Chi ha delle figlie prima o poi ci passa:
la fase dell'unicorno. Animale bianchissimo, mitico e incantato.
L'unicorno è affascinante. Nel Medioevo era considerato una creatura casta e timida che solo una vergine poteva domare nel suo grembo. Oggi, con il suo manto bianco e la criniera colorata, popola il nostro mondo di prodotti. Fino al XVII secolo non c'era alcun dubbio sulla sua esistenza. Oggi tutti i bambini sanno che è una creatura mitologica.
Approfitto di un esposizione temporanea nel
castello di Lenzburg per approfondire il tema
Piccolo cavallo preparato con una replica di un dente di narvalo al posto del corno.
Walter Benz, 2022, Wettingen
La storia dell'unicorno è varia.
Era un simbolo cristiano e un animale araldico, prometteva guarigione e suscitava l'interesse di naturalisti e collezionisti di curiosità.
Ha stimolato l'immaginazione umana e si è trasformato in un best seller.

Se oggi l'unicorno ha un sacco di significati diversi, nel Medioevo era, tra le altre cose, un animale simbolo del cristianesimo. Come l'agnello, rappresentava Gesù Cristo e spesso compariva in contesti religiosi. I cosiddetti bestiari erano una parte importante della letteratura paleocristiana. Erano libri di riferimento che elencavano e descrivevano vari animali. Queste descrizioni non si limitavano però a fatti concreti, ma attribuivano a tutti gli animali significati simbolici attraverso citazioni bibliche. Il gufo, per esempio, era visto come un simbolo delle persone che rifiutavano il cristianesimo, perché preferiva vivere al buio.
Questo mix tra scienze naturali e simbolismo religioso, che oggi ci sembra un po' strano, era normale per i cristiani dell'antichità e del Medioevo. Veniva dalla convinzione che tutti gli aspetti della natura fossero espressione della volontà di Dio. La natura era spesso chiamata il secondo libro di Dio, che si poteva leggere e interpretare proprio come la Bibbia.
Nell'episodio del diluvio universale una coppia di unicorni prende posti nell'arca. Chiesa San Maurizio Milano
Plinio il Vecchio
Plinio il Vecchio, nella sua Storia naturale, menziona l'unicorno, animale dato per realmente esistente e provvisto di corpo di cavallo, testa di cervo, piedi di elefante e coda di cinghiale. Altre testimonianze lo dipingono come un animale simile a un capretto, un asino a tre zampe o una specie di ariete. I bestiari medievali lo tratteggiano come un «animale indomabile e feroce, imprendibile e divino, domabile solo da una vergine immacolata sul cui seno l'Unicorno si placa».
L'unicorno nel bestiario Physiologus
Già Aristotele aveva parlato di una creatura simile a un cavallo con un unico corno che si diceva vivesse in India. Grazie a questi racconti, l'unicorno entrò anche nel “Physiologus”, il bestiario più famoso della tarda antichità e del Medioevo. Solo la Bibbia superò il ‘Physiologus’ in popolarità.
Nel “Physiologus”, l'unicorno è descritto come un animale piccolo ma molto forte. In realtà, si diceva che fosse così forte che nessun cacciatore riusciva a catturarlo. In presenza di una vergine, invece, diventava docile e mansueto, e solo lei poteva catturarlo. Le illustrazioni di una caccia all'unicorno spesso accompagnano le voci dedicate all'unicorno nei bestiari. Di solito mostrano l'unicorno incantato dalla vergine che viene ucciso da un cacciatore.
Abbattimento di un unicorno dal Bestiario Harley del XIII secolo. (Wikimedia Commons)
Prima di tutto, la taglia dell'animale deve armonizzarsi con quella della fanciulla, e quindi è spesso piccolo; in secondo luogo, essendo la tematica della sua caccia associata a quella della purezza verginale, il colore dell'unicorno è dunque generalmente il bianco. La nobiltà di questo animale, simile a quella del cavallo nel pensiero medievale, fa sí che assuma spesso l'aspetto di un piccolo ungulato che, sotto l'influenza del Fisiologo, talvolta è munito di una barbetta.
