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12 fotografie per Dachau

Non ho girato molto fuori dai confini nazionali, (per ora) eccezione per le città poco distanti dal confine come Milano, Costanza, Monza e Como.

Ci sono però delle eccezioni: durante un soggiorno ad Augusta periferia (sottolineo periferia) ebbi l'occasione di visitare un campo di concentramento poco distante e annoverato tra i più tristemente famosi: Dachau. Era il 27 agosto 2019

Pochissime le foto che sono riuscito a recuperare di quel giorno. Questo anche perché furono poche quelle che scattai, 12 per l'esattezza, riconoscibili nel post perché scritte in bianco su sfondo nero. Fu per vergogna, il disagio prendeva il sopravvento. Sono ancora meno se si considera che le prime sei non hanno nemmeno a che vedere con il lager vero e proprio ma con la situazione politico economica che precedette il suo avvento

A 6 anni di distanza riapro il libro dei ricordi e partendo dalle 12 foto ricostruisco la mia (purtroppo troppo veloce, non ero solo) visita. In realtà avrei voluto almeno leggere, osservare, sostare più a lungo ma non ne ebbi modo. Riesco però finalmente a scovare in rete buona parte del contenuto del museo lager di Dachau e nella tranquillità della mia scrivania riesco a completare la visita iniziata 6 anni fa partendo appunto dalle 12 immagini e vaghi ricordi impressi nel 2009

Reportage fotografico sul campo di concentramento di Dachau pubblicato sul “Beobachter”,
3 dicembre 1936 (estratto)
Foto: Friedrich Franz Bauer per conto delle SS

“Dachau... è un programma”,
 dall'80 al 90 per cento di questi 2000 detenuti... sono miscugli di razze incrociate e malridotte con sangue ebreo, negro, mongolo o - che il diavolo lo sappia - di qualsiasi altra razza... Non devono morire, ma devono estinguersi... Quando questa parte malata, perché estranea, del nostro sangue tedesco sarà stata una volta spazzata via e scomparsa senza lasciare traccia, solo allora il futuro del nostro popolo sarà definitivamente assicurato! ...
Tutto sommato, Dachau oggi non è più un episodio, è un programma e uno slogan per tutti coloro che non sono né in buona fede né di buona volontà: “Attraverso Dachau verso il nazionalsocialismo e il Terzo Reich!”

Rapporto del deputato del Reichstag del NSDAP a Dietrich nel “Coburger Zeitung”, 28 giugno 1933 (estratto) 

I campi di concentramento

Fotografia Nr.1 - Campo di concentramento di Dachau

Fotografia Nr.1 
Il piazzale d'appello di Dachau

In data 22 marzo 1933 il regime nazista aprì un campo di concentramento su un’area dismessa, precedentemente destinata ad una fabbrica di munizioni e polvere da sparo. Il sito, passato alla storia come luogo di arresto e terrore, rimase aperto per dodici anni e, tra lager centrale e campi secondari, furono internati più di 200.000 detenuti provenienti da più di 40 nazioni. Almeno 41.500 persone persero la vita a causa di fame, malattie, torture, omicidi o per le conseguenze della detenzione.

Dachau dall'alto, a sinistra il piazzale della foto Nr.1. 

Il 29 aprile 1945 le truppe statunitensi liberarono il campo dei detenuti e il governo militare americano decise di usarlo come Displaced Persons Camp. A luglio dello stesso anno, l’area venne utilizzata come campo di internamento per ex nazisti che si erano macchiati di gravi reati e nel 1948, lo Stato Bavarese, decise di utilizzarlo come campo per rifugiati.

Nr. 2 il piazzale d'appello

Fotografia Nr.2 - Banconota da 10 miliardi di Marchi

Saremmo molto ricchi con 1 miliardo di marchi nel 1923? Se pensiamo che una pagnotta di pane costava l’equivalente di 3 miliardi di euro, possiamo concludere che no, non lo saremmo stati! Tuttavia, queste banconote fanno parte della storia monetaria mondiale e sono una delizia per i numismatici e altri collezionisti di banconote.

Contrariamente a quanto si può pensare, l’inflazione tedesca non iniziò dopo la Prima Guerra Mondiale a causa dei debiti di guerra. Risale a molto prima. È nel 1914, all’inizio della guerra, che inizia questo periodo. Finanziare una guerra non ha costo zero, e la Germania, come i suoi oppositori, sta attraversando un periodo di privazioni.

