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La battaglia di Airolo

Sembra incredibile, e sicuramente lo sarebbe anche per i miei concittadini se sapessero che ad Airolo é stata combattuta una battaglia! La battaglia di Airolo, e chi l'avrebbe mai detto? Nemmeno io fino a poco tempo fa. Evidentemente doveva esser stata roba di poco conto rispetto ad eventi che sono più spesso ricordati da queste parti come il tunnel ferroviario, l'incendio del 1872 e la valanga del 51 piuttosto che il passaggio delle truppe du Suvarov (si, proprio quello che da il nome al blog) che incalzavano le francesi nelle guerre napoleoniche.
L'eroe incontrastato di questa guerra fu il generale Dufour, a capo delle truppe Confederate; ridusse al minimo gli scontri, fece meno morti possibili e alla fine nel giro di pochi giorni chiuse quella che poteva diventare una guerra disastrosa per il nostro paese, specialmente se le truppe austriache che premevano a sud vi avrebbero preso parte.

Il Ticino nella guerra del Sonderbunbd

Una delle guerre che agitò brevemente la Svizzera, fu la guerra interna del Sonderbund. Dalle mie prime breve letture, più che altro trafiletti, avevo letto che il Ticino non vi partecipò. Solo più tardi scoprii che invece il Ticino prese parte alla guerra e ebbe contatto almeno due volte con le truppe nemiche. L'entità degli scontri mi fa anche capire poi per quale motivo la sua presenza non fosse nemmeno degna di nota, ma a conti fatti servì comunque alla vittoria finale, infatti grazie alla presenza di truppe ticinesi la lega del Sonderbund dovette impiegare delle truppe togliendole da altri posti in cui potrebbero essere stati utili. Sembra un po' di paragonarli a quei reparti che venivano sacrificati a mo di esca per poi garantire la vittoria finale 

Certo i numeri ridimensionano assai la portata ma di battaglia si trattò: i morti non arrivavano alla decina e più che battaglia fu un attacco a sorpresa che mise letteralmente in fuga le truppe ticinesi colpevolmente e incomprensibilmente prese di sorpresa. Ad una prima lettura gli unici che possono ambire ad avere l'onore salvo furono alcuni airolesi (e te pareva) che opposero un minimo di resistenza all'imbocco del val Tremola e resistettero fin quando possibile perché emotivamente coinvolti dal fatto che si trattasse del proprio villaggio.

Altro fattore emblematico fu che il Ticino era un cantone cattolico, esattamente come le i combattenti del Sonderbund ma decise di schierarsi con la Confederazione


Battaglia di Airolo del 17.11.1847  (di Jakob Ziegler)
il sergente Pietro Guscetti soccorre il capitano Augusto Fogliardi 

Le fonti 

Per ricostruire i fatti mi baso su cinque fonti, alcune con una visione oggettiva, altre vissute da ticinesi catastrofisti oppure riabilitative.
Eccole in sintesi:

Versione neutra - Documenti di archivio

Dalle cronache della battaglia

Versione catastrofica - Giuseppe Trosi

Estratto dalle pagine del diario del Trosi Giuseppe nato nell’anno 1801 “adi” 24 giugno, evidentemente ancora a fresco dopo gli avvenimenti. Il punto di vista é quella di un abitante della valle che si vede completamente il villaggio lasciato in balia dei nemici, ad esso va sicuramente aggiunto il contesto di lotta politica in cui vedeva parte dei ticinesi simpatizzanti per la lega del Sonderbund

Versione revisionista - Avvocato Giulio Bossi

Versione dell avvocato che ad anni di distanza riesce a vedere con un occhio più distaccato la totalità degli eventi senza concentrarsi sulla battaglia in se.

Che l'opinione (generalmente accettata) dei nostri concittadini l'ino alla mia pubblicazione sulla campagna d'Airolo l'osse assolutamente pessimista è un fatto: ricordo che allorché uscivano su Appendice del Corriere del Ticino le puntate di questo mio lavoro, mia madre, una fiera ticinese, non aveva con me che dei rimbrotti, ed inviti a ..piantarla li : diceva la buona donna: "..Bei ropp, d'a tira scià!"

