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Sette brevi lezioni sullo stoicismo

Ben lungi di pretendere di essere un maestro di vita mi limito a riportare (di nuovo) frasi e pensieri di filosofi vissuti nell'antichità che sono però ancor oggi perfettamente applicabili, e, dal mio personalissimo punto di vista, semplicemente amabili.

La morte di Seneca, uno dei maggior fautori dello stoicismo

1. Sotto controllo e fuori controllo

Il Manuale di Epiteto si apre con una spiegazione piuttosto scarna di quali cose egli ritiene «dipendano da noi» e quali no. Le cose che possiamo controllare, ossia le cose in nostro potere, includono i nostri giudizi, gli impulsi e i desideri. Praticamente tutto il resto, suggerisce Epiteto, è sostanzialmente fuori dal nostro controllo, inclusi il nostro corpo, i nostri averi, la nostra reputazione e il nostro successo nel mondo. Egli prosegue affermando che gran parte dell'infelicità umana si deve semplicemente a un errore di classificazione, deriva cioè dal pensare di avere il controllo di cose che in realtà non controlliamo.

È forse utile chiarire un po' il concetto.
Tutti noi ci troviamo a svolgere piú ruoli.
Alcuni possiamo sicuramente cambiarli, se vogliamo: nessuno pensa che si debba restare vincolati a un mestiere avvilente o a una relazione infelice. Ma ci sono altre cose connesse piú strettamente alla condizione umana per le quali non c'è molto da fare. Nessuno di noi ha scelto nazionalità, genere, età, colore della pelle o orientamento sessuale, eppure tutte queste cose avranno un impatto significativo sulla forma delle nostre vite.

È anche importante ricordare che, benché abbiamo il controllo delle nostre azioni, non abbiamo il controllo dei loro esiti. Le cose non vanno sempre come avremmo sperato o voluto. Talvolta ciò accade perché non abbiamo agito nel modo migliore possibile, ma altrettanto spesso dipende da altri fattori che si sottraggono al nostro controllo. 

Prima di Epiteto, lo stoico Antipatro aveva tracciato un'analogia con il tiro con l'arco: anche un esperto tiratore può a volte mancare il bersaglio perché il vento può deviare il corso della sua freccia. Per questo, non c'è assolutamente niente che l'arciere possa fare. 
Lo stesso accade in ambito medico: indipendentemente da quanto bravi siano i dottori, talvolta fattori esterni al loro controllo fanno sí che non riescano a salvare un paziente. Gli stoici pensano che tutta la vita sia cosí. Possiamo forzarci di fare del nostro meglio, ma non possiamo mai controllare completamente il risultato. 

Se leghiamo la nostra felicità al raggiungimento del risultato, corriamo il rischio di essere spesso delusi, ma se il nostro obiettivo è semplicemente fare del nostro meglio, allora niente può ostacolarci.

2. La riflessione

Marco Aurelio descrive pratiche di riflessione mattutina con cui si prepara al giorno che inizia, esaminando quali sfide è probabile debba affrontare cosí da trovarsi in una posizione migliore per superarle.

Analogamente, Seneca delinea un processo di riflessione serale in cui ripercorre la sua giornata, valutando che cosa ha fatto bene, dove la sua attenzione può essere venuta meno e come potrebbe fare meglio il giorno successivo. 

Epiteto si spinge ancora piú in là: come il timoniere che governa la nave, anche noi dobbiamo restare concentrati in ogni singolo momento della giornata, preparati a qualsiasi cosa possa accadere dopo.

Dobbiamo avere i nostri principi filosofici fondamentali sempre a portata di mano, cosí da non ricadere in giudizi errati. Questa è filosofia come pratica quotidiana e modo di vivere.

3. La gestione delle emozioni

Gli stoici affermano - questo è un punto importante - non che dovremmo negare o reprimere le nostre emozioni, ma che dovremmo cercare di evitare di lasciarle insorgere. Un altro punto importante è che gli stoici non pensano che si possa semplicemente schioccare le dita e rimuovere un'emozione. Non basta dire «penserò a questa cosa in modo diverso» perché l'ira o l'afflizione spariscano magicamente.

