Passa ai contenuti principali

Mosé Bertoni

C'é una piccola sala nel museo di Lottigna, resta staccata dal complesso principale del museo, una piccola sala che per eventi sfortuiti (si con la "s" davanti) sono riuscito a vedere solo di sfuggita. Però quello che sono riuscito a assaggiare nei pochi momenti mi ha affascinato. Il classico ometto nato in un piccolo villaggio in una valle discosta per poi costruirsi una vita tutt'altro che scontata. Un personaggio amante delle tradizioni svizzere e dei principi anarchici, una combinazione piuttosto bizzarra per non dire incomprensibile. Si capisce fin dai primi momenti che si ha a che fare con un personaggio di nicchia, degno di un approfondimento.

Mosè Bertoni verso il 1910
Foto F. Velasquez, Asuncion (Coll. priv.)

Mosè Bertoni non è un uomo comune.
Giovane irrequieto, dai molteplici interessi, impegnato politicamente tra i liberali innovatori e vicino all'anarchismo, a 27 anni decide di «dare un calcio a questa vecchia Europa».
Non è neppure un emigrante comune: non cerca la città, ma la foresta; non cerca la ricchezza, ma la fama scientifica; non cerca una cattedra universitaria, ma «un campo per i miei studi e le mie ricerche scientifiche, un campo ricco e inesplorato, ove poter spiegare le mie attitudini».

Non è facile definirlo: uomo semplice e frugale o uomo dalle ambizioni smisurate; marito e padre esemplare o patriarca tirannico; anarchico internazionalista, nazionalista paraguaiano o patriota svizzero; positivista liberale, cristiano tolstoiano o spiritista; vincitore o sconfitto. Mosè Bertoni è stato tutto questo.

Giallo => Il viaggio
Le colonie di Mosè Bertoni
1. Yabebyry, 1884 - 1887
2. Yaguarazapá, 1887 - 1893
3. Puerto Bertoni. 1893 - 1929

Biografia

Mosè Giacomo Bertoni nasce a Lottigna, nel 1857. Dopo aver frequentato il Liceo di Lugano, nel 1876 si sposa con la biaschese Eugenia Rossetti e si avvia agli studi di diritto, che lascia quasi subito per le scienze naturali.

Nel marzo 1884, a un passo dalla laurea, emigra in Argentina con la madre, la moglie, cinque figli e qualche contadino biaschese.
Vuole fondare una colonia agricola e scientifica che metta anche in pratica vaghi ideali anarco-socialisti. Abbandonato dai compagni, lascia cadere quest'ultimo obiettivo.

Nel 1887 passa in Paraguay e nel 1893 crea sulle rive del Paraná la colonia Guillermo Tell, in una località ancora oggi chiamata Puerto Bertoni, a pochi chilometri dalle cascate di Iguazú.
Dal 1894 è prevalentemente ad Asunción, dove su richiesta del presidente fonda e dirige la Scuola nazionale di agricoltura.

Un'immagine inedita della casa di Puerto Bertoni emersa durante la preparazione dell'esposizione al Museo della Valle di Blenio di Lottigna (foto d'archivio). Per chi è curioso sotto è riportato il testo sul retro della foto.


Nel 1904 torna stabilmente a Puerto Bertoni per dedicarsi a una frenetica attività di lavoro agricolo, studio e divulgazione scientifica. L'intera famiglia è attiva, in vario modo, nelle molteplici attività della colonia: coltivazioni da reddito, sperimentazioni agricole, ricerche e pubblicazioni scientifiche.

Nel 1918 Mosè installa a Puerto Bertoni una tipografia, la Ex Sylvis, dalla quale escono alcune tra le sue opere più importanti.

A partire dal 1915 la regione è però colpita da una lunga crisi economica che travolge la colonia: vengono sempre più a mancare le risorse necessarie per sostenere ricerche e pubblicazioni, mentre la famiglia patriarcale si disgrega progressivamente: di fronte alle difficoltà materiali parecchi figli (13 figli) cercano di costruirsi altrove una vita indipendente.

