Passa ai contenuti principali

Airolo - Giübin

Due sostanzialmente i motivi che mi hanno guidato in questa nuova tipologia di ascesa "casa-vetta".
La prima é per cercare di rimediare almeno in parte al detto che i veri airolesi:
  1. Non sanno nuotare
  2. Almeno una volta nella vita salgono sul Giübin
La seconda motivazione é inerente la tipologia di escursione: ho sempre guardato con curiosità frammista ad ammirazione quei personaggi che decidono di andare a fare una vetta particolare ma partendo da casa, tipo "ciao mamma, esco un attimo" - "Ok torni per cena?" - "No ho intenzione di andare veloce sull'Himalaya". 
Quindi niente spostamenti su mezzi motorizzati ma fin dal primo metro si procede con le sole forze delle proprie gambe.

Mi sono chiesto: non potrei farlo anch’io? Certo, ma in scala decisamente minore. I miei miseri 17 km (su 1800m di dislivello positivo) corrispondono percentualmente ai 0.27% rispetto ai 6'300 km fatti da Göran Kropp per andare dalla soglia di casa della ridente Stoccolma fino alla cima dell' Everest.

Göran Kropp

Göran Kropp era un valente alpinista svedese che, nel 1996, pedalò dalla Svezia all’Everest, dove raggiunse la vetta da solo e senza ossigeno. Morì in un incidente 6 anni dopo. Un grande della storia dell’alpinismo, in anticipo sui tempi.

Ciò che rendeva la sua missione davvero unica era il modo in cui intendeva portarla a termine: da solo, senza ossigeno, senza l’aiuto di sherpa o portatori. E, cosa più impressionante, pedalare da casa sua a Stoccolma fino alla base dell’Everest in Nepal

Nonostante le difficoltà, Göran Kropp perseverò e, il 23 maggio 1996, raggiunse la vetta dell’Everest. È così diventato il secondo uomo (dopo Reinhold Messner) a raggiungere questo obiettivo in una spedizione in solitaria senza ossigeno e il primo dal versante meridionale (oltre ad aver effettuato il primo avvicinamento “muscolare” dall’Europa, NdR). La cosa forse ancora più straordinaria é che tornò a casa così come era andato: in bicicletta!

Anche se in scala minore il principio regge, sui 17 km avrei potuto andare con un veicolo fino all’ospizio a soli 7km dall’obiettivo, oppure, meglio ancora alla diga a soli 4.5 mi dal Giübin, cosa che fan la maggioranza degli "escursionisti", anzi, ci fosse una strada con posteggi direttamente sulla vetta sono sicuro sarebbero perennemente pieni.

08:30 - Motto Bartola: in cammino da 45 minuti e con un dislivello positivo di 400m, Airolo sullo sfondo

Capitan Ovvio

Senza averlo chiesto l’IA mi snocciola una serie di considerazioni se anch'io volessi intraprendere il viaggio di Kropp, tutte considerazioni degne di capitan Ovvio...

Partire da Airolo in bicicletta e raggiungere la vetta dell'Everest è un'impresa molto ambiziosa. Richiede una preparazione fisica e logistica molto intensa, oltre a permessi e costi elevati. Si tratta di un'impresa che combina un viaggio in bicicletta a lunga distanza con l'alpinismo in alta quota.

Ecco i passaggi principali:
1. Viaggio in bicicletta:
Da Airolo, si dovrà affrontare un lungo viaggio in bicicletta che potrebbe attraversare diverse nazioni, come la Turchia, l'Iran, l'Afghanistan, il Pakistan, l'India e infine il Nepal, fino al campo base dell'Everest. Questo richiede un'ottima preparazione fisica e mentale, oltre a una pianificazione accurata del percorso e dell'equipaggiamento.
2. Preparazione per la salita:
Una volta arrivati al campo base, inizia la fase di acclimatazione e preparazione per la salita vera e propria dell'Everest. Questo include l'acquisizione dei permessi necessari (che possono costare fino a 14.000 euro, secondo Runner's World), l'assunzione di guide esperte e l'organizzazione di tutta la logistica necessaria per affrontare le condizioni estreme della montagna.

3. La salita:
La salita all'Everest è un'impresa complessa e pericolosa, che richiede una preparazione specifica e un'ottima forma fisica. Si stima che la durata media della salita, dal campo base alla vetta, sia di circa 25 giorni, ma può variare a seconda delle condizioni meteorologiche e della preparazione dell'alpinista.

Costi e permessi:
I permessi per scalare l'Everest possono costare dai 9.500 ai 14.000 euro, a seconda del versante scelto (sud o nord).

