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Memento Mori ieri e oggi

Per un ateo come me la concezione di morte risulta assai diversa rispetto ad un credente che potrebbe appigliarsi al fatto dell'immortalità dell'anima, a una vita nell'aldilà o nella reincarnazione.

Per un ateo non esiste nulla di tutto questo, nessuna seconda opportunità, questa é la sola ed unica possibilità, ora, adesso. Di conseguenza la consapevolezza della morte, che potrebbe giungere da un momento all'altro, potrebbe angosciare e mettere molta più ansia rispetto a chi sa di avere altre chances, rispetto a chi é fermamente convinto che questo é solo un capitolo.

Il memento mori appare quindi una riflessione che sottolinea il valore del tempo, e innalza il suo valore all'ennesima potenza. "Non rinviare a domani cose che ora potresti fare e domani non hai la certezza", "la vita é ora", "consumare la vita" sono alcuni degli slogan che caratterizzano la mia filosofia

Antichi romani

La frase scaturisce da una particolare usanza tipica dell'antica Roma: quando un generale rientrava nella città dopo un trionfo bellico e sfilando nelle strade raccoglieva gli onori che gli venivano tributati dalla folla, correva il rischio di essere sopraffatto dalla superbia e dalle manie di grandezza. Per evitare che ciò accadesse, qualcuno alle sue spalle gli pronunciava ad oltranza la frase: «Respice post te. Hominem te memento» ("Guarda dietro a te. Ricordati che sei un uomo")

Il contesto é completamente diverso di quello attuale, la frase é sussurrata dallo schiavo incaricato di tenere la corona all'imperatore durante l'apoteosi. Lo scopo é quello di renderlo attento che malgrado il suo senso di onnipotenza resta comunque un comune mortale.

Di tutt'altro piglio l'affermazione di Marco Aurelio che invita a usare bene il proprio tempo con la consapevolezza che ogni secondo potrebbe essere l'ultimo, un angoscia che vissuta in maniera costante e continua, 24/24, 7/7 non può far altro che essere ridimensionata fino ad affievolirsi

Danza della morte

Le sue origini possono esser fatte risalire a una popolarissima leggenda del tardo Duecento, I tre vivi e i tre morti. Tre giovani aristocratici, a caccia, si imbattono nella morte personificata da tre scheletri in diverse fasi di decadimento, poi in un eremita che illustra la morale dell'evento. 

Nello stesso periodo, l'alta società ecclesiastica dell'Europa settentrionale iniziò a prediligere un nuovo motivo artistico per commemorare la propria esistenza. Nei monumenti funebri di genere transi - estinto, trapassato - la scultura del defunto, supino, era sovrapposta a quella a figura intera di uno scheletro o di un cadavere in stato di putrefazione, « in pasto ai vermi ».

Tomba di John Fitzalan, conte di Arundel (morto nel 1435).
Castello di Arundel, Sussex.

Nel corso dell'intero tardo Medioevo, il cadavere o lo scheletro diviene così l'elemento figurativo più diffuso per invitare alla meditazione sulla fugacità della vita, sulla vanità dei beni terreni, sull'inevitabilità della morte.

La Danza generalmente si apriva con il personaggio di rango più elevato, nei cui confronti la Morte era solita mostrare il massimo disprezzo.'

Figure della danza della morte di Basilea - Museo storico Baden

Per quanto collocati all'interno di chiese e di conventi, questi affascinanti cortei non intendevano affatto rappresentare il destino del morti in termini spirituali - non rappresentavano il giudizio universale o l'interno, il purgatorio o il paradiso. La danza si svolgeva semplice e implacabile, con l'unico fine di raffigurare la morte.

Attraevano lo spettatore soprattutto con la suggestione di un mondo disarmonico sul piano del movimento e del suono - evocato dagli strumenti musicali che spesso gli scheletri portano con sé -, di una drammatica danza simbolica che un giorno l'avrebbe coinvolto come partecipante.