Quando Eugenia e Mosè muoiono, nel 1929, la colonia è in piena decadenza. L'opera scientifica resta a metà strada, una quantità impressionante di manoscritti inediti si perderà col tempo.

Bertoni morì nel 1929 solo e senza mezzi, lasciando una quantità enorme di manoscritti inediti. La sua bibliografia conta più di 500 pubblicazioni, ma la sua opera più ambiziosa, l'enciclopedica “Descripción física, económica y social del Paraguay”, prevista in 18 volumi, rimase incompiuta. La persistente fama di Bertoni in Paraguay (dove era noto come el Sabio, il saggio) era legata ai suoi lavori di climatologia, di antropologia (La Civilización guaraní), di divulgazione agronomica (Agenda y mentor agrícola), ma anche all'immagine del buon saggio che viveva nella foresta.

Mosè Bertoni nel frutteto a Puerto Bertoni (foto d'archivio, www.mosebertoni.ch).

Mosè Bertoni. Natura, scienza, agricoltura

La Lega svizzera per la protezione della Natura, da cui discende Pro Natura, nasce nel 1909. Mosè Bertoni muore nel settembre del 1929.

Avrà saputo, in quel ventennio, dell'esistenza dell'Associazione? Probabilmente no, anche se dal Paraguay continuava a seguire i destini del suo paese d'origine. Certamente se ne sarebbe interessato, condividendone alcuni temi come l'ideologia anti-urbana e la concezione patriottica del paesaggio alpino. Però nel suo approccio alla natura non troviamo tanto lo spirito protezionistico delle origini della Lega quanto un curioso miscuglio in cui si fondono una fede nel progresso di stampo positivista e una visione della natura che assume i tratti di una religione della natura.

In sylvis

Nel maggio del 1929, a pochi mesi dalla morte, nel pieno disastro della decadenza di Puerto Bertoni, Mosè Bertoni scrive al fratello Brenno una lettera che lascia sbalorditi: si lancia a difendere l'esattezza di una citazione di Orazio che appare nel primo volume de La Civilización Guaraní («Quanquam socraticis madet sermonibus, In sylvis Academi quaerere rerum»). Un amico di Brenno aveva fatto notare che quella citazione era sbagliata e Mosè, che l'aveva ripresa dal bollettino del Museo nazionale di Rio de Janeiro, si arrampica sui vetri per dimostrarne correttezza e pertinenza.

Cosa c'è di tanto sorprendente? Il fatto è che Mosè sta attraversando la fase più drammatica della sua vita (in un'altra lettera dello stesso periodo parla dello «spettacolo del crollo di tutti i miei ideali, della rovina dei miei affetti, della disillusione atroce, multipla, quasi totale»), eppure si prende il tempo per scrivere varie pagine piene di argomentazioni complesse e di citazioni latine su un problema tutto sommato marginale.

È ben conscio dell'assurdità della situazione («io stesso trovo molto strano - visto quanto mi capita in questo momento e di cui ti parlerò in una prossima lettera - di occuparmi di una questione simile»). Ricordo questa lettera incredibile non tanto per entrare nel merito di quella citazione, ma per mettere in evidenza due aspetti di questo emigrante-colono-naturalista: da un lato la sua indomita ostinazione, il suo spirito battagliero, il suo avventurarsi liberamente in ogni campo del sapere, e dall'altro la sua idea della natura, soprattutto del rapporto dello scienziato con la natura.

Già nel dicembre del 1928 aveva dato a Brenno una prima risposta: «Traduzione un poco libera: "Benché sia pieno di precetti teorici, è nella natura vergine che lo studioso deve cercare la verità delle cose"». A questa interpretazione della citazione (sbagliata) di Orazio, affianca una frase attribuita a Laozi: «Se vuoi conoscere la verità di tutte le cose e la loro ragion d'essere (il tao) studia solo la natura. E se vuoi affrontare lo studio della natura, dimentica tutto quel che credi di sapere». 
Non è proprio una frase del saggio cinese, ma qui poco importa: è funzionale al discorso di Bertoni, che dice: «è precisamente in sylvis che ho dapprima cercato ciò che la selva nascondeva ai teorici dalle idee preconcette». Un decennio prima aveva chiamato Ex Sylvis la tipografia messa in piedi a Puerto Bertoni, nella selva dell'Alto Paraná: impresa titanica e temeraria, come molte delle sue.

