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L'incendio di Airolo del 17 settembre 1877: il brüsapaìs

Dopo aver analizzato da più punti di vista l’incendio del 1877 ( qui, qui e qui) manca quello che é rimasto: i ricordi, un ricordi che toccano quasi i 150 anni. Del fornaio Suter che ricordo si serba? È stato perdonato? Se si perché aveva veramente qualcosa da farsi perdonare?

Parlando con un vecchio airolese pochi anni fa lo citò con l'appellativo di brüsapais, dubito fortemente che il mio interlocutore conosca il suo nome. Questo aggettivo mi fa capire chiaramente che se ancor oggi a così tanti anni di distanza l'appellattivo é spregiativo e colpevolista altrettanto, ma in maniera più sentita, doveva esserlo già nel 1877.

Le testimonianze dei giornali

La stampa dell'epoca ci permette di completare la descrizione dell'avvenuto disastro.
Così Il Tempo sulla dinamica dell'incendio:

"Il fuoco principiato nel prestino di certo Sutter, poco lungi dall'albergo Airolo, s'estendeva rapidamente alla chiesa ed alle case parrocchiali le quali, trovandosi in testa e sulla linea verticalmente centrale del paese, furono fatal circostanza, per cui il fuoco, sospinto dal fortissimo vento spirante in quella direzione, si comunicasse quasi con elettrica rapidità a tutte le rimanenti case, di cui buona parte eran costrutte in legno e quasi tutte di legno estremamente secco e sottile coperte.!"

Altare della chiesa di Airolo dopo l'incendio

Anche La Libertà pubblicava una lunga relazione sull'accaduto sbilanciandosi sulle responsabilità

L'incendio fu meramente fortuito. Si cuoceva pane in casa Sutter, all'estremità settentrionale del paese: era circa l'una ed un quarto del pomeriggio, quando il fuoco s'apprendeva nel tubo conduttore del fumo e, prima ancora che fosse avvertito, l'incendio divampava. Cosa strana e terribile! Il blocco di fabbricati che separa la casa Sutter dalla chiesa parrocchiale non era per anco intaccato dalle fiamme, e già il fuoco sprigionavasi dal tetto delle due abitazioni parrocchiali, attizzatovi dalle faville e dai pezzi di legno incandescenti che volavano per l'aere. L'incendio fu di una rapidità fulminea. Soffiava un impetuosissimo vento del Nord-Ovest, che qui chiamano dell'Ossola, sotto quella continua compressione le case e le cascine, la maggior parte costrutte in legno, quasi tutte coperte non di tegole o di mattoni, ma di assicelle, divampavano colla
celerità del lampo.
[...] Alle ore 3 ½ pomeridiane il fuoco era già alla Pensione ed all'Albergo
Motta. La casa del direttore postale Zoppi contigua all'Albergo veniva in un attimo divorata, come una chicca in bocca d'un mostro... Fortunatamente i fabbricati Motta, per la situazione e per la natura della loro costruzione, presentavano un punto ove la resistenza era ancora possibile...


Sin da questi prime informazioni l'unico nome associato e che si assocerà all'origine dell'incendio fu sempre e solo uno; il prestino 39enne Cristiano Sutter .

La rinuncia all'indennizzo; una mossa veramente azzeccata?

Come già abbiamo visto, la lista degli aventi diritto all'indennzo comprendeva in tutto 554 danneggiati, di cui 382 italiani, 167 ticinesi, 2 tedeschi e 3 francesi. Si trattava soprattutto di privati, ai quali si aggiungevano, fra i «ticinesi», istituzioni quali il Comune ed il Patriziato di Airolo o lo Stato del Cantone Ticino.

Qualcuno rinunciò tuttavia ad essere indennizzato, e così fece anche qualche privato cittadino, abbandonando volontariamente il proprio diritto ai soccorsi raccolti per mezzo della beneficenza. Fra questi va menzionato Cristiano Sutter, proprietario della casa in cui scoppiò l'incendio: il negoziante di origine grigionese rinunciò infatti alla propria quota di rimborso, malgrado avesse accusato nel disastro un danno da lui stesso stimato a ben 12'900.-

Il Sutter rinunciando all'indennizzo, fa passare il messaggio di sentimento colposo che accentua chi vuole inscenare delle accuse nel suo confronto. Il Sutter, anche se poi riconosciuto non colpevole, voleva comunque scusarsi a modo suo con la popolazione.

Cristiano Sutter

Originario di Mathon (GR), ma domiciliato e sposato con prole ad Airolo, Cristiano Sutter aveva all'epoca dell'incendio 39 anni. Si era molto probabilmente stabilito nel borgo leventinese già una decina d'anni addietro, quando, nel 1868, aveva preso in moglie una ragazza ticinese della famiglia Rossi.
Sembra fosse un personaggio ormai ben integrato in paese, dove al momento del disastro ricopriva l'importante carica di dispensiere del sale. 

