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Val Calneggia

Ci sono quei desideri li nel cassetto, che non sono nemmeno troppo impossibili da realizzare che però per una scusa o l'altra non si portano mai a termine. Una volta per la meteo, una volta perché chi doveva venire con te non può, una volta perché il tempo stringe (come sempre).

Poi un giorno ti decidi e prendi il toro per le corna: oggi ci vado, da solo ma ci vado.

Valle vista dal basso

In italico tratto da "Foroglio e un po' di Val Bavona"

Generalmente le valli, se osservate dal loro imbocco, si aprono allo sguardo: svelano sviluppo e ramificazione, ampiezza e profondità. La Val Calneggia, vista da Foroglio, e quindi dal basso, mostra all'osservatore unicamente la sua sezione, stagliata contro il cielo, come una grande porta aperta a metà versante, oltre la quale si può immaginare una realtà nascosta e misteriosa.

Pure l'acqua della cascata, che sembra scendere dal cielo, fa pensare a una valle ignota, impenetrabile e dimenticata, a un mondo selvaggio.

La Val Calneggia è una valle laterale, sospesa, che si inserisce ortogonalmente nel grande solco della Bavona, incidendo profondamente la dorsale che divide la Svizzera dall'Italia, la Valmaggia dalla Val Formazza, che è l'estremità più settentrionale dell'Ossola, una delle più remote periferie del Piemonte.

La cascata di Foroglio vista dall'osteria la Froda. La val Calnegia si snoda sopra la cascata

In teoria sarebbe sufficiente un tunnel di 9 chilometri tra Foroglio e Valdo (Formazza), per riunire le due comunità: basterebbero meno di 10 minuti d'auto per cancellare il distacco. In realtà la distanza reale, quella che affronta l'escursionista, richiede un lungo percorso che porta a risalire tutta la Val Calneggia, fino al Passo della Cazzòla (2411 metri), per poi scendere a rompicollo sul versante opposto.Un dislivello, solo sul lato svizzero, di 1700 metri, che i contrabbandieri di un tempo dovevano superare seguendo i percorsi della transumanza, risalendo scalinate interminabili e camminando su sentieri da capre, pur di sfuggire a guardie doganali e guardiacaccia. In Calneggia ogni metro costava sudore, fatica, e il passaggio da una realtà all'altra avveniva, soprattutto, per disperazione. bd

In viaggio

Il viaggio ha dal pellegrinaggio, sveglia alle 5, sono salito con la prima posta fino a Foroglio, mi sono incamminato subito verso la cima della cascata, solo due donne con un cane fanno lo stesso tragitto. Mentre salgo continuo a chiedermi come ho potuto aspettare 45 anni prima di recarmi in un posto simile, non sto più nella pelle di sbucare nella valle. Il sentiero che sale a fianco della cascata é nel bosco e ci sono molti gradini, il mio pensiero corre spesso a chi si é tanto prodigato su e giù per quei gradini di sasso negli anni, a chi ha preparato e mantenuto la strada. Eroi.

Poi ad un tratto si sbuca dal bosco e ci si ritrova a tu per tu con una parete rocciosa; comodi gradini sono stati ricavati e c'é addirittura una recinzione a separare l'escursionista dal vuoto.

Highway toi Heaven

Appena finito questo tratto in corrispondenza di un tornante una cappella, forse per pregare che il tratto appena passato non riservasse brutte sorprese.

Poi di colpo si esce dal bosco e ci si ritrova subito davanti ad una delle highlight della giornata: il po0ne di Puntid. Questo piccolo ponte a schiena d'asino si interga perfettamente in un paesaggio da copertina, e in effetti se si cerva Val Calneggia su internet ci si i9mbatte in innumerevoli foto di questo scorcio di paradiso. Ecco quindi un ennesima versione, la mia

Pontid

La voglia di scoprire il resto della valle é più forte che mai, mi incammino sul versante sinistro del fiume in un sentiero quasi sempre all'ombra, moltissimi i sassi più o meno grandi sparsi un po' ovunque, scenario che caratterizza tutta la Val Bavona.

