Il dipinto fiammingo Nascita di Cristo con pastori danzanti è praticamente inedito. Dipinto ad Anversa nel 1515, il pannello simile a un altare fu probabilmente realizzato in occasione di una festa religiosa. I pastori, vestiti con abiti colorati, ballano una vivace danza circolare e celebrano la nascita di Cristo. Gli angeli appaiono dalla luce celeste e li ispirano a inni di preghiera. I versi sono distribuiti su stendardi che sovrastano il dipinto dinamicamente traboccante. Un recinto di pascolo protegge la sacra famiglia nella stalla dal mondo rumoroso. Davanti ci sono altri pastori con le loro pecore, molti dei quali dotati di guanti a tre dita e della cosiddetta pala da pastore. Due mangiano, uno suona la cornamusa, mentre altri si scaldano al fuoco nel freddo invernale.
Questa raffigurazione di genere, di origine olandese, è una rarità di grande significato artistico e storico-culturale, oltre che storico-sociale, anche se il suo autore rimane per il momento anonimo e il suo significato e la sua funzione precisi attendono ancora di essere indagati.
Da sempre, l’uomo si è cimentato con le problematiche legate alla salute mentale, cercando, in maniera più o meno scientifica, di comprenderne le dinamiche, capirne il funzionamento, tentando anche di prevenire l’amplificarsi del fenomeno o quantomeno di arginare ulteriori peggioramenti.
Il vero problema era che, nell’antichità, quando la stessa medicina arrancava parecchio dal punto di vista scientifico e le nozioni erano poche e miste per lo più a fantasie popolari e superstizioni, risultava davvero complesso comprendere e studiare (quindi curare) una patologia mentale. Erano ancora troppo lontani gli anni della psicoanalisi e dei primi studi sull’immenso universo della mente umana; soprattutto nei secoli più antichi, vi era ancora la tendenza a voler necessariamente spiegare qualsiasi patologia attraverso processi fisici, secondo dinamiche logiche e meccanicistiche, mediante un’analisi di segni tangibili, o mediante lo studio dell’anatomia e a tutto ciò che si poteva toccare con mano; la mente umana sfugge a tutto questo!
Dunque, la malattia mentale è sempre stata avvolta da un alone di mistero, poiché nulla si conosceva di essa e così, mentre i medici azzardavano rimedì più pittoreschi che scientifici, brancolando letteralmente nel buio, i malati erano perennemente relegati ai margini della società, che li vedeva inevitabilmente come “diversi”, come soggetti devianti e pericolosi o comunque da evitare o schernire.
Una delle più curiose rappresentazioni è collegata all’estrazione della ‘pietra della follia’ ritenuta responsabile della malattia e della sua degenerazione: la follia, secondo una credenza popolare, era provocata da una serie di pietre conficcate nella testa che un medico, con una semplice operazione, poteva estrarre. Questa credenza era perfettamente in linea con le teorie ippocratiche, legate al concetto di equilibrio del corpo, che riconducevano ogni patologia ad una alterazione fisica: se un malato mostrava disturbi mentali, la causa doveva essere obbligatoriamente nella sua testa e doveva essere toccata con mano. Il cervello umano era all’epoca immaginato come un ingranaggio, la pietra della follia era appunto quell’elemento che aveva fatto inceppare il corretto funzionamento dell’ingranaggio, quindi andava rimossa.
Nonostante l’assurdità (nonché il grande dolore fisico che essa comportava), erano molti i folli che sceglievano di sottoporsi (o venivano costretti) a questa pratica chirurgica, che prevedeva l’incisione del cranio, culminando nell’atteso momento dell’estrazione di questo sassolino.