Per Crisippo avere un'emozione era paragonabile a correre troppo veloci. Una volta che abbiamo acquisito una certa velocità, non possiamo semplicemente fermarci. Il movimento è fuori controllo, ed essere preda di un'emozione è una cosa molto simile. Quindi non possiamo semplicemente spegnere a piacimento un'emozione indesiderata, ma ciò che possiamo fare è cercare di evitare che la successiva prenda velocità fino al punto di diventare incontrollabile.

Questo sembra chiaro nel caso dell'ira.
Quando qualcuno è adirato, veramente adirato, l'emozione prende il sopravvento e diventa impossibile ragionare con lui.

Nel suo trattato "L'ira" Seneca descrive emozioni come l'ira e la gelosia in termini di pazzia temporanea. Rifacendosi all'immagine di Crisippo del correre cosí veloce da non potersi fermare, Seneca paragona l'essere in preda all'ira al cadere dalla cima di un edificio e precipitare verso terra, completamente fuori controllo.

Ricordati che quello che ti offende non è né colui che ti ingiuria, né colui che ti colpisce, ma il tuo giudizio che ti fa pensare che queste persone ti oltraggiano. Perciò quando qualcuno ti irrita, sappi che è il tuo giudizio di valore a irritarti.

Questo è il motivo, continua, per cui è importante non reagire in modo impulsivo agli eventi. 
È essenziale fare una pausa, prendersi un momento per riflettere su ciò che è appena successo, prima di formulare un giudizio al riguardo. 

Se qualcuno ci muove delle critiche, dobbiamo fermarci a considerare se ciò che dice sia vero o falso. Se è vero, allora ha messo in luce una mancanza che possiamo ora affrontare. In questo caso, ci ha fatto un favore. Se ciò che dice è falso, allora è in errore e l'unico a essere danneggiato è lui. In entrambi i casi, noi non subiamo alcun danno dalle sue osservazioni critiche. L'unico modo in cui le sue osservazioni potrebbero causarci un danno reale e serio è se noi ci lasciassimo trascinare in uno stato di ira.

4. Le avversità come occasione per crescere

Seneca pensa che dovremmo accogliere le sventure e le avversità come cose che ci possono giovare. L'uomo di valore, dice, tratta tutte le avversità come un esercizio utile a rafforzarlo
Seneca traccia un'analogia con il lottatore che trae beneficio dalla sfida con avversari forti e che perderebbe le sue abilità se affrontasse sempre solo soggetti piú deboli. Il lottatore arriva a mettere alla prova le sue capacità solo quando affronta un vero avversario e un duro scontro serve anche da allenamento in modo che egli possa sviluppare il proprio talento. L'avversità nella vita funziona in modo simile: ci permette di mostrare le nostre virtú e le esercita in modo che noi possiamo migliorare. 
Se riusciamo a rendercene conto, accetteremo di buon grado l'avversità quando arriva.

5. La premeditazione dei mali futuri

Marcia aveva perso uno dei figli circa tre anni prima, ma la sua sofferenza non si era realmente placata.
Il periodo naturale del lutto si era concluso e ora il suo dolore era diventato un'abitudine mentale debilitante. Era tempo di intervenire.

La parte piú interessante della risposta che Seneca dà a questa situazione è la sua spiegazione di quella che è talvolta chiamata «premeditazione» dei mali futuri. Questa era una pratica raccomandata dagli stoici piú antichi, in particolare da Crisippo. L'idea è che si dovrebbe riflettere su cose potenzialmente cattive che potrebbero accadere, cosí da essere piú preparati a superarle se accadessero davvero. Il problema di Marcia, suggerisce Seneca, dipende in parte dal fatto che lei non aveva mai riflettuto adeguatamente sulla possibilità della morte del figlio. Eppure tutti sappiamo che, dal momento della nascita, ognuno è destinato a morire. Non si tratta di qualcosa che semplicemente potrebbe accadere, è qualcosa che necessariamente accadrà.

