Inutile negarlo; la copertina dell'esposizione temporanea "Da Albrecht Dürer a Andy Warhol" é stata particolarmente azzeccata. Se poi si aggiunge che il primo dei due artisti citati é intriso di fascino e aurea misteriosa fa si che il mix risulti un richiamo irresistibile per una appassionato dilettante come il sottoscritto.
L'azzeccatissima locandina
In particolare la visita diventerà presto un "Dürer contro il resto del mondo". Per questo motivo divido la visita in due parti iniziando con il protagonista assoluto: Albrecht Dürer
Il personaggio
Il minimo che posso dire é che sia un vero peccato che artisti come Albrecht Dürer si siano estinti da 500 anni fa; tutta la vena di pittori del XV e XVI secolo hanno per me un fascino intramontabile ed irripetibile.
In particolare che Dürer avesse talento lo si nota già nel suo autoritratto all'età di 13 anni
Autoritratto di Dürer all'età di 13 anni
Wikipedia lo descrive così:
è stato un pittore, incisore, matematico e trattatista tedesco.
Tra gli artisti maggiori del XVI secolo, viene considerato il massimo esponente della pittura tedesca rinascimentale. A Venezia l'artista entrò in contatto con ambienti neoplatonici. Si presume che tali ambienti abbiano sollevato il suo carattere verso l'aggregazione esoterica. Dürer conobbe e ammirò l'arte italiana. Nelle sue opere combinò la prospettiva e le proporzioni rinascimentali con il gusto tipicamente nordico per il realismo dei dettagli. I volti, i corpi e gli abiti dei suoi personaggi sono raffigurati con minuziosi particolari, gli ambienti sono descritti in maniera realistica e gli spazi sono chiari e ordinati grazie a una precisa griglia prospettica.
Ecco alcune sue opere esposte al MASI per l’esposizione temporanea
Il rinoceronte
Il rinoceronte rimane una delle sue opere più iconiche, appena l'ho visto il mio pensiero é andato ad un misto tra realtà e fantasia, un rinoceronte rinforzato in assetto da guerra, quelli che andrebbero in alcuni fumetti del giorno d’oggi. Molto intrigante é la storia nella storia: l’epopea di questo esemplare destinato a diventare a sua completa insaputa immortale
Le peripezie dell'animale vengono raccolte in questo libricino del 1937 "Le deambulazioni del rinoceronte di Modofar, re di Cambaye, dal 154 al 1516" per conto della repubblica portoghese, ministro delle coloniue - Fontoura Da Costa
Ulisse e la via per l'Europa
Il 20 maggio 1515, un rinoceronte indiano arrivò al porto di Lisbona trasportato a bordo di un vascello proveniente dall'Estremo Oriente. Un anno prima, nel 1514, Alfonso de Albuquerque, governatore delle Indie Portoghesi, inviò degli ambasciatori al sultano Muzafar II, sovrano dell'attuale Gujarat, chiedendo il diritto di costruire un forte portoghese sull'isola di Diu. Il sultano non rilasciò l'autorizzazione, ma inviò comunque alcuni omaggi diplomatici, fra cui proprio il rinoceronte: all'epoca, infatti, i governatori erano soliti scambiarsi animali esotici da tenere in apposite ménagerie.
Descrizione dell'animale di Gaspar Gorrea
Albuquerque decise di inoltrare il dono al re portoghese Manuele I: il pachiderma venne quindi fatto imbarcare su un vascello, la Nossa Senhora de Ajuda, carico anche di spezie, che venne indirizzato verso il Portogallo, con delle tappe intermedie in Mozambico, Sant'Elena e nelle Azzorre.
Nota sul viaggio
Dopo un viaggio relativamente breve, di 120 giorni, il rinoceronte - battezzato dai marinai Ulisse - venne finalmente scaricato in Portogallo, vicino al sito dove la torre di Belém era in costruzione (l'edificio, tra l'altro, venne più tardi ornato con delle protomi una delle quali è a forma di testa di rinoceronte). Questo tipo di pachiderma non metteva piede in Europa dall'epoca romana: veniva quindi considerato una creatura leggendaria, reputata inesistente, e frutto di fantasie da scrittori e bestiari (che, non di rado, lo confondevano con l'unicorno).