Versione storica - Eligio Pometta

Versione dello storico del XIX secolo Eligio Pometta, storico con la tendenza a mitizzare le gesta degli avi. 

Versione cantonale

Da un articolo pubblicato dal sito del cantone

Contesto generale

Giuseppe Trosi

Lucerna, Friborgo, Zugo, Untervaldo, Svitto, Vallese, Urania, sette cantoni primitivi della Svizzera a cagione della cacciata dei Gesuiti e della soppressione del Convento di Muri nel cantone di Argovia, unironsi in una lega imparziale detta del Sonderbund.
Dopo varie contraddizioni si armarono per loro difesa e, influenzati dall’Austria in particolar modo e del suo buon diritto, si credette di poter far fronte alla Confederazione.

Archivio

La scaramuccia di Airolo del 17 novembre 1847 fu uno scontro armato tra truppe confederate e unità del Sonderbund durante la Guerra del Sonderbund del 1847. Fu l'unica vittoria militare del Sonderbund in questa guerra, ma non ebbe alcuna influenza significativa sull'ulteriore corso della guerra. L'impegno si risolse in una situazione di stallo sul fronte meridionale; la vittoria tattica del Sonderbund non poté essere sfruttata.

Guerra del Sonderbund (lega separata). In giallo i 7 cantoni separatisti

La missione

Cantone Ticino

Per ordine del generale Dufour, la VI Divisione doveva rimanere nella conca di Airolo con appostamenti in Val Bedretto e fino a Faido. Compito: difesa naturalmente del San Gottardo e, nel contempo, sbarrare il passo della Novena alla truppa vallesana, se intenzionata a. raggiungere per questa via il contingente militare urano, e possibilmente anche quello del Furka. Il col. Luvini ricevette il comando della VI Divisione il 25 ottobre, quando ancora si trovava alle sedute della Dieta (Berna). Non potè raggiungere il Ticino se non il 4 novembre, quando già uno scontro era avvenuto dalle parti del San Gottardo tra ticinesi e soldati urani. Quattro sono i momenti più salienti dell'intervento delle nostre truppe nella guerra civile: 4 novembre, 8 novembre, 17 novembre e 18 novembre-5/6 dicembre

Luglio 1847 - Il sequestro e il pretesto

Cantone Ticino

Qualche giorno dopo la polizia di Lugano,tra il clamore confuso della folla, arrestò e sequestrò otto carri carichi di armi e munizioni che furtivamente le autorità austriache intendevano far giungere all'arsenale di Svitto. Il sequestro fu convalidato anche dalla Dieta: rimarrà però un pretesto, al momento dello scontro bellico, per giustificare l'occupazione del territorio ticinese da parte delle truppe urane.

Ottobre 1847 - La mobilizzazione

Eligio Pometta

Ed eccoci all' infelice Campagna di Airolo. Il Governo ticinese fu assai lento nei preparativi militari. Soltanto il 15 ottobre furono mobilizzati i coscritti nati dal 1824 al 1826, e più tardi le classi dal 1820 al 1823: il corpo d'operazioni fu cosi improvvisato perché buona parte dei militi non aveva mai avuto alcuna istruzione militare: mentre il contingente d'attiva non era più stato esercitato dopo il 1844, ad eccezione di un battaglione, inviato affrettatamente al campo di Thun.
Erano esattamente 3009 uomini inquadrati e suddivisi in 4 Battaglioni di Fanteria, 4 Compagnie di Carabinieri e 2 Compagnie di artiglieria.'

L'atteggiamento della Leventina disilluse i capi del Sonderbund: che, prima ancora dei regolari, accorsero ad Airolo molti volontari «Carabinieri» della Giovane Leventina, ed incominciarono sin dai primi di novembre a pattugliare verso il S. Gottardo.
Il col. Giacomo Luvini ebbe il comando della 6ª Divisione, comprendente le truppe del Ticino e dei Grigioni: ma, occupato alla Dieta in Berna, (dove in vero si adoperò con varie proposte pacificatrici), solo il 5 novembre potè trovarsi al suo Quartier generale di Bellinzona.