Da animale verginale, è logico che i contesti nei quali appare siano idilliaci. Al di fuori della scena della caccia,
l'unicorno è spesso raffigurato nelle rappresentazioni del Paradiso, dell'arca di Noè e, in quanto animale meraviglioso, lo si trova anche nei paesaggi del misterioso Oriente

Salterio di Stoccarda, abbazia di Saint-Germain-des-Prés, 820-30 ca.
Stoccarda, Württembergische Landesbibliothek, ms Bibl. fol. 23, 29,5 x 21 cm
f. 27: La Crocifissione con l'illustrazione del Salmo 22, 22
Marco Polo
La leggenda dell'alicorno trasse alimento dal ritrovamento di zanne di elefanti estinti e di corni diritti avvitati a spirale, in realtà i denti di un cetaceo, il narvalo, che possono arrivare a quasi tre metri di lunghezza. Oggi si ritiene generalmente che i mitici unicorni fossero i nostri prosaici rinoceronti. Lo scoprì con grande delusione Marco Polo, il quale, nel Milione, narra del suo incontro in Oriente con i rinoceronti, "laide bestie" da lui creduti unicorni, e del loro "pelo di bufali e piedi come leonfanti".
Simbolismo cristiano: unicorno, Gesù e Maria
Secondo l'interpretazione biblica, l'unicorno è il simbolo di Gesù. La sua piccola statura rappresenta l'umiltà di Cristo. La sua forza rappresenta la forza di Cristo, che ha sconfitto la morte stessa. Ma soprattutto, la cattura dell'unicorno da parte di una vergine è stata identificata con l'incarnazione di Cristo. La vergine rappresenta Maria, che solo grazie alla sua verginità ha potuto diventare madre di Dio.
L'unicorno, come molti altri animali del Physiologus, è entrato nel linguaggio simbolico del cristianesimo. Nell'arte e nella letteratura cristiana è spesso usato come simbolo di Cristo. Tuttavia, appare quasi sempre insieme a Maria e solo raramente da solo.
Nelle lodi a Maria, lei viene spesso descritta come rifugio o catturatrice dell'unicorno celeste. Viene persino stilizzata come cacciatrice di unicorni, capace di catturare l'unicorno celeste grazie alla sua castità.
È significativo che nel contesto cortese la scena della caccia all'unicorno sia associata all'atto amoroso. In questo particolare contesto, la «vergine» tiene saldamente l'animale per il suo «corno», come nella tamosa rappresentazione del tatto nel ciclo degli arazzi de La dama e l'unicomo.

Dettaglio di un arazzo di monastero con Maria nell'ortus conclusus.
L'unicorno viene tenuto da Maria vergine mentre un cacciatore lo trafigge
Ricamo 1480, Basilea, Lana, seta, oro e argento
Arazzo «Hortus conclusus»
In questo arazzo, l'arcangelo Gabriele annuncia alla Vergine Maria la nascita di Cristo. L'unicorno ha un ruolo centrale. La scena è rappresentata come una caccia all'unicorno in un giardino recintato (hortus conclusus). Questo motivo allegorico era molto diffuso dal 1400 al 1600.
L'unicorno trova rifugio nel grembo di Maria. Rappresenta sia la sua castità che il Cristo nato dal suo grembo: i quattro cani che inseguono l'animale sono tenuti al guinzaglio dall'arcangelo Gabriele, che appare sotto le sembianze di un cacciatore che suona il corno. Si credeva che solo nel grembo di una vergine si potesse catturare un unicorno, così come solo la Vergine Maria poteva dare alla luce il Figlio di Dio. Intorno ai due, sul tappeto si trovano numerosi simboli di verginità, anche il giardino chiuso stesso è un simbolo di questo tipo.
