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Museo Vincenzo Vela - Le opere principali

Un classico per ogni allievo delle scuole ticinesi; di quell’occasione però poco è destinato a rimanere impresso nella memoria, forse l’enorme stata equestre, forse lo slancio di Spartaco, forse la fastosa scalinata ai piedi del museo, forse niente di tutto questo.


Sala principale. In pochi metri quadrati due delle più famose opere di Vincenzo Vela. 
Spartaco e Le vittime del lavoro. La giornata é già ampiamente guadagnata

Trovarsi il tempo per visitare, anzi per rivisitare la casa museo é un atto d'amore verso se stessi. Darsi la possibilità di prendersi il tempo ed andare oltre alla superficie marmorea delle sue creazioni, scrutare, informarsi, capire, vivere le opere.

Il museo

Ligornetto é un sonnacchioso paese di campagna che raggiungo nell'estate del 2025. Dopo un breve giro nel nucleo mi dirigo alla vicina casa museo. L'entrata é stupefacente. Due ampie scale laterali impreziosiscono la presenza di una statua al suo centro. In mezzo anche una piccola fontana che rimane però soffocata dalla vegetazione. Sopra al centro svetta incontrastato il museo.


Come descrizione del museo riporto dal diario di Avery, che con Georgetown Lucas il 29.07.1871 sono diretti da Lugano a Ligornetto a casa dello scultore per acquistare una copia del Napoleone morenti per il metropolitan museum di New York 

«... alle 7 di mattina partiti per Ligornetto - giornata molto calda - piacevole corsa lungo il lago e al di là del ponte arrivo a Mendrisio ... ore 10 e a Ligornetto, canton Ticino ... lasciando la strada a Mendrisio e viaggiando attraverso campi di grano. Recinzioni da nessuna parte, contadini a spigolare il frumento e gruppi di donne a battere il grano fuori sul terreno duro e spoglio in alcune casse, assistite da buoi che lo pestano, cumuli di balle di seta, giacenti lungo la strada. Lucertole sfreccianti sulla parte soleggiata dei muri, la vite con il limone e abbondanti alberi di fico. 

Sguardo su Ligornetto dalla casa museo di Vela

La casa di Vela su un alto poggio a un quarto di miglio dal paese, vista che guarda in ogni direzione, casa con porticato secondo lo stile italiano e piante tropicali, ampio salone ottagonale al centro, all'esterno del quale sulla parte destra si trovavano i diversi studi per modellare e la esposizione separata delle opere finite - l'ampio salone contenente i modelli originali di tutto ciò che l'artista aveva eseguito disposti in ordine su piedestalli, mensole e entro nicchie ... Guardati tutti i modelli e quindi il vasto giardino, e il laboratorio del marmo sull'angolo della proprietà - dove abbiamo visto il Napoleone I fatto per Mr. Johnston, perfettamente finito e un bel pezzo di marmo ... mezzo miglio sopra la collina in un piccolo paese in Italia ... in un cortile di marmi abbiamo visto il piedestallo per la statua ... e tornammo alla dimora di Vela ... ancora vino - accordo con Vela e saluti generali».

Un Pantheon del Risorgimento

Il profondo coinvolgimento di Vela in progetti artistici per l'Italia da poco unificata avrebbe riguardato un altro decennio, allorché il governo a Roma si fosse consolidato a sufficienza per stabilire la Commissione Reale per un Monumento a Vittorio Emanuele II, per cui Vela avrebbe dapprima servito come giurato, e poi, nel secondo concorso, avrebbe presentato un pregevole bozzetto.

Lo spazio centrale della villa, il grandioso ottagono che gia all'epoca di Vela era denominato «Sala pei modelli», in quanto adibito per volontà dello scultore ad esposizione permanente dei gessi delle sue opere principali, è tornato ad essere il luogo monumentale per eccellenza del museo. Esso ha anche assunto la connotazione curiosa - trattandosi di un museo elvetico - ma del tutto motivata, di «Pantheon risorgimentale» giacché le opere qui riunite sono tutte volte a celebrare personaggi e fatti salienti di quel periodo della storia italiana che portò all'Unità nazionale.

