Nella piccola miniserie sui processi assurdi un posto di primo piano va dato al processo di Formoso. Magari dice poco il nome, il fulcro risiede nel fatto che il processato fosse megamorto da tempo.
Sinodo del cadavere
Occorre dare dimostrazione d'avere la situazione in mano, pensa Stefano, e allora decide di mettere in stato d'accusa il pontificato di Formoso, imputandogli una rovinosa strategia politica, una condotta che lo ha portato a parteggiare per i tedeschi, in lotta con la famiglia del duca Guido da Spoleto.
La motivazione del processo è pretestuosa.
L'unico obiettivo è quello di ingraziarsi Ageltrude e Lamberto, la moglie e il figlio di Guido, che nel frattempo sono tornati a Roma; Stefano VI teme di finire rinchiuso a Castel Sant'Angelo, e vuole evitare il rischio nel modo più spettacolare possibile.
Convoca allora il cosiddetto «sinodo del cadavere», un vero e proprio processo, con una sola eccezione: l'imputato è defunto da tempo.
Viene aperta la tomba di Formoso, sepolto da quasi un anno, e il cadavere in putrefazione portato al cospetto del papa, davanti ai vescovi riuniti per giudicarlo.
Lo si fa sedere sul trono, con i polsi legati ai braccioli e la testa assicurata allo schienale, perché non caschi in avanti.
È vestito come un papa, con addosso tutti i paramenti del caso.
Il morto si difende
C'è un funzionario preposto a leggere il documento, però, per eccesso di zelo, il papa si alza e corre davanti al cadavere, per rinfacciargli, urlando, le sue colpe.
Il tanfo rende l'aria irrespirabile.
Al corpo vengono rivolte critiche feroci, a cui Formoso risponde come può: non lui personalmente, è ovvio, bensì un povero diacono costretto a sistemarsi dietro il cadavere e a prestargli la voce, interpretandone il ruolo in modo remissivo, ammettendo le colpe, dichiarandosi pentito e implorando pietà.
Non sorprende che Formoso venga condannato.
La sentenza non è solo politica, ma anche spirituale: oltre a riconoscerlo colpevole d'aver tradito Ageltrude e Lamberto, Formoso viene deposto dal papato.
Un gesto concreto, che di fatto invalida tutti i decreti che ha emanato nel corso dei suoi cinque anni di pontificato.
Overkilling
C'è poi la scomunica, che costringe un vivente a non fare più parte della comunità cristiana, e che a un morto impone il divieto di riposare in terra consacrata.La scena che segue è spettacolare.
Con sdegno solenne, Stefano VI fa spogliare il cadavere di Formoso di tutti i paramenti. Si prova a levare anche il cilicio che Formoso ha portato per anni, e che non era stato rimosso all'atto della prima sepoltura, ma è impossibile perché ormai la decomposizione l'ha reso tutt'uno col corpo.
Dopo di che, si procede al taglio delle dita: pollice, indice e medio della mano destra, quelle usate per benedire i fedeli.
Una volta privato di ogni simbolo sacro, Formoso diventa carne da macello per la folla. Viene gettato in strada nudo, e la gente inizia a saltarci sopra, dilaniandone la carne e spezzandogli le ossa.
Regalato ai presenti qualche momento di sfogo selvaggio, Stefano VI fa rivestire il cadavere, ma non più con le vesti sacerdotali, bensì con gli abiti di un laico qualunque.
Per Stefano può bastare, e dà un ultimo ordine, quello di seppellire il corpo martoriato fuori dai confini della città.
Ridissoterramento
Eppure i tormenti di Formoso non sono ancora finiti.La folla inferocita lo dissotterra nuovamente e lo lega alla coda di un cavallo, che lo trascina per le strade di Roma, quelle che pretendeva di voler governare.
Quando lo spettacolo viene a noia, qualcuno scioglie il legaccio, lascia libero il cavallo, prende il cadavere di Formoso e lo getta nel Tevere.
Alla storia, però, manca ancora l'ultimo atto.
Qualche anno più tardi, un monaco a passeggio lungo il fiume nota un corpo impigliato fra i rami che lambiscono le acque: sono i resti di Formoso tornato a galla. Gli procura una sepoltura, prega per lui e poi avverte papa Teodoro Il, che decide di riabilitare il predecessore, e di farlo con tutti gli onori.
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