Giacomo Luvini Perseghini

3 novembre 1847 - La prima offensiva

Archivio

Già il 3 novembre, un giorno prima della decisione ufficiale di esecuzione della Dieta, l'applicazione dello scioglimento del Sonderbund deciso a luglio, un gruppo di 400 uomini della Landwehr urana e un distaccamento di artiglieri di Lucerna intrapresero un'avanzata dalla Valle Orsera verso il Passo del Gottardo, non difeso, per occuparlo e marciare nella valle Leventina. Il generale confederato Henri Dufour si era precedentemente rifiutato di occupare questo passo, che aveva anche un valore simbolico. 

Questa avanzata, decisa dal Consiglio di guerra, fu il primo atto di guerra mai intrapreso dal Sonderbund come alleanza difensiva e fu strategicamente molto importante per i suoi sette membri, poiché garantiva il sicuro e unico collegamento attraverso il Passo della Furka al cantone del Vallese, geograficamente isolato - e in ultima analisi anche la vicinanza spaziale all'exclave del Sonderbund, il cantone di Friburgo - e, viceversa, di separare dal territorio federale il cantone liberale del Ticino, altrettanto isolato. Inoltre, una vittoria in Ticino avrebbe aperto le vie di rifornimento dalla Lombardia, che era sotto il dominio austriaco, per le razioni e il materiale bellico necessari.

Giuseppe Trosi

In luglio fu stato arrestato a Bellinzona per ordine governativo un convoglio di polvere e granate proveniente da Milano diretto al cantone di Svitto.
Il medesimo convoglio fu stato varie volte reclamato dai suddetti sette cantoni ma il governo del Ticino, sempre ingiusto, che arbitrariamente lo aveva fermato, non l’ha più rilasciato. Dunque, con il pretesto di venire a prendere la loro polvere ed altri oggetti a loro appartenenti, il giorno 3 valicarono il San Gottardo, indi occuparono militarmente l’albergo sul San Gottardo con circa duecentocinquanta uomini e con tre pezzi di cannone.

Eligio Pometta

Già il 3 novembre 400 Urani della 2ª Riserva, con due cannoni da montagna e due obici, serviti da artiglieri di Lucerna, occupavano la Dogana e l'Ospizio sul S.Gottardo benché la guerra non fosse peranco dichiarata

Canton Ticino

Tre uomini di cavalleria e una cinquantina di fanteria appartenenti alle compagnie urane, già appostate nella Valle d'Orsera, il 3 novembre occupano il valico del San Gottardo, entrano in territorio ticinese, s'impossessano della dogana, dell'ospizio e dell'albergo.

4 novembre 1847 - I primi due morti della guerra del Sonderbund

 Archivio

Tuttavia, questa prima offensiva fu interrotta dopo i successi iniziali nei pressi di Biasca, quando un ufficiale e un soldato di Uri furono uccisi dai difensori ticinesi il 4 novembre. I due primi morti nella guerra del Sonderbund si verificarono quindi su questo fronte.

Giuseppe Trosi

Il giorno 4 verso le due ore un distaccamento dei suddetti si avanzò fino in Cima al Bosco della Pitella a esplorare il paese, indi retrocesse alla casa di rifugio in Valle Tremola. In detto posto si trovavano alcuni cacciatori nascosti ed hanno ucciso il colonello d’artiglieria di Baldesar di Lucerna ed un altro giovanotto, Arnoldo di Urania, e due cavalli. Indi si sono ritirati sul San Gottardo con la perdita, come detto, di due uomini e due cavalli. Gli altri cavalli sono restati in mano ai cacciatori e furono condotti a Faido. Sul San Gottardo intanto aspettavano i soccorsi che non tardarono a venire, che in tre giorni sono arrivati più di 1’000 uomini. Non così il governo del Ticino, che nemmeno un soldato si trovava ad Airolo.