Gli atti dell'inchiesta ci rivelano che ad Airolo il Sutter aveva due case: una, quella con il maledetto prestino, era anche la sua ordinaria abitazione, l'altra, situata leggermente più a settentrione e risparmiata dall'incendio, fungeva soltanto da negozio e gli veniva affittata. Alle sue dipendenze lavoravano dei garzoni: l'impressione è che il Sutter fosse un negoziante che aveva saputo trarre adeguato profitto dal contesto demografico creatosi nel borgo durante i lavori ferroviari

L'inchiesta: il sindaco Motta e il Sutter

Due soli furono i testi convocati ed ascoltati fra le macerie ancora fumanti il 19 settembre 1877: il negoziante di origine grigionese Cristiano Sutter, proprietario della casa in cui scoppiò l'incendio, e Sigismondo Motta, allora Sindaco di Airolo.

Non vi fu spazio stavolta, contrariamente a quanto avvenuto in occasioni precedenti, per sospetti ed accuse all'indirizzo della numerosa colonia italiana. Troppo evidente era l'origine del sinistro: il camino del forno Sutter. 
Ed assai chiara d'altronde la posizione dell'autorità comunale, che qui riproponiamo nella già nota dichiarazione del Sindaco Motta:

«Dietro informazioni assunte dalla Municipalità si ha fondato motivo di ritenere che l'incendio scoppiato e principiato nella casa e negozio Sutter anziché essere l'effetto di dolo o di colpa sia il mero effetto dell'accidentalità e casualità prodotta dall'impetuosissimo vento di quel giorno»

Una tesi ovviamente confermata dalle parole dello stesso Sutter:

 «Posso dichiarare avanti Dio e agli uomini che non vi fu né dolo né colpa, e che scoppiato l'incendio si è da noi fatto tutto quanto umanamente era possibile per arrestarlo, ma tutto fu inutile contro la forza e l'impeto del vento di quel giorno».

Interrogato sull'uso e sulle condizioni del forno e del camino nella sua casa incendiata, il commerciante grigionese forniva le seguenti precisazioni:

Da circa sei anni (...) benché ne abbia usato quotidianamente per più volte non si è mai verificato pericolo od inconveniente. Anzi dirò che il detto forno e camino venne visitato più di una volta dalla Commissione comunale di sicurezza contro il fuoco, ma la Commissione non ha mai avuto niente a che opporre.
[...] Almeno una volta per settimana si nettava il camino sia mediante una longa scopa in legno, sia battendo il tubo-camino, sia facendo saliscendere una fascina attaccata ad una corda. 

Verso l'archiviazione

Una volta ascoltati il Sutter ed il Sindaco Motta, l'Istruttore Giudiziario Zelio non ritenne di dover interrogare altre persone nei primi giorni seguenti il disastro. A prevalere in quel momento fu dunque la tesi dell'accidentalità. Anche il Consigliere di Stato Regazzi aveva da subito riferito ai colleghi di Governo come l'incendio avesse avuto «causa fortuita nel camino del forno Sutter, senza indizio di delitto» 

Le necessità del momento non lasciarono spazio a più ampie ed approfondite riflessioni sulle responsabilità del disastro: già in data 10 ottobre 1877, ritenuta esaurita l'inchiesta sulla causa dell'incendio, lo Zelio ne proponeva l'abbandono. Qualche settimana più tardi, il 29 ottobre, giungeva la ratifica della Camera d'Accusa di Locarno

Però...

Ironia della sorte, proprio il giorno precedente questo decreto, il 28 ottobre 1877, l'Assemblea Comunale di Airolo aveva deciso di prendere in considerazione anche scenari di ben altro genere: «La Municipalità è incaricata di informarsi presso l'autorità giudiziaria del risultato dell'inchiesta praticata a proposito delle cause che cagionarono l'incendio di Airolo per vedere se sia il caso di provocare nuovi passi per constatare o smentire le voci che corrono di colpabilità»

Questi rumori dovettero farsi sempre più insistenti nel corso dei mesi successivi, tanto che, nell'aprile del 1878, la Municipalità di Airolo si trovava costretta a chiedere la ripresa dell'inchiesta: «In relazione ad incarico di quest'assemblea comunale, facciamo preghiera perché sia continuata e completata l'inchiesta aperta nello intento di constatare le cause che produssero l'incendio di Airolo persistendo in diversi cittadini l'opinione che sia attribuibile ad azione delittuosa»

Testimonianze autoctone

Notiamo poi una netta differenza sui fatti riportati del quel tragico 17 settembre tra popolazione residente, legata quindi al paese, che necessitavano di un colpevole, meglio ancora se non originario del paese. La caccia alle streghe era aperto.

Pietro Lombardi:

«Tutti sanno ormai che il fuoco era partito dalla casa Sutter, e successivamente all'incendio ho sentito vociferare in paese che il Sutter aveva allo scoppio dell'incendio trasportato fuori di casa sua la propria robba già bel ed imballata»

Così si esprimeva dinnanzi allo Zelio il contadino trentaduenne Pietro Lombardi, fra i primi ad essere interrogati il giorno 5 settembre 1878. Una testimonianza certamente concisa ma contenente, si capisce, un'accusa assai pesante a carico del Sutter.