Oltre ai permessi, sono necessari costi per il viaggio, l'equipaggiamento, l'assicurazione, le guide e la logistica, che possono variare da 3.000 a 8.000 euro per l'equipaggiamento tecnico e da 1.500 a 3.000 euro per il viaggio e il soggiorno in Nepal.

È fondamentale stipulare un'assicurazione sanitaria e di evacuazione, che può costare tra 1.000 e 3.000 euro.

In sintesi, l'impresa richiede:

Preparazione fisica: Allenamento specifico per la bicicletta e per la salita in alta quota.
Preparazione logistica: Pianificazione del percorso, acquisto dell'equipaggiamento, permessi, guide, alloggi, ecc.
Investimento economico: Costi elevati per i permessi, il viaggio, l'equipaggiamento e l'assicurazione.
Resilienza mentale: Affrontare le difficoltà e i pericoli della montagna.

Consigli:

Se siete interessati a questa impresa, è consigliabile iniziare con progetti più piccoli e graduali, come ad esempio una salita in bicicletta di lunga distanza o un'escursione in montagna.
Consultate esperti del settore, come guide alpine e ciclisti esperti, per ricevere consigli e supporto.
Valutate attentamente i costi e i rischi prima di intraprendere un'impresa così ambiziosa.


Grazie Capitan Ovvio

Pronti partenza via

L’obiettivo é chiaro: il Giübin. Obiettivo minimo il passo del San Gottardo. Mi sento piuttosto sicuro in quanto giungo a questa escursione forte di una preparazione (anche se tardiva) solida. In particolare il giro “dietro le montagne di casa" di qualche settimana prima mi dà la giusta fiducia.

Scelgo di salire al Motto Bartola per poi affrontare zigzagando il costone sotto la buvette Panorama.

Fin qui nulla in particolare da segnalare tranne la ventina di metri a strapiombo sulla strada vecchia poco dopo l’imbocco del sentiero all’imbocco della Val Tremola. Quello che i limiti fisici non mi frenano ci pensa la parte psichica, sono vicino ai miei limiti inerenti le vertigini e 20 metri in questione mi mettono agitazione.

"La cantoniera della Tremola. Sull’insegna “Wirtschaft Val Tremola”; Foto archivio Borelli"
Zona di imbocco del sentiero per il costone sotto la buvette panorama

Dopo una sosta al Panorama con Calippo di rito proseguo fino a sbucare sopra la val Tremola seguendo un sentiero in costa prima e poi alla base della semigalleria che porta al passo. Da qui una vista eccezionale su tutta la val Tremola con l’iconica strada

Tutti i tornanti della Tremola
Fotografia scattata pochi metri prima del congiungimento con la semigalleria della strada nuova
Il passo del Gottardo é ancora fuori campo a sinistra, ma in una mezzoretta dovrei arrivare

L'ospizio

Proprio come speravo sono sul passo a primo pomeriggio, in modo di poter di nuovo scendere all'ospizio e fare in tempo a dare una sbirciatina nel museo nazionale prima che chiuda, magari sperando in una nuova esposizione temporanea...

La mezz’ora di salita sull’asfalto dal bivio sotto il lago Sella fino alla diga mi é risparmiata dal sole da una delle pochissime nuvole presenti in cielo. "Anche gli dei sono dalla mia" direi se fossi un vichingo , cosa che evidentemente non sono

Attraverso la corona e incrocio gli ultimi escursionisti muniti di bicicletta elettrica. Sì perché poi il sentiero si inerpica rendendo impossibile passare con le due ruote, questo almeno parlando di persone normodotate con un minimo senso di logica. Mi dà gioia sapere di non doverne più incrociare. 

La salita é abbastanza impegnativa ma ho ancora una buona riserva di energie. C'é un piccolo tratto che é persino ferrato. Come spesso accade mi chiedo perché non hanno piuttosto ferrato i 20 metri più in basso. Probabilmente perché il sentiero in basso é molto meno battutto e finche qualcun non andrà a farsi male resterà così

Il tratto ferrato, a destra sullo sfondo la semi galleria in prossimità dell'ospizio da dove ho scattato la foro precedente sulla vallata della Tremola

Dopo esser salito il sentiero spiana e punta decisamente verso est 
Giungo a una  baracca su un pianoro, essa rappresenta il punto di congiunzione tra le due variante dei percorsi, quello che costeggia il lago della sella e sale seguendo la "quasi carrozzabile" e quello che ho seguito io. 