La biblioteca di Mosè
La biblioteca di Puerto Bertoni custodiva circa 12 mila volumi.
Insetti, umidità e furti l'hanno più che dimezzata, e le opere rimaste si trovano in cattive condizioni. Fotografia D. Baratti

I tre pilastri

Nel 1882, deciso a lasciare per sempre il Ticino, aveva scritto a sua moglie Eugenia: «Noi non potremmo vivere senza il lavoro agricolo; la nostra salute lo esige, e se per tutti l'esercizio e la vita libera della natura è sommamente utile, per noi è assolutamente necessario. Ora l'agricoltura essendo utilmente impossibile a Lottigna (...) bisogna pur cercare altrove una regione che ti permetta di conseguire quei bisogni della vita che ci sono essenziali.
Inoltre, io ho bisogno d'un nostro campo per i miei studi e le mie ricerche scientifiche, d'un campo ricco e inesplorato, ove poter spiegare le mie attitudini, e trarne inoltre un materiale vantaggio (...). No, peggio di quà non staremo mai! Il mio carattere, le incrollabili mie idee sociali sono incompatibili con questo stato di cose. Io ebbi sempre un'attrazione assai forte per una regione più favorita, ove io possa meglio gettarmi in grembo di quella natura che è la mia religione e la mia vita».

Lavoro agricolo e ricerca scientifica sono quindi due pilastri del progetto esistenziale e migratorio di Bertoni, che si compiono «in grembo di quella natura che è la mia religione e la mia Vita». Ci sono poi le sue «idee sociali», fortemente influenzate a quell'epoca dall'anarchismo, ma non così «incrollabili» (non ne parlerà quasi più in quei termini). Più forte e determinante, «il mio carattere»: si può ben dire che Mosè Bertoni non si è mai piegato a certe esigenze della società né alle condizioni avverse, perseguendo con caparbietà il suo vero sogno, quello di una vita nella natura in cui trovare la tranquillità economica (tramite l'agricoltura) e la fama scientifica (tramite ricerche multidirezionali in «un campo ricco e inesplorato»).

È circondato da una famiglia numerosa e operosa: «il mio unico ideale fino alla morte», «il più bel regalo degli dei». 

Famiglia, agricoltura, scienza: i tre pilastri.

Lo studio di Mosè
Così si presentava lo studio di Mosè nel 1989. Per sessant'anni è rimasto quasi immutato. La nuova sistemazione museale ha invece stravolto la disposizione originaria dei locali e dei materiali. Fotografia D. Baratti

La «Colonia Guillermo Tell»

Agli inizi Bertoni vuole essere l'avanguardia di un ampio progetto di colonizzazione che avrebbe trasformato la zona argentina di Misiones: intende «fondare una nuova Elvezia in quella regione ammirabile, e, coll'appoggio del più liberale dei governi che ebbe questa repubblica, vedere cangiate in ricche piantagioni ed in ridenti ville quelle vaste e maestose solitudini ove la natura ha prodigato tutti i suoi doni» (1886).

Ma poi, date le circostanze avverse, al cuore dei suoi progetti ci sarà la creazione di una semplice colonia di famiglia, tendenzialmente autosufficiente, che sia luogo di produzione e sperimentazione agricola ma anche centro di ricerca scientifica a tutto campo. I tentativi di realizzare questo sogno avvengono sulle rive del Paraná.

Il primo, in Argentina, finisce male per varie ragioni, tra cui l'ostilità di un ricco possidente. Il secondo, già in Paraguay, si trascinerà tra mille difficoltà dopo la rottura con i suoi soci di Buenos Aires, due emigrati ticinesi più interessati allo sfruttamento del legname che al futuro agricolo della zona. Il terzo prende avvio nel 1893 da un'esplorazione del fiume durante la quale Bertoni individua un luogo ideale per quella che chiamera "Colonia Guillermo Tell", a poca distanza dalle cascate dell'Iguazú, nel luogo che ancora oggi porta il nome di Puerto Bertoni.