Dopo alcuni minuti di marcia dall'altra parte del fiume intravedo dei pali di legno conficcati in qualche modo ad un grosso macigno. Poco più avanti un ponte che porta verso questo posto...si, ci siamo, sono alla seconda highlight: la Splüia Béla

La Splüia Béla

La costruzione sotto roccia più famosa della Val Calnègia è stata ricavata sotto un lastrone lungo circa
trenta metri staccatosi da un enorme macigno. 
La Splüia Bèla è una casa di pietra e di aria. È nata dall'impatto tra un lastrone lungo una trentina di metri che, dopo essersi staccato da un immenso macigno si è "appoggiato" su un blocco creando una cavità che l'uomo per secoli ha sfruttato, modificato, ampliato.

Sotto questo tetto di sasso ci sono due vani, uno per l'alpigiano (una ventina di metri quadrati), l'altro per gli animali

Il "complesso" della Splüia Béla vista dal sentiero, si intravedono chiaramente i pali di legno sotto il masso

 Il locale piccolo (1) è attrezzato per la lavorazione del latte: il focolare e il tornio che sosteneva la caldaia, una spersola in legno per pressare la pasta del formaggio, il canale di scolo nel quale versare il siero per i maiali. Completano l'arredo il giaciglio e un semplice acquaio formato da lastre di pietra. Nella stalla (2) sono ancora evidenti le strutture della mangiatoia. Attorno alla Splúia Béla si scopre un interessante complesso di vani sotto roccia, il rifugio per maiali o vitelli (3), la cantina per il formaggio (4), il canvetto per le conche del latte (5) e un piccolo deposito (6).

Splüia Béla, a sinistra accesso al locale piccolo (1)

Splüia Béla, accesso al locale piccolo (1)

L'impressionante vano sotto i massi che funge da stalla (2). Qualcuno ci ha passato la notte

L'ultimo abitante della Splüia Béla

A fianco della scala che da l'accesso al locale piccolo impossibile non notare un dipinto; non si tratta della solita immagine iconica religiosa ma quella di un uomo dai tratti particolari, scavati dal tempo e dal sole, Armando Dadò, l'ultimo alpigiano.


Sarebbe stato bello sentire qualche impressione, racconto dell'uomo, sempre il libro "Foroglio e un po' di Val Bavona" mi viene incontro

Arnoldo Dadò (nato nel 1916 e morto nel 2002) è stato l'ultimo alpigiano della Val Calneggia.
Il suo volto - un po' asiatico, un po' esotico - in vari formati e colori, è entrato in tante case ticinesi e migliaia di volte ha valicato il Gottardo e la ramina di Chiasso. Quella faccia, quegli occhi, quelle rughe, quel tremito delle labbra erano inconfondibili, messi assieme sembravano somatizzare l'essenza dell'uomo. La Val Calneggia è diventata la casa della sua vita transumante; prima la Calneggia alta, poi, da vecchio, il fondovalle, alla Spluia Bèla, a intrecciare gerli, a pensare quel che è stato, a raccontare, inesausto, quel mondo che a qualcuno pareva tanto lontano e strano.
Arnoldo l'ho incontrato varie volte. Alcuni brani di un intervista del 19871 - qui liberamente montati -, mi paiono significativi per inquadrare in breve e con poca retorica un personaggio entrato suo malgrado nell'immaginario collettivo.


(...) "Parlo di tanti anni fa. Lassù non si andava a Messa, ma tutte le sere, in cascina, dovevamo recitare, l'intera famiglia, il rosario in versione ridotta. Capitava che noi ragazzini ci si addormentava, in fondo non eravamo poi molto interessati. La festa dovevamo invece dire il rosario intero, i tre terzi. Sull'alpe di Formazzöö vivevano allora tre famiglie, non imparentate, 11-12 persone in tutto. In settimana i contatti erano ridotti al minimo, la domenica si trovava invece un attimo per stare assieme. In caso di bisogno, ad esempio quando si trattava di recuperare una bestia, era una bella cosa essere in tanti, ma quando è rimasto un solo nucleo familiare sono però diminuite le discussioni e aumentato il pascolo".


(...) Ricorda poi con commozione, la voce impastata, la morte di Silvio Balli, il ragazzo quattordicenne alle sue dipendenze, annegato nel laghetto di Formazzoo mentre radunava le bestie.