Alla fine della guerra, il debito tedesco ammontava a 150 miliardi di marchi! Il trattato di Versailles, firmato nel 1919, non è servito a granché. Oltre alle ricche regioni perdute (Alsazia, Lorena e Saarland a beneficio della Francia, dei cantoni belgi dell’Est, di un terzo della Slesia per la Polonia, tra gli altri….), la Germania deve ottemperare a ingenti debiti di guerra per riparare i danni causati dalla sua incursione in Belgio e Francia. L’importo da rimborsare è fissato in 132 miliardi di marchi d’oro a partire dal 1914. Naturalmente, la Germania non ha questo importo. Va notato che all’epoca la ricchezza prodotta in tutta la Germania era pari a 3 miliardi di marchi all’anno. Peggio ancora, le sue colonie e il loro contributo finanziario vengono confiscati.

Fotografia Nr.2 
 La banconota da dieci miliardi fu emessa in Germania nel 1923 (Repubblica di Weimar) in un momento di crisi economica senza precedenti.
La Banca del Württemberg stampa tre miliardi di banconote tedesche. La banconota da 10 miliardi (due tirature: 30 novembre e 31 dicembre 1923).

Nel 1922, Wilhelm Cuno salì al potere. Cerca di raggiungere un accordo con la Francia per rinviare i termini di pagamento del suo paese, ma la Francia rifiuta.

Fotografia Nr.3 - Andamento dei prezzi per i cibi di primo consumo 1914 -1925

Le monete non vengono più fabbricate perché il costo di fabbricazione è superiore al loro valore. Oltre alla banca centrale tedesca, che immette costantemente nuove banconote nell’economia, diversi altri operatori economici del paese emettono banconote.
La negoziazione di valuta sta cambiando in modo significativo. Ad esempio, nel luglio 1922 un dollaro valeva 420 marchi, nel gennaio 1923 ne valeva 49.000, e nel novembre 1923 era stimato a 4.200.000.000.000.000.000.000.000.000!
La velocità dell’inflazione è tale che i lavoratori sono pagati due volte al giorno! Una birra si acquista per 4 miliardi di marchi!

Fotografia Nr.3

Nell’agosto 1923, di fronte alle dimensioni della crisi, Cuno si dimette. Viene sostituito da Gustav Stresemann, che nel 1924 compì tre importanti passi avanti:

– Vieta l’emissione di valute private.
– Riduce il numero di metodi di pagamento a disposizione dei tedeschi.
– Opta per il congelamento dei crediti.

Blocca anche la speculazione estera rifiutando di restituire il capitale in una valuta diversa dal Rentenmark. Lanciata nel dicembre 1923, questa moneta si basa sulla ricchezza agricola e industriale del paese.
Nel giro di pochi mesi, l’economia tedesca viene salvata. Già nel 1925, i paesi stranieri tornano in Germania per investire il loro capitale. Rimase fiorente fino al 1929.

Fotografia Nr.4 - la giornata della bandiera imperiale

Con almeno 1,5 milioni di membri, la Reichsbanner Schwarz-Rot-Gold, fondata nel 1924, era la più grande organizzazione democratica della Repubblica di Weimar. Negli anni precedenti, la giovane repubblica era stata oggetto di attacchi da parte di estremisti di destra e di sinistra. Omicidi politici e tentativi di rivolta hanno scosso la democrazia. Nel Reichsbanner si impegnarono persone senza partito e membri del Partito socialdemocratico tedesco (SPD), del Partito democratico tedesco liberale (DDP) e del Partito cattolico del Centro (Zentrum). L'obiettivo dell'associazione era difendere la democrazia dai suoi nemici. I nemici del Reichsbanner erano nazionalsocialisti, monarchici e comunisti. Il Reichsbanner si impegnò in modo particolare per la prima democrazia parlamentare in Germania. 

Immagine in alto: Manifesto per la celebrazione della Costituzione federale del Reichsbanner l'11 e il 12 agosto 1928 a Francoforte sul Meno. © Bundesarchiv, Plak 002-021-023/ Hans Scheil

Uno dei compiti principali del Reichsbanner era la protezione delle riunioni e delle manifestazioni politiche. Un altro obiettivo era l'educazione politica. Molto prima del 1933, l'associazione repubblicana attirò l'attenzione sulla minaccia di distruzione della democrazia da parte dei nazionalsocialisti. Verso la fine della Repubblica di Weimar, i membri del Reichsbanner si opposero sempre più al movimento nazista. Per difendersi da esso, nel 1931 l'SPD, le organizzazioni di massa a lui vicine e il Reichsbanner formarono l'alleanza “Eiserne Front” (Fronte di ferro).

Biglietto adesivo del Fronte di ferro per le elezioni del Reichstag del 31 luglio 1932 con il simbolo del Fronte di ferro che scaccia la svastica. L'invito a curare la “mania di grandezza” di Hitler si riferisce all'aumento dei voti auspicato dal partito nazista. © Bundesarchiv, R 9350/723

Le Giornate del Reichsbanner (anche: Reichsbanner-Gau-Tage) erano incontri dei membri; l'arrivo avveniva con le bandiere nere, rosse e dorate nelle piazze delle feste. Altre giornate del Reichsbanner si tennero in diverse parti del paese, tra cui Amburgo dall'11 al 13 aprile 1925, Dortmund il 3 e 4 ottobre 1925, Hannover nel luglio 1926, Brandenburg an der Havel nel maggio 1928 e Braunschweig e Meißen nel 1929.
L'11 agosto, giorno della costituzione della Repubblica di Weimar, le celebrazioni sono state celebrate con bandiere e stendardi neri, rossi e dorati, con l'aquila imperiale in cima ai pennoni.