Carta manoscritta del corso del ParanáNel 1893 Mosè esplora e cartografa un ampio tratto del fiume Paraná.
È in quell'occasione che scopre il luogo in cui nascerà l'insediamento di Puerto Bertoni (qui già indicato, nella parte alta del foglio). (ASTI)

Nove anni dopo essere giunti in America, i Bertoni trovano infine il loro approdo. Nel frattempo la famiglia si è ampliata, alla madre Giuseppina, alla moglie Eugenia, ai cinque figli nati in Europa, se ne aggiungono ora altri quattro, e quattro ancora nasceranno nell'Alto Paraná. I loro nomi insoliti (Reto Divicone, Arnoldo da Winkelried, Vera Zasulic, Sofia Prowskaja, Inés, Inés Misiones, Moisés Santiago, Guillermo Tell, Aurora Eugenia, Walter Fürst, Werner Stauffacher, Carlos Linneo, Artistóteles Eugenio) rivelano l'attrazione duratura del loro padre per i miti fondativi della Svizzera e per la scienza, oltre a quella per l'anarchismo attraverso i nomi di due rivoluzionarie russe (ma Sofia sarà presto chiamata Helvecia).

I nomi dei figli di Eugenia e Mosè 

1. Reto Divicone (1877-1968) Reto ricorda il popolo dei reti, che nell’antichità il occupava le valli dell'attuale cantone dei Grigioni, estendendosi anche sul versante sudalpino. Mosè si è appassionato alla storia dei reti, che ritiene discendenti degli etruschi e degli egizi, fin dai tempi del liceo. Divicone fu invece alla testa degli Elvezi, altro popolo allora stanziato sull’attuale suolo svizzero, in una vittoriosa battaglia contro i Romani (107 a.C.). Il binomio Reto Divicone sottintende quindi una forte attaccamento al suolo natìo: un originale nome patriottico. 

 2. Arnaldo (o Arnoldo) da Winkelried (1878-1973) Narra la tradizione che nella battaglia di Sempach del 1386 Arnaldo da Winkelried, dopo aver raccomandato i figli ai confederati, si gettò contro l’impenetrabile barriera di lance dei nemici. Col suo sacrificio aprì una breccia nelle fila avversarie, spianando agli svizzeri la via della vittoria. Un nome ancor più patriottico del primo. Il secondogenito di Mosè è correntemente chiamato Winkelried. 

3. Vera Zassoulich (1880-1966) Il 24 gennaio 1878 Vera Ivanovna Zasulic (Zassoulich nella traslitterazione francese) ferì con un colpo di pistola il generale Trepov, governatore di Pietroburgo, per vendicare un detenuto frustato in carcere. Grazie a una brillante autodifesa, Vera Zasulic fu assolta e riparò in Svizzera. Nelle lettere di famiglia troviamo spesso Wera. 

4. Sofia Perovskaja (Helvecia) (1881-1974) Nel 1881 il gruppo terroristico russo Narodnaja Volja, fondato nel 1878 uccide lo zar Alessandro II. Alla testa del gruppo c’è una donna, Sof’ja Perovskaja: viene impiccata nel 1881, dopo un processo sommario. Questi nomi di rivoluzionarie russe evidenziano la fase anarchica di Mosè, mentre il fatto che Sofia venga chiamata ben presto Helvecia segna l'allontanamento dal movimento anarchico e il risorgere di uno spirito patriottico, confermato da altri nomi (vedi nn. 8, 10, 11). 

5. Ines (1883-1886) 6. Misiones (Inés)(1884-1969) Il nome Inés non pare contenere alcun riferimento particolare. La seconda è nata a Misiones e c'è chi afferma che le sia stato dato quel nome. Non abbiamo mai visto documenti che lo confermano. In ogni caso, dopo la morte della prima Ines, è sempre stata chiamata Inés. In alcune lettere è soprannominata Tarila. 

