Passa ai contenuti principali

Danza della morte di Milano

Diciamolo subito: a Milano non ci sono danze della morte. Ho voluto però mantenere la struttura del titolo per questa ultima tappa, aggiunta in extremis, di questo piccolo grande viaggio.

Milano ben si appresta a offrire l'ultimo tassello, quello definitivo.
La megalopoli é in forte contrasto rispetto a tutti quei minuscoli posti dispersi nelle vallate svizzere visitati fino ad oggi durante il tour. Lucerna esclusa.

Basti pensare che 16 ore prima ero nel micro nucleo di Sigirino oppure alla prima tappa del viaggio in una dispersa località in una vallata laterale del Canton Uri. 
Li a Unterschächen dominava incontrastata la morte (con un morto in carne e ossa!) così come nella mia mente.
Durante il tour ho acquisito consapevolezza e ora mi appresto ad un arrivo in uno scenario completamente diverso: una città, città che spesso si rivelano punto di partenza di nuove idee e rivoluzioni ideologiche. Ecco perché la scelta di Milano.

San Bernardino alle ossa

A Milano affronto due tappe in netto contrasto da loro, mi rimmergo di nuovo nella morte nella cappella di San Bernardino alle ossa. Alle pareti ci sono migliaia di ossa, teschi e tibbie. 

Muro di ossa chiesa San Bernardino - Milano

Le pareti interne dell'edificio, a pianta quadrata, sono quasi interamente ricoperte di teschi ed ossa che si trovavano nell'antico ossario, assieme a quelle che vennero riesumate nei cimiteri soppressi dopo la chiusura dell'ospedale locale, avvenuta nel 1652 per disposizione dell'amministrazione dell'Ospedale Maggiore, al quale era stato aggregato quasi due secoli prima.

Tutte le ossa vennero disposte nelle nicchie, sul cornicione, adornando i pilastri, fregiando le porte. In questo motivo decorativo, il senso macabro si fonde propriamente con la grazia del rococò.


Molti hanno avanzato l'ipotesi che tali ossa corrispondano ai numerosi martiri cristiani uccisi dagli eretici ariani al tempo di Sant'Ambrogio, ma la tesi non sembra reggere, in quanto esse risultano appartenere a pazienti morti dell'ospedale del Brolo (presente in loco), priori e confratelli che lo dirigevano, condannati alla decapitazione, carcerati morti nelle prigioni dopo il 1622 (cioè quando il loro cimitero risultò insufficiente), membri di famiglie aristocratiche che erano sepolti in sepolcri vicini, canonici della vicina basilica di Santo Stefano.


Mi sento circondato da muri di teschi che sembrano voler urlare, ricordarmi quella frase più e più volte ascoltata "noi eravamo quello che voi siete , voi sarete quello che noi siamo".

Quella che all'apparenza appare come una minaccia va interpretata come un consiglio indiretto, un monito a cui occorre contrapporre una reazione. 
Se vista in questa ottica tutte le danze della morte viste nel tour assumono un carattere diverso, si percepiscono come alleati che ci spronano a fare bene, approfittare di ogni istante perché non sarà eterno. 

Teatro della Scala

Ho pensato a lungo il posto che avrebbe potuto accogliere l'arrivo del tour della morte. Scelgo un posto che testimonia la bellezza della vita, la bellezza delle arti, della creatività umana, delle emozioni. Qui, in questo posto, la vita domina incontrastata facendoci emozionare, riempiendoci gli occhi e l'anima, facendoci sentire così "maledettamente vivi"

Il famoso dipinto di Angelo Inganni (1807-1880) mostra la Scala illuminata dal sole e affacciata su una via stretta. Siamo ancora nel 1852 e solo sei anni dopo verrà ricavata la piazza davanti al Teatro. Forse proprio per quel motivo nel 1778 il Teatro non piacque a tutti.

Mi affaccio una prima volta sul teatro, le luci sono spente, ma qualcosa sul palco si muove, c'é vita, anche quando i riflettori sono spenti, quando un periodo buio attraversa le nostre esistenze il battito primordiale si percepisce ancora, é questione di tempo, é sempre questione di tempo

...poco dopo i riflettori si accendono lasciandomi interdetto dalla bellezza del luogo. Una bellezza che fa bene, fonte di ispirazione, linfa di vita. 


Ogni giorno ci viene data la possibilità di mettere in scena uno spettacolo, a luci soffuse o in pompa magna; il teatro, la scenografia é li pronta ad accogliere le nostre scelte, il nostro copione.

