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Sui flagellanti parte seconda

Questo gruppo di invasati itineranti si é fatto spazio nella mia mente suscitando la mia curiosità torna a farsi vivo nel libro "la grande epidemia" dove trovo altri dettagli e la descrizione di una loro spettacolare processione. Che il viaggio a ritroso nel tempo abbia inizio.

Chi vuole superare la prova del giudizio universale fa atto di penitenza.
Centinaia di penitenti vagano di città in città, martoriandosi le carni a frustate («Konstanzer Weltchronik»).

Ben prima che la peste

Il primo mito che ho dovuto smantellare era quello che, diversamente da quello che credevo i flagellanti non furono creati ad hoc con l'avvento della peste ma esistevano ben prima.

Movimenti di flagellanti esistevano a nord e a sud delle Alpi già a partire dal XIII secolo anche se nel corso del XIV secolo toccarono il proprio apice.

Il cronista di Strasburgo, Fritsche Closener, descrive le condizioni di ammissione:
"Era prescritto che chi volesse entrare nella confraternita e volesse fare penitenza doveva rimanervi trentatré giorni e mezzo e, per il tempo in cui era penitente, doveva disporre di denaro sufficiente per spendere ogni giorno quattro centesimi."

Chi arrivava per la prima volta in una città o in un villaggio non poteva né mendicare, né fare richieste o entrare in una casa. I flagellanti venivano però invitati senza che loro lo domandassero.
Così succedeva che essi trovassero (comunque) un ricovero quando si trovavano in una città.

I flagellanti si controllavano reciprocamente. Era loro proibito parlare con le donne e men che meno avere con loro rapporti. Chi violava questo precetto doveva riconoscere pubblicamente la propria mancanza e confessarsi al maestro della processione. D'altro canto il consenso della propria moglie era un presupposto per la partecipazione.

Lo show dei flagellanti

La guida della processione era affidata a quattro maestri, cui doveva essere prestata assoluta ubbidienza. E ancora: si procedeva scalzi a file di due, accompagnati da portatori di bandiere e di candele. La Cronaca di Limburgo descrive la drammatica liturgia dei flagellanti:

«Portavano cappelli sui quali erano fissate delle croci rosse e ciascuno aveva dei flagelli che penzolavano e cantavano il loro canto:
"Questa processione supplicatoria è così solenne. Cristo stesso andava a Gerusalemme portando in mano la sua croce. Il salvatore venga dunque in nostro aiuto."

Avevano due o tre primi cantori ai quali essi rispondevano. E arrivati in chiesa, la chiudevano, si levavano gli abiti fino a rimanere soltanto con una sottana che portavano sotto gli abiti così che dalla cintola alle caviglie erano coperti solo da un telo di lino. Durante la processione camminavano in file di due intorno alla chiesa e al sagrato e cantavano. E ogni partecipante si batteva con i propri flagelli, fin sulle spalle, così che il sangue ricadeva sulle caviglie. E davanti venivano portate croci, candele e bandiere e durante la processione cantavano: "Si accosti chi vuol fare penitenza. Così sfuggiamo al fuoco dell'inferno. Lucifero è un cattivo compagno, manda in rovina chi riesce a catturare"

Una processione di flagellanti, 
 Francisco Goya (1812–1819)

Si muovevano ritmicamente, allungando le braccia verso il cielo e poi si inginocchiavano e cantavano, anzi gridavano a Dio. Determinati peccati venivano riconosciuti pubblicamente con specifici riti. A Limburgo come a Strasburgo gli adulteri si coricavano su di un fianco, a prova della loro condizione. «E chi aveva commesso un omicidio, segreto o noto che fosse, si voltava e rotolava sulla schiena». Chi aveva giurato il falso lo segnalava con una particolare posizione delle dita. Durante la flagellazione venivano tuttavia evitate le lesioni che mettevano a repentaglio la vita o quelle che potevano portare a un'infezione. D'altra parte anche i bambini si fustigavano. A Spira si riunirono in una Confraternita della Santa Croce 200 ragazzi dodicenni.

L'imitazione di Cristo, cioè la sofferenza della passione, rappresentava dunque il gradino più alto della personale disponibilità al sacrificio.

Quando scoppiò la peste i flagellanti seppellivano i morti, anche quando nessuno più trovava il coraggio, cosa che naturalmente favorì la fama della loro superiorità morale.

«Quando gli ultimi si gettavano a terra, i primi si alzavano già di nuovo in piedi per fustigarsi. Le loro verghe avevano nodi con quattro spine di ferro. Se ne andavano per le strade rivolgendo a Dio le proprie invocazioni in lingua volgare, ininterrottamente. E tre si mettevano nel mezzo di un cerchio, proclamavano a gran voce delle profezie e nello stesso tempo si fustigavano. Dopo di loro altri continuavano il canto... Poi, a una parola stabilita, cadevano tutti a terra, in modo da raffigurare una croce, con il viso rivolto a terra, e si lamentavano e pregavano. E i maestri passavano davanti a questi cerchi e li esortavano perché chiedessero a Dio misericordia per il suo popolo, anche per tutti quelli che avevano fatto loro del bene o del male e per tutti i peccatori e per le anime del purgatorio e per altri ancora. Poi si alzavano in piedi, allungavano le braccia verso il cielo, ricadevano sulle ginocchia e cantavano. Poi si alzavano nuovamente e si fustigavano a lungo come prima»».