La freccia indica il Giübin, in giallo la baracca. 
In basso il lago Sella con la corona della diga tutto a destra

Scoprirò più tardi che la sua inquilina offre bevande e torte in cambio di libere offerte. Di ritorno mi fermerò a bere qualcosa e sfogliando l'album dei ricordi troverò delle foto che testimoniavano la presenza nella baracca di militari durante il secondo conflitto mondiale


Dalla baracca alla vetta mi precede un uomo che per misteriosi motivi nominerò "l'inglese".
Mi cammina davanti di un centinaio di metri, ha uno zaino marrone chiaro ben visibile anche da lontano e cammina tenendo le braccia distese lungo il corpo, una posizione decisamente impopolare per un escursionista. Inizio a fare fatica e quando lo perdo di vista mi immagino che lui abbia raggiunto la vetta e che ormai tocca poco anche a me. Lo rivedo spesso ricomparire più in alto, non ancora in vetta. Mi sbaglio diverse volte.

Alcune baracche costeggiano il sentiero nel tratto finale tra la grande baracca militare e la vetta del Giübin

Quando ormai sembro essere arrivato si presenta il classico ultima asperità: nulla di impossibile, un passaggio obbligato su una sassaia: ma dopo 1750m di salita é presto fatto mettere un piede in un posto sbagliato e farsi male, il passaggio richiede concentrazione e cautela. I segnali bianco rosso aiutano a trovare la traccia tra le rocce

La pietraia poco sotto la vetta

Poco dopo il sentiero arriva ad un bivio, una parte prosegue verso il Cantron Uri mentre l'altro prosegue verso la vetta, e finalmente dopo 5 minuti eccomi arrivato

La vetta del Giübin é semplicemente amabile, quasi pianeggiante, spaziosa e con una vista 360° da applausi

In vetta ritrovo finalmente l'inglese che appare raggiante. Come me, e come tutti i presenti, non resiste e scatta diverse fotografie. È uno di quei momenti "stop the clocks" tanto per citare una canzone dei Gallagher
Tentenno a lungo prima di scendere, aspetto un attimo per essere solo in vetta.

Sguardo verso la catena che divide la Wilde Matten a sinistra alla valle Canaria a destra

Sguardo verso il lago Sella.

Il museo richiama, mi aspetta comunque una bella discesa fino al passo. Come detto non perderò l'occasione per fermarmi alla baracca ed allungare la discesa dalla sacra montagna degli airolesi

Ho ancora maniera per assistere a scenette d'alpe, un nutrito gruppo di mucche sbuca dalla sottostante alpe alla baracca, poco dopo giunge il pastorello col cane che si affrettano a farlo tornar giù per la mungitura.


Quando mi lascio l'alpe in fondo al lago Sella le vacche spuntate prima alla baracca sono ancora in alto, solo una minima parte sono in basso; in sottofondo il casaro impreca mentre attende il resto della mandria per la mungitura.

I magnifici 17km, 5h10min, 1850 m di dislivello positivo. 
Ne vale la pena? E me lo chiedi?

Commenti

Post popolari in questo blog

Tradizioni molto svizzere

Dopo anni di tentennamenti decido finalmente di partecipare ad un avvenimento che nella Svizzera tedesca é assolutamente irrinunciabile: la festa federale che si tiene ogni tre anni. Oggi saró circondato da svizzeri che fanno cose molto svizzere. Moltissime tradizioni svizzere in questo disegno creato appositamente per la festa federale 2025, se volgiamo cercare il pelo nell'uovo manca l'Hornuss La prima cosa che noto già nell’avvicinamento sul treno é il consumo di birre in lattina con conseguente coda davanti alle toilette, questo anche se ci troviamo a primo mattino I più impavidi sortiscono dagli zainetti i bicchierini da cichett e brindano a non meglio identificate entità. Il lieve aroma di schnapps alle prugne si diffonde nell’area del vagone. Seguono racconti gogliardici accompagnati da grasse risate. Purtroppo non conosco bene l’idioma svizzerotedesco e non riesco a percepire se il genere di sense of humor degli allegri compagni di viaggio farebbe sganasciare pure me....

Anima di donna dannata scovata!

