Vengo a conoscenza di questa incredibile vicenda durante la visita alla mostra temporanea sull’anabattismo presso la biblioteca centrale di Zurigo. Mi riprometto di approfondire l'argomento, troppo ghiotto.
Corre l'anno 1534, l’anno e passa di vicende che coinvolgono la cittadina della Germania settentrionale ha tutte le carte in tavola per un film horror/epico. Un mix tra le crudeltà della dittatura più estrema e la follia collettiva di una setta come fu quella di Charles Manson (per dire il più rinomato)
Un gruppo di artigiani olandesi, sulle ali della riforma e dei movimenti affini (in particolare quello anabattista) riesce ad intrufolarsi in questa città della Germania settentrionale come un insetto che si intrufola in un corpo per prendervi casa e pian piano farlo marcire. Alla testa del movimento un manipolo di uomini, su cui svetta il leadre assoluto, il re di Münster
Ma tranquilli , alla fine si tratta di una storia ad “happy ending”
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Il figlio, Johann, impara il mestiere di sarto, girovagando raggiunge l'Inghilterra, il Portogallo, le Fiandre, Lubecca, e infine si stabilisce a Leida, dove a vent'anni sposa la piuttosto matura vedova di un barcaiolo; poi, stanco del mestiere di sarto, apre a Leida una taverna che già dagli inizi non gode del miglior nome.
Al mestiere di taverniere affianca la composizione di poesie e di carnascialate, ha l'ambizione di essere accolto nella «camera dei retori», un club di letterati allora fiorente in provincia, e raggiunge il suo scopo: con le sue rappresentazioni - che erano « alcune volte scherzose, per lo più sconce e raramente virtuose» — si crea la fama di bestia rara, e accanto alla sartoria e alla mescita trova il tempo di esercitare l'onorato mestiere di lenone...(procacciatore d'amori illeciti, favoreggiatore della prostituzione; sfruttatore di prostitute, ruffiano, magnaccia.)
O almeno lo fa per dilettantismo. «La sua taverna», scrive Kerssenbroch, che da studente ginnasiale fu in parte testimone vicinissimo dei primi giorni dell'anabattismo di Münster, « era frequentata da giovanotti e ragazze che bevevano giorno e notte, giorno e notte gozzovigliavano, fornicavano e giocavano, facevano musica col violino e con altri strumenti, e dilapidavano i loro averi».
Matthys lo conobbe relativamente presto: già prima del 1533 lo inviò una prima volta a Münster, dove il taverniere, letterato, mastro sarto e lenone « si interessa ai valenti predicatori che là sono all'opera», alloggia presso il cittadino Ramers, ma ben presto leva le tende.
Da Osnabrück, dove in seguito lo troviamo, è già cacciato per « anabattismo»; a Schöppingen, dove alloggia presso il conte Heinrich Krechting, « per ispirazione dello Spirito Santo » è chiamato di notte al letto di una ragazza ammalata che egli - perché l'ex sarto si diletta anche di medicina - cura a fondo con i suoi mezzi salutiferi ma soprattutto conferendole il battesimo.
Nell'autunno 1533 lo troviamo a Coesfeld e una seconda volta per breve tempo a Münster; ritorna a Leida da Matthys e soltanto ora riceve il vero e proprio battesimo, pure essendoselo già conferito da sé.
Percorre battezzando le provincie accompagnato da Gert tom Kloster e, dopo un ultimo breve soggiorno a Leida nel gennaio 1534, si stabilisce definitivamente a Münster per trasformare l'intera città in un manicomio e infine concludervi la sua alquanto movimentata vita.
Già allora Bockelson - che era ancora sulla ventina — ha l'aspetto di un cinquantenne; il che potrebbe attribuirsi, oltre che alla foggia della barba, a quella stessa epoca, quando intorno al 1500 scompaiono a causa delle gozzoviglie le figure slanciate di Schongauer e l'umanità tedesca si gonfia in quei pancioni che ben conosce chi ha visto qualche pittura di Cranach.
Egli rivela i tratti vaghi e sfuggenti del bastardo nato nei fossati delle strade maestre, del taverniere e del lenone che come letterato poteva essere anche interessante, del sarto mancato che nella sua consorteria poteva essere stimato un grande poeta ma che nella camera dei retori fu probabilmente ritenuto un abile sarto di lusso. Al collo la catena, e per tutto il corpo i monili con cui l'inibito volentieri nasconde le ferite profonde della sua autocoscienza; su tutta la figura quell'infelicità che per debolezza di carattere scivola facilmente nel vizio e nel delitto: il marchio di chi fu concepito in un'ora cattiva e su uno sconcio letto, di chi da un'esistenza. Inetta passa facilmente alla cloaca, dal sudiciume al vizio, e dal vizio, infine, al delitto e alla ferocia sanguinaria.