La sala del risorgimento

Esula dal nucleo forte risorgimentale - non solo celebrativo negli intenti ma anche capace di riflettere le contraddizioni della storia - la statua equestre del duca di Brunswick, modello colossale restituito alla sua primitiva collocazione al centro dell'ottagono, laddove faceva bella mostra di sé attorniato dagli altri modelli, quando Vincenzo Vela riceveva i visitatori nel tempio della sua gloria.

Statua equestre del duca di Brunswick

Lungo sette lari dell'ettagono, nel primo registro superiore, si trova una sequenza di busti-ritratto rappresentativi dell' attività di Vela quale ritrattista assai richiesto dagli esponenti dei ceti ora alto borghesi ora aristocratici per tramandare ai posteri la lore effigie

Nel secondo registro superiore si trovano ulteriori opere strettamente connesse a temi Risorgimentali. nonché alcuni rilievi allegorici e altri funerari. Vi sono inoltre due statue degli antenati del duca di Brunswick, destinate al progetto del Mausoleo adi cui l'opera equestre (al centro della sala) é l'elemento principale

Da Spartaco alla Desolazione dei fratelli Ciani

Vela da giovane fu  plasmati dal drammatico scompiglio politico dei tempi: la campagna del Sonderbund del 1847 in Svizzera, quindi la militanza tra Svizzera e Italia, quando combatté in una colonna di volontari presso Como, durante le "Giornate" del 1848, famose per la rivolta lombarda contro il lungo dominio austriaco. La prima famosa scultura di Vela, lo Spartaco, fu il riflesso delle sue passioni politiche e della sua militanza liberale.


Vela concentrò la sua formazione a Milano e trascorse soltanto un breve lasso di tempo a Roma nel 1847, senza incontrare un clima di persistente agitazione. Le leggende sull'arte di Vela da subito politicamente impegnata, incarnata nello Spartaco, lo consegnarono a un nuovo tipo di committenti: i patrioti del Risorgimento. La figura femminile allegorica, La Desolazione (1850), fu il marmo creato da Vela per i fratelli Ciani, esuli a Lugano e a capo di una colonna di volontari durante le Cinque Giornate.

La Desolazione
Monumento commemorativo a Carlo Ciani e Maria Zacconi Ciani
1850-51 - gesso, modello originale - cm 120.2 x 70,4 x 73,8

Busto di Giacomo Ciani (1776-1868)
1869
gesso, modello originale / Cm 80,8 x 572 × 334

Busto di Filippo Ciani (1778-1867)
1869
gesso, modello originale /cm 81 × 594 x 34

L'opera, esposta a Brera nell'annuale esposizione del 1858 fece parlare di sé per il toccante messaggio patriottico della statua, interpretata come la personificazione dell'Italia uscita sconfitta dalla Prima Guerra di Indipendenza (1848-49).

In realtà, il monumento di cui La Desolazione costituisce il coronamento in origine era di destinazione privata in qualità di memoriale dedicato a Carlo Ciani e Maria Zacconi Ciani, genitori di Giacomo e Filippo Ciani. I facoltosi fratelli Ciani erano attivisti della causa nazionale italiana dalla loro dimora di Lugano e amici nonché mecenati dello scultore.
Il governo austriaco di Milano aveva diffidato i due fratelli - riparati nel Ticino sin dagli anni 20 - dal recarsi al capezzale della madre morente, cosicché l'interpretazione di Vela, di concentrata forza espressiva, divenne esemplare della sovrapposizione, non insolita all'epoca, di affetti privati e militanza politica.