Seneca dice a Marcia, e a noi, una serie di cose che forse preferiremmo non sentire: siamo tutti vulnerabili; i nostri cari inevitabilmente moriranno, e potrebbero farlo in qualsiasi momento; la prosperità e la sicurezza che abbiamo, per quanto grandi possano essere, potrebbero venirci sottratte in qualsiasi momento da forze esterne al nostro controllo; anche quando pensiamo che la situazione sia davvero dura, è sempre possibile che peggiori ancora.

In effetti, ciò che Seneca ci sta consigliando è di prepararci per qualsiasi eventualità, incluse quelle che preferiremmo non si verificassero e a cui non vorremmo pensare. 

Semplicemente, non dovremmo dare per scontato che tutto si risolva come speriamo e ci aspettiamo, perché è improbabile che vada cosí. 

Questa è una lezione importante, anche se scomoda.

6. La brevità della vita

In maniera forse sorprendente, egli insisteva sul fatto che 

tutti noi abbiamo un tempo piú che sufficiente, a prescindere da quanto lunga o breve si riveli la nostra vita; il problema è che ne sprechiamo la maggior parte. 

Il pensiero che il tempo sia la cosa piú preziosa che abbiamo può sembrare solo un'altra ovvietà, ma una volta di piú dovremmo chiederci quanti di noi effettivamente vivono con questa idea ben presente in mente.

Nel suo trattato La brevità della vita Seneca dice che, per lo piú, quando siamo veramente pronti a iniziare a vivere, la nostra vita è pressoché passata. 
Non è che la nostra vita sia troppo breve: il problema è che noi perdiamo davvero tanto tempo. Rimandiamo, inseguiamo cose di poco o nessun valore, vaghiamo senza scopo attraverso la vita privi di un reale obiettivo. 

Alcuni aspirano ad avere successo cosí da essere abbastanza benestanti da poter comprare oggetti di lusso che finiranno gettati tra i rifiuti molto prima che le loro vite siano concluse. Cosí facendo essi perdono la maggior parte della vita. 

Altri non aspirano a nulla, limitandosi a vagare attraverso i gesti della routine quotidiana senza alcuna percezione del fatto che la cosa piú preziosa che hanno, il tempo, sta fuggendo via. 

Alcune persone hanno una chiara idea di ciò che vogliono fare, ma, paralizzate dalla paura del fallimento, indugiano e rimandano e inventano scuse per spiegare perché non sia ora il momento di agire. Tutti questi soggetti diversi, dice Seneca, non riescono a vivere.

È solo in rari momenti che la maggior parte delle persone si sente veramente viva. Il grosso della vita non è altro che tempo che passa.

Allora qual è il rimedio? Cosa ci suggerisce di fare Seneca per prendere il controllo della nostra vita e viverla pienamente?

Prima di tutto dovremmo smetterla di preoccuparci di ciò che pensano gli altri. Non cercare di fare colpo su di loro; non cercare il loro favore per assicurarci qualche beneficio. 

Troppe persone si preoccupano di ciò che gli altri pensano di loro, ma prestano poca attenzione al propri pensieri. Sacrificano il proprio tempo agli altri, ma raramente risparmiano tempo per se stesse. 

Però è assurdo, suggerisce Seneca, che qualcuno possa essere cosí attento al proprio denaro e al patrimonio e invece regali con tanta prodigalità il proprio tempo, ben piú prezioso.

È anche necessario tenere a mente la cruda realtà che dovremo morire. Il nostro tempo non è illimitato. Una buona parte del tempo a nostra disposizione è già passata. E non solo: non abbiamo nessuna idea di quanto ce ne resti.

Oggi potrebbe, infatti, essere il nostro ultimo giorno. Forse sarà domani. Potremmo avere settimane, mesi, un paio di anni: la verità è che nessuno di noi lo sa. È fin troppo facile pensare che arriveremo a ottanta o novant'anni, ma forse non tutti ci arriveremo. Questa supposizione potrebbe essere errata e, che lo sia o no, ci incoraggia a rinviare le cose a un futuro che potrebbe non arrivare mai. Seneca schernisce le persone che rimandano tutti i loro progetti e i loro sogni al momento in cui si metteranno a riposo. Sappiamo davvero che arriveremo fino ad allora? E se ci arriviamo, siamo sicuri che saremo in condizioni di salute abbastanza buone per fare ciò che abbiamo rinviato per cosí tanto tempo, qualunque cosa sia? Ma anche se tutto va bene, perché rinviare la vita finché la gran parte non è passata?

