro leader, raggiunsero la casa di Coligny e lo massacrarono. Nel frattempo schiere di cattolici in armi si diedero alla caccia dei protestanti, stanandoli casa per casa e uccidendoli senza pietà con spade, bastoni e archibugi. Per le strade di Parigi si videro scene di indicibile orrore: donne e bambini sventrati, cadaveri mutilati e abbandonati per le strade o gettati nella Senna. Enrico di Navarra fu fatto prigioniero e costretto ad abiurare. Alla fine, gli ugonotti uccisi in tutta la Francia furono più di 10000.
Tra i pochi protestanti che riuscirono a fuggire dalla città c'era il pittore François Dubois che, rifugiatosi a Ginevra (città calvinista), dipinse una sconvolgente rappresentazione di quelle tragiche giornate (Il massacro di San Bartolomeo, Losanna - Museo cantonale delle belle arti), durante le quali la sua famiglia era stata sterminata.
Il quadro dipinto da Dubois rappresenta gli edifici di Parigi con una certa accuratezza ma non tiene conto dell'esatta topografia della città, mettendo l'uno accanto all'altro luoghi che erano in realtà abbastanza lontani. Questa "imprecisione" nasceva dalla volontà del pittore di mostrare in una sola scena gli episodi di violenza più gravi che in realtà si erano verificati in quartieri diversi.
Anche se Dubois era a Parigi nella fase iniziale del massacro, bisogna sempre ricordare che il suo è il punto di vista di un ugonotto e che dunque non tutto quello che viene rappresentato nel quadro è storicamente attendibile.

François Dubois Amiens, 1529-Ginevra, 1584
Il massacro di San Bartolomeo, 1572-1584 circa
Olio su legno di noce
Dono del Comune di Losanna, 1862
François Dubois, protestante di Amiens rifugiatosi a Ginevra, si concentra qui sugli episodi principali del massacro di San Bartolomeo, una pagina sanguinosa delle guerre di religione. La topografia di Parigi è manipolata per mostrare tutti i luoghi in cui si svolse il dramma, dalla Senna al patibolo di Montfaucon. La topografia della città di Parigi è manipolata per mostrare tutti i luoghi in cui si svolse il dramma, dalla Senna al patibolo di Montfaucon. Sullo sfondo si vedono il Louvre e Caterina de Médicis, la principale istigatrice del massacro dei protestanti. In primo piano, la casa di Anne de Laval, davanti alla quale l'ammiraglio de Coligny, leader del partito protestante, viene ucciso prima di essere defenestrato, decapitato e castrato.
Carlo IX
Il pittore immagina che da una finestra del Louvre Carlo IX spari sulla folla con un fucile.
Il fatto è totalmente inventato.
Alcuni storici sostengono che Carlo IX fosse d'accordo con l'uccisione dei capi protestanti ma che abbia cercato, senza successo, di fermare il massacro della popolazione.
Quello che è certo è che Il 26 agosto, due giorni dopo la strage, il re si presentò al parlamento e si assunse la responsabilità di quanto era successo, dichiarando di aver voluto «prevenire l'esecuzione di una disgraziata e detestabile congiura fatta dall'ammiraglio (Coligny) e dai suoi aderenti e complici, contro la persona del re e il suo Stato, la regina madre, i fratelli, il re di Navarra e i principi e i signori che erano presso di loro».
Caterina de' Medici
Davanti al Louvre, una donna in nero osserva un mucchio di cadaveri: è Caterina de' Medici, che gli ugonotti (e quindi anche François Dubois) consideravano la maggiore responsabile della strage.
In realtà noi sappiamo che la regina madre non fu presente sui luoghi del massacro: Dubois la raffigura all'interno della sua opera per sottolineare la sua responsabilità.
Caterina de' Medici era diventata regina di Francia sposando Enrico II. Alla morte di quest'ultimo aveva mantenuto un ruolo politico determinante in quanto madre dei tre successivi sovrani di Francia, Francesco II, Carlo IX (che regnava al momento della strage e probabilmente la approvò) e Enrico III.
Coligny
Gli uomini del duca di Guisa fanno irruzione nell'abitazione di Coligny e lo scaraventano dalla finestra.
Il corpo di Coligny viene decapitato ed evirato (cioè mutilato nelle parti intime).
Nell'uomo di sinistra, che regge la testa mozzata,
probabilmente l'autore ha inteso rappresentare il duca di Guisa.
Il cadavere mutilato di Coligny viene trascinato fuori dalle mura, per essere esposto nella grande forca di Montfaucon (quella specie di gabbia sulla collina in alto a destra), luogo dove fin dal medioevo avvenivano le esecuzioni pubbliche.
Il dettaglio mostra anche le porte della città sbarrate, in modo da impedire ai protestanti di scappare.
Scene di ordinaria follia

La porta del Louvre, verso la quale convergono le linee prospettiche del quadro, è spalancata come una bocca infernale che vomita demoni rabbiosi pronti ad assassinare donne e bambini.