Le restrizioni che ci impone l'inesorabile invecchiamento del nostro corpo vanno adattate strada facendo, chi riesce a sfruttare al meglio le potenzialità di quello che il nostro corpo e l'ambiente circostante ci mettono a disposizione é destinato a consumare la vita in maniera appagante e puó riceve la morte in qualsiasi momento senza grandi rimpianti.

Ed ora azione! 

Come immagine finale scelgo questo particolare quadro scovato all'interno del museo della Scala. Rappresenta una scena piena di vita, di contrasti, di emozioni e azioni in un paesaggio idilliaco come é quello di Venezia. Questa é solo una delle infinite combinazioni che il palcoscenico della vita ci mette potenzialmente a disposizione. 

Il gioco del ponte a Venezia
Dipinto di scuola veneziana - XVIII secolo

Gli abitanti di due fazioni avverse, i Castellani di San Pietro di Castello e i Nicolotti di San Nicolò dei Mendicoli, si scontravano a "pugni" sulla parte superiore del ponte. Dal mese di settembre a Natale, i Castellani e i Nicolotti si sfidavano a colpi di pugni sui ponti della città, allora quasi tutti sprovvisti di ringhiere ai lati, prima i campioni in duelli, poi in rissa

A Venezia questa rivalità tra le fazioni non era però cruenta ma si risolveva in una lotta generale che coinvolgeva alcune centinaia di persone ed aveva come scopo quello di gettare gli avversari nel canale sottostante: vinceva la squadra che manteneva i propri uomini sul ponte.

Il giorno dello scontro, i contendenti (anche trecento per parte) si schieravano alle estremità del ponte: lo schierarsi era accompagnato da musica e dal sopraggiungere delle folle di curiosi, che si affacciavano dalle finestre o assistevano da barche. Il genere di armamenti col quale presentarsi era regolamentato: potevano essere portati corazze, elmi, scudi, canne, bastoni, ma talvolta si sceglieva di combattere a mani nude, senza armi né protezioni.

Lo scontro vero e proprio era preceduto da una sfida individuale (detta anche Mostra), che vedeva coinvolti i campioni delle due squadre, ciascuno dei quali poneva i propri piedi sopra due delle impronte presenti sulla superficie della pavimentazione. Ben presto, subentravano nello scontro anche gli altri contendenti. Il fronte che fosse riuscito a sconfiggere quello avversario avrebbe potuto porre le proprie insegne sul ponte: logicamente, esso non era perpetuo e ciò permetteva che, al rivendicare la proprietà dell'altro schieramento, avvenisse un nuovo scontro. Spesso anche il pubblico si lasciava coinvolgere negli scontri. Dato che gli scontri sovente potevano durare anche varie ore, al calar delle tenebre interveniva la gendarmeria per farli cessare.

Oggi il Ponte dei Pugni è uno dei tanti della città, la cosa più particolare sono le impronte dei piedi, in pietra d’Istria, utilizzate, durante il gioco, come punto d’appoggio.

Commenti

Post popolari in questo blog

Su e giù per la Calanca

Una delle mie abitudini, complice il clima da bisboccia, quando nei capannoni tolgono la musica sull’albeggiare é quella di intonare canti popolari. Piuttosto limitato il mio repertorio, di molte canzoni infatti purtroppo conosco solo il ritornello. Tra queste possiamo tranquillamente annoverare quella della val Calanca " ...dicono che la Calanca piccola valle sia, invece sei la più bella piccola valle mia... " Ma sarà poi vero?   Sfatiamo subito; chi se la immagina stretta, con gole profonde scavate dal fiume si sbaglia, o almeno da Arvigo in su il fondovalle regala ampi spazi L'obiettivo della giornata é recarsi in postale a Rossa. Da qui inerpicarsi alla ricerca di reperti sacrali (alcune cappelle segnalate in zona). Poi scendere lungo la strada carrabile di nuovo a Rossa e da qui seguire il sentiero sul fondovalle cercando di giungere almeno fino ad Arvigo L'antico insediamento della Scata Poco fuori Rossa inizia la salita e subito incontro il primo elemento di in...

Samuel Butler e il passo del Sassello

Cosa accomuna il sottoscritto e Samuel Butler? Fino a ieri pensavo nulla oltre al bianco degli occhi. E invece, per mia grandissima sorpresa un elemento che pensavo solo ed esclusivamente mio. Ultimo tratto verso il passo dal versante leventinese. Sullo sfondo il lago di Prato (2056 m.s.m.) Percorro, o meglio cerco di percorrere, il passo del Sassello almeno una volta all'anno. Sarà perché é un passo poco frequentato. Sono sicuro che in passato non fosse così, in più tratti (come la foto sopra) compaiono delle tracce di intervento umano per facilitare la percorribilità.   Dopo le mie prime tre ascensioni non incontrai persone da entrambi i versanti; sarà perché non conosciutissimo, sarà perché da guadagnare metro per metro (non ci sono carrabili che portano vicino alla sommità) e quindi faticosissimo. Sarà perché bisogna proprio ad andare a cercarselo. In rosso il passo del Sassello Il passo del Sassello E solo dopo l'indipendenza ottenuta dal Cantone Ticino nel 1803, dopo tr...