7. Moisés Santiago (1887-1967) Un omaggio al padre. Talvolta è chiamato Marinero, per essersi salvato nel naufragio nelle rapide di Corpus (1888). 

8. Guillermo Tell (1889-1963) Il personaggio più noto della leggenda che narra le origini della Confederazione svizzera: un montanaro armato di balestra che uccise il tiranno Gessler, dopo essere stato costretto a dimostrare la sua abilità colpendo una mela posta sulla testa del figlioletto. Normalmente viene chiamato Tell. 

9. Aurora Eugenia (1891-1983) Aurora (amanecer) è un nome molto diffuso tra i liberali e i socialisti di fine Ottocento (per esempio il primo giornale socialista ticinese si chiamava L'Aurora). Il secondo è un evidente omaggio alla madre. 

10. Walter Fürst (1893-1971) 
11. Werner Stauffacher (1895-1988)
Altri due nomi molto patriottici. Sempre secondo la leggenda nazionale svizzera, Walter Fürst, Werner Stauffacher e Arnaldo da Melchtal - in rappresentanza dei tre primi cantoni - giurarono eterna alleanza sul praticello del Grütli, nel 1291, dando così origine alla Confederazione. Ricorda Claudina Bertoni, figlia di Guillermo Tell, che da piccola recitava insieme ai cuginetti quegli episodi, tratti da un’edizione illustrata per bambini intitolata Las hazañas de Guillermo Tell. Magari sotto gli occhi di papà Tell e degli zii Walter Fürst, Werner Stauffacher e Arnaldo da Winkelried. 

12. Carlos Linneo (1898-1915) Carlo Linneo (Carl von Linné, 1707-1778), naturalista svedese, è stato il fondatore della sistematica in campo botanico e zoologico. 

13. Aristóteles Eugenio (1900-1990) Omaggio ad Aristotele, il celebre filosofo greco vissuto nel IV secolo a. C. Se con Linneo Mosè ha voluto riferirsi alla botanica, con Aristóteles ha inteso richiamarsi all'altra disciplina prediletta, la meteorologia. «Aristóteles realizó la primera tentativa para reducir a reglas fijas la previsión del tiempo» ed è quindi il «fundador de la meteorología» (Moisés S. BERTONI, Memoria sobre la existencia de lluvias periódicas. Un factor más para la previsón del tiempo, Puerto Bertoni, Ex Sylvis, 1918)

La regione del Salto Guairá cartografata da Mosè Bertoni
(Museo Andrés Barbero, Asunción, Colección Bertoni)

Puerto Bertoni

È lì, a Puerto Bertoni, che Mosè può finalmente mettere in cantiere molte iniziative, come la monumentale Descripción física, económica y social del Paraguay: una ventina di grossi volumi che trattano di geografia, meteorologia, climatologia, botanica, agronomia, zoologia, antropologia. Un progetto che definisce «la mia opera, che è della famiglia e della nazione». 
Se la famiglia, che lui tende ad asservire ai suoi piani, fa il possibile, lo Stato paraguaiano lo sostiene solo a parole. E così, complice la crisi iniziata nel 1914, il progetto resta largamente incompiuto.
Ma anche quel poco che rimane, indipendentemente dal valore scientifico, lascia ancora a bocca aperta per la capacità di questo straordinario emigrante-scienziato di immaginare, di osare, di lavorare, di lottare

La casa principale di Puerto Bertoni verso il 1915

La stevia

Mosè ha studiato e classificato l'erba chiamata Ka'a he è (erba dolce) dai guaraní. Si tratta di una pianta dal fortissimo potere edulcorante, oggi coltivata in vari paesi tropicali e trasformata industrialmente in dolcificante insapore e privo di calorie. Il nome completo della pianta, fin dal 1905, è Stevia rebaudiana Bertoni. Rebaudi è il chimico argentino che l'ha analizzata nel 1899 per conto di Mosè.