Eligio Pometta

Gli urani il 4 spingevano una forte pattuglia verso la Val Tremola, al comando del capit. di S. M. Huonder e di due ufficiali.
Ma tre Carabinieri Airolesi, di fazione sulla strada, con tiri precisi ferivano mortalmente i tenenti Ludovico Balthassar di Lucerna, e Giulio Arnold, da Bürglen; gli altri si posero in fuga.
Era a capo di questa pattuglia un noto tiratore di Airolo, Floriano Lombardi.
Il Governo ticinese emise un Ordine del giorno laudativo

Canton Ticino

Il 4 novembre una parte delle compagnie urane scende lungo la strada della Tremola, si incontra con alcuni volontari airolesi (ad Airolo non era ancor giunto nessun soldato). L'inevitabile sparatoria si conclude con l'uccisione di due ufficiali urani e il ferimento di altro.

Archivio

Questo incidente danneggiò in modo duraturo la posizione del Sonderbund come alleanza difensiva in patria e all'estero, soprattutto per quanto riguarda un possibile intervento dei Paesi limitrofi (cattolici) a favore del Sonderbund, che all'epoca rientrava certamente nella sfera delle possibilità. Fu probabilmente per questo motivo che il generale Johann Ulrich von Salis-Soglio, contrariamente all'opinione del Consiglio di Guerra guidato da Constantin Siegwart-Müller, si espresse contro questa offensiva e le due successive. Lo stesso giorno, la Confederazione emise finalmente il suo ordine di esecuzione, che era sostanzialmente una dichiarazione di guerra al Sonderbund, non ufficialmente chiamata dichiarazione di guerra, e quindi la decisione di una guerra civile.

Eligio Pometta

Dopo la scaramuccia del 4 novembre il comando sonderbundista portò sino a 1000 uomini le sue forze sul S. Gottardo, mentre il Commissario di Leventina, Togni, faceva accorrere ad Airolo altri volontari da tutta la Valle.
"Nel medesimo giorno il magg. Giacomo Pioda eseguiva una ricognizione con la Compagnia Ramelli e con tre Compagnie del Battaglione Vegezzi.
Fino a notte durò il fuoco dalle due parti, indi ciascuna si ritirò sulle sue posizioni, lasciando i Ticinesi un posto avanzato in V. Tremola: essi ebbero alcuni feriti, tra i quali il ten. Francesco Carloni.

6 novembre 1847 - Arrivano i rinforzi

Giuseppe Trosi

Poi arrivarono alcuni pochi cacciatori pieni di paura, il 6 ne arrivarono circa cento e cinquanta con un certo capitano Ramella di Bedano che si portò in cima alle piote di Sorescia in aguato, ma la sua imperizia guastò tutto

8 novembre 1847 - 21 prigionieri

Giuseppe Trosi

Un certo Pioda, investito del grado di maggiore, il quale si era recato al ponte della Tremola con circa 200 uomini e più, stette fino verso le ore due poi dopo fece battere il tamburo e indi s’avviò giù verso Airolo, lasciando alla casa di rifugio in Valle Tremola 21 uomini di guardia.

In vista di ciò gli urani si avanzarono dalla parte di Sorescia, arrivarono al ponte della Tremola e si impossessarono degli occupanti del picchetto di guardia giaché i vili Ticinesi sono fuggiti.

Quelli che si trovavano sul San Gottardo, venendo per lo stradale con due obici ed un cannone in Val Tremola, piantarono i cannoni, indi fecero fuoco verso Airolo, che le palle di cannone arrivarono fino sotto il ponte di Chiesso, verso il Ticino. Indi gli urani si sono ritirati ancora sul San Gottardo.

La milizia governamentale ticinese in Airolo rimase inoperosa giacché gli ufficiali che la dirigevano erano incapaci di dirigere ed il comando era affidato allo zero Luini e semi niente Pioda e ad altri di simil trempra i quali, quantunque si ritrovassero in fronte di Svizzeri tedeschi, nulla pensavano.

Canton Ticino

Il col. G. B. Pioda di sua iniziativa tenta di riconquistare il valico del San Gottardo o perlomeno di disporre poi la sua Brigata per un attacco del genere. 

