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Un po' di razzismo

La curva esponenziale, anzi, meglio ancora, l'impennata di accuse di razzismo che ogni singola parola può nascondere sta sfociando nel ridicolo. La svolta del morenkopf, o moretto dalle nostre parti, il dolcetto che da una vita veniva chiamato così oggi non ha più ragion d'essere. O meglio, non con quel nome apertamente razzista e offensivo verso le persone di colore.
Questo strabuonismo e strarispetto da alunni precisini precisini che dietro la schiena nascondmo la fionda é una facciata, un po' di razzismo ce lo tiriamo dietro, é pressoché inevitabile. 
Inutile dire "non sono razzista ma....", sei razzista.

Vediamo quindi gli episodi di razzismo molto più evidenti dei morenkopf degli ultimi secoli.

Ebrei in terracotta

Una statuina in ceramica abbastanza curiosa mi si para dinnanzi diverse volte. Ma non subito afferro il significato

Si tratta di una rappresentazione satirica e volgare di due commercianti di bestiame ebrei che utilizzano un gioco di parole ingannevole per vendere una mucca vecchia e logora a un signore tedesco.

 Mercanteggiare - I personaggi incarnano figure stereotipate di ebrei. Due mercanti ebrei discutono il prezzo di una mucca.
Mercanteggiamento, ca. 1830, Anton Sohn, Zizenhausen bei Stockach.
Terraccotta dipointa - Museo nazionale Zurigo

Sohn (1769-1841), formatosi come pittore ecclesiastico, fondò a Zizenhausen, in Germania, un laboratorio celebre per le sue figurine in terracotta eccezionalmente dettagliate ed elaborate. I suoi soggetti erano molto vari e comprendevano gruppi di genere e satirici su temi popolari e di attualità, nonché statuette religiose che erano le preferite per le esposizioni natalizie nelle case e nelle aziende

I tre personaggi sono riuniti intorno a una mucca nera dall'aspetto malato. La mucca è in piedi con la testa inclinata verso sinistra, la bocca aperta e la lingua sporgente. È molto rugosa, magra e ossuta. Un commerciante si mette sul suo lato anteriore e le tiene la coda sollevata per dare una visione senza ostacoli delle mammelle cadenti e degli orifizi posteriori. Nell'altra mano sinistra tiene una cavezza. Indossa un cappotto verde scuro stropicciato lungo fino al ginocchio, pantaloni marroni e un cappello marrone a pipa, con una corda sulla spalla. È rivolto a destra con un grande sorriso. 

L'altro commerciante è in piedi, con il corpo in avanti, accanto al posteriore della mucca che indica con l'indice sinistro. È rivolto a sinistra e parla e guarda implorante il terzo uomo. La mano destra è appoggiata sul petto come se giurasse sulla veridicità delle sue parole. Indossa un cappotto e pantaloni marroni logori e stropicciati, un gilet a righe e un berretto piatto, con un bastone da passeggio nella mano sinistra.

Questi uomini sono rasati a zero, con basette folte e caratteristiche facciali ebraiche stereotipate: occhi incappucciati, nasi grandi e appuntiti e labbra carnose

All'estrema destra si trova un uomo con la testa rivolta a sinistra e che parla a bocca aperta. Indossa un cappello nero a tricorno, un frac blu, pantaloni alla zuava e mani giunte dietro la schiena.

Commerciante di bestiame - Le borse di denaro sono tipici attributi di un mercante di bestiamo ebreo. I contadini sono pagati in contanti.
Commerciante ebreo, ca. 1830, Anton Sohn, Zizenhausen bei Stockach.
Terraccotta dipinta - Museo nazionale Zurigo

Statuetta in terracotta colorata, Lo Schacherjude [L'ebreo contrattatore], modellata da Anton Sohn all'inizio del XIX secolo in Germania. Si tratta di una rappresentazione satirica di uno stereotipo ebraico negativo, il mercante, una figura eretta con cappello nero a tricorno, cappotto e ombrello, che gesticola e grida a qualcuno

Patrocinio - Gli ebrei adoravano l'Elvezia. 
Per la loro protezione devono pagare imposte speciali al balivo.
Raccolta di storie ebraiche, 1768, Johann Caspar Ulrich, Basilea

Negerli

Due dischi con storie per bambini
Svizzera (luogo di produzione), Berlino (luogo di pubblicazione), intorno al 1960

L'attrice Trudi Gerster (1919-2013) ha lasciato il segno in molti bambini svizzeri con le storie che ha registrato in numerosi dischi. Il termine utilizzato nei due titoli, oggi accuratamente descritto come "parola con la N", è percepito come offensivo dalle persone di colore scuro. Anche la presunta banalizzazione del termine non attenua la scorrettezza del suo uso, ma anzi enfatizza il senso di superiorità del pubblico bianco.

