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La vena del palafreniere

Non si finisce mai di imparare, e dopo 45 anni di esistenza scopro l'esistenza di parole come palafreno e palafreniere.

Questo capita perché sfogliando un libro che raggruppa 1000 dipinti mi imbatto in un impressionante quadro di Caravaggio. Leggendo poi la descrizione scopro l'esistenza di questi due nomi strettamente legati

Conversione di San Paolo

Caravaggio (1571-1610) fu artefice di una considerevole trasformazione dell'arte religiosa del proprio tempo introducendo una composizione spavalda e un senso del realismo privo di compromessi che conferiva ai suoi dipinti un'autentica immediatezza. Questa tela è una delle sue opere più famose, realizzata quando l'artista era all'apice della propria creatività. L'episodio biblico che racconta la conversione di Paolo rappresentato frequentemente dagli artisti del tempo.

Cittadino romano e accanito persecutore dei cristiani, Saul si trovava sulla strada per Damasco quando venne scaraventato giù dal suo cavallo e accecato dalla luce divina. A seguito della conversione cambiò il suo nome in Paolo. 

Come di consueto, l'artista pone in secondo piano l'elemento soprannaturale, riducendo i celestiali raggi accecanti a un modesto bagliore nell'angolo in alto a destra. Il processo della conversione del santo viene interiorizzato, tanto che il rozzo palafreniere ne è del tutto ignaro e si preoccupa piuttosto di calmare il cavallo imbizzarrito. Le autorità accusarono Caravaggio di aver sminuito la santità della tematica religiosa occupandosi invece degli aspetti più squallidi, come le vene delle gambe del palafreniere o il ruolo dominante del cavallo. Tuttavia, il talento di Caravaggio era riconosciuto ai più alti livelli. La Conversione di san Paolo era stata infatti commissionata da Tiberio Cerasi, tesoriere generale di papa Clemente VI, per la sua cappella privata nella Chiesa di Santa Maria del Popolo. Il dipinto veniva osservato di lato, e questo spiega la prospettiva e lo scorcio esagerati.

Dal Treccani

palafréno (ant. pallafréno) s. m. [lat. tardo paraverēdus «cavallo di rinforzo», composto ibrido del gr. παρά «presso, accanto» e del lat. veredus «cavallo di posta», di origine gallica, con influsso di freno], letter., non com. – Cavallo da sella, non da battaglia, dei cavalieri medievali; più genericam., cavallo nobile, da viaggio o da parata: Cuopron d’i manti loro i palafreni, Sì che due bestie van sott’una pelle (Dante); trovarono in luogo de’ loro ronzini stanchi tre grossi pallafreni e buoni (Boccaccio).

Il palafreno era considerato una cavalcatura appropriata per le donne

Alla domanda: “Ma tu, di cosa ti occupi esattamente?” Ho risposto proponendo l’immagine del palafreniere: “Aiuto le persone a salire sul loro cavallo affinché trovino la strada più agevole per raggiungere i loro obiettivi”.

palafrenière (o palafrenièro) s. m. [der. di palafreno]. – Chi, in passato, era adibito alla custodia e al governo di un palafreno, e camminava alla staffa del signore; valletto con funzione di staffiere: arrivati all’uscio di strada, trovarono le due cavalcature in ordine: l’innominato saltò su quella che gli fu presentata da un palafreniere (Manzoni). Nell’ippica, chi ha cura dei cavalli da corsa (sinon. di artiere ippico): i cavalli vincitori ripercorrevano poi la via al passo guidati dai p. (De Roberto). Nell’esercito, appartenente a speciali reparti dell’arma di cavalleria distaccati presso le scuole militari per l’addestramento all’equitazione degli allievi delle scuole stesse

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