Già, è di nuovo lui, il negoziante grigionese, ad essere al centro dell'inchiesta, anche in questa seconda fase. Stavolta però sono altri abitanti del paese ad essere interpellati e ad accusare il Sutter di gravi responsabilità nel disastro.

Chi meglio del proprietario della casa in cui scoppiò l'incendio poteva essere identificato quale capro espiatorio ed attirare su di sé la rabbia e la disperazione dei danneggiati?

Francesco Filippini, contadino vedovo di 67 anni, comparso davanti allo
Zelio il giorno 6 settembre 1878:

"... In quella triste giornata io me ne stava in casa mia la quale si trova assai vicina alla casa Sutter. Sentendo ad un dato momento dell'odore di caligine e fuoco sono sortito sulla porta di mia casa ho veduto che dal coperto della casa Sutter ed in attiguità al cannone o cammino della stessa sortiva una piccola fiamma. Allora chiamata una mia figlia di nome Emilia la mandai tosto in casa Sutter per avvertire che vi era il fuoco in essa casa. 

Mia figlia andò immediatamente alla casa Sutter e diede l'avviso alla famiglia Sutter la quale se ne stava seduta ad un tavolo mangiando.
Se non che la moglie del Sutter, a quanto mi riferi la mia figlia, le avrebbe risposto colle espressioni seguenti: "Noi adesso siamo dietro a desinare, i nostri interessi li facciamo noi"
Allora un mio figlio di nome Salvatore preso un secchio di acqua corse egli pure nella casa Sutter e trovata chiusa una porta per la quale si andava nei piani superiori la sforzò e la svelse. Ma il fuoco si era di già dilatato a segno tale che il figlio medesimo a stento poté ripararsi dallo stesso.

Io poi ad un dato momento ho veduto il Sutter ed il di lui fratello gettar fuori da una finestra grosse manate di carta infuocata ed in pari tempo ho veduto che diversi fogli di questa carta venivano dal vento sollevati e trasportati in aria in direzione principalmente verso la casa comunale e parrochiale. Anzi ho potuto vedere che uno di questi fogli fu quello che in un attimo appiccò il fuoco alla casa comunale, così che ciò veduto io gridai ai Sutter che non stessero più a gettar fuori dalla finestra carte altrimenti avrei dato mano ad una carabina.

Intento poi a vedere di salvare la mia casa non ho potuto vedere cos'altro abbiano fatto i Sutter.
Ma, a quanto si dice, così hanno salvato quasi tutta la loro robba.
Osservo che già in epoche anteriori all'incendio ho fatto delle serie rimostranze presso la municipalità presieduta allora dal Sig. Carlo Dotta, e altrimenti presso membri della stessa, nel senso che si dovesse provvedere al cammino della casa Sutter, profetizzando la ruina di tutto il paese in caso diverso

Dodicenne scolara Emilia

Inutile precisare come lo scenario descritto appaia alquanto grottesco: come dar credito all'immagine di una famiglia Sutter che, ignara di tutto, bada al proprio pranzo anziché agli avvertimenti dei vicini?

Ancor più sorprendente quanto poté dichiarare in merito la menzionata figlia del Filippini, la scolara dodicenne Emilia:

"Scoppiato il fuoco nel cammino o tetto della casa Sutter mio padre mi mando in detta casa per avvertire che vi era fuoco nel cammino o tetto. Arrivata in detta casa vidai la famiglia Sutter seduta ad un tavolo mangiando. Le dissi tosto di badare che vi era il fuoco in casa. Allora la moglie del Sutter affacciatasi ad una finestra e dopo aver guardato come in alto disse: "oh non vi è mica di fuo
co! noi adesso siamo dietro a desinare e non badiamo dietro il fuoco, i nostri interessi li facciamo noi."

Difficile credere che la ragazzina avesse realmente visto e sentito quanto descritto. Molto più probabile invece che nel ricordo di quei concitati momenti esprimesse l'impatto successivo delle voci e dei rumori dominanti in famiglia ed in paese. Non dimentichiamo che siamo confrontati qui al tempo soggettivo e rielaborato della memoria, per di più in relazione ad un avvenimento d'ordine traumatico. 
Senza contare poi come l'opinione di una giovane figlia possa essere facilmente influenzata da quella dei suoi genitori.
Oltre che ad un grottesco ed inconcepibile comportamento di trascuranza e disinteresse di fronte all'evolversi del sinistro, le deposizioni accusatorie nei confronti della famiglia Sutter fecero riferimento anche ad altri presunti misfatti, come gravi negligenze in relazione allo stato del camino, a dire il vero già smentite nella prima fase dell'inchiesta, o come la terribile e delittuosa colpa di aver gettato carta incendiata dalle finestre

Massimo Lombardi

Proprietario di una casa attigua a quella del Sutter, il conducente Massimino Lombardi, d'anni 66, fornì una versione dei fatti alquanto pittoresca e calunniosa:

... Intento a trasportare la mia robba in passando avanti la casa Sutter ho veduto che molta robba che veniva gettata dalle finestre e dalla porta della casa Sutter, come sarebbero coperte, ed altri oggetti di biancherie o panni erano formati in rotoli legati e stretti con corde, per cui io penso che erano già stati preparati prima dell'incendio, perche mi pare che era impossibile il prepararli o meglio formarli durante l'incendio il quale si può dire che non appena scoppiato ha investito tutta la casa.