Napoleone morente

Lo ammetto, tra tutte le opere esposte il Napoleone morente é quello che mi affascina di più; il personaggio, la drammaticità del momento, un mesto Napoelone con lo sguardo inequivocabilmente proteso al passato, ai fasti delle grandi vittorie, traslate nell'espressione di un comune mortale posteggiato in una microscopica isola in mezzo al nulla in attesa della morte.
  • 1867, comprato da Napoleone III all'Esposizione Universale
  • Collezione Napoleone III
  • Dato al Museo del Louvre
  • Dal 1867 al 1985, al Museo Nazionale del Castello di Versailles
  • Dal 1985 al 2007, depositato al Museo Nazionale di Bois-Préau (decreto di fine deposito in fase di regolarizzazione)
  • 1986, assegnato al Museo d'Orsay, Parigi
  • 2007, depositato al Museo Nazionale del Castello di Versailles, Versailles (decreto di deposito in fase di regolarizzazione)

L'intrepida rappresentazione veliana dell'angoscia umana doveva essere bilanciata in qualche modo dal fascino dell'eterna bellezza giovanile del suo volto, e dalla domestica vulnerabilità della figura, ricca di dettagli, esibita nel petto nudo sotto la vestaglia in disordine. Macleod parla dell'«indomito spirito (che) vive nelle labbra serrate» e vede l'opera commuovere il cuore più di altre rappresentazioni di J.L. David o di Paul Delaroche: egli mette a fuoco il pathos del «Prigioniero imperiale morente».!


Il dipinto che più di ogni altro può avere direttamente ispirato Vela è la scena dei momenti finali di Napoleone ambientati nella camera dove morì, opera di Steuben, riprodotta in incisione e largamente diffusa tanto in Francia che in Italia sin dagli anni '30. Questa rappresentazione domestica, addirittura claustrofobica, dell'attesa per l'ultimo respiro del grande esiliato sembra certamente una via da esplorare più appropriata per la scultura degli anni '60 rispetto all'impiego della maschera mortuaria.


J.P.M. Jazet (1788-1871) inc.
Napoleone sul letto di morte dal dipinto di Carl von Steuben (1788-1856)
acquatinta © Thorwaldsen Museum, Copenhagen

 Una seconda incisione, da Delaroche, stampata in Germania, conferma l'ossessione nell'esaminare il meditabondo, malinconico Napoleone dopo Waterloo. Il Napoleone morente di Vela servì a un bisogno pressante di ottenere un equilibrio, un'ulteriore esplorazione, per così dire, del mito e della leggenda dietro il grand'uomo e la sua tragica fine nel 1821. I sospetti e gli intrighi sul suo possibile avvelenamento con l'arsenico avrebbero rafforzato quest'aura. Il marmo concepito da Vela non poteva non affascinare il pubblico del tempo, e non solo quello francese.

Napoleone I sconfitto, 1845 
dal dipinto di Paul Delaroche (1797-1856), Napoleone I a Fontainebleau, 31 marzo 1814, 
1845 - incisione

Una vignetta con un Napoleone III stracciato scimmiotta la posa seduta del primo Napoleone nell'incisione da Delaroche e comunica con molta meno simpatia la sua caduta ignominiosa. Entro il 1871 il Secondo Impero na-poleonico, splendido artefice della scena europea, non esisteva più ...

"Dead Men's Clothes soon wear out" (Gli abiti degli uomini morti si sciupano in fretta), 1871 ca.
caricatura di Napoleone III incisione


Vela aveva vinto il primo premio all'Esposizione Universale del 1867 dove l'artista svizzero era stato onorato con il riconoscimento ulteriore dell'acquisto del suo Napoleone I da parte dell'Imperatore Napoleone III. Inoltre, il marmo premiato rimase in mostra alla galleria dei bronzi di Barbedienne sino almeno al 18694, fatto a tutt'oggi inedito.

Pietro Chiesa (1876-1959)
La coppia imperiale - Napoleone III ed Eugenia - in visita all'Esposizione Universale di Parigi del 1867, si complimenta con l'autore de "Gli ultimi momenti di Napoleone I"
1903 ca.
matita, carboncino, acquarello e biacca su carta
mm 427 x 615

Il Napoleone di Vela - mai inteso come una scultura sepolcrale - è anche il ritratto di una figura meditabonda, assorta in se stessa, sprofondata in mezzo a cuscini resi realisticamente, mentre tiene ferma sul grembo la carta dell'Europa e con naturalezza, con questo gesto, intenta a riflettere sulla propria caduta. La figura seduta in veste da camera è collegata alla specifica stanza da letto descritta nel dipinto di Steuben, basato sui resoconti dei testimoni oculari della morte dell'imperatore.