Le Landeron

“Come i funghi”, si dice solitamente quando ne trovi uno e poco distante immancabilmente ce n’è un altro. Questa regola non é applicabile a tutto ma se ci si reca nell’angolo occidentale del lago di Bienne ci sono due città di chiaro stampo medievale (il mio vero motivo della visita) a pochi chilometri di distanza. Siamo proprio sul confine linguistico francese / tedesco nonché quello cantonale trovandosi Le Landeron cattolica in territorio neocastellano (NE) e La Neuveville  protestante bernese (BE). Quello di Le Landeron si tratta di un ritorno, dopo la visita a La Neuveville scoprii che c'era un museo che però per l'occasione era chiuso, un ritorno é quindi d'obbligo Parte meridionale dell’abitato fotografato dalla sala di giustizia del municipio di Le Landeron Le Landeron occupa una posizione unica nel suo genere nel Cantone di Neuchâtel: un sito di pianura, a 700 metri a ovest del lago di Bienne, su un terreno in leggero pendio, in una regione meravigliosa, costellata...

Da Lugano al Convento del Bigorio

La partenza é fissata alla stazione dí Lugano. So che sarà una sfacchinata, non esagerata ma pur sempre una sfacchinata. Il mese di maggio é agli sgoccioli, hanno iniziato ad esserci le giornate torride, o perlomeno afose. Di buona lena prendo il treno e verso le 09:00 sto già partendo dalla stazione di Lugano.  Per la giornata di oggi conosco alcuni posti in cui transiterò perché già visti da qualche parte, oltre a questi potrebbero esserci luoghi a me tutt'ora sconosciuti e se dovesse capitare mi lascerò piacevolmente sorprendere. San Maurizio in Rovello La prima grande sorpresa giunge alle porte di Lugano, la chiesa di San Maurizio in Rovello La piccola chiesa, addossata a una masseria di origine medievale attestata sin dal 1203, è stata a lungo proprietà degli Umiliati. Sorge sul territorio dell'antico quartiere di Rovello, ed è oggi parte di Molino Nuovo. Il complesso rurale si sviluppa intorno ad una corte centrale di forma triangola allungata, selciata secondo tecniche ...

D.A.F. De Sade - Elogio dell’omicidio

Si proprio quel De Sade. Trovo un libricino in una altrettanto minuscola biblioteca a Biasca. Incuriosito da titolo ed evidente me autore ne prendo possesso. Il racconto narra dell’incontro di Juliette con il pontefice Sisto VI. Juliette pone 4 richieste al pontefice in cambio dei suoi favori sessuali che si riveleranno poi dei più depravati. Quello a colpire é il tema centrale del libro: il papa illustra a Juliette che l’omicidio non solo deve essere tollerato ma é necessario Del divin marchese (1740-1814) la cui biografia oscilla tra il più spinto libertinaggio e lunghi anni di prigionia - in pochi ne hanno saputo parlare con tanta lucidità come George Bataille: "di Sade dovremmo poter prendere in considerazione unicamente la possibilità che offre di calarci in una sorte d'abisso d'orrore che dobbiamo esplorare, e che inoltre é dovere della filosofia esporre, chiarire e far conoscere. Considero che per chi voglia andar fin in fondo nella comprensione di ciò che significa...

Da Einsiedeln a Rapperswil

Einsiedeln é già stata tappa delle mie scorribande , più volte. Questa volta però decido di non fermarmi nella cittadina / nel monastero, ma di usarla semplicemente come punto di partenza. Ed é un bene, perché anche tralasciando questa fonte di aneddoti sto per incontrarne molti altri sul mio percorso Il monastero di Einsiedeln Pronti…partenza…deviazione! Il monastero é già stato visitato a più riprese dal sottoscritto e qualcosa ho già postato qui . Decido di fare la prima ed unica deviazione proprio all’inizio del mio percorso; decido infatti di andare ad esplorare (di nuovo) il cimitero di Einsiedeln, anche perché a posteriori mi sono accorto che durante la mia prima visita mi sono sfuggiti diversi dettagli... Il cimitero di Einsideln  In particolare durante la mia prima visita mi é completamente sfuggito il monumento ai Bourbaki , che di conseguenza é la prima cosa che vado a cercare. Einsiedeln accolse 139 uomini e 63 cavalli dell'esercito francese che si ritirò in Svizzera. S...