La follia, intesa come alterazione della personalità umana, è stata accolta nel grande repertorio figurativo dell’arte, ma è solo nel corso del Rinascimento che diventa oggetto di indagine
Estrazione della Pietra della Follia - Peter Quast - 1630 circa
olio su rame
altezza: 19,5 cm; larghezza: 28,5 cm
Kunstmuseum San Gallo
Sono numerosi gli esempi dell’estrazione della pietra della follia anche definita “pierres de tête”: di seguito la rappresentazione di un seguace del fiammingo Jan van Hemessen (Estrazione della pietra della follia, XVII secolo), molto esaustivo sull’argomento che con crudo realismo mostra la pratica chirurgica in tutta la sua ferocia: chi opera è un barbiere—chirurgo, intento nell’incidere il cranio del paziente con un bisturi. Attorno a lui due donne assistenti: una prepara un misterioso unguento, forse lenitivo; a sinistra, un personaggio curioso (probabilmente un parente del malato), con le mani intrecciate, intento a pregare il Signore per la buona riuscita dell’operazione. Protagonista il folle, il quale ci viene restituito dall’artista con una realistica mimica facciale che esprime chiaramente tutto il suo dolore; da notare, appena sotto la lama del bisturi, il tanto bramato sassolino che emerge dalla ferita: la giusta ricompensa di tanto lavoro!

Un'operazione per una pietra nella testa. Dipinto a olio di un seguace di Jan Sanders van Hemessen. Hemessen, Jan Sanders van, 1500 ca. - 1563 ca.
Albrecht Dürer
Albrecht Dürer: Un pittore che sfugge all'influenza dei collezionisti
Nel Medioevo e nella prima età moderna, gli artisti erano visti come artigiani che realizzavano opere su commissione dei loro clienti.
Pochi artisti del Rinascimento riuscirono a conquistare uno status più elevato e autonomo. Infatti, al di fuori dell'Italia, solo Albrecht Dürer (1471-1528) raggiunse lo status di artista in senso moderno. I dipinti e i disegni di Dürer, destinati a collezionisti, palazzi, chiese e case private, venivano prodotti in parallelo alle sue stampe, che erano destinate a una clientela diversa, un pubblico più ampio con cui si confrontava direttamente come editore. Con i nuovi mezzi dell'incisione su rame e dell'incisione su legno, sviluppati nel XV secolo, Dürer si conquistò nuove libertà artistiche.
Le opere a stampa di Dürer comprendono poco più di cento incisioni su rame e circa 280 xilografie. Il Kunstmuseum di San Gallo conserva settantacinque stampe di Dürer, tra cui quella che probabilmente è la prima incisione dell'artista: Giovane donna attaccata dalla morte (1494/95). L'immagine raffigura una coppia impegnata in un appuntamento illecito, durante il quale l'amante maschile si rivela essere la Morte.
Incisioni di questo tipo attiravano il nuovo pubblico della borghesia urbana che desiderava veder rappresentata la propria vita quotidiana, a volte in modo profano e raccapricciante. Nel 1498, Dürer pubblica la serie di quindici xilografie Apocalisse.
Anche quest'opera religiosa cattura lo spirito del tempo: l'atmosfera minacciosa di una Germania segnata da faide, carestie, epidemie e voci sull'imminente fine del mondo.
Le 8 opere di Dürer esposte al Kunstmuseum di San Gallo
1. La tentazione dell'ozioso (il sogno del dotto)
LA TENTAZIONE DELL'OZIOSO (IL SOGNO DEL DOTTO)
(Versione esposta al Kunstmuseum di San Gallo, ridimensionato e ritagliato per evitare riflessi)
Incisione a bulino. Siglata in basso al centro.