Fotografia Nr.4
 Magdeburgo. La giornata della bandiera imperiale “Nero-Rosso-Oro” si è svolta il 22 febbraio 1925 a Magdeburgo con la partecipazione di centinaia di migliaia di repubblicani. Vista a volo d'uccello dei centomila repubblicani riuniti in piazza del Duomo a Magdeburgo.

Fotografia Nr.5 - Manifesto elettorale del DDP (Deutsche Democratik Partei)

Siamo nel 1926. Ogni vero democratico tedesco doveva essere cauto, poiché nemici e traditori potevano essere in agguato dietro ogni angolo, potevano essere vicini, familiari, nella casa accanto o addirittura nella tua, motivo per cui qualsiasi discorso e comportamento traditore doveva essere segnalato per assicurarsi che tali nemici dello Stato nazionale tedesco, della Repubblica e della Democrazia non fossero in grado di sabotare il vero governo di Berlino, o il loro sforzo bellico contro questi traditori estremisti rivoluzionari, ribelli e gruppi che causavano disordini. 

Fotografia Nr.5
Theo Matejko: Pulisci il Reich! Vota i Democratici Tedeschi! LISTA 6. Manifesto elettorale del DDP (1928) Stampa Hugo Sensch, Berlino SO 16. Riproduzione dal libro Anschlag. Deutsche Plakate als Dokumente der Zeit, 1900-1960, pubblicato nel 1963. 122 fogli nei colori di stampa e carta degli originali

Poiché si trattava di una rivoluzione contro la Repubblica Democratica Tedesca e coloro che avevano preso le armi contro di essa erano traditori, la maggior parte dei loro leader catturati sarebbe stata processata e giustiziata per alto tradimento, mentre coloro che li avevano seguiti sarebbero stati imprigionati, sia nei campi di prigionia, sia nei campi di lavoro forzato, dove dovevano lavorare duramente per la Repubblica Democratica Tedesca e contro i traditori che si erano sollevati in armi contro il legittimo governo di Weimar a Berlino e la Repubblica Democratica Tedesca nel suo complesso.

Fotografia Nr.6 - la nostra ultima speranza: Hitler

Il poster è una riproduzione tratta dal libro “Anschläge: deutsche Plakate als Dokumente der Zeit, 1900-1960; 122 Blatt in den Druck- und Papierfarben der Originale”, catalogato nella Biblioteca LBI con il numero di riferimento r (f) DD 232.5 A7 1963.

In sintesi: il poster mostra un'illustrazione in bianco e nero di una folla cupa di persone (giovani, anziani, uomini d'affari, operai, donne e uomini) che riempiono una strada

Fotografia Nr.6
Mjölnir, 1901-1980, artista - Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, ideatore
Titolo - La nostra ultima speranza: Hitler - 1932

Questo manifesto, del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP), intende rappresentare il crescente numero di disoccupati in Germania: nel 1929 erano 2,8 milioni, nel 1930 4,4 milioni, nel 1931 5,7 milioni, nel 1932 5,8 milioni, nell'inverno 1932/1933 6 milioni. Ciò crea un clima favorevole alla crescita dei partiti di destra. Dopo il discorso di Hitler all'Industrial Club di Düsseldorf nel gennaio 1932, i leader dell'industria fecero donazioni significative alla campagna elettorale nazista. Nel frattempo, il Partito Comunista Tedesco non gode dello stesso livello di sostegno.

Fotografia Nr.7 - La routine del lager

Con le ultime sei foto entriamo in punta di piedi nella realtà del lager. Sei rapidi sguardi, per nulla completi, per nulla soddisfacenti,per lasciare anche solo intuire le sofferenze e la completa assenza di pietà

Fotografia Nr.7 
Giornata tipo dei prigionieri dal 1938, redatta da Otto Kohlhofer (prigioniero nel campo di concentramento di Dachau dal 1938 al 1945), metà degli anni '60

Detenuti che presumibilmente dovevano presentarsi davanti alla Jourhaus in occasione di una visita, 28 giugno 1938
 Foto: Friedrich Franz Bauer per conto delle SS Archivio federale, sede distaccata di Ludwigsburg 1306 »

Quando arrivammo a Dachau, trascinati dal treno nel campo e picchiati in un angolo, iniziò una sorta di interrogatorio pubblico da parte di un intero branco di cosiddetti ufficiali ... Ogni battuta sporca trovava il suo applauso entusiasta. Ogni sfacciataggine veniva ricompensata con una risata sgradevole

“Tempo senza pietà”, rapporto del detenuto Rudolf Kalmar (1938-1945 nel campo di concentramento di Dachau) sul suo arrivo a Dachau, 1946 (estratto)

L'appello

Il responsabile dell'appello deve “ricevere l'appello mattutino e serale di tutti i blocchi e, dopo un'attenta verifica, riferire il conteggio al comandante del campo di detenzione protettiva in servizio”.