Orologio da parete con automa
Foresta Nera, inizio XIX secolo

Orologio a scatto con rotazione degli occhi
Come sappiamo da modelli monumentali come il Lällekönig, questo orologio da parete combina il regolare roteare degli occhi con l'apertura della bocca all'ora.
In questo caso, l'immagine dell'africano raffigurato corrisponde interamente all'immagine distorta dell'uomo di colore che rotea selvaggiamente gli occhi, diffusa in Europa.

Tre distintivi della Guggenmusik
"Negro Rhygass 1958" - Basilea, inizio XXI secolo

Nel 2018, in occasione del festival estivo "Negro-Fescht" della Kleinbasel Guggenmusik
"Negro Rhygass 1958", è scoppiato un dibattito sul contenuto razzista del logo e del nome della Guggenmusik. Di conseguenza, il nome del festival e il logo furono cambiati: Il volto di un clown sostituì la rappresentazione stereotipata di un uomo di colore, mentre il nome del gruppo fu mantenuto.

"Le facoltà mentali dei negri appaiono nel complesso inferiori a quelle delle altre razze e, poiché sono sempre stati considerati esseri inferiori, anche la storia più antica trova i negri in schiavitù"

Johann Jakob Egli, Nuova geografia per le scuole secondarie, 5a edizione 1876

Poster per sapone alla carota - Huber & Co, Märstetten 

Le missioni

È interessante notare che le missioni hanno riconosciuto gli aspetti problematici della figura dell'annuente già negli anni Sessanta. La crescente critica al colonialismo e il rifiuto del razzismo dopo la Seconda guerra mondiale hanno costretto le missioni a ripensare i loro discorsi e le loro pratiche. In questa concezione "modernizzata" della missione, la lattina da collezione, stereotipata e coloniale, non aveva più posto e fu sostituita, ad esempio, dai mappamondi. Questi iniziarono a ruotare quando si inseriva una moneta, simboleggiando il movimento globale per il meglio attraverso una donazione. 

Tuttavia, questo cambiamento di prospettiva ha incontrato la resistenza della popolazione svizzera. Ad esempio, nel 1976 un missionario cattolico raccontò nella rivista mensile "Wendekreis" il suo "problema con i soprannomi", dato che le cassette di raccolta razziste negli spazi pubblici non erano state sostituite dalle alternative offerte.

 Fondo per la missione "Nicknegerli" - Legno e gesso
Acquisto da un rigattiere, 1920s

La tragedia del Congo Belga

Nel 1885 nacque lo stato libero del Congo. In realtà si trattava di un possedimento personale del re Leopoldo II del Belgio, che oppresse senza pietà i suoi immensi domini nel continente africano

Critica al colonialismo - caricatura di Willy Lehmann-Schramm - Nebelspalter, 31.3.1900

La fotografia risale al 1900 circa e mostra un gruppo di congolesi, accusati di vari delitti e oppressi dalle catene, al fianco di due membri della Force Publique, l’odiata polizia coloniale

I lettori che nel luglio del 1897 aprirono il giornale The Aborigines’ Friend si ritrovarono davanti la vivida descrizione di un orrore avvenuto nella lontana Africa. Era la storia di uno spietato sopruso, causato dalla brama di caucciù. L’autore dell’articolo riferiva cosa accadeva ai membri di un villaggio quando si rifiutavano di raccogliere quella preziosa linfa: «Gli si fa la guerra. Gli distruggono le risaie e gli rubano il cibo. Gli abbattono i plataneti, anche se non hanno ancora fruttato, spesso gli incendiano le capanne e gli si portano via gli oggetti di valore. A volte gli indigeni sono costretti a versare un pesante risarcimento. In genere i capi li pagano con filo di ottone e schiavi e, se non ci sono schiavi a sufficienza, sono costretti a vendere le loro mogli».

A scrivere era il missionario svedese Edvard Vilhelm Sjöblom. Il missionario narrava anche che un giorno, mentre tutti gli abitanti di un villaggio ascoltavano le sue prediche, erano arrivati alcuni soldati ad arrestare un anziano. Uno di loro aveva detto a Sjöblom: «Voglio uccidere quest’uomo perché se n’è stato tutto il giorno a pescare al fiume. Non è andato a raccogliere il caucciù». E aveva aperto il fuoco contro di lui, nonostante le proteste del missionario, per poi «ordinare a un bambino, di otto o nove anni, di tagliare la mano all’uomo cui aveva sparato. Non era ancora morto e, quando vide il coltello, provò a scansare la mano. Il bambino gliela mozzò con uno sforzo non indifferente».


Era quanto succedeva nel cosiddetto “Stato libero del Congo”, una colonia belga i cui abitanti venivano crudelmente sfruttati, privati delle loro terre, mutilati, massacrati.