Liber Chronicarum 

Pubblicato a Norimberga nel 1493, il Liber Chronicarum (Cronache di Norimberga) dell'umanista Hartmann Schedel affronta l'aspetto psicologico del tema. Il lungo passaggio dedicato alla morte è accompagnato da una stampa di ampie dimensioni, interamente occupata da un gruppo di cinque scheletri beffardi e danzanti al suono di un flauto. La diteggiatura dissonante indica un'acustica spaventosa. Il testo è tuttavia di profondo conforto. Vi si afferma che tutti gli esseri umani sono creati a immagine di Dio e che quanti ne seguono i comandamenti avranno in premio la vita eterna, una volta abbandonato lo «sporco cadavere terreno, coacervo di peccati». Si ispira a una corrente pietistica precedente la Riforma, che metteva l'accento sulla grazia divina più che sull'importanza delle opere di bene,


Immagine da Hartmann Schedel, Liber Chronicarum, 1493.
British Museum, Londra.

Quelle immagini stampate non dovevano dunque esser guardate con timore da coloro che leggevano o udivano il testo, e che al contrario - dopo averlo letto -, potevano prendersi gioco della morte. Semplicemente, l'immagine metteva alla prova la loro «immunità all'angoscia spirituale»!

In alcune Danze della Morte gli scheletri apparivano nell'atto di saltare, per quanto con movenze volutamente controllate ad arte, mentre trascinano con sé i vivi, i quali al contrario erano raffigurati come pressoché statici, creando un contrasto drammatico a significare che già stavano morendo, per quanto implorassero disperatamente di rimanere in vita. Della loro gelida disperazione la morte si nutriva.

La morte e la coppia. Né la forza dell'amore né la fedeltà frenano la morte, ecco il messaggio di questa miniatura tratta dal breviario di Jost da Silenen (1493)

Danza della morte di Berna

Nella danza della morte di Berna troviamo due personaggi in vista sicuramente ben contenti di apparire di mostrare a tutti la loro posizione ritratta nella danza della morte


Un signore panciuto, vestito con sfarzo, che cerca di fare uno scherzo alla morte. L'artista bernese Niklaus Manuel così raffigura nella sua danza macabra il personaggio dello scoltetto. Gli serve da modello un conoscente friborghese, Peter Falck. Costui è tra coloro che hanno finanziato la danza macabra che Manuel affresca in grandezza naturale sul muro di cinta del convento dei Domenicani a Berna, poco dopo la battaglia di Marignano.

Niklaus Manuel, Danza macabra di Berna, 1516- 1519. Copia di Albrecht Kauw (dettaglio), 1649. Acquarello. Bernisches Historisches Museum, Berna.

La morte allunga il suo braccio per afferrare il berretto rosso del cavaliere, Vestito con colori vivaci e armato di spada, costui distoglie lo sguardo. Il cavaliere raffigurato è Sebastian vom Stein, uno dei mecenati bernesi che hanno finanziato la danza macabra di Niklaus Manuel, lunga un centinaio di metri. In alto a sinistra, lo stemma della famiglia vom Stein con le tre foglie di tiglio argentate.

Niklaus Manuel, Dunga macabra di Berna, 1516 - 1519, Copia di Albrecht Kauw (dettagtio), 1649, Acquarello.
Bernisches Historisches Museum, Berna.

Barocco

Guerre cruente, periodi di cattivo tempo, carestie ed epidemie segnano la vita quotidiana di molte persone nell'epoca barocca. Nuove scoperte scientifiche mettono in discussione la visione del mondo accettata in nome della fede cristiana.
Tutto ciò è un terreno fertile per lo scetticismo, la malinconia e la consapevolezza della propria caducità.
Nell'arte, la mortalità degli esseri umani è rappresentata in immagini.
Il motivo del memento mori, che significa "ricordati che devi morire" diventa una preoccupazione costante.