La mattina dell'8 novembre i carabinieri marciano infatti in direzione delle alture del Sella. Sopra il Motto Bartola, dove stava il cosi detto primo ospizio, decidono di disporsi in posizione. Operazione, per il momento, a scopo esplorativo o vero e proprio tentativo di attacco o l'una e l'altra cosa assieme? Faccenda che dovrebbe essere chiarita prima di mettere avanti giudizi sui motivi dell'esito della manovra. Fatto sta che subito, sopraggiunti gli urani, inizia la violentissima sparatoria contraddistinta in sul finire anche da colpi di cannoni condotti giù dai soldati urani. 

Il tempo è pessimo: nevischio e pungentissimo freddo, come si legge nei rapporti dei comandanti. Nel tardo pomeriggio, quando forse si presenta ai nostri carabinieri la possibilità di contrattaccare con qualche successo, echeggia il suono del «cornetto della ritirata». I carabinieri ritornano immediatamente in fretta ad Airolo e gli urani, conoscitori del luogo, dotati di buone carabine, allenati alla guerriglia in zone impervie, risalgono la china soddisfatti del risultato conseguito.

Eligio Pometta

Finalmente, I'8 novembre, tutto il contingente ticinese era riunito ad Airolo e nei dintorni e si accantonava alla meglio nelle case, nelle cascine e nelle stalle: il tempo era caliginoso e già la temperatura rigida. 

11 novembre 1847 - Arrivano gli austriaci

Archivio

L'11 novembre, il giornale cattolico annuncia che le truppe austriache si stanno dirigendo verso il confine ticinese. Nel periodo successivo, credendo che fosse così, le truppe al Gottardo furono notevolmente rinforzate per poter avanzare ulteriormente nel Canton Ticino.

Gli obiettivi del Sonderbund erano sostanzialmente gli stessi della prima grande azione offensiva del Sonderbund nel Freiamt argoviese del 12 novembre (battaglia di Geltwil): da un lato, realizzare un cambiamento politico in questo cantone, anch'esso cattolico, soprattutto dopo che il 14 novembre era stato attaccato il cantone di Friburgo, che si trovava in posizione isolata sul teatro di guerra occidentale. Da un lato, per impedire la prevista azione contro la piazzaforte sonderbündese di Lucerna, o almeno per comprometterla o rallentarla, dato che la strategia era finalizzata a guadagnare tempo (in favore di un intervento dall’estero); militarmente, invece, soprattutto per evitare che la 6ª Divisione confederata del colonnello Giacomo Salis. Soglio., di stanza in Ticino, venisse sconfitta. In termini militari, tuttavia, si trattava principalmente di separare la 6ª Divisione svizzera del colonnello Giacomo Luvini, di stanza in Ticino, dalle unità di Eduard von Salis-Soglio, di stanza nel Cantone dei Grigioni, che tra l'altro era il fratello del comandante in capo dello schieramento nemico.

Giacomo Luvini-Perseghini. Il pittore raffigura Luvini-Perseghini come colonnello svizzero in uniforme. Sulla cornice dorata si legge: Il Corpo degli ufficiali ticinesi 1863 - per il generale Dufour. Il ritratto ufficiale fu dipinto dopo la morte del colonnello ticinese e dedicato al generale ginevrino. Negli angoli superiori sono visibili gli stemmi dei cantoni Ticino e Ginevra.

15 novembre 1847 - Il von Schwarzenberg

Eligio Pometta

Il giorno 15 il Battaglione urano Jauch e tre Compagnie del Vallese, con altra artiglieria di Lucerna e carabinieri furono avviati verso il S. Gottardo.
Si voleva ancora una volta tentare, a mezzo di una incursione, la sollevazione nel Ticino, ed aprire la strada alle truppe austriache, che i Sonderbundisti aspettavano sempre.
 
L'Austria si limitò a far avanzare alcune truppe sino a Como, a Varese ed a Chiavenna: però al campo sonderbundista inviò un alto ufficiale, ai consigli del quale è lecito attribuire principalmente la sconfitta dei Ticinesi ad Airolo: il col. di S. M. principe Federico von Schwarzenberg, figlio del generale vincitore di Napoleone a Lipsia.