Tintin in Congo

Anche Tintin passa in Congo belga, colonia belga dal 1908. La storia è pubblicata in bianco e nero, dal giugno 1930 fino al giugno 1931, nelle pagine del Petit Vingtième.
Tintin si internazionalizza ma l'autore è accusato di diffondere pregiudizi razzisti, il che porta le edizioni Casterman a non ripubblicare Tintin in Congo, rendendo di fatto l'album introvabile in libreria negli anni 1960. Sotto la pressione di Hergé, il suo editore ristampa l'avventura nei primi anni settanta
Diverse librerie anglosassoni spostarono l'album nel reparto per adulti e in Belgio venne presentata una denuncia per vietarne la vendita, tuttavia senza risultati

Le critiche

Casterman accede rapidamente alla sua richiesta e procede ad alcune correzioni, ad esempio la sostituzione di «negro» con «nero» nei testi.

Tintin in Congo è pieno di stereotipi tipici della visione che avevano dell'Africa gli europei a quel tempo, e i personaggi del suo lavoro sono «neri di fantasia». In un'intervista rilasciata a Numa Sadul, Hergé dichiara:

«Tutte le opinioni sono libere, compresa quella di fingere che io sia razzista... Ma finalmente, sia! C'è stato Tintin in Congo, lo riconosco. Era il 1930. Conoscevo di questo paese solo quello che la gente raccontava all'epoca: I negri sono dei grandi bambini... Per loro fortuna siamo qui! ecc. » E li disegnai, questi africani, secondo questi criteri, nel puro spirito paternalistico che era quello dell'epoca, in Belgio.»


(Hergé)

Il re dei M'Hatuvu arrabbiato per il suo fallimento in battaglia contro Tintin, dalla versione del 1946 del libro; tali rappresentazioni sono state ampiamente etichettate come razziste.

I giovani lettori congolesi leggono l'opera di Hergé e il suo stile, la famosa linea chiara, è spesso riutilizzato dai disegnatori locali. Poco prima della ricomparsa di Tintin in Congo a colori, il settimanale zairese, che aveva reclamato di stampare nuovamente l’album, ripubblica quest'ultimo nelle sue pagine e scrive un articolo elogiativo:

«C'è una cosa che i bianchi che avevano fermato la circolazione di Tintin in Congo non hanno capito: se certe immagini caricaturali del popolo congolese date da Tintin in Congo fanno sorridere i bianchi, fanno ridere francamente i congolesi, perché i congolesi vi trovano motivo di deridere l'uomo bianco «che li vedeva così»

(Zaïre, N°73, 2 dicembre 1969)


Alla fine del XX e all'inizio del XXI secolo, diversi autori e scrittori hanno definito Tintin in Congo razzista a causa della sua rappresentazione dei congolesi come infantili e stupidi


Secondo McCarthy, Hergé ritraeva i congolesi come "buoni di cuore ma arretrati e pigri, bisognosi della padronanza europea"


Thompson ha sostenuto che la storia rifletteva la visione media belga del popolo congolese all'epoca, che era più "condiscendente" che malevola

Sapone e inchiostro 

Anche i poster pubblicitari non si facevano troppi scrupoli per far passare i messaggi legati al prodotto sfruttando la diversa pigmentazione delle razze terrestri. Questo é il caso dei tre poster qui sotto riportati.

Questa pubblicità, sempre per il sapone (!) del 1930 della Dirtoff va ancora oltre





Paradossalmente risulta assai più razzista quest’altro poster che non fa leva sul fattore colore della pelle come fatto anatomico ma lo associa ad una certa arretratezza dei neri di fronte a strumenti utili per la scrittura mettendo in evidenza la loro incolpevole ignoranza manifestata nelle espressioni inebetite del negretto cospetto al guardo vispo e intelligente del bianco

Oggi

Sembra impossibile trovare ancora un pertugio nel 2024 per qualcosa anche di vagamente e/o velatamente razzista, e invece, se si gira bene tra i banchi di una notissima catena di supermercati svizzeri ecco cosa si può trovare


Lo slogan del prodotto è "lo spazzacamino della gola". Sulla confezione è raffigurato uno spazzacamino che spazza un camino. Il colore nero originario è dato dal carbone attivo e dall'anice, che ha un sapore simile alla liquirizia, e il gusto è dato dall'aggiunta di mentolo. La ricetta completa è un segreto industriale.

Il nome Negro è stato talvolta considerato razzista, anche se nessuna prova supporta questa affermazione, ma piuttosto il nome si riferisce al suo inventore, Pietro Negro, e la parola "nero" (come la versione più popolare della caramella è nera) non è collegata a persone di origine africana.

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