Foglio smarginato, mm 186 x 118. Filigrana: piccola brocca
(M. 158). Bel foglio, con lievi lacune nell'angolo in alto a sinistra, in buono stato di conservazione
L'interpretazione del titolo è stata generalmente accettata dagli studiosi successivi.
la cui sintetica ed efficace descrizione: «L'uomo che dorme presso la stufa su morbidi cuscini, facile preda delle tentazioni di Satana che cerca di accendere i desideri lascivi soffiando nella sua testa con un mantice, può infatti interpretarsi come una personificazione dell'accidia; e verso di lui si rivolge con gesto invitante la dea Venere, il cui bellissimo nudo ispirato a esempi classici denota forti somiglianze con due disegniLa sfera, infine, consueto attributo della Fortuna, e il Cupido che tenta di camminare sui trampoli, sembrerebbero qui alludere alla incostanza della dea dell'Amore»
2. Giovane donna insidiata dalla morte (il violento)
GIOVANE DONNA INSIDIATA DALLA MORTE (IL VIOLENTO)
(Versione esposta al Kunstmuseum di San Gallo, ridimensionato e ritagliato per evitare riflessi)
Incisione a bulino.
Foglio mm 137 x 133. Lastra mm 113 x 100. Filigrana: stemma di città in piccolo formato, con tre torri con al di sopra un piccolo cerchio, mura merlate e porta aperta - 1570
Un vecchio nudo, irto, e scarno sedente, che sembra voler violentare una femmina vestita alla tedesca, assisa accanto a lui con uno svolazzo in alto.
La scena è una non inusuale allegoria della morte: «La morte è rappresentata come un uomo nudo orrendamente emaciato, con capelli arruffati, barba filamentosa, bocca bramosa e occhi crudeli, in atto di ghermire una giovane donna»
3.Melanconia
MELANCONIA I
(Versione esposta al Kunstmuseum di San Gallo, ridimensionato e ritagliato per evitare riflessi)
Incisione a bulino. Siglata in basso a destra e datata 1514.
Foglio mm 240 x 190. Lastra mm 239 x 189. Senza filigrana. Bellissimo foglio, con lievi macchie, lacune risarcite appena percettibili negli angoli in alto a sinistra e in basso a destra, resti di un antico incollaggio visibili sul verso.
Dürer associa a questa grande e antica tradizione figurativa e letteraria - il corpo umano è condizionato da quattro fluidi, corrispondenti ai quattro elementi, ai quattro venti, alle quattro stagioni, alle quattro parti del giorno e alle quattro fasi dell'esistenza. Fra questi fluidi l'umore melanconico corrisponde alla fredda e asciutta terra, al ruvido Borea, all'autunno, alla sera e a un'età matura di circa sessant'anni - una seconda e più elaborata tradizione, che vede in questa donna alata anche la personificazione della Geometria, una delle sette arti liberali
4. La decapitazione di San Giovanni Battista
LA DACAPITAZIONE DI SAN GIOVANNI BATTISTA
(Versione esposta al Kunstmuseum di San Gallo, ridimensionato e ritagliato per evitare riflessi)
Xilografia. Siglata in basso verso sinistra e datata 1510 in alto a destra.
Foglio smarginato, mm 193 x 130. Filigrana: grande corona (M.20). Bellissimo foglio, lievemente ingiallito, con una piccola lacuna nell'angolo in basso a sinistra, in buono stato di conservazione.
La scena è ambientata in una corte prospiciente le carceri dove era stato imprigionato il Battista; il carnefice ne solleva la testa mozzata per adagiarla sul piatto retto da Salome. Anche qui, come in molte altre occasioni, Dürer non indugia sull'elemento macabro, non vi sacrifica nulla della chiarezza figurativa. Wölfflin ha definito questa «un'arte della rappresentazione». In tal senso, anche il particolare più pittoresco, che magari può essere recepito come tale - il volto del carnefice, ad esempio - è il risultato di uno studio non superficiale, di una volontà di investigare la forma «saepe parum aequa»
5. San Michele che uccide il drago
SAN MICHELE CHE UCCIDE IL DRAGO
(Versione esposta al Kunstmuseum di San Gallo, ridimensionato e ritagliato per evitare riflessi)
Xilografia. Siglata in basso al centro.
Foglio mm 419 x 289. Blocco mm 390 x 280. Senza filigrana.
Dall'edizione col testo in latino di Norimberga, 1511
Foglio lievemente ingiallito, in stato di conservazione molto buono. Sul margine superiore del foglio, al di fuori della linea di contorno del blocco, il numero 203 a penna e inchiostro.