Il quadrupede, dopo esser stato esaminato dagli studiosi, venne scortato in processione per il centro di Lisbona: al termine della cerimonia fu portato da Manuele I. Il monarca ne rimase molto impressionato e volle tenerlo nel giardino del suo palazzo della Ribeira, per esibirlo come trofeo e come simbolo della potenza dell'Impero. Manuele, colmo di ammirazione verso la bestia e desideroso di offrire alla corte dei divertimenti stravaganti, la fece combattere addirittura contro un elefante; il re voleva anche testare l'attendibilità delle fonti classiche, soprattutto quelle di Plinio il Vecchio, che dipingevano il rinoceronte come l'acerrimo nemico dell'elefante. Lo spettacolo, tenutosi nella domenica della Santissima Trinità, si concluse con la disonorevole fuga dell'elefante scelto per fronteggiare il nuovo acquisto della menagerie regia.
"....L'elefante entrò nell'arena e il re ordinò di sollevare gli arazzi del passaggio. Il rinoceronte apparve furioso e pronto ad attaccare. Si lanciò con violenza e il guardiano dovette lasciare la catena. L'elefante, che ora si trovava con la groppa rivolta verso la ganda, si girò, alzò la proboscide e, quando i suoi occhietti brillanti videro il terribile corno del rinoceronte, abbaiò con forza e, pieno di paura, fuggì in direzione di una delle finestre sbarrate. L'animale gettò a terra il suo mahout, fece ruotare con la proboscide le sbarre di ferro "grandi come un braccio" e infilò la testa nella piccola apertura; le grandi sbarre cedettero e si ruppero, lui riuscì a far passare tutto il corpo e scomparve in una folle corsa verso la sua stalla di Rossio.
Si concluse così l'interessante festa che aveva animato la vita di Lisbona nel 1515."
(Tratto da Le deambulazioni del rinoceronte di Modofar, re di Cambaye, dal 154 al 1516)
Si noti che già otto settimane dopo il suo arrivo nel Vecchio Continente, il rinoceronte venne raffigurato in un poemetto di Giovanni Giacomo Penni, Forma e natura e costumi de lo rinocerote pubblicato il 13 luglio 1515 a Roma.
A questo punto, Manuele I decise di donare l'animale a Leone X, per mantenersi in buoni rapporti con lo Stato Pontificio. Già l'anno precedente il Papa aveva ricevuto in dono dallo stesso Manuele un elefante, sempre dall'India: si trattava del celebre Annone. Con gran fatica, il rinoceronte fu imbarcato a bordo di un veliero: quest'ultimo, tuttavia, prima di fare arrivo a Roma fece una sosta a Marsiglia, che tra l'altro era in festa per la vittoria della battaglia di Marignano. Il re Francesco I di Francia, venuto a sapere della presenza del curioso ospite, non si lasciò sfuggire l'occasione di vedere il rinoceronte: fu proprio quest'ultimo, tra l'altro, a stimolargli il desiderio di acquisire animali esotici per la sua corte.
Il proseguimento del viaggio fu meno felice: la nave, arrivata all'altezza della città ligure di Porto Venere, naufragò a causa di una violentissima tempesta. Il rinoceronte, che prima dell'imbarco era stato incatenato per esser tenuto sotto controllo, non era in grado di nuotare e quindi annegò tra i flutti. Sulla vicenda, Paolo Giovio scrisse:
«Il mare invidiò e tolse all'Italia questa bestia di inusitata fierezza, la quale si haveva a mettere a combattere nell'arena dell'Anfiteatro con l'elefante, perciocché il naviglio nel quale egli era menato, urtando agli scogli della riviera di Genova andò a traverso per fortuna di mare e ciò fu con tanto maggior dolore di ognuno, poiché la bestia, la quale era usata a passare il Gange e l'Indo, altissimi fiumi del suo paese, fu creduto che anche avrebbe potuto venire a riva sopra a Porto Venere, ancora che ella sia asprissima per duri sassi; se non che, trovandosi impedita da catene grandi, benché molto superbamente facesse ogni sforzo per aiutarsi, fu però inghiottita dal mare.»