Teligny
Un ugonotto cerca di salvare la pelle scappando sui tetti.
Quello che Dibois dipinge mentre scappa alla disperata sui tetti di Parigi potrebbe essere un personaggio di primo piano: Téligny
Téligny, perché è il genero di Coligny — e anche perché è uno dei più ascoltati dirigenti del partito protestante — non deve sfuggire al massacro.
Appena sentito arrivare il drappello degli assassini davanti all'abitazione di suo suocero, Téligny si é vestito in fretta e furia, ha raggiunto il solaio e poi i tetti, sperando di fuggire. Ma una guardia del duca d'Angiò lo ha scorto e, da buon tiratore, l'ha ucciso con un colpo di archibugio.
Due ragazzini cattolici trascinano il cadavere di un bambino ugonotto.
Un carro pieno di cadaveri passa davanti al convento di Sant'Agostino, che oggi non esiste più perché è stato distrutto nel corso della Rivoluzione francese.

I cadaveri venivano trascinati fino alla Senna per essere gettati in acqua, in numero così grande che, secondo una cronaca dell'epoca, non fu più possibile pescare per vari mesi.
Nota il dettaglio drammatico delle macchie di sangue che imbrattano la strada; il sangue intorbida anche le acque del fiume, nei cui flutti rossicci galleggia un numero impressionante di corpi senza vita.
Una donna giace a terra sventrata dal bimbo che portava in grembo. Il dettaglio più aberrante di tutto il dipinto
Un uomo, identificabile come un cattolico per via del copricapo e del colore dell'abbigliamento, guarda due cadaveri di ugonotti che giacciono a terra in una pozza di sangue: il gesto delle sue mani sembra esprimere disperazione o disapprovazione.
Le bande cattoliche erano formate sia da soldati che da civili, riconoscibili perché portavano una fascia bianca legata al braccio.
Nel quadro, i cattolici sono facilmente individuabili non solo per la fascia ma anche perché portano tutti un cappello e abiti scuri, prevalentemente a tinte rosso-brune, mentre le loro vittime sono a capo nudo e prevalentemente vestite di bianco.
Nota la fascia sul braccio del cavaliere cattolico in primo piano.
Forse con questo dettaglio Dubois ha voluto dirci che non tutti i cattolici di Parigi parteciparono al massacro o lo approvarono.
I romani passano sotto il giogo
Grandissima la mia sorpresa anche nel trovarmi dinnanzi a pochi metri di distanza dal massacro di San Bartolomeo uno dei quadri che ha segnato la mia gioventù ed ha sicuramente contribuito il mio avvicinamento alla storia.
Il dipinto che ritrae i romani passare sotto il giogo (quindi il modo di dire ha una ragione d'essere) degli Elvezi vittoriosi rappresenta uno dei momenti apice per un giovanotto in cerca di miti Confederati.
Quello che più mi ha colpito é stato ritrovarmi davanti il dipinto originale, enorme rispetto alla misera figura su cui mi dovevo cavare gli occhi per carpire i dettagli nel libro di storia alle medie.
La pagina più consultata sul libro di storia alle medie
Ora finalmente posso osservare i dettagli da vicino, dall'originale che immaginavo chissà dove e che ore mi ritrovo a pochi centimetri dal naso! Cazzo!
Charles Gleyre (Chevilly, 1806 - Parigi, 1874)
Les Romains passant sous le joug (I Romani che passano sotto il giogo) o La bataille du Léman (La battaglia di Léman), 1858
Olio su tela, 230,5 x 181,4 cm
Commissionato dallo Stato di Vaud, 1850
Musée cantonal des Beaux-Arts de Lausanne
Le convinzioni repubblicane di Charles Gleyre spiegano la sua entusiastica accettazione di una commissione da parte del nuovo governo radicale del suo paese natale, il Canton Vaud.
Gli fu chiesto di dipingere un'opera che accompagnasse il
Maggiore Davel (1850, anch'esso conservato al Museo), un monumentale dipinto di storia che aveva da poco completato con grande successo. Dopo aver raffigurato la decapitazione di Jean Daniel Abraham Davel, l'eroe della rivolta del 1723 dei vodesi contro il regime di Berna, l'artista scelse un altro esempio di popolo in lotta per l'indipendenza.
Battaglia di Agen
Nel territorio dei Volci, vicino ad Agen (F), sulle rive della Garonna, nel 107 a.C. i Tigurini, comandati da Divico, annientarono un corpo di spedizione romano uccidendo il console Lucio Cassio e molti legionari e costringendo i superstiti all'umiliazione del giogo.
Il conflitto era scaturito dalla volontà di impedire la cosiddetta "migrazione dei Cimbri e dei Teutoni"; questi ultimi, con i Tigurini, si erano uniti ai Cimbri nel 111 a.C., saccheggiando ripetutamente la Gallia.