Regolamento di servizio per la guardia e la sicurezza del campo di concentramento di Dachau, 4 febbraio 1942 (estratto)
Archivio federale, Berlino

Appello nel novembre 1938, disegno di Karl Freund
(1938-1939 nel campo di concentramento di Dachau), 17 dicembre 1938
Memoriale del campo di concentramento di Dachau

Nei primi anni, la vita e la quotidianità dei prigionieri erano caratterizzate dal terrore che le SS esercitavano nei confronti dei singoli prigionieri. Con l'aumento del numero dei prigionieri, interi gruppi di prigionieri divennero sempre più vittime delle aggressioni delle SS.
Le SS sottoponevano la vita dei prigionieri a un controllo e a una regolamentazione completi.

Foto Nr.8 - la tenuta dei prigionieri

Una foto fatta malamente, evidentemente di sfuggita, in velocità. Si intravedono in un armadio una classica divisa da prigioniero del lager. Su una si riesce a distinguere anche un contrassegno: era appartenuta ad un prigioniero politico.

Fotografia Nr.8

Il sistema di codifica dei contrassegni serviva a classificare i prigionieri, generalmente in base a gruppi creati sulla base dei motivi dell'arresto. I simboli erano in stoffa, affibbiati sulla divisa, definita dai prigionieri con divisa a motivo Zebra, a causa delle strisce chiare e scure alternate: sulla casacca, all'altezza del petto, sulla sinistra, e sui pantaloni, all'altezza della coscia destra. 


I criteri per l'identificazione degli internati variavano però a seconda dei luoghi di detenzione e del trascorrere del tempo. L'assegnazione di un prigioniero a una categoria dipendeva in ogni caso dall'arbitrio della Gestapo; le suddivisioni si confusero e persero poi di valore con l'aumentare dei deportati da molti paesi, e con il progressivo sgretolamento del Terzo Reich.

Fotografia Nr.9 - Latrine

Fotografia Nr.8
L'intimità non esiste a Dachau, non si é mai soli, anche i bisogni corporali non sono esenti

Fotografia Nr.10 - La scala della morte 

La decima foto si trattava di un deja vu; sfogliando le varie riviste di storia avevo già notato la foto che sembra uscita da altri tempi. Uomini schiacciati sotto il peso di enormi massi intenti a risalire una scala. Non siamo a Dachau ma nella non lontana Mauthausen

«Nell'ultimo tratto della strada tra l'ingresso del campo e i primi gradini della scala che scendeva nel baratro della cava, c'era una discesa assai ripida. Questa, in inverno, era spaventosa perché il terreno gelato assomigliava a una pista di pattinaggio e le suole di legno degli zoccoli, sul ghiaccio, sembravano lamine di pattini. Le numerose scivolate erano drammatiche poiché, nella confusione generale, alcuni perdevano l'equilibrio e cadevano verso sinistra, cioè verso il precipizio, e la voragine della cava li inghiottiva dopo una caduta verticale di cinquanta o sessanta metri; invece, quelli che partivano in scivolata verso destra, oltrepassavano la zona proibita e i tiratori scelti aprivano il fuoco su quei fuggiaschi.»

(Christian Bernadac, I 186 gradini, pag.10, op.cit.)

«[....] e c'era una scalinata con centottantasei gradini. Scavati nella pietra! Si andava su e giù per 'sta scalinata. In fila per cinque. Si arrivava giù, si prendeva una pietra ciascuno. Si aspettava che tutti fossero in fila, poi si tornava su, tutti in fila insieme, con le pietre. Bisognava stare attenti di prendersi una pietra che non fosse troppo piccola, perché se vedevano te ne davano poi una grossa. E quella non riuscivi neanche a sollevarla! Così ci lasciavi la pelle a suon di bastonate. Su e giù da ‘sta scalinata. Quando uno cadeva non si alzava più. Quella era la cava di pietre, centottantasei gradini.»