Golfo di La Spezia (in alto al centro), a sinistra in basso Porto Venere
Quando la carcassa riaffiorò presso la spiaggia di Villefranche-sur-Mer, fu impagliata e inviata nuovamente al Pontefice. Il destino del rinoceronte rimane sconosciuto: probabilmente venne distrutto durante il Sacco di Roma ad opera dei lanzichenecchi, oppure trasferito alla collezione naturalistica della famiglia fiorentina dei Medici. In ogni caso, a Roma l'animale non riscosse lo stesso successo che invece ottenne a Lisbona: ciononostante, compare lo stesso in alcune opere di Giovanni da Udine e di Raffaello.
L'incisione di Dürer
Valentim Fernandes, un tipografo moravo, vide il rinoceronte appena dopo il suo arrivo a Lisbona e, incuriosito dall'animale, nel giugno 1515 ne citò dettagliatamente le caratteristiche in una lettera ad un suo amico di Norimberga. Nello stesso periodo venne mandata un'epistola alla stessa città - si tratta della Lettera scripta a li mercatanti di Norimberga, custodita presso la Biblioteca Nazionale di Firenze - con uno schizzo e una descrizione dello straordinario animale, che Dürer ebbe modo di leggere. Lo schizzo di Valentim Fernandes è conservato oggi presso il British Museum nella Sloane Collection.
Lettera di Valentin ad un mercante di Norimberga
Senza mai aver visto il rinoceronte, Dürer fece due schizzi a penna e inchiostro; la seconda bozza, in particolare, gli servì per realizzare la famosa xilografia.
La scritta in tedesco posta nella parte alta dell'incisione, attinta principalmente dalle fonti pliniane, recita:
«Il primo maggio 1513 d.C. (sic), il potente re del Portogallo, Manuele di Lisbona, portò dall'India questo essere vivente chiamato rinoceronte. Questa ne costituisce un'accurata rappresentazione. Ha il colore della tartaruga maculata ed è quasi interamente ricoperto da squame spessissime. Ha le dimensioni di un elefante, ma ha gambe più corte ed è quasi invulnerabile. Ha un forte corno appuntito sulla sommità del naso che affila sulle pietre. È l'acerrimo nemico dell'elefante. L'elefante ha paura del rinoceronte, quindi, quando i due si incontrano, il rinoceronte carica con la testa tra le gambe anteriori al fine di squarciare il ventre dell'elefante, che non può difendersi. Il rinoceronte è così ben corazzato che l'elefante non gli può fare alcun danno. Si dice che il rinoceronte sia veloce, impetuoso e astuto.»
In essa si rifà di nuovo al combattimento tra elefante e rinoceronte, quello che all'epoca dev'essere stato un inedito ed interessantissimo scontro tra titani, risoltosi poi in maniera abbastanza deludente date le attese
Com'è noto, tuttavia, l'incisione presenta numerose inesattezze che non trovano riscontri nella realtà. Il rinoceronte di Dürer, infatti, presenta un piccolo corno che spunta sulla schiena, una pelle quasi simile ad un'armatura, una gorgiera sul collo e gambe squamose: nessuna di queste caratteristiche, in realtà, è presente in un rinoceronte reale.
È possibile che in occasione dello scontro con l'elefante sia stata forgiata un'armatura per la fiera; in alternativa, può darsi che l'«armatura» di Dürer sia un richiamo alle pieghe presenti sulla pelle del rinoceronte indiano oppure semplicemente un'aggiunta di fantasia, o magari un equivoco. Una seconda incisione, oggi conservata alla biblioteca Albertina di Vienna, venne ricavata dalle stesse fonti da Hans Burgkmair, amico di Dürer. Si trattava di un disegno più preciso, ma essendo l'autore meno noto, non godette di molta popolarità.
La versione di Hans Burgkmair
In ogni caso, l'incisione di Dürer, nonostante tutte le sue imprecisioni, ebbe uno straordinario successo, e fu presa a modello d'innumerevoli illustrazioni, dipinti e sculture fino al XVIII secolo. La xilografia, infatti, è presente nella Cosmographiae di Sebastian Münster (1514), nella Historiae animalium di Conrad Gessner e nella Histoire of Foure-footed Beastes di Edward Topsell (1607), oltre che nel Quadrupedum omnium bisulcorum historia di Ulisse Aldrovandi.