Imparare a vivere bene è, paradossalmente, un compito che può richiedere la vita intera. I saggi del passato, aggiunge Seneca, hanno smesso di cercare il piacere, il denaro e il successo per poter concentrare l'attenzione su questo unico compito. Anche se è possibile che non abbiano trovato una risposta concorde al problema, 

Seneca insiste che conservare il proprio tempo e dedicarlo a se stessi sia essenziale

Che cosa dovremmo fare, secondo Seneca, una volta acquisiti questo rinnovato senso del valore del tempo e la determinazione a dare priorità al tempo per noi? Egli scarta subito i giochi e gli sport, cosí come l'attività, molto diffusa in vacanza, che chiama «rosolarsi il corpo al sole». In verità, egli attacca molte delle cose che oggi sono considerate «attività ricreative». Al contrario, raccomanda la filosofia come l'attività piú bella e di maggior valore, intendendola come pensare, imparare, dedicarsi a letture di storia e letteratura, riflettere sul passato e sul presente. Questo è l'opposto del correre su e giú alla ricerca del successo mondano, che, afferma, si ottiene «pagando con la vita».

Il trattato di Seneca è una polemica contro quella che considerava la superficialità della cultura del ceto relativamente benestante nella Roma del i secolo. È sorprendente, e in qualche modo inquietante, quanto tutto questo sia ancora attuale ai nostri giorni. Ci piace pensare che l'umanità sia andata avanti, e sperabilmente migliorata, nel corso degli ultimi duemila anni, ma Seneca ci mostra come molti dei problemi con cui gli uomini sono alle prese oggi non siano diversi da quelli che preoccupavano gli abitanti della Roma imperiale.

Tutto ciò che abbiamo e che amiamo è semplicemente in prestito. Nulla può essere tenuto per sempre, tra l'altro perché noi stessi non saremo qui per sempre. C'è la tentazione di descrivere questo fatto come una tragica, dolceamara verità sull'esistenza umana, ma Epit-teto è molto piú diretto al riguardo:

Se vuoi che i tuoi figli, tua moglie e i tuoi amici restino in vita a ogni costo, sei uno stolto; infatti vuoi che ciò che non dipende da te dipenda da te e che le cose che ti sono estranee siano tue.

7. Gli altri

Ci sono persone con cui è positivo passare il tempo: persone con buone abitudini, persone che seguono il nostro stesso percorso, persone che capiscono e apprezzano ciò che stiamo tentando di fare. Gli ex alcolisti possono trovare incoraggiamento nel loro gruppo di sostegno, ma solo tentazioni tra i loro vecchi compagni di bevute. Epitteto suggerisce che dovremmo considerare tutta la vita in questo modo e che 

dovremmo valutare molto attentamente con chi passiamo il tempo, che influenza può avere su di noi, come potremmo inconsapevolmente finire per imitare ciò che costui pensa e fa.

Epilogo

Molte delle idee che abbiamo considerato sono ben riassunte in un passo di Seneca, nella lettera consolatoria che inviò alla madre, triste per l'assenza di quel figlio che era relegato in Corsica senza sapere quale sarebbe stato il prossimo passo dell'imperatore Claudio contro di lui.

La natura ha fatto sí che non ci fosse bisogno di grandi mezzi per vivere bene: ciascuno è in grado di rendersi felice. Le cose che ci vengono dal di fuori hanno poca importanza e non influiscono gran che né in una direzione né nell'altra: 

il saggio non si lascia esaltare dalla prosperità né abbattere dall'avversità. Si è sempre sforzato di contare soprattutto su se stesso e di cercare in se stesso tutti i motivi della sua gioia.

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