(...) Si ravviva, subito dopo, per descrivere la paura e lo smarrimento provati il 14 agosto 1972 quando un fulmine lo sfiorò, uccidendo otto maiali, poco distanti.

(...) Se provo nostalgia per l'alpe? "Si, dico di si, almeno un po'. Ho ancora qualche bestia, l'anno 
scorso ho fatto un centinaio di forme, ma non è la stessa cosa. La nostalgia è la teoria dei vecchi".

(...) Arriva il momento del congedo. Gli chiedo: fino a quando in Calneggia? Non ricordo la risposta, ricordo però il suo sguardo ironico, quasi beffardo. Avrebbe voluto rispondermi: "Per sempre, chi mai potrà impedirmelo? Ci andiamo da mille anni"

Géra

Riprendo il viaggio nella valle verso la capitale In Calneggia. Prima di arrivare però un altra highlight non calcolata sul percorso. Subito più a monte di un m ponte intravedo un altra zona con delle costruzioni, verifico sulla mappa, si tratta di Géra. Proseguire senza farci un salto é fuori discussione

Poco prima di giungere all'insediamentio su un sasso é dipinta una madonna con Gesù e le capre che da queste parti facevano parte integrante della vita quotidiana

Welcome in Géra

Appena giungo ho maniera di rimanere nuovamente a bocca aperta, una serie di piccole costruzioni sono raggruppate, come a farsi forza, a tenersi compagnia. Dietro di loro un enorme parete rocciosa. Il luogo é suggestivo, inoltre non c'é nessuno in vista.

Géra

Un paio di grossi massi attirano la mia attenzione poco più avanti, e come facilmente immaginabile si tratta di un ennesimo anfratto presente nella valle. È grande, secondo solo alla stalla della Spluia Béla. Sono stati costruiti dei muretti

Sulla sinistra i due massi che formano un Splui dalle dimensioni ragguardevoli

Lo splüi son la "S" di Géra

In Calneggia

Proseguo il viaggio risalendo la valle, mi manca di arrivare nella capitale, poi il sentiero inizia a montare ma mi fermerò.

Dopo un buon km nel bosco la valle curva e nella radura sotto la montagna appare In Calneggia. Il classico raggruppamento di case dove uno che ne ha piene le balle della vita sul fondovalle vorrebbe ritirarsi, almeno per qualche mese.

In Calneggia 

Entro nell'agglomerato, sono diversi i segni che mi fanno capire che il paese é frequentato o lo é stato di recente. Più avanti infatti incrocio un uomo che nervosamente continua a far avanti e indietro dalla sua microbaita. Nella mia mente lo nomino "sindaco di Calneggia con ulteriori mansioni doganali e di polizia". Infatti non mi perde d'occhio un secondo, addirittura quando ricomincio a ridiscendere la valle mi segue a distanza fino all'uscito della capitale

In Calneggia e uno sguardo sulla parte superiore della valle

Rientro a Foroglio dallo stesso sentiero, mi fermo di nuovo a Géra e alla Splüia Béla.
Arrivato a Foroglio mi fiondo nell'osteria la Froda, faccio lo spaccone e chiedo in dialetto di Airolo "n'a tajéda" giusto per marcare il territorio e segnalare la presenza di un ticinese nell'ammasso di turisti extraticinesi, extraelvetici ed extraeuropei, credo di essere l'unico.

Il gestore mi da subito un posto, risponde in dialetto e mi dice che i salumi sono solo della Migros. Seguono copiose risate.

Com'era già? Ah si, per il mondo non sarai nessuno ma per qualcuno sei il mondo

La valle descritta dai bavonesi

Questo tratto orizzontale è un caso unico sui versanti bavonesi, ma il sentiero poi si impenna per raggiungere la parte alta, ramificata ed espansa a formare un vasto circo glaciale, e coronata da creste stagliate contro il cielo e da vette imponenti. È una valle secondaria estesa (circa 20 kmq), un grande imbuto che raccoglie pioggia e neve e che convoglia le acque verso la cascata, svelando cosi a tuti le risorse, la forza e la vitalità di quel territorio nascosto agli sguardi. La Val Calneggia è la valle dell'acqua non domata dall'uomo, della pietra - materia primordiale che ne forma l'ossatura - e dell'uomo antico, pastore e cacciatore.