(René Mattalia - matricola 82423)

Fotografia Nr.10
La Scala della morte. Gli internati, nella tipica fila per cinque imposta nei lager, salgono sulla scala, con dei massi caricati sulle spalle, facendo contemporaneamente un passo alla volta tutti insieme, per il necessario equilibrio della schiera sulla ripida scalinata di 186 gradini

In totale si stima che il numero di prigionieri che transitò a Mauthausen e in tutti i suoi sotto-campi sia stato di oltre 200 000, molti dei quali furono impegnati nel lavoro alle cave di pietra, usate perlopiù come Kommando di punizione verso deportati indisciplinati o "irriducibili".

Un giorno, durante una sua visita alla cava, Himmler ordinò di caricare una pietra di 45 chili sulle spalle di un deportato e di farlo correre fino a che morisse. Osservò l'agonia del detenuto, quanto tempo ci mise a spirare e trovò che questo metodo si era mostrato "efficace", e così Himmler ordinò di costituire una compagnia di disciplina che utilizzasse questo metodo di eliminazione; dei detenuti che cadevano morti sfiniti si scriveva successivamente sui registri del campo: "uccisi durante un tentativo di fuga".

1941: Heinrich Himmler, visita le cave di pietra di Mauthausen, accompagnato da Franz Ziereis il comandante del campo: anche Himmler volle salire i gradini della "Scala della morte"

Nella cava di Mauthausen, la Wiener-Graben, si estraeva il "granito viennese" che poi veniva tagliato, sempre nella cava, in blocchi squadrati da costruzione. Il lager di Mauthausen fu edificato trasportando a mano centinaia di migliaia di queste pietre sulla lunga via che collegava la cava al campo, situato in cima a una collina adiacente; quella strada era chiamata Blutstrasse, la "Via di sangue".

Migliaia di detenuti caddero sfiniti e morirono durante la costruzione della fortezza, recinta su 3 lati da un muraglione largo 2 metri e alto, in alcuni punti, fino a 8 metri.

Il primo tratto di collegamento tra la cava e il lager era un'altissima scala in pietra di 186 gradini che, superando un dislivello di 50-55 metri si raccordava in cima alla cava con la lunga strada che portava al campo, nota come la "Scala della morte".

Le SS vi gettavano sovente i detenuti che avevano portato su una pietra, secondo loro, giudicata troppo piccola; questo per le SS era considerato sabotaggio e il "lavativo" soprannominato paracadutista, punibile con la morte. Vi gettavano anche i deportati che vedevano nello stadio finale di logoramento fisico; alle SS bisognava sempre dimostrare di poter lavorare almeno per un giorno in più, se non si voleva finire subito al crematorio.

Una volta, racconta il Pappalettera nel suo libro Tu passerai per il camino, un prigioniero morì bene: si abbracciò a una SS precipitandosi con lei nel baratro. Da allora le guardie controllarono la salita dei reclusi dall'altro lato.

I prigionieri, già esili e denutriti, dovevano trasportare grossi blocchi di pietra, pesanti fino a 50 chilogrammi con zaini di legno legati alle spalle, sopra i 186 scalini di questa Scala, ben sapendo che semmai fossero arrivati sopra, li attendeva l'incognita delle SS del Muro dei paracadutisti; si organizzavano grosse schiere di deportati caricati di tali massi che salivano in processione la scala in un equilibrio precario e assai critico, dove un passo falso voleva dire scatenare un tragico domino di sassi, sangue e morte.

Spesso la scala era usata come strumento di sterminio. Si avvertivano le guardie che serviva un certo numero di morti per il crematorio (la mortalità dei campi era tenuta sotto controllo costantemente dal potere centrale a seconda delle esigenze di spazio per nuovi arrivi) e allora le guardie spingevano giù i primi prigionieri che avevano raggiunto la sommità dalla scala; quelli cadevano all'indietro con le pietre trasportate colpendo le file di deportati che seguivano e quelli a loro volta le file successive e così via, in un massacro di birilli umani; la scala, raccontano testimoni, si tingeva di rosso del sangue delle vittime.

Eppure anche veri paracadutisti vi trovarono la morte. Vincenzo e Luigi Pappalettera nel loro quaderno Mauthausen, Golgota dei deportati scrivono:

"Il «Kugel Erlass» (decreto pallottola) prescrive che i paracadutisti alleati, i cosiddetti lavoratori liberi che disertano il lavoro e i militari che fuggono dai campi di concentramento devono essere mandati a Mauthausen per essere uccisi con un colpo alla nuca.

Il 5 settembre 1944 portano a Mauthausen 47 paracadutisti olandesi, inglesi e americani che avevano tentato la fuga. Ebbene, Ziereis non obbedisce a questo già feroce regolamento, che contravviene agli accordi di Ginevra: raduna i 47 prigionieri sull'Appelplatz, li fa radere e ne rade uno egli stesso provocandogli vaste ferite. Poi fa scrivere sul loro petto il numero di matricola, cerca ogni pretesto per picchiarli, li schernisce, dicendo che tra poco faranno di nuovo i paracadutisti. Le vittime non sanno ciò che Ziereis ha in mente. Il suo fido vice, il capitano Bachmayer, aizza il cane «Lord» contro un giovane dal portamento vigoroso che perde i sensi per un profondo morso all'avambraccio destro. 