Solo in basso al centro c'è un segno del tutto profano: l'anello di fidanzamento dello scoltetto Heinrich Göldlin von Rappersw Lund e di sua moglie Anna Schiesser. Il tappeto è stato realizzato nel 1607 e probabilmente era un regalo dello scoltetto alla moglie.
Donna selvatica
Questo ricamo di alta qualità era usato come cuscino, il che spiega il formato piccolo e il ricamo super delicato, che si nota solo guardando da vicino.
Donna selvatica con unicorno Strasburgo, 1500/10
Museo di storia basilea
Una donna selvaggia siede malinconica in un paesaggio paradisiaco, sul suo grembo riposa un unicorno che, secondo la tradizione medievale, può essere catturato solo da una vergine. Sul cartiglio, la bella donna selvaggia lamenta il suo destino. Dopo aver conosciuto le gioie della vita mondana, ora soffre la solitudine.
Il testo recita (con alcune aggiunte):
(Ich han) min zit (der) welt gegebn nuon mus ich hle im Ellenden leben.
Ho dato il mio tempo al mondo, ora devo vivere qui nella miseria. Ohimè!
Stemma di famiglia
Libro di famiglia dei signori von Hallwyl Creato intorno al 1580 da Burkhard III von Hallwyl, il libro di famiglia è un mix tra una cronaca familiare, un libro di tornei e un libro di stemmi. Nella scena del torneo che vediamo, il conte von Tengen e il barone von Hallwyl incrociano le lance. Sull'elmo e sull'armatura del cavallo del conte ci sono delle unicorni. La famiglia von Tengen aveva infatti un unicorno bianco su sfondo rosso nel suo stemma. Non era l'unica: essendo un animale forte e maestoso, l'unicorno era presente in molti stemmi nobiliari.
Burkhard III von Hallwyl (1535-1598), 1580 circa, facsimile, Museo nazionale svizzero.
Il vero unicorno
Nel XVI secolo, gli studiosi iniziarono a studiare la natura in modo sistematico. Anche l'unicorno finì sotto esame.
I ricercatori raccolsero le conoscenze tramandate e cercarono prove della sua esistenza. Non avevano mai visto un esemplare vivo e non trovarono resoconti credibili di avvistamenti reali. Tuttavia, le corna di unicorno erano presenti nelle collezioni di curiosità più prestigiose dell'epoca.
Nelle farmacie venivano macinate in polvere e vendute come rimedio medicinale. Solo quando le presunte corna si rivelarono essere denti di narvalo, il mondo accademico relegò gradualmente l'unicorno nel regno delle creature mitologiche.Conrad Gessner, Conrad Forer, Thierbuoch. Das ist ein kurtze Bschreybung aller vierfüssigen Thieren, 1563, stampato da Christoph Froschauer, Zurigo In prestito dalla Biblioteca di Spiez.
Il poliedrico studioso zurighese Conrad Gessner descrisse il mondo animale conosciuto nella sua
Historia animalium, pubblicata in quattro volumi tra il 1551 e il 1558. Raccolse informazioni sugli animali da fonti storiche e contemporanee, integrandole con le sue osservazioni personali. Nel 1563 uscì il «
Thierbuoch», una traduzione in tedesco del volume dedicato agli animali a quattro zampe. In questo libro c'è anche l'unicorno. Gessner era scettico sulla sua esistenza, ma non si pronunciò in modo definitivo. Altri naturalisti diedero più peso alle loro osservazioni e i dubbi sull'esistenza degli unicorni aumentarono.