Corre l'anno 1534, l’anno e passa di vicende che coinvolgono la cittadina della Germania settentrionale ha tutte le carte in tavola per un film horror/epico. Un mix tra le crudeltà della dittatura più estrema e la follia collettiva di una setta come fu quella di Charles Manson (per dire il più rinomato)
Un gruppo di artigiani olandesi, sulle ali della riforma e dei movimenti affini (in particolare quello anabattista) riesce ad intrufolarsi in questa città della Germania settentrionale come un insetto che si intrufola in un corpo per prendervi casa e pian piano farlo marcire. Alla testa del movimento un manipolo di uomini, su cui svetta il leadre assoluto, il re di Münster
Ma tranquilli , alla fine si tratta di una storia ad “happy ending”
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Giovanni di Leida o Bockelson, il re di Münster, Il lenone che divenne re
Già, ma chi é questo Bockelson? Da dove spunta?
Breve accenni sulla vita del re prima di Münster
Sua madre è figlia di una modesta massaia: in Vestfalia la si chiama Kötter. Emigrata in Olanda, concepì fornicariamente il figlio da Schulze Bockel, dell'Aja, lo partorì in viaggio e per cosi dire in un fosso, dopo di che sposò il padre del bambino.Il figlio, Johann, impara il mestiere di sarto, girovagando raggiunge l'Inghilterra, il Portogallo, le Fiandre, Lubecca, e infine si stabilisce a Leida, dove a vent'anni sposa la piuttosto matura vedova di un barcaiolo; poi, stanco del mestiere di sarto, apre a Leida una taverna che già dagli inizi non gode del miglior nome.
Al mestiere di taverniere affianca la composizione di poesie e di carnascialate, ha l'ambizione di essere accolto nella «camera dei retori», un club di letterati allora fiorente in provincia, e raggiunge il suo scopo: con le sue rappresentazioni - che erano « alcune volte scherzose, per lo più sconce e raramente virtuose» — si crea la fama di bestia rara, e accanto alla sartoria e alla mescita trova il tempo di esercitare l'onorato mestiere di lenone...(procacciatore d'amori illeciti, favoreggiatore della prostituzione; sfruttatore di prostitute, ruffiano, magnaccia.)
O almeno lo fa per dilettantismo. «La sua taverna», scrive Kerssenbroch, che da studente ginnasiale fu in parte testimone vicinissimo dei primi giorni dell'anabattismo di Münster, « era frequentata da giovanotti e ragazze che bevevano giorno e notte, giorno e notte gozzovigliavano, fornicavano e giocavano, facevano musica col violino e con altri strumenti, e dilapidavano i loro averi».
Matthys lo conobbe relativamente presto: già prima del 1533 lo inviò una prima volta a Münster, dove il taverniere, letterato, mastro sarto e lenone « si interessa ai valenti predicatori che là sono all'opera», alloggia presso il cittadino Ramers, ma ben presto leva le tende.
Da Osnabrück, dove in seguito lo troviamo, è già cacciato per « anabattismo»; a Schöppingen, dove alloggia presso il conte Heinrich Krechting, « per ispirazione dello Spirito Santo » è chiamato di notte al letto di una ragazza ammalata che egli - perché l'ex sarto si diletta anche di medicina - cura a fondo con i suoi mezzi salutiferi ma soprattutto conferendole il battesimo.
Nell'autunno 1533 lo troviamo a Coesfeld e una seconda volta per breve tempo a Münster; ritorna a Leida da Matthys e soltanto ora riceve il vero e proprio battesimo, pure essendoselo già conferito da sé.
Percorre battezzando le provincie accompagnato da Gert tom Kloster e, dopo un ultimo breve soggiorno a Leida nel gennaio 1534, si stabilisce definitivamente a Münster per trasformare l'intera città in un manicomio e infine concludervi la sua alquanto movimentata vita.
Già allora Bockelson - che era ancora sulla ventina — ha l'aspetto di un cinquantenne; il che potrebbe attribuirsi, oltre che alla foggia della barba, a quella stessa epoca, quando intorno al 1500 scompaiono a causa delle gozzoviglie le figure slanciate di Schongauer e l'umanità tedesca si gonfia in quei pancioni che ben conosce chi ha visto qualche pittura di Cranach.