Pacchetto di Ka'a he'è (Stevia) e bustina di semi

La parabola di Bertoni

1857. Nasce a Lottigna, da Giuseppina Torriani, moglie di Ambrogio Bertoni.

1875. Lascia il liceo e inizia gli studi universitari di diritto a Ginevra.

1876. Si sposa con Eugenia Rossetti. Passa all'università di Zurigo, dove inizia lo studio delle scienze naturali, che poi prosegue a Ginevra.

1882. Decide di emigrare. Fonda e dirige la Revue scientifique suisse/Rivista scientifica svizzera in cui scrive di scienza, storia, politica, sociologia...

1884. Parte per l'Argentina insieme alla moglie, la madre e cinque figli. Con una decina di biaschesi intende dare avvio a una colonia di stampo socialista nella provincia di Misiones. Il gruppo si sfalda presto, insieme al progetto.

1887. Si trasferisce con la famiglia in Paraguay, a Yaguarazapá.

1893. Nella regione dell'Alto Paraná trova il luogo, ancora oggi chiamato Puerto Bertoni, in cui insediarsi definitivamente. Nonostante i ricorrenti tentativi di avviare una colonizzazione su larga scala, preferibilmente svizzera, la «Colonia Guillermo Tell» rimarrà una colonia di famiglia.

1896. Fonda e dirige la Scuola nazionale di agricoltura di Asunción.

1901. Escono l'Almanaque agrícola e gli Anales científicos paraguayos.

1907. Torna definitivamente a Puerto Bertoni.

1908. Muore la madre Giuseppina.

1910. Partecipa all'Esposizione agricola internazionale di Buenos Aires.

1913. Partecipa al Congresso internazionale di Difesa agricola di Montevideo. 1915-1929 Per la crisi seguita alla prima guerra mondiale e una legge che ostacola la navigazione sul Paraná, la regione entra in una fase di decadenza.

1918. Una gelata eccezionale distrugge le sue piantagioni. Escono le prime pubblicazioni della tipografia Ex Sylvis di Puerto Bertoni.

1922. Grande successo ai Congressi di Storia americana e degli americanisti di Rio de Janeiro. E il momento più alto della sua carriera scientifica. Pubblica il primo volume della Civilización Guaraní.

1926-27. Pubblica Agenda & Mentor agricola e un altro volume della Civilización
Guaraní.

1929. Muore di paludismo il 19 settembre a Foz do Iguaçu senza aver saputo
che sua moglie Eugenia era morta il 24 agosto.

Via che porta il suo nome a Lottigna

Commenti

Post popolari in questo blog

Tradizioni molto svizzere

Dopo anni di tentennamenti decido finalmente di partecipare ad un avvenimento che nella Svizzera tedesca é assolutamente irrinunciabile: la festa federale che si tiene ogni tre anni. Oggi saró circondato da svizzeri che fanno cose molto svizzere. Moltissime tradizioni svizzere in questo disegno creato appositamente per la festa federale 2025, se volgiamo cercare il pelo nell'uovo manca l'Hornuss La prima cosa che noto già nell’avvicinamento sul treno é il consumo di birre in lattina con conseguente coda davanti alle toilette, questo anche se ci troviamo a primo mattino I più impavidi sortiscono dagli zainetti i bicchierini da cichett e brindano a non meglio identificate entità. Il lieve aroma di schnapps alle prugne si diffonde nell’area del vagone. Seguono racconti gogliardici accompagnati da grasse risate. Purtroppo non conosco bene l’idioma svizzerotedesco e non riesco a percepire se il genere di sense of humor degli allegri compagni di viaggio farebbe sganasciare pure me....

Anima di donna dannata scovata!