Guardarsi allo specchio - museo nazionale Zurigo
Il teschio, la candela spenta e i fiori appassiti simboleggiano la fugacità della vita, alla quale allude l'iscrizione «Memento Mori», ricordati che devi morire. 
Lo specchio confronta lo spettatore con la propria mortalità
Specchio, Argovia, ca. 1670, vetro a specchio parzialmente dipinto

Orologi

Nel contesto del "memento mori", l'orologio è un simbolo frequente del tempo e della caducità. Esistono Tödlein su orologi da tavolo e da parete come analogo degli orologi da torre e degli orologi dei municipi, nonché su e nelle chiese, come nella Cattedrale di Strasburgo. Si può supporre che fossero i modelli per i Tödlein in questo contesto.

Gli attributi di questo tipo sono solitamente una falce, una clessidra e una freccia. Nella maggior parte dei casi, queste rappresentazioni scheletriche sono mobili come manichini e svolgono una funzione.

Un esempio importante è il "Totenührli" di Christian Giessenbeck, orologiaio di Augusta, 1640-1660, oro, smaltato, altezza 10 cm (Zurigo, Museo Nazionale

Basilea - Orologio da tavolo. Cassa in argento dorato. Pietre preziose e semipreziose, smalto dipinto. Movimento di Christian Griessenbeck. Augsburg. 1640-1660.

 La piccola morte sta a gambe divaricate sul quadrante di un orologio, che costituisce la parte superiore di un orologio da tavolo. Il quadrante, con numeri romani neri su sfondo bianco, è privo di lancette. Al centro, la piccola morte poggia su una base fissa, rotonda e rotante. La sua struttura ossea è molto semplificata. Porta una corona d'alloro sul cranio e guarda un serpente verde avvolto intorno alla mano sinistra. La mano destra è vuota (probabilmente in origine era l'arco). Con il braccio sinistro tiene una lunga freccia che punta i numeri del quadrante per indicare l'ora che gira su se stessa

Martin Obersteg il Giovane: Memento Mori, 1800 circa, olio su tela - Museo di Stans 

Beffarde decorazioni sulla tunica che ricordano l'origine della vita, plausibile?

Nel 1677 si giunse alla scoperta degli spermatozoi grazie all'insaziabile curiosità dell'olandese Antonie Van Leeuwenhoek. La notizia della scoperta raggiunse gli altri studiosi solo attraverso la pubblicazione di alcune sue lettere. Analizzando al microscopio dello sperma, egli notò questi corpi rotondi, che chiamò animalculi, più piccoli dei globuli rossi e con un aculeo sulla parte posteriore cinque o sei volte più lunga del corpo. Leeuwenhoek propose quindi la teoria che l'embrione fosse collocato nella testa rotonda di questi corpuscoli: entrato nell'utero, lo sperma riceverebbe nutrimento dalla donna per dar vita proprio al futuro uomo.

Allegoria delle proprietà imperiali (1650 circa)
L'incisione mostra il papa in cima a un trono a più livelli. Il re e le proprietà secolari appaiono a destra, mentre l'imperatore e le proprietà ecclesiastiche appaiono a sinistra. Acquaforte in rame di Gerhard Altzenbach, 1560 circa. Castello di Hallwyl

La scala sociale attornia la morte che assume la posizione dominante dell'acquaforte. Il concetto é sempre lo stesso: non importa chi tu sia stato in vita, la morte arriva per tutti

Arte contemporanea

A secoli di distanza ci sono altre maniere per interpretare la morte? Con la nascita di nuovi movimenti, filosofie e scoperte nell'ambito della medicina ha reso possibile nuovi modi di percepire questa angosciante consapevolezza? Un buono spunto viene dall'opera trovata al mostra di Villa Olmo a Como

Memento mori and have fun in the meanwhile - lana infeltrita, poliestere, vesiti di bambini - Helena Guy Lhomme

Letteralmente "sappi che devi morire ma nel frattempo pensa a divertirti" é un chiaro invito a non pensare a questo inevitabile destino che ci accomuna, e questo é effettivamente la grande soluzione: concentrarsi sul presente cercando di valorizzarlo al massimo senza farsi incupire da quello che ci aspetta in fondo alla via.