FAC simile
Non è poi da tralasciare un altro animale acquatico e al tempo stesso quadrupede, che vive in un'isola delle Molucche, chiamato camphurch, come attesta il Thevet, citato dal Paré. Esso è grande quanto un cervo e possiede un corno flessibile sulla fronte, un po' come la cresta del gallo indiano, lungo tre piedi (89 cm) e talvolta spesso quanto un braccio umano. Ha il collo coperto di peli color cenere. Ha zampe posteriore simili a quelle d'oca, delle quali si serve per nuotare in acque dolci e salate. Le zampe anteriori sono invece affini a quelle del cervo. Si ciba di pesci. Molti si convinsero che questo animale fosse una specie di Unicorno e che pertanto il suo corno avesse proprietà curative contro i veleni. Il re dell'isola - lo attesta il Thevet - si fregia del nome di questo animale come fosse un titolo onorifico.
Il corno di unicorno
I corni di unicorno erano super ricercati nell'Europa medievale. Finivano nelle stanze delle curiosità dei principi più importanti. Questo corno, detto alicorno, cui si attribuivano i poteri di guarire ogni malattia, rendere il veleno inoffensivo e condurre a miti consigli le donne (a questo proposito, molti studiosi sostengono che l'alicorno sia un simbolo fallico; di qui la leggenda che l'unicorno può essere placato solo da una vergine).Erano così rari che venivano pagati a peso d'oro. Come i denti di elefante, venivano usate per fare oggetti preziosi. Oppure venivano macinate in polvere e prese in caso di malattia o avvelenamento. Già nel XVI secolo e poi di nuovo nel XVII secolo, alcuni studiosi di scienze naturali del Nord Europa fecero notare che questi pezzi non erano corna di unicorno, ma denti di narvali che vivono al largo delle coste della Groenlandia.
Il naturalista danese Ole Worm (1588-1654) ha finalmente chiarito la questione nel 1638, mostrando agli esperti un teschio di narvalo con un dente.
Frontespizio che mostra l'interno del museo di Ole Worm nel Museum Wormianum (1655)
Dettaglio che mostra alcune delle scatole etichettate contenenti i reperti. Sul ripiano superiore si può vedere il “corno di unicorno” (zanna di narvalo).
Cotto e mangiato
Il 1° aprile 2012 la British Library ha fregato il mondo con la presunta scoperta di un cooke boke di un certo Geoffrey Fule, cuoco di una regina inglese del XIV secolo, che avrebbe incluso ricette a base di merlo, riccio, aringa, trippa, codswallop (una specie di zuppa di pesce) e unicorno arrosto. La ricetta dell'unicorno alla Fule suggeriva di marinare la carne con chiodi di garofano e aglio, per poi arrostirla alla griglia. C'erano un sacco di indizi che facevano capire che si trattava di uno scherzo sul blog della British Library.

Le parole “aringa”, “trippa”, ‘regola’ e “codswallop” avrebbero dovuto essere chiari indizi. Ma le immagini che accompagnavano la storia probabilmente hanno contribuito a convincere gran parte di Internet della veridicità dello scherzo. Le immagini dell'unicorno alla griglia, di una ragazza dall'aria severa che serviva la testa, degli zoccoli e degli scarti che spuntavano da un secchio, conferivano alla storia una certa veridicità alla Bayeux. La verità sta negli occhi di chi guarda e la prova è nel pudding, anche se si tratta di pudding di unicorno.
Unicorni moderni
L'unicorno «Maude» è il protagonista di una serie di party al Cabaret e al Cha Cha Cha.
Ad ogni festa viene nascosto e deve essere ritrovato. L'unicorno determina anche motto e abbi-gliamento, come nel 2012: «Un unicorno vede stelline» - Dress code stelle.
Decorazione a forma di unicorno, Zurigo, 2010. Fabienne
Zurschmitten
La testa di unicorno funge sia da lampada che da cannone spara coriandoli. Realizzata attraverso una raccolta fondi, è utilizzata durante una festa a tema unicorno al club Friedas Büxe
di Zurigo.
Cannone spara coriandoll, Zurigo, 2014. Costruzione: Matthias Blatter
Privatsammlung Nathalle Brunner, Astrid Egle, Manuel Lamora
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