Due anni! Due anni per trovare questo misterioso ed unico quadro nel suo genere in terra ticinese. O almeno che io sappia. Anonimo l’autore mentre il titolo che lo accompagna recita “ anima di donna dannata ”. Purtroppo é andata persa la fonte dove ho preso questa informazione così come una foto piuttosto sfuocata dell'opera. Impossibile trovare il quadro in rete. Non restava che trovarlo in carne e ossa.  Oggi con grande piacere lo schiaffo bellamente dietro il mio faccione sotto qualche riga di testo introduttivo con tanto di indicazione nella didascalia di dove si può ammirare.  Così come a Parigi ci si selfa davanti alla torre Eiffel ad Ascona lo si fa davanti ad anime dannate Toh! “Anima di donna dannata», tela di autore anonimo della prima metà del Seicento (Ascona, Museo parrocchiale presso l’oratorio dei santi Fabiano e Sebastiano ). P.S. E fattelo un selfie ogni tanto...si cazzo! Oggi si! Mi sembra di essere il cacciatore che si fa fotografare con il cervo subito dopo...

Sulla strada per Beromünster

Domenica 10 agosto 2025. Sono seduto su di un bus in stazione a Lucerna. A momenti partirà e in men che non si dica lascerà la città per addentrarsi nelle campagne lucernesi. Ed é proprio questo che amo, essere portato in quello che nel film Trainspotting viene definito “il nulla”. La mia esplorazione oggi mi porterà da una cappella in piena campagna fino al villaggio di Beromünster. La cappella e il nome del villaggio posto come traguardo intrigano (Beromünster si chiamava fino al 1934 semplicemente Münster, monastero). Sono 7 km completamente piatti in una rovente giornata d’estate. Mi aspetto di vedere forse qualche giocatore di golf ad inizio percorso per poi isolarmi completamente tra campi e boschi fino all’arrivo, la tappa di per se non ha nulla che attiri le grandi masse, in Svizzera Mobile non fa nemmeno parte di un percorso a tema. Ma oggi per stare nella pace occorre ricorrere a questi tragitti di “seconda fascia”. La vera gioia sta nell’apprezzare quello che la natura o ...

Strada dei banchi e lago di Sabbioni

La strada dei banchi per un airolese é un classico, anzi un must. È la strada che corre in alto sul fianco della montagna lungo tutta la valle Bedretto. È esattamente l'equivalente della strada alta, quella della "famosa canzone" di Nella Martinetti, ma dall'altro versante della valle Bedretto. Oggi in aggiunta un bonus, che si rivela una perla che impreziosisce e di molto il giro, una deviazione al lago di Sabbioni. La strada dei banchi La strada dei banchi rispetto all strada alta presenta delle differenze sostanziali, ha molta poca ombra, é molto meno frequentata e all'apparenza potrebbe risultare più monotona. Per buona parte la strada é costituita da una carrabile che serve per collegare le varie alpi, poi ad un certo punto diventa sentiero, più precisamente in vista dell'arrivo del riale di Ronco che presente l'unico vero e proprio strappo del percorso. Come dicevo la strada dei banchi é un must per un Airolese, in pratica questa strada porta ai pied...

Chasa Chalavaina

Non son solito fare post dedicati agli alberghi, ma questo, come l’ hotel Dakota,  riporta eventi storici e merita una menzione  a parte. Chi entra in questa casa respira la storia e per uno come me non c'é nulla di più entusiasmante L'albergo sulla centralissima piazza di Müstair. Il monastero é a circa 100 passi di distanza Sopra la porta tutta a destra la mia stanza per una notte Nel 1254, la Chasa Chalavaina fu menzionata per la prima volta come locanda.  Questa casa è unica perché rappresenta l'hotel più antico della Svizzera.  1930 (?) La locanda, situata nella strada principale di Müstair, si trova a pochi passi dal monastero di St. Johann, patrimonio dell'Unesco. L'hotel comprende 18 camere, un ristorante, una cucina "colorata" di nero dalla fuliggine e un ampio giardino. Dove un tempo dormivano galline, gatti e capre, oggi ci sono camere per gli ospiti. Le stanze sono in parte arredate con mobili in legno secolari e in tutta la casa si trovano ute...

Il Dazio Grande e la via delle genti

Orson Wells afferma che gli svizzeri in 500 anni sono riusciti a creare ben poco, in particolare: "In Italia sotto i Borgia, per trent'anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù." Orson Wells - Il terzo uomo - fim 1949 Possiamo tranquillamente affermare che gli urani hanno seguito la stessa falsa riga per quanto riguarda il baliaggio di Leventina: in oltre 300 anni sono riusciti “solo” a migliorare la viabilità presso la gola del piottino (e di conseguenza fabbricarci il redditizio Dazio grande) . Le virgolette sul solo stanno comunque a sottolineare la difficoltà di costruire una strada in quel punto, questo senza nulla togliere alla difficoltà nel costruire un orologio a cucù che meritava forse anch’esso sarcasticamente le stesse virgolette nella battuta di Well...