Nel 107 a.C. i Tigurini si diressero verso Tolosa, sperando di fare ricchi bottini. Nel 58 a.C. la sconfitta di Agen era ancora così presente nelle memorie che Cesare, sconfitti i Tigurini sulla Saona (cui fece seguito la vittoria nella battaglia di Bibracte), annotò con fierezza di essere riuscito a riscattare il prestigio di Roma e a salvarla dal disonore, infliggendo una meritata punizione a quella parte della nazione che aveva fatto patire ai Romani un tale disastro (De bello gallico, 12).
Divicone e Giulio Cesare
Negoziati sulle rive della Saona. Dipinto storico di Karl Jauslin.
Il celebre episodio della battaglia, nel XIX sec. erroneamente situato sulle rive del Lemano, ispirò poemi e quadri patriottici, tra cui il dipinto di Charles Gleyre Les Romains passant sous le joug (1858).
Sub jugum
Per rappresentare la scena principale Gleyre consultò sicuramente simili episodi avvenuti in passato. Le testimonianze lasciate dall'episodio delle Forche Caudine servì sicuramente da spunto. Gleyre calcò ulteriormente la mano e invece che rappresentare i consoli mentre passavano sotto il giogo dipinse direttamente le loro teste fissate in cima a due lance a fare da cornice alla scena
Le teste dei consoli nel dipinto di Gleyre
321 a.C. – Il caso più famoso del “sub jugum” è decisamente l’episodio delle cosiddette “Forche Caudine”, tanto da diventarlo per antonomasia. Durante la Seconda Guerra Sannitica i Romani, intrappolati in uno stretto valico, dopo tre giorni si arrendono ai Sanniti di Ponzio, subendo l’umiliante pratica:
“I consoli furono i primi a esser fatti passare seminudi sotto il giogo; poi, in ordine di grado, tutti gli ufficiali vennero esposti all’infamia, e alla fine le singole legioni una dopo l’altra. I nemici stavano intorno con le armi in pugno, lanciando insulti e dileggiando i Romani. Molti vennero minacciati con le spade, e alcuni furono anche feriti e uccisi, se l’espressione troppo risentita dei loro volti a causa di quell’oltraggio offendeva il vincitore. “Tito Livio fa ancora di più per rimarcare la gravità dell’episodio, esponendo lo stato dei vinti:
” Una volta usciti dalla gola, pur sembrando loro di vedere per la prima volta la luce come se fossero emersi dagli inferi… avviliti e mesti, tanto silenziosamente camminavano, come fossero diventati muti. Il fiero carattere romano era prostrato, e insieme alle armi aveva perso anche il coraggio. Nessuno aveva avuto la forza di ricambiare il saluto, di rispondere, di aprir bocca per lo sgomento, come se portassero ancora al collo il giogo sotto il quale erano stati fatti passare. La vittoria ottenuta dai Sanniti non era stata soltanto clamorosa, ma anche duratura nel tempo, perchè avevano privato il nemico non tanto di Roma (come in passato i Galli), quanto piuttosto della virtu’ e dell’orgoglio romano.”
(Livio, IX, 6)
Il dipinto
Les Romains passant sous le joug si riferisce alla sconfitta nel 107 a.C. del console Lucio Cassio e della sua legione romana ad opera degli Elvezi guidati dal loro capo Divico. I Celti che combattono contro l'invasore sostituiscono Davel, l'eroe solitario, e così un'alta azione dell'antichità classica, raccontata da Giulio Cesare nelle Guerre Galliche, sostituisce una rivolta nella storia della Svizzera moderna. L'opera diventerà un'icona per la Svizzera, in quanto il giovane Paese cercava, dopo il 1848, di generare unità attraverso miti che promuovessero un senso di identità nazionale.

Gleyre impiegò otto anni per completare il dipinto. L'artista si documentò ampiamente sulla cultura materiale celtica e lavorò su numerosi schizzi preparatori.
Sebbene sia noto che la scena sia stata ambientata nei pressi di Agen, nel sud della Francia, Gleyre la collocò sulle rive del lago di Ginevra.
La scena mostra l'umiliazione dell'esercito romano. Il riferimento alla battaglia delle Forche Caudine si sovrappone alla rivendicazione di un'identità rurale e agraria, poiché l'artista mostra i Romani costretti dagli Elvezi a indossare i gioghi solitamente portati dai buoi. La composizione, incredibilmente densa e complessa, è strutturata attorno a una quercia secolare. La parte superiore è caratterizzata da un paesaggio, mentre la metà inferiore è piena di azione.
A sinistra, l'esercito elvetico è guidato da Divico, che brandisce la spada;
a destra, un carro per i druidi e le sacerdotesse che intonano al cielo il canto di vittoria,
mentre al centro i prigionieri vengono fustigati dai guerrieri mentre i bambini li indicano e ridono.
I romani poterono poi tornare in Italia
La visita al museo di belle arti di Losanna é un ulteriore conferma di come l'arte può andare perfettamente a braccetto della storia, se non addirittura superarla rappresentando scene mitizzate che si discostano dalla realtà dei fatti.
Ma come sempre é bello lasciarsi cullare e per un momento credere che i fatti furono proprio come il pittore ha deciso di comunicarci.
*sospiro*
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