Il duca Alessandro de' Medici, tra l'altro, basò il proprio emblema proprio sul Rinoceronte, con il motto Non Vuelvo Sin Vencer, ossia «non assalgo senza vincere». Vi è una scultura basata sul disegno di Dürer anche nell'obelisco di rue Saint-Denis a Parigi, progettato da Jean Goujon nel 1549;un simile rinoceronte è presente anche in uno dei portali di bronzo del duomo di Pisa.
Emblema di Alessandro de' Medici.
In spagnolo: NON VUELVO SIN VENCER, "Non torno senza aver vinto".
La beata ignoranza
La posizione di preminenza dell'immagine di Dürer e dei suoi derivati diminuì solo nel Settecento, quando vennero portati in Europa altri rinoceronti, raffigurati quindi più accuratamente. Fra i disegni più famosi, vi sono quello di Jean-Baptiste Oudry del rinoceronte Clara (1749), e quello di George Stubbs, incentrato sulla figura di un grande rinoceronte portato a Londra intorno al 1790. Ambo le opere erano molto più accurate della xilografia di Dürer, e ciò contribuì a far degradare l'opera del pittore tedesco nell'immaginario collettivo.
I due rinoceronti di Oudry a sinistra e Stubbs a destra
Non a caso, nel diario di viaggio di James Bruce, alla ricerca delle sorgenti del Nilo Azzurro, l'opera di Dürer viene stigmatizzata come «meravigliosamente mal eseguita in tutte le sue parti»; viene anche citata come la causa di «tutte le forme mostruose con cui tale animale è stato dipinto, da allora». Umberto Eco, nel suo Trattato di semiotica generale, afferma che le «scaglie e piastre imbricate» divennero un elemento necessario per raffigurare l'animale, anche per chi conosceva meglio l'anatomia della bestia, visto che «solo quei segni grafici convenzionalizzati possono denotare 'rinoceronte' al destinatario del segno iconico».
Bagno per uomini
L'opera rappresenta il tentativo di Dürer di sperimentare anche su un soggetto di contenuto non religioso i nuovi mezzi stilistici che aveva sviluppato. Questa composizione a tema insolito (del cui pezzo corrispettivo, Donne al bagno, è rimasto solo il disegno preparatorio) testimonia il suo interesse per il nudo maschileSi è tentato ripetutamente di trovare un significato per il Bagno di uomini. Si è creduto di potervi riconoscere la personificazione delle quattro complessioni o temperamenti, unita a un'incarnazione dei cinque sensi. Questa interpretazione naufraga già per il semplice fatto che i bagnanti sono sei.
Altrettanto poco convincente è l'intento di riconoscere nelle figure le effigi di Dürer e dei suoi conoscenti: nessuna delle sei figure corrisponde per le sue fattezze e per l'età a quella dell'artista, che aveva allora circa 26 anni.
Il cavaliere, la morte e il diavolo
Il Cavaliere in particolare, così denso di simboli e allegorie, si ispira alla figura del soldato cristiano descritto nel Miles christianus di Erasmo da Rotterdam. Esso è chiuso nell'armatura della fede, che gli permette di avanzare impavido nonostante l'orribile morte, che tenta di spaventarlo mostrandogli una clessidra col tempo di vita che gli è rimasto, e il mostruoso diavolo, che lo segue impugnando un'alabarda, con le fattezze grottesche di un incrocio di animali cornuti.
Il cavaliere, la morte e il diavolo - 1513
Dettagli naturalistici denotano la perfetta padronanza di Dürer raggiunta nell'utilizzo del bulino: dall'effetto di prospettiva aerea nella lontana città sul picco, schiarita per effetto della foschia, ai vivaci ritratti del cane da caccia, della salamandra e della boscaglia.
Il cane é associato alla lealtà e alla fede (fides) e motivo spesso utilizzato da Dürer, la lucertola associata allo zelo per Dio fugge nella direzione opposta.