Già in epoche anteriori io aveva ammonito tanto il sig.r Sutter quanto il vicesindaco d'allora sig.r Gherardo Motta che si dovesse provvedere al grave pericolo quale presentava il camino Sutter. Ma il Sutter non ha mai pensato a provvedervi, quantunque lo stesso Gherardo Motta mi abbia poi riferito di averlo avvertito ed ammonito; anzi a me il Sutter aveva risposto che in casa sua comandava lui.
Che poi il camino Sutter presentasse del pericolo era già stato dimostrato dalla circostanza che già due o tre volte il fuoco si era appiccato a quel camino.

Tre giorni dopo l'incendio trovandomi nella rimessa del sig.r Carlo Dotta ove parimenti trovavasi la moglie del Sutter lavorando non so come dietro di lei robba e merce quale era stata durante l'incendio trasportata in detta rimessa, essa moglie medesima nel mentre veniva spontaneamente offrendomi non so qual cosa per vestire una mia ragazza proferì queste testuali parole: "Povero Min! voglio darvi qualche cosa per vestire la vostra Maria, perché siete stato disgraziato per colpa (o causa) nostra" - lo però non ho voluto accettare.

Non voglio tacere che lo stesso Sutter circa un anno prima dell'incendio fu que gli che ripetutamente mi istigò ad assicurare la mia casa dicendomi anche: almeno se abbrucciaranno le nostre case, saranno anche assicurate!"

Ecco che il Sutter assumeva qui addirittura le sembianze di un malefico e beffardo premonitore. Il negoziante grigionese e sua moglie non vennero dunque soltanto pesantemente accusati, bensì anche descritti in comportamenti ambigui e misteriosi, in quello che per certi versi potremmo definire come un clima da caccia alle streghe.

Casa di Secundu, una delle poche risparmiate dall'incendio e l'unica ancora presente in paese

Testimonianze non avvelenate

Molto più razionali le testimonianze di chi al paese non aveva profonde radici ma si trovava esclusivamente per necessità di lavo; gli innumerevoli operai italiani.

Fra le persone interrogate dall'Istruttore Giudiziario Zelio nel settembre del 1878 vi fu tuttavia anche chi poté fornire una versione dei fatti ben diversa, i cui contenuti andavano a ridimensionare ampiamente le presunte responsabilità della famiglia Sutter.

Giovanni Bertoli

Sentiamo in proposito quanto dichiarato da Giovanni Bertoli, calzolaio piemontese di 28 anni, dimorante ad Airolo:

... La mia bottega a quell'epoca si trovava precisamente di fronte alla casa Sutter. Trovandomi a riposo ed avvertito di repente da miei garzoni o da altri che vi era il fuoco nella casa Sutter balzai dal letto e vi accorsi. Entrato in casa Sutter e trovato nelle scale un garzone prestinaio del Sutter medesimo siamo saliti ambedue sul tetto ove abbiamo trovato appiccato il fuoco in una parte del tetto vicina al cammino, quale a mio giudizio si avrebbe forse potuto riparare se vi fosse stata abbondanza d'acqua. Ho veduto il Sutter che colle mani nei capelli gridava aimé siamo andati! E così dicendo piangeva. Non ho presente di aver veduto la di lui moglie. Anch'io ho cooperato a salvare la robba del Sutter, come sarebbero letti, lettiere e simili. Non ho veduto che vi fossero oggetti o merci imballati

La figura del Sutter appare qui ben più «umana», ed il suo comportamento durante quei concitati momenti decisamente più verosimile.

 Non è forse un caso che a fornire la testimonianza più lucida ed attendibile fosse un bottegaio straniero, emotivamente meno legato alle sorti del paese rispetto agli Airolesi.