Poi, Ziereis ordina alle SS e ai Kapo di portare i paracadutisti alla cava. Invita ufficiali e sottufficiali SS e le loro mogli ad assistere al macabro spettacolo. I paracadutisti a piedi nudi sono costretti a trasportare pesanti macigni su per la scala della morte, incitati a far presto con calci negli stinchi e bastonate. In cima al 186 scalini devono scaricare le pietre e correre giù a prenderne altre. Sono uccisi tutti durante quel pomeriggio e il mattino successivo. Chi a fucilate dalle SS che si divertono a vedere rotolare giù l'uomo colpito e la sua pietra per constatare quante altre cadute provoca: un tragico gioco ai birilli umani; chi è gettato nel baratro dal «muro dei paracadutisti», chi cade stremato. Alcuni prigionieri affrettano la propria fine correndo verso le sentinelle per essere fucilati. Uno di loro, per porre fine a quella disumana sofferenza grida: «Sentinella, spara. Sono un ufficiale, mira diritto al cuore»".

Fotografia Nr.11 - La quotidianità della morte

A Dachau la morte raramente aveva un carattere eroico. La morte era qualcosa di normale, accadeva ovunque: durante l'appello, al lavoro, sulla strada del blocco, nei bagni. Nella vita normale la morte di un gatto morto per strada attira l'attenzione e suscita pietà. Il prigioniero emaciato e miserabile che giaceva morto non attirava grande attenzione. 

“Così era Dachau”, di Stanislav Zámečník (1941-1945 nel campo di concentramento di Dachau), 2002 (estratto)

Anche se nei primi anni il numero di morti era abbastanza basso, tutti i prigionieri vivevano comunque con la paura di morire. Alcuni si suicidavano perché non ce la facevano più a sopportare questa minaccia e i maltrattamenti continui. Spesso le guardie delle SS spingevano i prigionieri al suicidio o li “sparavano mentre cercavano di scappare”. L'omicidio di un prigioniero del campo di concentramento veniva spesso dichiarato suicidio.

Morti nel campo di concentramento di Dachau

Con l'arrivo di un sacco di prigionieri stranieri dal 1940 in poi, il numero di morti nel campo di concentramento di Dachau è aumentato tantissimo. La morte era diventata un evento quotidiano. Si moriva senza alcun segno di pietà o compassione, i morti venivano privati di ogni dignità.

Morti nel campo di concentramento di Dachau 

Poco tempo fa è arrivato nel nostro campo un ragazzo ancora molto giovane, biondo, grande e muscoloso, come capoblocco delle SS. Si chiamava Thews e veniva dalla zona di Amburgo... L'8 aprile 1942 abbiamo scoperto che aveva picchiato a morte tre prigionieri con una frusta di abete verde nel crematorio.

“Isola della legge militare”, racconto del prigioniero Alfred Hübsch (1936-1944 nel campo di concentramento di Dachau) sugli omicidi commessi da un capo blocco delle SS, anni '60 (estratto)

Fotografia Nr.11a
Gustav Hinz, morto il 19 febbraio 1941 impiccato Foto: SS

Fotografia Nr.11b
Franz Rabanda, morto il 29 maggio 1940 davanti alla recinzione elettrificata Foto: SS

Per nascondere al pubblico l'orrenda realtà, nel 1940 le SS costruirono un crematorio nel campo. Nel giugno 1941 fu istituito un ufficio anagrafico indipendente, Dachau II, per registrare i decessi nel campo di concentramento di Dachau.

Fotografia Nr.12 - Il camino della morte

L'edificio è stato costruito nel 1942 per fare uccisioni di massa, con una camera a gas e forni crematori. Dai rapporti si sa che la camera a gas è stata usata solo per fare degli esperimenti. I quattro forni crematori hanno funzionato fino al febbraio 1945, quando sono stati chiusi perché non c'era più carbone.

Fotografia Nr.12
È una folla di turisti attoniti quella radunata fuori dall'edifico discosto al lager, quello mezzo camuffato nel bosco. L'imponente camino non lascia adito a dubbi: siamo alla parte conclusiva del viaggio: le docce, i crematori, il camino

Outro

Questo reportage non é assolutamente esaustivo, é giusto avere la consapevolezza di non riuscire nemmeno ad immaginare tutto l'orrore che degli essere umani hanno subito in questi posti. Ci si sente in colpa a passeggiare nel caldo dell'estate con bibita ghiacciata nello zaino e crema solare livello 50 su ogni cm di pelle per proteggerci dalle scottature. 