In basso a sinistra, vicino al memento mori di un teschio, si trova una tabella con il monogramma dell'artista e la data di creazione dell'opera preceduta dalla lettera “S”, lettera che per Claudio Bonvecchio è stante per “Salus” (Salvezza).
Versione a colori scovata nella rete
Come osservato a Coira nelle immagini della morte, il cavaliere di Dürer é preso come modello dall'artista sconosciuto.
Pannello del cavaliere delle immagini della morte di Coira.
Malgrado l'immagine sia parecchio deteriorata si intuisce la presenza del teschio con una clessidra davanti al cavaliere mentre dietro al cavallo si distinguono bene i due zoccoli del diavolo la sua figura é accennata mentre un corno é ben visibile. Proprio il dettaglio del corno (il sinistro) é la prova lampante dell'isopirazione del dipinto
Il peccato originale (e gli animali che non ti aspetti)
Dürer era affascinato dagli studi sulla proporzione della figura umana, come testimoniato in opere come la Nemesi o l'Apollo.
Per la figura di Adamo egli fece probabilmente riferimento (come già per l'Apollo del disegno di Londra) a una riproduzione dell'Apollo del Belvedere, statua scoperta solo pochi anni prima in uno scavo presso Roma.
Le figure statuarie dei progenitori, prototipi di un'umanità perfetta, sono inserite in un fitto e ombroso bosco, ricco di riferimenti simbolici, oggi piuttosto ardui da decifrare, ma all'epoca, per un erudito umanista, molto più espliciti. Ad esempio tra gli animali che abitano il Paradiso terrestre assieme alla coppia si vedono lepri, gatti, un bue e un alce, che simboleggiano i quattro temperamenti umani della teoria umorale; il camoscio sulla roccia simboleggia l'occhio di Dio che dall'alto tutto vede, e il pappagallo la lode innalzata al Creatore..Nemesis
La Nemesi o Grande Fortuna è un'incisione databile al 1502 circa e conservata, tra le migliori copie esistenti, nella Staatliche Kunsthalle di Karlsruhe e nel Museo archeologico Villa Pisani Dossi di Corbetta (Milano).
Il soggetto dell'opera deriva dal poema latino Manto di Angelo Poliziano, che era comparso a stampa a Milano nel 1499. La dea del destino, così come l'aveva descritta il poeta fiorentino, è una commistione tra la
romana Fortuna e la greca Nemesi, divinità della vendetta.

Nell'incisione di Dürer è una figura femminile possente, nuda e alata, che, posta su un globo, si muove sospesa tra le nubi, sovrastando un ampio paesaggio vallivo, da alcuni identificato come la località di Chiusa vicino a Bolzano.
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Le inconsuete proporzioni dimostrano un tentativo di usare il canone di Vitruvio: gli altri suoi nudi femminili dimostrano che l'artista adottò intenzionalmente questo corpo di forme pesanti e non belle, che rispecchiasse la fatidica gravità del suo dominio, cosicché sotto il suo peso i lembi delle nuvole cedono.
Opere minori
Che il mondo sia piccolo é un dato di fatto, questo poi in ogni ambito. In particolare in quello artistico quando un opera é buona nulla di più facile é ritrovarla in contesti assai differenti
Quelli che sono una coppia di contadini che ballano vengono riciclati e riutilizzati come copertina per un libro sulla stregoneria. È lo sguardo della donna che fa la differenza e potrebbe portare ad interpretazioni ben più oscure che quelle di una semplice contadina. Essa infatti punta dritto verso l’osservatore con un ghigno malefica strizzato sul viso. Ad enfatizzare il tutto il contadino che tiene per mano; egli balla felice dando alle spalle ed é completamente ignaro dell'espressione sabotatrice della donna
La mano sinistra, sempre della donna, che sembra avvicinarsi per estrarre il coltellaccio che porta al fianco non fa altro che rafforzare questa tesi di agguato nei confronti dell'ignao contadino.
Il dettaglio dei vestiti e più in particolare delle dita dei piedi che si intravedono sotto la calzatura destra del contadino che da le spalle da un valore ulteriore al momento di gioia difficile a credersi in così tanta miseria
Queste le opere di Dürer che più hanno colpito durante la visita, per il "resto del mondo" le tratterò in un secondo momento
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