On Tour

Una delle più importanti città toccate nell'itinerario dei flagellanti fu Würzburg. Michael de Leone, giurista e canonico presso la Collegiata di Neumünster della città, guardava a questo movimento con occhi molto critici.

I flagellanti erano addirittura accusati di aver aizzato il popolo e di essere così stati la causa o addirittura i diretti responsabili degli omicidi degli ebrei. Caspar Camentz nella sua cronaca di Francoforte descrive il loro arrivo nella città imperiale:

Nell'anno 1349 quando la setta dei flagellanti attraversava a schiere la nostra Germania, città e villaggi, un gran numero di loro arrivò anche a Francoforte. Quando videro che qui gli ebrei abitavano nei quartieri migliori erano, non oso dire se a ragione, così arrabbiati che volevano vendicare l'umiliazione di nostro Signore, impugnare le armi e combattere. In seguito al tumulto che si generò gli ebrei furono trucidati. Invano la cittadinanza si adoperò per l'incolumità e la sicurezza degli ebrei. I flagellanti fecero irruzione nelle loro case, li assalirono e quelli di loro che si affrettarono a impugnare le armi furono massacrati. La campana suonava a stormo e la popolazione li difese. Grazie alla sua forza e coraggio venne restituita agli ebrei la tranquillità, non senza tuttavia un grande spargimento di sangue (i più furono vittima della spada).

Ma, come se alla base di quei disordini vi fosse l'intenzionalità di consiglieri e della stessa cittadinanza, gli ebrei iniziarono a comportarsi in modo estremamente diffidente e meditavano vendetta non solo contro alcuni ma contro tutti i cittadini.

Il declino

Tutto a un tratto al nome dei flagellanti vennero associati discordia e disordini, crimine e omicidio. Alcuni li consideravano anche - forse non a torto - responsabili della diffusione della peste, che non di rado li seguiva a distanza ravvicinata. Si era inoltre osservato che una più ampia partecipazione del popolo agli atti di penitenza non dava affatto maggior sicurezza di allontanare l'epidemia. Altre ragioni della crescente impopolarità del flagellanti erano una saliente inclinazione alla criminalità delle loro «schiere», le loro sregolatezze sessuali e le chiare invettive contro il clero.

Sempre più spesso venivano anche bollati come eretici. La loro Sectat' contestò, senza tuttavia manifestarlo in modo esplicito, importanti dogmi e leggi della Chiesa e mise in dubbio il sacerdozio, la confessione resa ai sacerdoti, l'assoluzione, l'amministrazione dei sacramenti, l'indulgenza e l'ufficio funebre. Come tutti i movimenti di massa, sfuggi con il tempo al controllo dei suoi capi. L'impressionante disciplina dei primi tempi si andò sgretolando. Andavano mendicando per le città, depredavano le case e spogliavano le chiese, disturbavano le messe e abusavano della disponibilità altrui a prestare aiuto.

L'originaria ospitalità si tramutò nel suo opposto. Nell'estate del 1349 furono chiusi i portoni di molte città così da poterne tenere sotto controllo l'afflusso. Nel frattempo, spinte da ragioni di puro egoismo, migliaia di persone si erano unite al movimento. Crescente era anche il numero dei ladri al loro seguito, essendosi questi resi conto di come, in qualità di «penitenti», potessero entrare con facilità e senza alcun controllo nelle città che al tempo della peste nera erano sorvegliate con particolare severità.

«Gesù Cristo, fatto prigioniero, a morte fu condannato e su di una croce abbandonato. Rossa di sangue era la croce, noi piangiamo il suo martirio e la sua morte atroce. Peccatore, qual è la tua ricompensa? Tre chiodi e una corona di spine, la santa croce, una lancia che il mio costato ferisce. Peccatore, questo ho sofferto per te! Quanto vuoi soffrire tu per me? Per questo esclamiamo, Signore, a gran voce: il nostro servizio, Signore, prendi, a ricompensa della tua morte in croce. Per questo ti preghiamo, dall'inferno malasorte ci preservi la tua morte. In onore a Dio il nostro sangue spargiamo. Pentiti i nostri peccati ripariamo... »

Le loro profezie avrebbero avuto conseguenze particolarmente fatali: quando il popolo, deluso, si rese conto che gli atti di penitenza non avevano alcun potere sulla peste, per non dover dubitare della giustizia divina, avrebbe pensato che i pozzi e le fontane fossero stati avvelenati. «Ecco perché i grandi e i piccoli ebbero molta collera contro gli ebrei, che furono presi ovunque fu possibile e messi a morte e bruciati, in tutte le marche in cui i "flagellanti" andavano e venivano, dai signori e dai bali»».

Secondo questa tesi i flagellanti né uccisero gli ebrei né esortarono la popolazione ai pogrom ma indirettamente, proprio creando aspettative eccessive, rimaste poi inappagate, contribuirono alla caccia al «colpevole», cioè alla persecuzione degli ebrei. 

Flagellanti in processione

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