Il col. Luvini aveva dunque di fronte degli avversari ben temibili, chè anche i comandanti urani e vallesani e parte delle loro truppe erano dei veterani reduci dal servizio estero!
Egli aveva l'ordine «di astenersi da qualsiasi mossa offensiva verso il S. Gottardo, se non assolutamente necessaria, ma di tener fortemente Airolo, ai piedi della montagna, minacciando l'alto Vallese, per impedire ogni aiuto ad Uri per il passo del Furka».

Interpretando forse troppo alla lettera quelle istruzioni, il Luvini concentrò la maggior parte delle sue forze nella conca d'Airolo, situazione infelicissima ed indifendibile: i suoi subordinati aggravarono l'errore con un difettoso servizio di guardia.

Ed il colonnello Pioda che con un biglietto confidenziale l'aveva avvertito sulla necessità d'occupare il S. Gottardo, prima del nemico, aveva ricevuto dal col. Luvini una secca risposta nel senso «che stesse agli ordini ricevuti». 

16 novembre 1847 - i sonderbundisti preparano l'attacco

Eligio Pometta

Dalla relazione inviata dal col. F. v. Schwarzenberg al Governatore di Milano conte v. Ficquelmont, rileviamo che il piano d'attacco fu da lui concertato con i col. Emanuele e Vincenzo Müller la sera del 16 novembre ad Hospental, dove egli era giunto da Milano passando per il Vallese; sul suo cammino era stato da tutti salutato come l'annunciatore dell'aspettatissimo intervento armato dell'Ausria!
Fu detto e sostenuto per lungo tempo che gli attaccanti non erano che poche centinaia di Urani, con alcuni ausiliari dei Cantoni vicini; risultò poi invece che il loro numero era forte e che ebbero il favore del tempo e della sorpresa.
Dalla Relazione ufficiale del colonnello von Schwarzenberg, esumata da E. Pometta dagli Archivi di Vienna, togliamo i punti più importanti su quel fatto cosi discusso.
Erano disponibili da 1800 a 2000 uomini: fu deciso di mandare una colonna a destra, verso il Ticino, al comando del magg. Jauch e Luigi Müller; l'ala sinistra comandata dal col. V. Müller e dal capit. Huonder, passò l'Alpe di Sella marciando verso Valle e Madrano per l'insidioso passo di Scinfuss. La colonna centrale, condotta dal ten. col. Em. Muller, discese direttamente verso Airolo, con il compito di occupare il ponte sul Ticino, e tagliare la ritirata al nemico. 

17 novembre 1847 - il giorno dello scontro

Archivio

La terza e anche ultima offensiva del Sonderbund in questa guerra relativamente incruenta fu lanciata il 17 novembre, due settimane dopo la prima in Ticino. L'avanzata delle truppe urane, partita al mattino da Hospental, era divisa in tre colonne:
  • Il centro sotto il tenente colonnello Karl Emanuel Müller doveva marciare direttamente verso Airolo.
  • L'ala destra sotto il maggiore Jauch e Alois Müller era diretta verso la valle della Ronca.
  • L'ala sinistra, comandata dal tenente colonnello Vinzenz Müller e dal capitano Huonder, doveva marciare sul Sella verso Madrano.
Inoltre, i vallesani dovevano occupare la Val Bedretto per assicurarsi la ritirata.

Avvocato Giulio Bossi

In primo luogo: il servizio di guardia negli avamposti ticinesi è stato nella mattina del 17 novembre 1847 senz'altro manchevole; la nebbia e la neve di quella già invernale giornata aggravarono quel difetto essenziale.

E nella relazione fatta dal colonnello di S. M. austriaco von Schwarzenberg che fu in realtà il condottiero degli Urani, relazione evocata e tradotta da Eligio Pometta per il Bollettino Storico quell'alto Ufficiale si meraviglia che il corpo del Sonderbund abbia potuto arrivare sino a poca distanza da Airolo senza che i ticinesi se ne siano accorti.

Altre relazioni svizzere successive, ed il racconto di alcuni superstiti intervistali hanno confermato il grave errore. Sta il fatto che la conca d'Airolo era una posizione non difendibile e che la ritirata ed eseguita nella massima celerità, si imponeva; essa fu fatta si può dire ora di istinto dalla massa della truppa, e fu anzi provvidenziale.