Egli rivela i tratti vaghi e sfuggenti del bastardo nato nei fossati delle strade maestre, del taverniere e del lenone che come letterato poteva essere anche interessante, del sarto mancato che nella sua consorteria poteva essere stimato un grande poeta ma che nella camera dei retori fu probabilmente ritenuto un abile sarto di lusso. Al collo la catena, e per tutto il corpo i monili con cui l'inibito volentieri nasconde le ferite profonde della sua autocoscienza; su tutta la figura quell'infelicità che per debolezza di carattere scivola facilmente nel vizio e nel delitto: il marchio di chi fu concepito in un'ora cattiva e su uno sconcio letto, di chi da un'esistenza. Inetta passa facilmente alla cloaca, dal sudiciume al vizio, e dal vizio, infine, al delitto e alla ferocia sanguinaria.
L'episodio della cena
Mi trovo ad aver finito il libro sulle vicende di Münster tra il 1534 e 1535. Per un attimo mi fingo regista di un eventuale film sulla vicenda. Penso a che scena metterei prima chi inizino i titoli di testa, tanto per immergere subito lo spettatore nella giusta atmosfera e presentare il personaggioÈ interessante l'individuo Bockelson, così come la sua opera, di cui è un esempio tipico l'episodio occorso durante la famosa cena, accorsa nel pieno del regno di Münster
Nel corso della cena il re nota uno sconosciuto, un mercenario da poco catturato dagli abitanti di Münster e da questi condotto alla celebrazione in qualità di novizio. Incuriosito dalla faccia sconosciuta, il re domanda all'uomo quale sia la sua fede, al che il prigioniero, già alticcio, risponde a suo modo di non intendersi di nessuna fede, bensì unicamente di bere e di donne.
Non sono risposte da dare durante una manifestazione ufficiale di uno Stato che frantuma gli specchi e tinge di nero le variopinte cuffie delle donne; né è il modo di rispondere a un re che appena ieri esercitava un mestiere affatto diverso e non propriamente regale, e che da tali frasi grossolane e da siffatta filosofia pratica potrebbe essere ricondotto ai tempi in cui egli stesso, il taverniere, le udiva quotidianamente dai suoi clienti.
Bockelson reprime ancora una volta la rabbia provocata dalla risposta e, quale re di un regno biblico, domanda in linguaggio biblico all'uomo come abbia osato presentarsi al pranzo di nozze privo della veste nuziale; la risposta, ancora alquanto rude, del mercenario è che «egli non venne affatto invitato a quella cena di puttane, ma vi fu portato dai cittadini senza suo gran piacere... ».
Non è una cosa che un re possa tollerare, per cui Bockelson fa acciuffare l'uomo, gli grida che è Giuda in persona, si fa portare la spada e lo decapita nel bel mezzo della cena. Il corpo rimane sul luogo fino al mattino, e poiché la scena si è svolta davanti agli occhi di tutti, l'euforia si dilegua completamente.
Nel corso della cena il re nota uno sconosciuto, un mercenario da poco catturato dagli abitanti di Münster e da questi condotto alla celebrazione in qualità di novizio. Incuriosito dalla faccia sconosciuta, il re domanda all'uomo quale sia la sua fede, al che il prigioniero, già alticcio, risponde a suo modo di non intendersi di nessuna fede, bensì unicamente di bere e di donne.
Non sono risposte da dare durante una manifestazione ufficiale di uno Stato che frantuma gli specchi e tinge di nero le variopinte cuffie delle donne; né è il modo di rispondere a un re che appena ieri esercitava un mestiere affatto diverso e non propriamente regale, e che da tali frasi grossolane e da siffatta filosofia pratica potrebbe essere ricondotto ai tempi in cui egli stesso, il taverniere, le udiva quotidianamente dai suoi clienti.
Bockelson reprime ancora una volta la rabbia provocata dalla risposta e, quale re di un regno biblico, domanda in linguaggio biblico all'uomo come abbia osato presentarsi al pranzo di nozze privo della veste nuziale; la risposta, ancora alquanto rude, del mercenario è che «egli non venne affatto invitato a quella cena di puttane, ma vi fu portato dai cittadini senza suo gran piacere... ».
Non è una cosa che un re possa tollerare, per cui Bockelson fa acciuffare l'uomo, gli grida che è Giuda in persona, si fa portare la spada e lo decapita nel bel mezzo della cena. Il corpo rimane sul luogo fino al mattino, e poiché la scena si è svolta davanti agli occhi di tutti, l'euforia si dilegua completamente.

FINE INTRODUZIONE

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