Angelo Intiso

 Un altro calzolaio italiano, Angelo Intiso, di origini napoletane, descrisse uno scenario simile: «Arrivato nell'interno della casa ho trovato sopra una scalinata lo stesso Sutter il quale colle mani nei capelli gridava: Povero me! Sono rovinato — La di lui moglie parimenti piangeva, mentre poi un garzone prestinaio del Sutter trovavasi sul tetto gettando acqua»

Giuseppe Filippini

'A quell'epoca apprendista presso l'Intiso e primo fra tutti a recarsi sul luogo del sinistro fu un ragazzo di Madrano, tale Giuseppe Filippini, interrogato in data 7 settembre 1878:

"Trovandomi a quell'epoca in Airolo come apprendista presso il calzolaio Intiso Angelo, mentre stava sulla strada io ed altri abbiamo veduto sortire fumo di sotto al tetto della casa Sutter ed in vicinanza del camino di detta casa.
Alcuni mi invitarono di andare in casa Sutter per avvertire dell' emergente la famiglia Sutter. Vi andai ed arrivato netta casa Sutter, viddi, a quanto mi pare, una sola donna la quale stava ad un tavolo saponando panni, non saprei dire chi fosse. Dettole da me che vi era il fuoco nel camino del forno, sorti fuori di casa guardando in alto. Dopo di che lo sono entrato in bottega, e di là ho veduto accorrere gente come parimenti estendersi l'incendio.'"

L'Istruttore Giudiziario Zelio si trovò dunque confrontato a deposizioni fra loro assai diverse: da un lato, le pittoresche e spregiudicate accuse rivolte al Sutter ed alla sua famiglia dal testi più rancorosi, dall'altro delle testimonianze piû verosimili ed apparentemente disinteressate.

Parola al Sutter

Preso atto di tutto quanto scaturito dagli interrogatori e lasciato trascorrere qualche mese, nel febbraio del 1879 lo Zelio decise di ascoltare nuovamente il Sutter, Informato dei sospetti e delle imputazioni a suo carico, il negoziante grigionese si discolpò come segue il giorno 11 febbraio 1879:

... Prima di tutto non posso che confermare principalmente la circostanza già da me esposta che cioè all'atto in cui è scoppiato l'incendio nella mia casa io mi trovavo in un altra casa di negozio che  teneva in affitto da Nazzaro Dotta ed occorrendo a prova di ciò oltre il mio fratello posso indicare certo Cristoforo Albertoglio e la di lui moglie.

Venuta poi mia moglie ad annonciarmi che nell'altra casa di nostra ordinaria abitazione trovavasi appiccato il fuoco, corsi immediatamente là assieme a mio fratello, mia moglie e due miei cugini, certi Gio. Bueli e Giorgio Meuli tuttora al mio servizio.

Penetrati in casa io sono immediatamente salito fino al solaio ove si trovavano già gli attuali due garzoni di prestino, l'uno Cucchi Serafino, e l'altro Manenti credo Giovanni, oltre altre persone non so quali, ma tra cui mi pare vi fosse il Rinaldo Forni.
Mi misi per aprire un portello che mette ad un piccolo e separato solaio, quando d'un tratto divampò gran fuoco, cosiche io quasi asfiziato caddi a terra e venni trascinato nei piani inferiori dal mio prestinaio Manenti allo scopo di sottrarmi alle fiamme. Dopo di che io posso dire di aver veduto più niente. tantopiù che la mia moglie mi condusse subito nell'altra nostra casa di negozio.

E quindi assolutamente falso che io abbia lanciato fuori dalle fenestre carta infuocata ed ardente.

Però alcun tempo dopo l'incendio ho trovato nel giardino attiguo alla casa una balla carta greggia gialla la quale era riposta in una stanza del primo piano superiore ove anzi alloggiavano i miei garzoni di prestino. Detta balla internamente non era abbrucciata, ma solamente nell'esterno.
Nella casa non vi erano altre carte, giacche queste venivano tenute e custodite nell'altra nostra casa di negozio.

lo non so poi chi abbia gettato fuori dalla finestra la detta balla, come non so chi abbia gettato fuori altri generi di negozio, e mobili

Io non sono mai stato ammonito di alcuno eventuale pericolo derivante dalla qualia del mio camino. Mi ricordo che solamente il sigor Gerardo Motta anni sono ed in epoca in cui egli era vicesindaco ed io era intento ad aumentare di un piano ta casa in discorso mi ha consigliato ad incassare nel muro il tubo in ferro del camino, ciò che lo ho eseguito diffatti. Osservo che il tubo o tubi nonostante l'incendio restarono intatti, ed anzi furono posti in opera ancora nell'attuale mia casa nuova ove esistono tuttora
Ripeto pot che la Commissione cosiddetta del fuoco per quante volte abbia visitato la mia casa e con essa il camino non mi ha mai fatto osservazione, rimostranza o censura alcuna.

Specialmente poi devo protestare contro la maligna insinuazione che lo prima ancora dell'incendio avessi fatto trasportare oggetto mobile alcuno, o che altrimenti lo tenessi bello e imballato. È però un fatto che la gente accorsa ha potuto salvarmi dall'incendio una buona parte della mia robba.

A proposito a tutta mia giustificazione non voglio tacere che prima dell'incendio io mi era fatto cessionario di tutto il negozio di certo Befort per la somma di circa otto mille franchi, mentre pure il negozio medesimo era assicurato da Befort per circa trenta mille franchi.
Il contratto però doveva avere effetto solamente nel 15 dell'Ottobre 1877. Ora se to avessi avuto l'insana e delittuosa intenzione di lucrare mediante e sopra incendio naturalmente avrei atteso fino all'epoca in cui sarei entrato in possesso del negozio Befort."

