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Dialetto, aneddoti e freddure di Airolo e dintorni parte 8

A 10 mesi dell'ultima pubblicazione ecco un nuovo capitolo sul dialetto di Airolo. Una manciata di colorite cognizioni non possono far altro che far sviare il pensiero dalle paturnie quotidiane per qualche istante.

Qui e precedenti 7 parti

l'é bè franch u temp da métass dré a fè fünerái u méss sgiüg či én su tücc a maisgénč, non è proprio il momento di fare funerali il mese di giugno quando tutti sono ai monti, frase detta di sé stesso, in pericolo di morte all'ospedale, da un contadino di Fontana per discrezione verso i compaesani indaffarati in quel periodo

frécc s.m. freddo - scherzoso detto anche čaut di chèl tudéšč, letteralmente caldo tedesco da Kalt

frenör s.m. frenista; prob. franc.
professione, a suo tempo, di molti airolesi; alcuni di loro famosi, anche in seguito alle dure condizioni di lavoro perché esposti a tutte le intemperie, come forti bevitori e non di gazósa

fruch agg. fisso, stretto, saldo in senso fisico e morale

Fulàna soprannome di un originale personaggio che viveva solitario nelle vicinanze della Sèra a Stalvedro dove esiste ancora šprüi t Fulàna, la sua roccia riparo; suo intercalare preferito era santu de cricu; in un accesso d'ira uccise una mucca scaraventandole una sciabola - u sciàbul t Fulàna - ne bollì e ne mangiò la carne in compagnia di alcune comari fra cui la Furmia ròssa, la formica rossa, sue amiche; il giudice del tribunale di Leventina, Costantino Ramelli, rientrato dall'Australia dove era emigrato in gioventù scendeva a piedi da Nante a Faido per le incombenze della sua carica; d'inverno portava fino a Stalvedro i čauzètói, specie di gambali fatti con il panno tessuto in casa che lasciava in custodia a Fulána fino al suo ritorno per proseguire il viaggio con le sole scarpe - i čauzéi; top. Pèzza t Fulána, appezzamento di prato della famiglia Tonini, Fóss dét Fulána.

Gola dello Stalvedro, 1895

s'i pudéssan i lassarön gnè nè fò l füm dét čè, se potessero non lascerebbero neanche uscire il fumo di casa, detto di gente che non lascia trasparire nulla né di sè né della propria famiglia;

furtünó mé n čégn in gésa, fortunato come può essere un cane che compare in chiesa durante una funzione;

furufuru s.m diarrea;
véi u furufuru, aver la diarrea; cfr. curént, sciòira

parla quant ču pissa i galìn, lett. parla quando orinano le galline, mai quindi

i bévaröss fò intéra un öf t la ròla ma i ò ščavisi dal gall: berrei volentieri un uovo dal guscio, ma l'embrione mi fa schifo

ma si l'é bè na bèla tósa ma quant č' la gigna u pèr ču végn šgiü n gartégn di cálcan, sicuro è una bella ragazza ma il suo riso ricorda un cancello che si scardina (Fontana);

gnòla s.f. muco nasale;
maé gnòla, lett. inghiottire muco in senso figurato prendere freddo, anche maè frècc

manè queidügn in gòrda, aver qualcuno sotto stretto controllo;
espr. usata anche nel senso di accompagnare un elettore al seggio elettorale per poterlo controllare ed essere sicuri che voti la scheda preparatagli;

Si racconta di un giudizio quasi salomonico emesso da Francu t San - Franco Dellavecchia - di Fontana famoso per le sue sortite; chiamato ad arbitrare fra due contendenti alquanto alticci quale delle loro mogli, per la verità piuttosto bruttine, fosse la più bella sentenzio: s'i füssan fò sü la Féra tachéi a na štènga i tödaro fò la gòrda e i lassarö nè tücc dó, se fossero sulla Fiera, cioè sul luogo dove si tiene il mercato del bestiame, legate a una stanga leverei e mi terrei la corda - sottinteso unica cosa di valore - e me ne infischierei di tutte e due.

Fiera del bestiame ad Airolo, inizio 900

Indianerquartier n. loc. la parte occidentale del paese detta anche Fiüra; forse gergo famigliare; com. Dina Beffa.

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