Una copia per l'America

Nel febbraio del 1872 un fiero e soddisfatto John Taylor Johnston, primo presidente del Metropolitan Museum of Art da poco aperto, scrisse all'amico William Tilden Blodgett dell'esposizione inaugurale sulla Quinta Strada a New York:

«... il Napoleone di Vela era al suo posto e faceva una splendida figura suscitando universale ammirazione. È migliore - se possibile - dell'originale e il marmo è perfetto. ...I quadri facevano una splendida figura e i complimenti erano talmente abbondanti e convinti che temevo che le bocche degli amministratori si sarebbero cronicamente e permanentemente fissate in un largo sorriso».!


La stampa rispose con pari entusiasmo nel recensire il fatto, che finalmente New York:
«... ha un museo d'arte di prima classe ... Uno dei più ammirevoli pezzi dell'esposizione è la grande statua di Vela del Napoleone morente, una riproduzione dell'originale dovuta all'artista stesso»

La sua carriera raggiunse l'apogeo con l'esposizione dell'opera Les derniers jours de Napoléon I all'Esposizione Universale del 1867 a Parigi, che gli assicurò la fama in Europa e ne favorì la diffusione

 anche oltre, allorche la replica del marmo tu esposta al Metropolitan Museum of Art da poco costituito nella sua prima sede sulla Quinta Strada, entro il febbraio 1872.

 Al Napoleone originale era stato assegnato un Primo Premio a Parigi ed era stato acquistato dall'Imperatore Napoleone IlI in persona. Quando gli fu richiesto di eseguire una replica per un committente americano, Vela suppose che lo stesse vendendo a qualcuno di piuttosto importante in America, ma è chiaro che non capì mai esattamente chi fosse questo Mr. Johnston, riportato come "presidente Jhonson" [sic] nel Catalogo delle Opere stilato dallo scultore nel 1881. Che egli fosse ricco e potente doveva essere stato evidente, ma non si trattava del Presidente degli Stati Uniti Andrew Johnson, che era appena entrato in carica dopo l'assassinio di Lincoln nell'aprile 1865 e al quale sembra alludere la breve annotazione di Vela.



Il contesto americano per il marmo di Vela sarebbero state le collezioni di recente raccolte da vari filantropi di New York riunitisi per fondare il primo museo pubblico della città, il Metropolitan Museum of Art.
Fu in seguito messo all’asta

A partire dal 1877 il Napoleone avrebbe avuto un posto d'onore alla Corcoran Gallery di Washington D.C. Colà la sua significativa collocazione, nel vestibolo davanti alla "Hall of Sculture", al primo piano, accentuava l'importanza del marmo. Il curatore di quel periodo, William Macleod, accordò al Napoleone una lunga permanenza in parecchie edizioni del catalogo del museo negli anni '80, annotando: «Questa sublime statua è giustamente considerata tra le più grandi opere di scultura dei tempi moderni».

Ma proiettiamoci nel ventesimo secolo: sebbene il secondo marmo del Napoleone di Vela avesse trovato alla Corcoran Gallery di Washington D.C. una sistemazione iniziale di tutto rispetto, di fianco alla Venere di Canova acquistata prima del 1839, alla metà del ventesimo secolo il museo era divenuto un luogo dedicato all'arte contemporanea, spesso sede di mostre temporanee. 
In questo museo, il cui direttore aveva orgogliosamente proclamato, dopo aver acquisito i Niagara Falls di Church insieme con il Vela, che sarebbero rimasti in mostra per sempre, il Napoleone un tempo tanto apprezzato fu tristemente collocato in un ripostiglio usato per materiale didattico, sistemazione che influì sulle condizioni di conservazione della superficie marmorea, come apparve evidente nei tardi anni '70, quando fu ispezionato sul posto. 