Questa l'articolata e, diciamolo pure, piuttosto convincente tesi difensiva del Sutter.
A più di un anno di distanza dall'accaduto non doveva essere affatto semplice fornire un racconto chiaro e coerente di quei drammatici istanti. 

La moglie

A sostegno dell'accusato intervenne anche la di lui moglie trentasettenne Cleonice Sutter-Rossi, ascoltata dallo Zelio successivamente al marito. Allo scoppio dell'incendio la donna si trovava in casa, occupata nei lavori domestici:

"Io stavo in casa saponando dei panni, giacché ero intenta nel bucato, lor che udii una pedata frettolosa nel corridoio della casa. Era il garzone di un calzolaio napoletano, credo di Madrano, il quale veniva a dirmi che vi era fuoco in casa. Spaventata corsi ad una finestra gridando al garzone di prestino Serafino Cucchi che dovesse per amor di dio chiudere il forno perche vi era il fuoco in casa. lo però non aveva ancora veduto il fuoco. Allora il prestínaio aperto un piccolo portello mi fecce vedere che non vi era  fuoco, allegando in pari tempo non esser possibile che vi fosse fuoco giacché era intento ad infornare il pane, ed anzi più che metà era già infornato.

Senonché alcuni minuti dopo ho udito il detto prestinaio gridare: Medenna!
Madonna; cosi che io credendo tanto più al fuoco corsi di filata all'altra n
ostra casa di negozio ad avvertire e chiamare mio marito ed i garzoni che là si trovavano.
Mio marito ed i garzoni corsero in luogo, ed intanto io mi soffermai un momento in essa casa di negozio per motivo che mi sentiva mancare le forze e svanire lo spirito.

Poco tempo dopo volli ritornare anch'io alla casa presa dal fuoco principalmente per vedere di un mio piccolo bimbo. Entrata in casa in mezzo ad una confusione di gente mi venne detto che il mio bimbo era salvo perché trasportato altrove. Allora salii nella mia stanza ove trovai con altri l'Emilio Trosi il quale mi disse di aprire un armadio quale si trovava nella stanza medesima. Apertolo levarono da esso la biancheria ivi riposta, e fattone un fascio lo trasportarono fuori dalla casa.
Intanto che la gente accorsa era intenta a salvare la nostra robba, io vedendo mio marito assalito quasi da svenimento lo presi e lo condussi all'altra casa di negozio, ove parimenti si procurò di mettere in salvo quanto di poteva. D'allora in poi io non mi sono più curata di ritornare alla casa investita dalle fiamme se non per sapere ivi od altrove ove si trovasse il bimbo che dianzi mi era stato trasportato da quella casa.

lo non ho gettato né ho veduto gettar dalle finestre carta incendiata od ardente.
Solamente giorni dopo ho veduto nel giardino attiguo un collo di carta greggia gialla la quale era abbrucciata esternamente e non internamente.

E poi assolutamente falso che altra persona all'infuori del piccolo garzone di calzolaio sia venuto a darmi avviso che vi era fuoco nella casa; e tanto più falso ancora che io abbia risposto a chichesia che noi intenti al pranzo non badavamo al fuoco, e che i nostri interessi li facevamo noi

Che sappia io non venne mai fatta alcuna rimostranza o critica al nostro cammino quantunque più volte visitato dalla così detta Commissione del fuoco. So che in una data occasione il sig.r Gerardo Motta, allora vicesindico, ha dato un consiglio a mio marito, consiglio che venne accettato ed eseguito da mio marito."»

Garzoni

Così venivano dunque respinte dai diretti interessati le dure accuse state loro rivolte.
Oltre al Sutter ed a sua moglie, testimoni privilegiati dell'accaduto furono anche i (appartoni di prestia le lod dire dei, che quel in austo gioni stava, per essere interrogato quello stesso 11 febbraio 1879. Lasciamo ad alcune sue concise dichiarazioni il compito di assolvere dalle calunniose imputazioni la famiglia Sutter:

... Vedendo che il fuoco divampava e si dilatava, io mi misi a levare gli abiti, coperte, fodrette, materassi, e tutto quanto mi capitava fra le mani, e gettarli dalla finestra. Però a tutti quelli oggetti non si era ancora appiccato il fuoco.
Non ho gettato né ho veduto gettar carta dalle finestre. Giorni dopo ho però veduto della carta nel giardino attiguo alla casa. I... lo non ho veduto anche che vi fosse robba imballata. I.... lo non ho mai udito alcuno lamentarsi od 
altrimenti fare osservazioni intorno alla struttura del camino. lo ho giudicato che causa dell'incendio sia stata qualche scintilla sortita dal camino, e portata dal vento, furioso in quel giorno, sul tetto in legno.
Del resto il camino o meglio il tubo in ferro, veniva quasi settimanalmente battuto e scosso per nettarlo dalla fuliggine 

Airolo, fine anni Settanta dell'Ottocento: veduta da est al tempo dello scavo del traforo ferroviario del San Gottardo, durante i lavori di terrazzamento per la costruzione della stazione del borgo.