Innumerevoli rivoli d'acqua formano ben cinque laghi posti oltre i 2000 metri (laghi della Crösa e di Formazão, lago d'Orsalía). I ruscelli scorrono su nude rocce, e su un lungo tratto di quasi un chi-lometro, a Gèra, l'acqua del torrente principale s'infiltra nel terreno lasciando il greto asciutto.

La Calneggia è il regno della pietra, che affiora ovunque, compatta e liscia, verticale e incisa da forre, frantumata a formare detriti di falda e ciclopici macigni che ingombrano il fondovalle, soggetta a un'erosione e spostamento incessanti dovuti alla forza dell'acqua. Un avvincente paesaggio infernale e caotico.Meravigliano pure le tracce lasciate dall'uomo che qui, simile al larice, ha saputo attecchire tra tante pietre, in una simbiosi che lo ha portato in parte ad adattarsi alla roccia e in parte a piegare la roccia stessa ai suoi bisogni.

In Val Calneggia sono state censite 131 costruzioni sottoroccia, che hanno permesso di sfruttare massi sporgenti o sovrapposti, antri e cunicoli naturali, fungendo da abitazione temporanea, da stalla per vacche, da rifugio per animali, da cantina e da deposito di attrezzi e prodotti diversi.

Questo utensile ha il nome di capra, spluia béla

Per diverso tempo hom immaginato il suo utilizzo fino a vederla finalmente all'opera durante la giornata dei castelli a Bellinzona il 5.10.2025

Fabbricazione di un arco con l'ausilio della capra

La cascata

Da ultimo ma non da ultimo il simbolo per eccellenza di Foroglio: la cascata

La cascata di Foroglio è uno spettacolo grandioso e apparentemente perenne, già offerto dalla natura ai primi abitatori della valle suscitando in loro lo stesso stupore che proviamo noi ora. In realtà questo è un paesaggio effimero: costruito, destinato a evolvere e a invecchiare, per poi sparire.

Una cascata si forma solo dove c'è un dislivello molto accentuato che, nel caso di Foroglio, venne creato dal congiungimento di due ghiacciai. Il primo, gigantesco e possente, scendeva dall'alta Val Bavona; il secondo, più ridotto e meno vigoroso, raccoglieva le nevi perenni della Val Calneggia. Al loro scioglimento (tra 8000 e 10'000 a.C.), vennero alla luce due solchi vallivi, simili fra loro per forma, l'uno figlio dell'altro, ma con ampiezza e dislivelli diversi. Una valle principale e una valle laterale sospesa, collegate fra loro dal filo d'acqua della cascata.

Altrettanto lentamente e incessantemente, come fa il ghiaccio, pure l'acqua erode la roccia e trasforma il paesaggio. L'acqua che precipita dall'alto del dirupo taglia la roccia nel bordo alto e la erode alla base; con il tempo il torrente si incastona sempre più fino a scomparire alla vista, per poi scorrere incassato tra due strette pareti. In un futuro geologico Foroglio si troverà allo sbocco di una profonda gola. Affrettatevi a visitare la cascata, fra alcune decine di migliaia d'anni sarà scomparsa.


Nel XX secolo la cascata di Foroglio ha corso due volte il rischio di scomparire.

La prima a causa di un progetto che venne elaborato agli inizi del '900 dalla Motor Columbus e che prevedeva la captazione delle acque a monte della cascata, acque poi da convogliare verso le turbine di una centrale che sarebbe dovuta sorgere a Cevio. Lo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1914, contribuì a far naufragare l'idea.

Poi, all'inizio degli anni Sessanta, l'Ofima, nell'ambito di una progettata terza fase di lavori idroelettrici, pensò di raccogliere le acque della Val Calneggia e di Antabbia e di convogliarle con una galleria sotto il massiccio del Basodino fino al bacino di Robiei.
Non se ne fece niente, anche perché l'idea di sacrificare la cascata di Foroglio fu giudicata insopportabile.

A questo riguardo, sul Giornale del Popolo del 14 giugno 1960, Plinio Martini scrisse:

 "È persino incredibile che a qualcuno possa venire in mente di spegnere quel canto e di offendere tanta bellezza, guastando uno dei paesaggi più ammirati del nostro cantone"

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