Nel 1979 il museo mise l'opera in vendita. Gli acquirenti furono i titolari della Resnick Foundation di Los Angeles, California, Linda e Stewart Resnick, i quali collezionano opere di un dettagliato realismo, oltre che di grande valore simbolico e politico. Il marmo oggi occupa un posto d'onore nella loro collezione personale, ed è stato fotografato all'interno del contesto intimo e famigliare di una dimora privata


Gli ultimi momenti di Napoleone I (1871), opera di Vincenzo Vela, nella residenza di Lynda e Stewart Resnick, Los Angeles

Le vittime del lavoro

Questo monumento é senza ombra di dubbio quello che più mi avvicina all’artista. É IL MONUMENTO per antonomasia di Airolo, e noi airoledi abituati come siamo a vederlo tutti i giorni abbiamo perso, o forse mai avuto quella sensazione di “wow” che hanno chi lo vede per la prima volta


Monumento alle vittime del lavoro ad Airolo

La storia delle origini del Le Vittime del Lavoro è ben nota dalla letteratura su Vela. Disgustato dal processo e dall'aspro contenzioso sul Monumento al duca Carlo Il di Brunswick per Ginevra, che aveva consumato le migliori energie di Vela negli anni '70, e forse contrariato anche dalle voci critiche circolanti a Roma sui primi progetti premiati per il monumento a Vittorio Emanuele II, della cui giuria egli fece parte dietro nomina della Commissione Reale (1880-82), Vela decise di realizzare un monumento di sua iniziativa, senza un committente preciso. 

Naturalmente, questo nuovo approccio a un monumento agli operai aveva alla base la recente impresa tecnologica, guidata da Louis Favre, dello scavo del San Gottardo, volto a creare la più lunga galleria ferroviaria del mondo, con la relativa tragica perdita di vite umane tra i lavoratori. Un più tardo bozzetto policromo de Le Vittime mostra il bassorilievo come un pannello dietro un ritratto di Louis Favre, ma a quanto pare questa idea non fu mai perseguita.


 Vela dispose drammaticamente le figure in un movimento solenne da sinistra a destra attraverso il rilievo monumentale, un concetto estetico senza precedenti nell'intera sua opera. Lo scultore schiacciò le teste e le forme incappucciate contro lo sfondo in una revisione innovativa del suo modellato di solito pienamente tridimensionale, sebbene le due figure più esterne siano a tutto tondo, così come la testa del corpo sulla barella, forse un autoritratto. Questa resta una delle opere tarde di Vela più belle nella composizione e nel tono elegiaco, purtroppo non fusa in bronzo sino al 1932.

Festeggiamenti per il 75esimo della ferrovia del Gottardo ad Airolo, giugno 1957. Immagini della deposizione delle corone davanti al monumento con Le vittime del lavoro di Vincenzo Vela (SBB Historic)

Giusto per togliere la curiosità, ecco cosa ci sta dieto il monumento

NEL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO
DELLA GRANDE UMANA VITTORIA 
CHE DISCHIUSE FRA GENTI E GENTI
LA VIA DEL SAN GOTTARDO
QUESTA PIETRA OVE L'ARTE SEGNA
E CONSACRA
L'OSCURA EROICA FATICA DEL LAVORATORE IGNOTO
MDCICLXXII - MCMXXXII

Monumento a Colombo

La soluzione di Vela per il Monumento a Colombo, commissionatogli dall'Imperatrice Eugenia nel 1864, offre una più incisiva dicotomia tra l'eroe, Colombo, e il "nuovo mondo" che egli presenta e introduce al "vecchio mondo". Il sottotitolo dato da Vela all'opera ultimata rende chiara questa relazione padrone-schiavo poiché chiama "selvaggia" la rappresentazione dell'America nelle spoglie di un'Indiana, china sotto il copricapo ornato di piume e mezza nuda. 


Che questo linguaggio fosse prassi comune nell'Ottocento è dichiarato dal frontespizio dell'Illustrated Centennial di Frank Leslie del 1876, nel quale le allegorie più consuete, figure femminili abbigliate e incoronate personificanti l'America, la Francia e l'Asia, sono accompagnate a sinistra e a destra da un Nativo Americano inginocchiato, con copricapo, e da un Africano.




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