Difficile chiudere un post come questo, trovo nelle parole di Primo Levi che aprono il testo che più mi é rimasto impresso di tutte le mie letture inerenti i lager la poesia iniziale di "se questo é un uomo" 

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Levi

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Due anni! Due anni per trovare questo misterioso ed unico quadro nel suo genere in terra ticinese. O almeno che io sappia. Anonimo l’autore mentre il titolo che lo accompagna recita “ anima di donna dannata ”. Purtroppo é andata persa la fonte dove ho preso questa informazione così come una foto piuttosto sfuocata dell'opera. Impossibile trovare il quadro in rete. Non restava che trovarlo in carne e ossa.  Oggi con grande piacere lo schiaffo bellamente dietro il mio faccione sotto qualche riga di testo introduttivo con tanto di indicazione nella didascalia di dove si può ammirare.  Così come a Parigi ci si selfa davanti alla torre Eiffel ad Ascona lo si fa davanti ad anime dannate Toh! “Anima di donna dannata», tela di autore anonimo della prima metà del Seicento (Ascona, Museo parrocchiale presso l’oratorio dei santi Fabiano e Sebastiano ). P.S. E fattelo un selfie ogni tanto...si cazzo! Oggi si! Mi sembra di essere il cacciatore che si fa fotografare con il cervo subito dopo...

Strada dei banchi e lago di Sabbioni

La strada dei banchi per un airolese é un classico, anzi un must. È la strada che corre in alto sul fianco della montagna lungo tutta la valle Bedretto. È esattamente l'equivalente della strada alta, quella della "famosa canzone" di Nella Martinetti, ma dall'altro versante della valle Bedretto. Oggi in aggiunta un bonus, che si rivela una perla che impreziosisce e di molto il giro, una deviazione al lago di Sabbioni. La strada dei banchi La strada dei banchi rispetto all strada alta presenta delle differenze sostanziali, ha molta poca ombra, é molto meno frequentata e all'apparenza potrebbe risultare più monotona. Per buona parte la strada é costituita da una carrabile che serve per collegare le varie alpi, poi ad un certo punto diventa sentiero, più precisamente in vista dell'arrivo del riale di Ronco che presente l'unico vero e proprio strappo del percorso. Come dicevo la strada dei banchi é un must per un Airolese, in pratica questa strada porta ai pied...

Chasa Chalavaina

Non son solito fare post dedicati agli alberghi, ma questo, come l’ hotel Dakota,  riporta eventi storici e merita una menzione  a parte. Chi entra in questa casa respira la storia e per uno come me non c'é nulla di più entusiasmante L'albergo sulla centralissima piazza di Müstair. Il monastero é a circa 100 passi di distanza Sopra la porta tutta a destra la mia stanza per una notte Nel 1254, la Chasa Chalavaina fu menzionata per la prima volta come locanda.  Questa casa è unica perché rappresenta l'hotel più antico della Svizzera.  1930 (?) La locanda, situata nella strada principale di Müstair, si trova a pochi passi dal monastero di St. Johann, patrimonio dell'Unesco. L'hotel comprende 18 camere, un ristorante, una cucina "colorata" di nero dalla fuliggine e un ampio giardino. Dove un tempo dormivano galline, gatti e capre, oggi ci sono camere per gli ospiti. Le stanze sono in parte arredate con mobili in legno secolari e in tutta la casa si trovano ute...

Il Dazio Grande e la via delle genti

Orson Wells afferma che gli svizzeri in 500 anni sono riusciti a creare ben poco, in particolare: "In Italia sotto i Borgia, per trent'anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù." Orson Wells - Il terzo uomo - fim 1949 Possiamo tranquillamente affermare che gli urani hanno seguito la stessa falsa riga per quanto riguarda il baliaggio di Leventina: in oltre 300 anni sono riusciti “solo” a migliorare la viabilità presso la gola del piottino (e di conseguenza fabbricarci il redditizio Dazio grande) . Le virgolette sul solo stanno comunque a sottolineare la difficoltà di costruire una strada in quel punto, questo senza nulla togliere alla difficoltà nel costruire un orologio a cucù che meritava forse anch’esso sarcasticamente le stesse virgolette nella battuta di Well...

Sulla strada per Beromünster

Domenica 10 agosto 2025. Sono seduto su di un bus in stazione a Lucerna. A momenti partirà e in men che non si dica lascerà la città per addentrarsi nelle campagne lucernesi. Ed é proprio questo che amo, essere portato in quello che nel film Trainspotting viene definito “il nulla”. La mia esplorazione oggi mi porterà da una cappella in piena campagna fino al villaggio di Beromünster. La cappella e il nome del villaggio posto come traguardo intrigano (Beromünster si chiamava fino al 1934 semplicemente Münster, monastero). Sono 7 km completamente piatti in una rovente giornata d’estate. Mi aspetto di vedere forse qualche giocatore di golf ad inizio percorso per poi isolarmi completamente tra campi e boschi fino all’arrivo, la tappa di per se non ha nulla che attiri le grandi masse, in Svizzera Mobile non fa nemmeno parte di un percorso a tema. Ma oggi per stare nella pace occorre ricorrere a questi tragitti di “seconda fascia”. La vera gioia sta nell’apprezzare quello che la natura o ...