Curon sul lago di Resia

Diciamo subito che io sappia non esistono altri Curon per cui si necessita aggiungere la precisazione “sul lago di Resia”. La scelta di aggiungere l’indicazione del lago é per facilitare la messa a fuoco del lettore. Se poi vogliamo esagerare sarebbe bastato dire “dove c’è la chiesa sommersa ed emerge solo il campanile." Sarebbe poi bastato aggiungere due foto del caso, da due angolazioni diverse e chiuderla lì, verso nuove avventure. Ma sarebbe stato “facile”, superficiale e maledettamente incompleto. Se il campanile compare un po’ ovunque, sulle portiere dei veicoli della municipalità agli ingombranti souvenir (vedi sotto) un motivo ci sarà.  Il classico dei classici. E non é legato all’aspetto “wow” che questo edificio immerso in uno scenario idilliaco suscita alla prima vista, come se si trattasse di un opera artistica moderna. C’è dell’altro. Basterebbe porsi semplici domande, ad esempio come si é giunti a tutto questo? Un inondazione? Una tragedia? Oppure é una semplice attr...

Kyburg e la vergine di Norimberga

Il tempo passa ma per la vergine di Norimberga presente al castello di Kyburg sembra non incidere, ache se poi vedremo che qualche ritocco l'ha necessitato pure lei. Che poi se ne possano dire finché si vuole ma la vera superstar del castello del castello di Kyburg é lei, proprio come aveva ben visto chi l'acquistò proprio per questo scopo «Vergine di ferro» I visitatori del castello si aspettavano sempre di vedere armi storiche e strumenti di tortura.  Appositamente per loro venivano realizzate delle «vergini di ferro». Matthäus Pfau acquistò il suo esemplare nel 1876 in Carinzia per mettere in mostra «il lato più oscuro del Medioevo».  A quel tempo, le forze conservatrici cercavano di reintrodurre la pena di morte, che era stata abolita poco prima in Svizzera. Attrazione turistica È risaputo che la Vergine di ferro fu inventata nel XIX secolo. Non vi è alcuna prova che in una simile cassa dotata di lame e con una testa di donna sia mai stata uccisa o torturata una persona....

Da Campo Valle Maggia a Bosco Gurin - parte II - Da Cimalmotto al passo Quadrella

Sbuco su Cimalmotto dal sentiero proveniente da Campo Valle Maggia verso mezzogiorno. Non mi aspetto di trovare spunti storici altrettanto avvincenti che a Campo, sarebbe impensabile in così pochi ettari sperare in tanto. Eppure.... Vista da Cimalmotto in direzione di Campo Valle Maggia di cui si intravede il campanile in lontananza Ci sono due elementi geologici che caratterizzano questa parte della valle: la frana che domina la parte inferiore e il pizzo Bombögn che sovrasta la parte superiore. Campo Valle Maggia e Cimalmotto sono l'affettato di questo ipotetico sandwich Chi visita Campo e le sue frazioni con occhio attento non può non rimanere esterrefatto dal contrasto fra la bellezza paesaggistica della zona e la ricchezza dei monumenti storici da un lato e la desolante povertà demografica dall’altro. I motivi sono diversi: innanzitutto Campo, al momento dell’autarchia più dura, era uno dei comuni più popolati della Valmaggia (nel XVIII superava i 900 abitanti; nel 1850 erano...

Mosé Bertoni

C'é una piccola sala nel museo di Lottigna, resta staccata dal complesso principale del museo, una piccola sala che per eventi sfortuiti (si con la "s" davanti) sono riuscito a vedere solo di sfuggita. Però quello che sono riuscito a assaggiare nei pochi momenti mi ha affascinato. Il classico ometto nato in un piccolo villaggio in una valle discosta per poi costruirsi una vita tutt'altro che scontata. Un personaggio amante delle tradizioni svizzere e dei principi anarchici, una combinazione piuttosto bizzarra per non dire incomprensibile. Si capisce fin dai primi momenti che si ha a che fare con un personaggio di nicchia, degno di un approfondimento. Mosè Bertoni verso il 1910 Foto F. Velasquez, Asuncion (Coll. priv.) Mosè Bertoni non è un uomo comune. Giovane irrequieto, dai molteplici interessi, impegnato politicamente tra i liberali innovatori e vicino all'anarchismo, a 27 anni decide di «dare un calcio a questa vecchia Europa» . Non è neppure un emigrante comu...