Due anni! Due anni per trovare questo misterioso ed unico quadro nel suo genere in terra ticinese. O almeno che io sappia. Anonimo l’autore mentre il titolo che lo accompagna recita “ anima di donna dannata ”. Purtroppo é andata persa la fonte dove ho preso questa informazione così come una foto piuttosto sfuocata dell'opera. Impossibile trovare il quadro in rete. Non restava che trovarlo in carne e ossa.  Oggi con grande piacere lo schiaffo bellamente dietro il mio faccione sotto qualche riga di testo introduttivo con tanto di indicazione nella didascalia di dove si può ammirare.  Così come a Parigi ci si selfa davanti alla torre Eiffel ad Ascona lo si fa davanti ad anime dannate Toh! “Anima di donna dannata», tela di autore anonimo della prima metà del Seicento (Ascona, Museo parrocchiale presso l’oratorio dei santi Fabiano e Sebastiano ). P.S. E fattelo un selfie ogni tanto...si cazzo! Oggi si! Mi sembra di essere il cacciatore che si fa fotografare con il cervo subito dopo...

Sulla strada per Beromünster

Domenica 10 agosto 2025. Sono seduto su di un bus in stazione a Lucerna. A momenti partirà e in men che non si dica lascerà la città per addentrarsi nelle campagne lucernesi. Ed é proprio questo che amo, essere portato in quello che nel film Trainspotting viene definito “il nulla”. La mia esplorazione oggi mi porterà da una cappella in piena campagna fino al villaggio di Beromünster. La cappella e il nome del villaggio posto come traguardo intrigano (Beromünster si chiamava fino al 1934 semplicemente Münster, monastero). Sono 7 km completamente piatti in una rovente giornata d’estate. Mi aspetto di vedere forse qualche giocatore di golf ad inizio percorso per poi isolarmi completamente tra campi e boschi fino all’arrivo, la tappa di per se non ha nulla che attiri le grandi masse, in Svizzera Mobile non fa nemmeno parte di un percorso a tema. Ma oggi per stare nella pace occorre ricorrere a questi tragitti di “seconda fascia”. La vera gioia sta nell’apprezzare quello che la natura o ...

Strada dei banchi e lago di Sabbioni

La strada dei banchi per un airolese é un classico, anzi un must. È la strada che corre in alto sul fianco della montagna lungo tutta la valle Bedretto. È esattamente l'equivalente della strada alta, quella della "famosa canzone" di Nella Martinetti, ma dall'altro versante della valle Bedretto. Oggi in aggiunta un bonus, che si rivela una perla che impreziosisce e di molto il giro, una deviazione al lago di Sabbioni. La strada dei banchi La strada dei banchi rispetto all strada alta presenta delle differenze sostanziali, ha molta poca ombra, é molto meno frequentata e all'apparenza potrebbe risultare più monotona. Per buona parte la strada é costituita da una carrabile che serve per collegare le varie alpi, poi ad un certo punto diventa sentiero, più precisamente in vista dell'arrivo del riale di Ronco che presente l'unico vero e proprio strappo del percorso. Come dicevo la strada dei banchi é un must per un Airolese, in pratica questa strada porta ai pied...

Chasa Chalavaina

Non son solito fare post dedicati agli alberghi, ma questo, come l’ hotel Dakota,  riporta eventi storici e merita una menzione  a parte. Chi entra in questa casa respira la storia e per uno come me non c'é nulla di più entusiasmante L'albergo sulla centralissima piazza di Müstair. Il monastero é a circa 100 passi di distanza Sopra la porta tutta a destra la mia stanza per una notte Nel 1254, la Chasa Chalavaina fu menzionata per la prima volta come locanda.  Questa casa è unica perché rappresenta l'hotel più antico della Svizzera.  1930 (?) La locanda, situata nella strada principale di Müstair, si trova a pochi passi dal monastero di St. Johann, patrimonio dell'Unesco. L'hotel comprende 18 camere, un ristorante, una cucina "colorata" di nero dalla fuliggine e un ampio giardino. Dove un tempo dormivano galline, gatti e capre, oggi ci sono camere per gli ospiti. Le stanze sono in parte arredate con mobili in legno secolari e in tutta la casa si trovano ute...