Questa xilografia illustra il dodicesimo capitolo, per la precisione i versetti 7-12. Il paesaggio sot-tostante, sopra il quale sta per precipitare il drago sconfitto, è di terra e di mare, secondo quanto è descritto in conclusione del versetto 12 - «Ma guai a voi terra e mare, I perché il diavolo è precipitato sopra di voi l pieno di grande furore, I sapendo che gli resta poco tempo».
6. San Giovanni che divora il libro
SAN GIOVANNI DIVORA IL LIBRO
(Versione esposta al Kunstmuseum di San Gallo, ridimensionato e ritagliato per evitare riflessi)
Xilografia. Siglata in basso al centro.
Foglio mm 418 x 288. Blocco mm 390 x 281. Senza filigrana.
Dall'edizione col testo in latino di Norimberga, 1511
Foglio ingiallito, con lievi macchie, in buono stato di conservazione. Sul margine inferiore del foglio, al di fuori della linea di contorno del blocco, il numero 201 a penna e inchiostro.
Giovanni divora il libro, come gli è stato ordinato dall'angelo possente apparso in cielo avvolto in una nube, la fronte cinta di un arcobaleno, che aveva la faccia come il sole e le gambe come colonne di fuoco (Apocalisse 10, 1). In bocca egli lo sentì dolce come il miele, ma appena lo ebbe inghiottito ne sentì nelle viscere tutta l'amarezza (10, 10).
Il paesaggio metà marino e metà terrestre, che pure è funzionale al racconto della rivelazione (le gambe dell'angelo poggiano metà sulla terra e metà sul mare), rimanda certamente lo spettatore alla tradizionale iconografia del santo nell'isola di Patmos.
7. L'apertura del quinto e sesto sigillo
L'APERTURA DEL QUINTO E SESTO SIGILLO
(Versione esposta al Kunstmuseum di San Gallo, ridimensionato e ritagliato per evitare riflessi)
Xilografia. Siglata in basso al centro.
Foglio mm 420 x 287. Blocco mm 392 x 279. Senza filigrana.
Dall'edizione col testo in latino di Norimberga, 1511 Foglio ingial-lito, in buono stato di conservazione. Sul margine interiore del foglio, al di fuori della linea di contorno del blocco, il numero 197 a penna e inchiostro.
La xilografia illustra insieme l'apertura del quinto e sesto sigillo, ovvero la preghiera delle anime dei martiri nella parte superiore, e la caduta delle stelle e il terremoto nella parte inferiore (Apocalisse 6, 9-17). Il bambino in piedi, in basso a sinistra la madre che lo regge : «una donna accovacciata e piegata che tiene il proprio figlio davanti a sé e fa udire il proprio acuto grido attraverso lo spazio: il disperato grido di soccorso che non ha a chi rivolgersi»
8. I quattro cavalieri
I QUATTRO CAVALIERI
(Versione esposta al Kunstmuseum di San Gallo, ridimensionato e ritagliato per evitare riflessi)
Xilografia. Siglata in basso al centro.
Foglio mm 420 x 287. Blocco mm 394 x 280. Filigrana: torre con corona. Dall'edizione col testo in latino di Norimberga, 1511, Prova un poco diseguale, tendente sul marrone. Foglio ingiallito, in buono stato di conservazione. Sul margine superiore del foglio, al di fuori della linea di contorno del blocco, il numero 196 a penna e inchiostro
Sono aperti dall'Agnello i primi quattro sigilli, ed ecco che escono, uno per volta, quattro cavalli - bianco, rosso fuoco, nero e verdastro - con i loro quattro cava-lieri, cui fu dato potere per sterminare la quarta parte della terra con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere (Apocalisse 6, 1-8).