Sentenza finale

Contrariamente a quanto avvenuto in occasione dei primi interrogatori svoltisi subito dopo l'incendio, il fascicolo riguardante questa seconda e più ampia fase dell'inchiesta non menziona alcuna proposta da parte dell'Istruttore Giudiziario, né tanto meno un decreto da parte della Camera di Accusa

Se dunque le fonti a nostra disposizione non ci permettono di enunciare con assoluta certezza l'esito definitivo della vicenda, non possiamo che affidarci al buon senso ed alla ragione per constatare come non esistessero affatto le premesse per uno stato d'accusa ed un'eventuale condanna del Sutter. 
A sostegno di questa razionale deduzione porteremo un semplice fatto: esistono alcuni documenti che dimostrano come all'inizio del decennio 1880 il negoziante grigionese dimorasse ancora nel paese di Airolo e fungesse persino da intermediario, grazie alle sue conoscenze del tedesco, fra la Municipalità e la SSUP per questioni ancora aperte in merito a residue somme di beneficenza

Ricordiamo infine per dovere di cronaca che Cristiano Sutter rinunciò volontariamente al proprio diritto sui soccorsi raccolti per mezzo della beneficenza, e ciò nonostante avesse accusato nel disastro un ingente danno, da lui stesso stimato a quasi 13'000 franchi

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Giungendo un collega in ufficio con un occhio guasto sono iniziate alcune discussioni sull'argomento. In breve tempo, degenerando, ci si é spostati sul curioso tema degli occhi di vetro. In particolare, non ne ricordo l'origine, quella paura di svegliarsi durante la notte e bere quel bicchiere d'acqua appoggiato sul comodino, magari quello contenente l'occhio di vetro. Fantascienza? La storia dell'occhio ingurgitato sa molto di leggenda metropolitana. Molto meno invece l'occhio di vetro. Esso, come molti altri, é uno di quegli argomenti pronti a saltar fuori alla prima occasione valida, occasione che mi si para davanti durante la visita del Moulage Museum dell'università di Zurigo. Esso consiste in u ampio locale in cui sono presenti diverse vetrine contenenti ricostruzioni di tutte quelle orribile malattie che possono accorrere all'uomo. Dalla lebbra alla necrosi passando per le "classiche emorroidi". Di tutto e di più. Nella vetrina dedicata ...

Il Lazzaretto di Milano

Per completare le letture sulla pestilenza che colpì Milano, origine di diversi spunti ( qui , qui e qui ), decido di recarmi direttamente sul posto per cercarne i resti. Si perché se “se non si va direttamente sul posto si gode solo a metà”  Storia del Lazzaretto In un'epoca nella quale le condizioni igieniche erano davvero precarie, nasceva la necessità di adibire alcune strutture alla degenza e all'isolamento degli appestati durante le epidemie. Per questo motivo venne costruito il Lazzaretto, struttura che ogni città avrebbe dovuto avere per garantire un minimo di assistenza ai malati e per difendersi dall'espansione del contagio. Ciò che però non si sapeva era come trattare con la peste. Nei lazzaretti i malati erano di fatto isolati in attesa della morte. Esterno del Lazzaretto e porta di accesso Il primo Lazzaretto di Milano sorse molto distante dalla città, a Cusago tra il 1447 e il 1450, ma si rivelò troppo lontano durante la peste del 1451. Era necessaria una str...

Giordano Bruno

Giordano Bruno. Scagli la prima pietra che non ha mai udito tale nome. Probabilmente se si conosce il nome si saprà anche come ha finito i suoi giorni; bruciato vivo. Stop. Ma non basta. Così come non basta passare a velocità supersonica in piazza campo dei fiori a Roma per una rapida occhiata al monumento a lui dedicato. Ci sarà pur un motivo se tra migliaia di messi al rogo a lui hanno fatto la statua. Che diamine. Questi i pensieri mentre riguardo gli scatti strappati a Campo dei fiori in una soleggiata giornata primaverile. A distanza di due anni approfondisco il personaggio e il percorso che lo ha portato ad essere ridotto in cenere a Roma, a poche centinaia di metri della capitale di Gesù Cristo Nostro Signore P.S. É un puro caso che il post esca esattamente lo stesso giorno della sua esecuzione. Il monumento  Nel centro di piazza Campo de' Fiori, in mezzo alle bancarelle del mercato e al vagabondare di romani e turisti, si leva il monumento a Giordano Bruno. Il filosofo è tu...