Curon sul lago di Resia

Diciamo subito che io sappia non esistono altri Curon per cui si necessita aggiungere la precisazione “sul lago di Resia”. La scelta di aggiungere l’indicazione del lago é per facilitare la messa a fuoco del lettore. Se poi vogliamo esagerare sarebbe bastato dire “dove c’è la chiesa sommersa ed emerge solo il campanile." Sarebbe poi bastato aggiungere due foto del caso, da due angolazioni diverse e chiuderla lì, verso nuove avventure. Ma sarebbe stato “facile”, superficiale e maledettamente incompleto. Se il campanile compare un po’ ovunque, sulle portiere dei veicoli della municipalità agli ingombranti souvenir (vedi sotto) un motivo ci sarà.  Il classico dei classici. E non é legato all’aspetto “wow” che questo edificio immerso in uno scenario idilliaco suscita alla prima vista, come se si trattasse di un opera artistica moderna. C’è dell’altro. Basterebbe porsi semplici domande, ad esempio come si é giunti a tutto questo? Un inondazione? Una tragedia? Oppure é una semplice attr...

Kyburg e la vergine di Norimberga

Il tempo passa ma per la vergine di Norimberga presente al castello di Kyburg sembra non incidere, ache se poi vedremo che qualche ritocco l'ha necessitato pure lei. Che poi se ne possano dire finché si vuole ma la vera superstar del castello del castello di Kyburg é lei, proprio come aveva ben visto chi l'acquistò proprio per questo scopo «Vergine di ferro» I visitatori del castello si aspettavano sempre di vedere armi storiche e strumenti di tortura.  Appositamente per loro venivano realizzate delle «vergini di ferro». Matthäus Pfau acquistò il suo esemplare nel 1876 in Carinzia per mettere in mostra «il lato più oscuro del Medioevo».  A quel tempo, le forze conservatrici cercavano di reintrodurre la pena di morte, che era stata abolita poco prima in Svizzera. Attrazione turistica È risaputo che la Vergine di ferro fu inventata nel XIX secolo. Non vi è alcuna prova che in una simile cassa dotata di lame e con una testa di donna sia mai stata uccisa o torturata una persona....

Da Campo Valle Maggia a Bosco Gurin - parte II - Da Cimalmotto al passo Quadrella

Sbuco su Cimalmotto dal sentiero proveniente da Campo Valle Maggia verso mezzogiorno. Non mi aspetto di trovare spunti storici altrettanto avvincenti che a Campo, sarebbe impensabile in così pochi ettari sperare in tanto. Eppure.... Vista da Cimalmotto in direzione di Campo Valle Maggia di cui si intravede il campanile in lontananza Ci sono due elementi geologici che caratterizzano questa parte della valle: la frana che domina la parte inferiore e il pizzo Bombögn che sovrasta la parte superiore. Campo Valle Maggia e Cimalmotto sono l'affettato di questo ipotetico sandwich Chi visita Campo e le sue frazioni con occhio attento non può non rimanere esterrefatto dal contrasto fra la bellezza paesaggistica della zona e la ricchezza dei monumenti storici da un lato e la desolante povertà demografica dall’altro. I motivi sono diversi: innanzitutto Campo, al momento dell’autarchia più dura, era uno dei comuni più popolati della Valmaggia (nel XVIII superava i 900 abitanti; nel 1850 erano...

Mosé Bertoni

C'é una piccola sala nel museo di Lottigna, resta staccata dal complesso principale del museo, una piccola sala che per eventi sfortuiti (si con la "s" davanti) sono riuscito a vedere solo di sfuggita. Però quello che sono riuscito a assaggiare nei pochi momenti mi ha affascinato. Il classico ometto nato in un piccolo villaggio in una valle discosta per poi costruirsi una vita tutt'altro che scontata. Un personaggio amante delle tradizioni svizzere e dei principi anarchici, una combinazione piuttosto bizzarra per non dire incomprensibile. Si capisce fin dai primi momenti che si ha a che fare con un personaggio di nicchia, degno di un approfondimento. Mosè Bertoni verso il 1910 Foto F. Velasquez, Asuncion (Coll. priv.) Mosè Bertoni non è un uomo comune. Giovane irrequieto, dai molteplici interessi, impegnato politicamente tra i liberali innovatori e vicino all'anarchismo, a 27 anni decide di «dare un calcio a questa vecchia Europa» . Non è neppure un emigrante comu...