Il Dazio Grande e la via delle genti

Orson Wells afferma che gli svizzeri in 500 anni sono riusciti a creare ben poco, in particolare: "In Italia sotto i Borgia, per trent'anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù." Orson Wells - Il terzo uomo - fim 1949 Possiamo tranquillamente affermare che gli urani hanno seguito la stessa falsa riga per quanto riguarda il baliaggio di Leventina: in oltre 300 anni sono riusciti “solo” a migliorare la viabilità presso la gola del piottino (e di conseguenza fabbricarci il redditizio Dazio grande) . Le virgolette sul solo stanno comunque a sottolineare la difficoltà di costruire una strada in quel punto, questo senza nulla togliere alla difficoltà nel costruire un orologio a cucù che meritava forse anch’esso sarcasticamente le stesse virgolette nella battuta di Well...

Curon sul lago di Resia

Diciamo subito che io sappia non esistono altri Curon per cui si necessita aggiungere la precisazione “sul lago di Resia”. La scelta di aggiungere l’indicazione del lago é per facilitare la messa a fuoco del lettore. Se poi vogliamo esagerare sarebbe bastato dire “dove c’è la chiesa sommersa ed emerge solo il campanile." Sarebbe poi bastato aggiungere due foto del caso, da due angolazioni diverse e chiuderla lì, verso nuove avventure. Ma sarebbe stato “facile”, superficiale e maledettamente incompleto. Se il campanile compare un po’ ovunque, sulle portiere dei veicoli della municipalità agli ingombranti souvenir (vedi sotto) un motivo ci sarà.  Il classico dei classici. E non é legato all’aspetto “wow” che questo edificio immerso in uno scenario idilliaco suscita alla prima vista, come se si trattasse di un opera artistica moderna. C’è dell’altro. Basterebbe porsi semplici domande, ad esempio come si é giunti a tutto questo? Un inondazione? Una tragedia? Oppure é una semplice attr...

Kyburg e la vergine di Norimberga

Il tempo passa ma per la vergine di Norimberga presente al castello di Kyburg sembra non incidere, ache se poi vedremo che qualche ritocco l'ha necessitato pure lei. Che poi se ne possano dire finché si vuole ma la vera superstar del castello del castello di Kyburg é lei, proprio come aveva ben visto chi l'acquistò proprio per questo scopo «Vergine di ferro» I visitatori del castello si aspettavano sempre di vedere armi storiche e strumenti di tortura.  Appositamente per loro venivano realizzate delle «vergini di ferro». Matthäus Pfau acquistò il suo esemplare nel 1876 in Carinzia per mettere in mostra «il lato più oscuro del Medioevo».  A quel tempo, le forze conservatrici cercavano di reintrodurre la pena di morte, che era stata abolita poco prima in Svizzera. Attrazione turistica È risaputo che la Vergine di ferro fu inventata nel XIX secolo. Non vi è alcuna prova che in una simile cassa dotata di lame e con una testa di donna sia mai stata uccisa o torturata una persona....

Da Campo Valle Maggia a Bosco Gurin - parte II - Da Cimalmotto al passo Quadrella

Sbuco su Cimalmotto dal sentiero proveniente da Campo Valle Maggia verso mezzogiorno. Non mi aspetto di trovare spunti storici altrettanto avvincenti che a Campo, sarebbe impensabile in così pochi ettari sperare in tanto. Eppure.... Vista da Cimalmotto in direzione di Campo Valle Maggia di cui si intravede il campanile in lontananza Ci sono due elementi geologici che caratterizzano questa parte della valle: la frana che domina la parte inferiore e il pizzo Bombögn che sovrasta la parte superiore. Campo Valle Maggia e Cimalmotto sono l'affettato di questo ipotetico sandwich Chi visita Campo e le sue frazioni con occhio attento non può non rimanere esterrefatto dal contrasto fra la bellezza paesaggistica della zona e la ricchezza dei monumenti storici da un lato e la desolante povertà demografica dall’altro. I motivi sono diversi: innanzitutto Campo, al momento dell’autarchia più dura, era uno dei comuni più popolati della Valmaggia (nel XVIII superava i 900 abitanti; nel 1850 erano...