Hotel Dakota

A volte i musei sono nei posti più insoliti. Un evento particolare può infatti essere preso come filo rosso per l'arredamento di un albergo. Questo é quello che hanno deciso i gestori dell'albergo Dakota a Meiringen Hall dell'hotel Dakota di Meiringen L'incidente Il 18 novembre 1946, un Dakota C-53 americano decollò da Vienna con dodici passeggeri per un volo diretto a Pisa. Dopo lo scalo a Monaco, il pilota Ralph Tate decise di sorvolare le Alpi svizzere e sbagliò le condizioni di altitudine. Volando troppo basso, l'aereo sfiorò il ghiacciaio Gauli a 3350 metri di altitudine a una velocità di 280 km/h. L'aereo sbanda nella neve alta, supera dei crepacci e alla fine si  ferma, senza che i 12 occupanti riportassero ferite pericolose per la vita. A bordo c'erano quattro membri dell'equipaggio e otto passeggeri, tra cui quattro donne, alti ufficiali dell'esercito americano e una bambina di 11 anni. La nebbia e i forti venti costrinsero il Dakota ad att...

Marignano 1515: la battaglia dei giganti secondo il Traxino

Trovo miracolosamente un altro testo inerente la battaglia di Marignano. Vero crocevia della storia svizzera. Questa pubblicazione risulta particolarmente interessante perché arricchita (quasi la metà del testo) da numerosissime note  L'Europa è in fermento, la prospettiva che un'area geografica di importanza fondamentale come il ducato di Milano sia caduta in mano agli svizzeri e al loro comandante, cardinal Schiner, è ritenuta inaccettabile, seppur con la poco credibile assunzione al trono di un figlio del Moro, Massimiliano Sforza, manovrato dallo Schiner e senza nessun margine d'azione autonoma. Nonostante l'indubbio impegno e coraggio da essi profuso, unitamente alle elevate perdite, durante il secondo giorno è ormai evidente a tutti che il vincitore della battaglia è l'esercito francese. Gli svizzeri cominciano a ritirarsi dal Ducato, protetti da alcune robuste retroguardie, rientrando nei propri territori, ma a testa alta: hanno infatti ben combattuto ed il l...

L’arte di invecchiare

Finché lo scorrere del tempo non diventi uno dei principali pensieri o addirittura sfoci in un ossessione stiamo sicuramente navigando nelle tumultuose acque della gioventù. Inesorabile é purtroppo il passare del tempo, ma questo lo si avverte con lo "scollinamento" (vedi capitolo sotto). All'improvviso sembra tutto fragile, insicuro, ci si rende conto che al contrario dei videogiochi la vita é una sola, appesa ad un filo che potrebbe rompersi da un momento all'altro. Da qui si impone profonda riflessione e una ricerca di filosofie capaci di accompagnarci con grande serenità al più democratico dei giorni.  Negli appunti lasciati di Schopenhauer, e nuovamente racchiusi in un vademecum tascabile trovo alcune risposte a questi pensieri tipicamente serali giusto "prima di spegnere la lampada sul comodino”.  Maestro della sponda superiore del Reno - Dittico: Hieronymous Tschckenbürlin e la morte, 1487 Museo d'Arte Basilea Definizione della vita secondo Schopenhaue...

Una nuova partenza

Ho gestito un blog dal 2004 al 2016 Dal 2016 ho preso una pausa, nel frattempo il mio stile di vita e i miei interessi sono mutati, si potrebbe sostenre che sono passato dall'epoca "tardo bimbominkia" al "consapevole di un esistenza da sfruttare bene", o ancora, come amo dire, aver cambiato la mia stagione umana, che sia da "primavera a estate" o da "estate a autunno" non l'ho ancora capito. Nel frattempo i miei interessi si sono spostati fondamentalmente su due temi: montagna e storia. Perché Suvorov55? Suvorov55 é un nome che riesce a racchiudere entrambe le mie passioni, cosa abbastanza difficile in una parola; si tratta di un percorso proposto da una delle innumerevoli app di escursionismo che propone di ripercorrere il percorso fatto dal generalissimo Suvorov nelle alpi svizzere nel contesto delle guerre napoleoniche, il percorso si chiama appunto Suvorov55 ed é una dei miei innumerevoli obiettivi che mi sono proposto di raggiungere....

VERSO

Quello che ci si para dinnanzi é sempre solo una facciata, un lato della medaglia, solitamente il più bello. Ma per conoscere bene qualcuno occorre mangiarci un sacco di sale assieme. L'operazione di scoprire il lato oscuro dei quadri é decisamente più semplice ma raramente non viene trattato perché il lato bello prende per se tutto l'interesse in quanto decisamente la più degno di ammirazione. Si potrebbe dire la stessa cosa dei singoli delle canzoni che uscivano con una seconda traccia, le famose B Sides, sempre un po' bistrattate, a torto, in quanto anche loro erano delle perle destinate a rimanere a vivere all'ombra della parte bella. Ma ritorniamo ai quadri, la Kunsthaus di Basilea decide di farci scoprire cosa sta dietro ai quadri. A oggi non mi sono mai posto grandi aspettative al riguardo, l'unico punto a riguardo erano le ali delle pale d'altare, che vengono solitamente esposte aperte nei musei, ma che nella realtà erano in questa posizione in corrispon...