«Travolgere cavalcando nell'Apocalisse». Così Aby Warburg commentava questa celebre xilografia
l'impressionante cavalcata è un'interpretazione del testo sacro secondo i principi della concentrazione e della drammatizzazione: nel Libro i «Quattro cavalieri [...] "escono fuori" uno alla volta e non entrano in contatto diretto con l'umanità», invece in Dürer «appaio-no come uno squadrone compatto che carica una folla di vittime impotenti».
l'Inferno pronto a inghiottire l'umanità distesa e morente, fra cui svetta una donna inginocchiata in primo piano, già nella Bibbia di Colonia
Ferdinand Hodler
A partire dal 1987, un coraggioso lanzichenecco di Ferdinand Hodler sorveglia i visitatori sulle scale che portano al piano superiore del Kunstmuseum di San Gallo. L'artista nazionale svizzero Ferdinand Hodler (1853-1918) dipinse originariamente questo tondo di soldati svizzeri in difesa, che simboleggiano i ventisei cantoni della Svizzera, per la facciata esterna del padiglione artistico dell'Esposizione Nazionale di Ginevra del 1896.
Lanzichenecco con spada a due mani sollevata (1895/96) è dipinto nei colori di Schaffhausen, giallo e nero, ed è stato generosamente prestato al Kunstmuseum St. Gallen nel 1987 come prestito permanente dalla collezione di Charlotte e del Dr. Simon Frick per un'esposizione permanente.
Kunstmuseum di San Gallo
Bauernmalerei (Arte contadina):
È merito di Rudolf Hanhart (1924-2019), direttore del Kunstmuseum di San Gallo dal 1953 al 1989, se l'arte contadina creata in Appenzello e nel Toggenburgo è stata considerata degna di essere collezionata e se è entrata a far parte della collezione del museo. Nella sua opera fondamentale del 1959, Hanhart attribuì all'arte contadina le stesse qualità uniche che le avanguardie artistiche del XX secolo avevano associato all'arte extraeuropea: la scultura tradizionale africana, ad esempio, nel caso di Henri Matisse e Pablo Picasso.

Kunstmuseum di San Gallo
In effetti, la stessa arte contadina ha influenzato anche le avanguardie, tra cui il gruppo di artisti di Monaco Der Blaue Reiter, ed è grazie a questo riferimento che Hanhart ha potuto inserire l'arte contadina nel museo e integrarla nella collezione.
I dipinti raffiguranti la vita contadina sono noti nella Svizzera orientale fin dal XVI secolo: dipinti murali su pannelli di legno e mobili tra il 1750 e il 1850. Nel XIX secolo, i Sennenstreifen, lunghe rappresentazioni orizzontali a forma di rotolo delle tradizionali corse del bestiame alpino, su e giù per le montagne, furono realizzati per i contadini che volevano mostrare con orgoglio le loro mandrie.

Una selezione di arte contadina, realizzata nel XIX e all'inizio del XX secolo, è esposta nella Collezione Febbre, accanto ad opere realizzate da artisti con una formazione accademica formale. Un esempio di quest'ultima è il dipinto di grande formato dell'artista sangallese Emil Rittmeyer (1820-1904).
Rittmeyer fu un importante artista regionale. Figlio di un ricco industriale tessile, si specializzò nella rappresentazione di una vita rurale idilliaca. I soggetti del pittore provenivano principalmente dalle Prealpi dell'Appenzell.
STUBETEN nei Monti Sentis, Rittmeyer E. del. (Lindau 1820-1904), festa alpina sull'Alp Sol, con 2 musicisti sotto l'ombrello, in primo piano molte persone, incisione in acciaio colorata a mano, dopo l'originale, di Ernst F. gravé, Monaco di Baviera, stampata da Feh H., Fluntern ZH, intorno al 1870, 37,5x47 cm, stampa forte, decorativa, (cfr. Dr. Rusch, Appenzeller Trachten, pag. 198)
Kunstmuseum di San Gallo

Adriaen van Ostade 1610 - 1685
Contadini che bevono, 1645 circa
Olio su legno
Kunstmuseum di San Gallo, lascito Ernst Schürpf, 1945
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