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I Diecimila Cavalieri (parte I)

Prima di ogni battaglia i confederati si inginocchiavano sul campo e gridavano:
"Le nostre anime a Dio, i nostri corpi al nemico!". Poi si lanciavano nella mischia con fanatico sprezzo del pericolo.

Grandson 1476

Grandson fa parte del trittico Grandson - Morat - Nancy che portò gli svizzeri sulla cresta dell'onda per quanto riguarda il valore come combattenti. Sconfiggendo Carlo il Temerario nelle guerre di Borgogna, non solo si procurarono soldi ma soprattutto fama e notorietà, dando il la allo loro utilizzo secolare nella qualità di mercenari.

 Ma torniamo alla preghiera, gli svizzeri popolo devoto e molto credente era solito pregare prima della battaglia.

Vale la pena citare un episodio in cui questa loro consuetudine gli giocó a favore traendo in inganno il nemico che scambió la preghiera degli svizzeri con la loro intenzione di arrendersi e commettendo così un grande errore tattico.

Gli svizzeri in preghiera prima della battaglia di Grandson, sulla detra la carica della cavalleria borgognona
 – da: Berner Chronik di Diebold Schilling il Vecchio.

Gli svizzeri, avendo capito che presto sarebbero scesi in battaglia, si inginocchiarono a pregare. 
I borgognoni in armi, da quel che si dice, fraintesero tale condotta, interpretandola come un segno di sottomissione. Nella frenesia, si precipitarono contro gli svizzeri gridando "Non riceverete pietà, dovrete morire tutti". 
Subito i cavalieri borgognoni circondarono l'avanguardia svizzera, ma Carlo il temerario commise un grave errore. Dopo una breve schermaglia, egli ordinò alla cavalleria di ritirarsi, cosicché l'artiglieria potesse assottigliare le forze nemiche prima che gli attacchi fossero ripetuti. A questo punto, il grosso dell'esercito svizzero emerse dalla foresta che ne aveva occultato l'avvicinamento. 
L'esercito borgognone, già in ripiegamento, si disorientò immediatamente quando la seconda parte dei soldati nemici comparve. La ritirata divenne subito una rotta, con l'esercito borgognone che ruppe i ranghi e fuggì.

Ma cosa o meglio chi invocavano gli svizzeri prima di combattere?

Si trattava della leggenda dell'esercito vittorioso, quei diecimila cavalieri che i confederati invocavano nella preghiera prima di ogni battaglia. Era una leggenda priva di qualsiasi fondamento storico che ha per protagonista un valoroso esercito romano al comando dell'imperatore Adriano, nel II secolo.
Questi soldati martiri combatterono eroicamente in Armenia contro un "esercito barbaro" e lo sconfissero; poi, convertiti al cristianesimo, furono uccisi per ordine dell'imperatore.

Vennero torturati e crocifissi come Gesù, e quando morirono accaddero gli stessi miracoli che erano accaduti alla morte di Gesù: la terra tremò, il sole si oscurò e la luna divenne rossa come il sangue.

Il martirio dei Diecimila Cavalieri, ca. 1508/09, pala nella cappella dello Kappellerhof a Zurigo.
 Dipinti su legno dall'Ester Zürcher Nelkenmeister

Il culto dei Diecimila cavalieri era molto popolare in Svizzera perché i confederati vedevano in loro un esempio: avevano continuato a combattere quando il grosso del loro esercito si era già ritirato, e avevano vinto. Prima di essere giustiziato, uno dei cavalieri disse all'imperatore: "Tu puoi ucciderci, ma non puoi toglierci la nostra anima!".

Qui la seconda parte

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