L’emigrazione nelle valli ambrosiane

Non ce ne sono tantissime, ma quando viene organizzata una conferenza sulla storia delle nostre vallate faccio il possibile per partecipare. A quella sulle emigrazioni dalle valle ambrosiane giungo appena in tempo e trovo la saletta delle conferenze del Museo di Leventina molto affollata. Giusto il tempo di trovare una sedie in seconda fila e la conferenza inizia.     La compagnia Correcco-Bivio assicurava viaggi in tutto il mondo e con una traversata dice in sei giorni cui celerissimi vapori postali Emigrazione e immigrazione In realtà non si trattava solo di emigrazione, la trasversalità da montagna a montagna faceva sì che ci fossero delle famiglie che partivano dai comuni in altitudine per andare a lavorare nelle città d'Italia e contemporaneamente in questi comuni arrivavano persone da fuori a fare il boscaiolo , per esempio nel mendrisiotto arrivano dalla Val d'Antrona, dalla val Brembana, oppure spostamenti trasversali da valle a valle: dalla val Verzasca si spostavan...

Donne sfiorite

Questo idilliaco quadro l’ho visto due volte in pochi mesi: alla galleria Züst di Rancate e al MASI di Lugano pochi mesi dopo. Ma poco importa. Idilliaco e utopico  Il canto dell'aurora, 1910 - 1912 Luigi Rossi (1853–1923) 1910–1912, olio su tela. MASI Lugano. Deposito Fondazione Antonio Caccia. Acquisto 1913 Sotto un ampio cielo, si apre il paesaggio della Capriasca, luogo di villeggiatura estiva del pittore, in cui sono collocate quattro contadine che intonano un canto, orientate verso i punti cardinali. Il tema dei contadini al lavoro, ampiamente trattato dall’artista, mostra un rapporto sereno fra la natura e l’uomo, mentre la resa pittorica, dalle pennellate parzialmente filamentose, rende il soggetto quotidiano atemporale e simbolico. Quello che importa sono le identiche sensazioni che mi ha trasmesso entrambi le volte. La prima cosa che ho notato sono le gerla: vuote! Finalmente e inesorabilmente vuote! Ci voleva un quadro per una visione simile, che io ricordi non esiste fo...

Una nuova partenza

Ho gestito un blog dal 2004 al 2016 Dal 2016 ho preso una pausa, nel frattempo il mio stile di vita e i miei interessi sono mutati, si potrebbe sostenre che sono passato dall'epoca "tardo bimbominkia" al "consapevole di un esistenza da sfruttare bene", o ancora, come amo dire, aver cambiato la mia stagione umana, che sia da "primavera a estate" o da "estate a autunno" non l'ho ancora capito. Nel frattempo i miei interessi si sono spostati fondamentalmente su due temi: montagna e storia. Perché Suvorov55? Suvorov55 é un nome che riesce a racchiudere entrambe le mie passioni, cosa abbastanza difficile in una parola; si tratta di un percorso proposto da una delle innumerevoli app di escursionismo che propone di ripercorrere il percorso fatto dal generalissimo Suvorov nelle alpi svizzere nel contesto delle guerre napoleoniche, il percorso si chiama appunto Suvorov55 ed é una dei miei innumerevoli obiettivi che mi sono proposto di raggiungere....

Ufenau

L’ho rasentata durante la passeggiata Einsiedeln - Rapperswil, e mi sono fatto ingolosire. La presenza del Huttenwyl li esiliato non ha fatto altro che aggiungerci fascino. Approfitto di una giornata tersa per andare in avanscoperta della piccola ma affascinante isola di Ufenach (o Ufnach). Giusto per approcciarmi in maniera soft prendo il primo battello da Zurigo Bürkiplatz e mi godo il docile ondeggiare verso la parte meridionale del lago Ripresa con un drone da un'altezza di 300 metri: Arnstein, il punto più alto dell'Ufenau con i suoi 17 metri, si trova a destra del molo. Foto: Emanuel Ammon/Aura Cartina del 1844 dell'isola di Ferdinand Keller Dal 1857 i battelli a vapore attorcano a Ufenau. Da quel momento si assiste a un incremento di visite sull'isola e con esso souvenirs come questa cartolina degli anni 1900 Preistoria Le tracce della presenza umana su Ufnau risalgono alla preistoria. I resti di un tempio gallo-romano del II/III secolo d.C. dimostrano che l...