Il senso della vita; una ricerca in continuo mutamento così come la risposta che varia da stagione in stagione. Una delle risposte più accreditate rimane quella di dare una continuità alla specie, meglio ancora se sangue del proprio sangue, così per poter vedere nella nuove generazioni la continuazione dei propri geni.
Non a tutti però é riservata questa fortuna, alcuni non la ritengono nemmeno una fortuna defilandosi dall'argomento in maniera piuttosto neutra ma mai con considerazioni tendenti al negativo. Qualche frase tra uno sbuffo e l'altro, più dal retrogusto di battuta lo si ha invece quando si deve adempiere a quelle piccole necessità causate dall'infante, specialmente se in fasce (disagi più semplici da gestire) fino a grattacapi più consistenti con il sopraggiungere della temuta età preadolescenziale ed “amaris (?) in fundo” adolescenziale.
In un epoca scura come quella della peste nera, dove tutte le certezze sembravano crollare e soccombere dinnanzi all'ondata del mortal morbo anche i tanto agognati figli assumono il ruolo di ennesimo fastidio che va ad aggiungersi ad ancor peggiori fastidi, una disgrazia nella disgrazia.
Il tormento delle fasce. Appena nati, ai bambini toccava la fasciatura, come del resto è avvenuto fino a epoche non molto distanti: si credeva che le ossa tenere, se non sostenute, si sarebbero deformate. Quella di quei tempi, però, era una pratica al limite della tortura. Scriveva il medico Aldobrandino da Siena nel 1256 che la nutrice doveva far assumere al neonato le posizioni volute degli arti, "dargli bella forma" piegandolo come necessario, e poi fasciarlo: un lavoro che andava fatto bene, ammoniva il trattato, per non deformare il corpo del bambino. Occorrevano due metri di tessuto: il colore indicava la classe sociale, scuro (di canapa) per i poveri, bianco o rosso per gli aristocratici. Nell'immagine, un particolare della Natività di Maria (Giotto, 1303 circa): la nutrice stringe il naso alla neonata, fasciata come si usava, perché il pianto le apra i polmoni.
Eustache Deschamps
Una testimonianza dura & cruda nell’epoca dell’ondata di peste ci giunge da Eustache Deschamps:
[...] Molti reagirono però alla peste anche cedendo alla depressione e a un profondo pessimismo. Nella letteratura del tempo non sono pochi gli esempi di questa tendenza come ad esempio il Petrarca, il Boccaccio negli anni della vecchiaia, o Eustache Deschamps, poeta di corte di Filippo V d'Orléans, che non vedeva più alcun senso nella procreazione ed educazione di una nuova generazione:I pericoli del dormire. Uno dei rischi mortali che il neonato poteva correre era la caduta dal letto: un'eventualità per niente rara e rappresentata in diversi dipinti, come in questo di Simone Martini, dove Beato Agostino Novello salva un bambino caduto dalla culla (un dettaglio di una Pala d'altare del 1324 circa). Oltre alle culle a dondolo, ne esistevano, come si vede nel dipinto, di appese al soffitto con corde, spinte come un'altalena. Il sonno portava anche altri pericoli: al neonato poteva accadere di morire soffocato nel letto, schiacciato dalla balia, che lo faceva dormire con sé. Un incidente così frequente da essere contemplato tra i peccati più abituali da confessare.
Nel dipinto di Simone Martini, il beato Agostino Novello salva un bimbo caduto dalla culla, Siena, 1328.
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