Ridiamoci sopra

L'universo di idee di internet poi offre spunti per riderci sopra, magari anche a denti stretti ma con il sorriso che la fa da padrone. 

Anche la vignetta attuale ha un punto in comune con la danza della morte di 500 anni fa; la morte danza felice, sicura della sua vittoria, solo questione di tempo che gioca comunque a suo favore. Potremmo paragonarlo al motto della Campari: "l'attesa del piacere é essa stessa un piacere"
Il nocciolo della questione é ben rappresentato qui, l'arcobaleno alle spalle ricorda i colori della vita di cui la vita si fa beffe. Una vignetta amara, sarcastica all'estremo e proprio per questo porta inevitabilmente ad un rifiuto dell'osservatore che con questa chiave di lettura é invitato ad avere una reazione per divincolarsi dalla presa in giro del teschio danzante

Tutto quello compiuto in vita viene poi azzerato alla fine di essa, questa vignetta ricorda il concetto che siamo di passaggio e invita a riflettere se proprio tutto quello che facciamo durante la vita ha senso dato il finale che ci attende. Nel combattimento rappresentato un contendente inevitabilmente perisce, ma é veramente un vincitore? La vittoria é temporanea, esistono quindi vincitori e vinti?

Death Café

Come segno di mutamento dei tempi, dove una volta essere affiliati a qualsiasi religione era sufficiente per affrontare l'ultimo viaggio con un minimo di consapevolezza, per il presente si é deovuto tamponare in qualche maniera la "ferita" causata dall'assenza di credenti.

Ecco quindi comarire é caffé della morte

Per Death café si intende un evento pubblico no-profit in cui i partecipanti discutono sul tema della morte consumando cibo e bevande (solitamente tè e fette di torta). L'obiettivo di questi incontri è quello di educare e rendere famigliare il tema della morte, aumentando la propria consapevolezza nei confronti del ciclo della vita. I partecipanti possono discutere di pensieri, sogni e paure riguardanti la morte e l'atto di morire. Solitamente gli incontri hanno una durata di circa 2 ore a cui partecipano gruppi di circa 12 persone. I luoghi in cui vengono tenuti questi eventi sono in genere case private e locali pubblici in affitto quali bar e ristoranti.


Questa iniziativa, inventata dal programmatore di internet Jon Underwood ma concepita sulla base delle esperienze già avviate dal sociologo e antropologo svizzero Bernard Crettaz, si pone il compito di annientare la "segretezza tirannica" che ruota intorno al tema della morte. Secondo quanto riportato nel sito Deathcafe.com:

«Il nostro compito è quello di aumentare la consapevolezza della morte al fine di vivere più pienamente la propria vita.»

Bernard Crettaz organizzò nel 2004 a Neuchâtel quello che può essere definito come il precursore del Death café, il café mortel. Jon Underwood, ispirandosi a quest'ultimo, creò il modello di death café conosciuto nel mondo. Da allora si sono tenuti incontri in 66 paesi.

Commenti

  1. È la domanda che ruota costantemente nella mia testa: “tutto quello che facciamo [o non facciamo] durante la vita ha senso?”

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    1. Io la prendo come un’opportunità da sfruttare, una gran botta di culo tra l’altro: la ricerca medica ha fatto passi da gigante e siamo destinati a soffrire meno, se sei qui a commentare presumibilmente hai tempo in abbondanza e una connessione ad internet. Per non dimenticare che al negozio trovi minimo 3 tipi di maionese…. per quel che riguarda il senso ci penserò quando saró in casa anziani, ora ho solo voglia di “consumare” la vita

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