Giuseppe Trosi

E così stettero fino al giorno 17. Detto giorno, avendo fioccato circa due once di neve ed essendo il tempo alquanto nebbioso ed oscuro, pose fine all’ignoranza governamentale ticinese visto che la milizia ticinese, invece di prestare maggior attenzione, si diede al riposo nelle caserme mentre gli urani ed i loro colleghi, invece di darsi al riposo, approfittarono sia del tempo nebbioso che della noncuranza ed ignoranza degli ufficiali ticinesi.

Gli urani e compagni divisero i loro soldati in tre corpi. Uno di essi occupò le alture di Scinfüs e di Pontino ed alcuni di questo corpo sono discesi verso Stanga. Il corpo maggiore s’en viene difilato pel stradale che dal Gottardo mena ad Airolo. Un drappellò di circa 600 persone è disceso pel bosco di Albinasca e di Chingello.

Eligio Pometta

L'attacco fu iniziato la mattina del 17 novembre, dopo fatta la tradizionale preghiera. La fitta nebbia ed una bufera di neve nascosero quei movimenti ai Ticinesi per quasi tre quarti del cammino, senza che essi avessero ad accorgersi dell'attacco.
Una tale trascuratezza in vicinanza d'un temuto nemico è veramente incomprensibile.

Lo scontro

Archivio

Ci furono piccole scaramucce tra le alture del Gottardo e Airolo, ma la vera scaramuccia avvenne tra le truppe urane e quelle ticinesi nel fondovalle verso le ore 13.00. 
Un'avanguardia delle truppe del Sonderbund avanzò nella nebbia e nella neve e, rafforzata dal fallimento del servizio di guardia nemico, sorprese a pranzo una brigata ticinese male addestrata e male organizzata, per un totale di 3.000 uomini che erano accampati ad Airolo. Questa brigata si trovò presto in gravi difficoltà a causa dell'attacco improvviso e rapido da tutti i lati, non avendo avuto il tempo sufficiente per formarsi in ordine di battaglia; dovette quindi difendersi in modo improvvisato. Nel combattimento che ne seguì, i ticinesi riuscirono a resistere per un po' al fuoco dei fucili, ma furono in parte dispersi dal fuoco dell'artiglieria nemica che ora iniziava e furono anche gettati nella confusione. Quando le truppe urane al comando del capitano Gysler lanciarono una carica alla baionetta con un forte ruggito d'attacco, le truppe ticinesi si voltarono per fuggire e si ritirarono a valle oltre Faido. L'artiglieria ticinese, che poteva sparare solo tre colpi, si salvò per poco. Gli ufficiali tentarono senza successo di radunare le truppe in fuga nella gola di Stalvedro, sotto il villaggio. Alcuni cecchini ticinesi hanno comunque combattuto nella notte, ritirandosi anche dopo la morte di un ufficiale di nome Anton Giovanni.

Avvocato Giulio Bossi

Numerosi nuclei di regolari ticinesi e di Carabinieri della Giovane Leventina rimasero sul posto, a tener lesta per parecchie ore al soverchiatile nemico. Che due pezzi di artiglieria furono postati dal capitano Malli di Chiasso e dal lenente Veladini di Lugano, e tirarono una ventina di colpi sugli assalitori; che tulli i cannoni e l'intero convoglio, almeno una trentina di carri, furono posti in salvo neppure un veicolo fu abbandonato.
..Mi trovai l'ultimo ad Airolo. aspettando Veladini, che era indietro ..colla pezza... egli si ritirò di galoppo attraverso le palle del nemico che gli ..uccisero un artigliere... Se i nemici vengono faccia Iddio con le nostre milizie non ripetano per la terza volta la fuga, e l'estrema nostra vergogna (Luvini)


È stata come detto più sopra provala la tenace resistenza dei nuclei isolati sia di militi regolari, che di Carabinieri ticinesi, e ciò fino al cader della notte, nell'abitato e negli immediati dintorni, ciò risulta dalle pubblicazioni retroaccennate che costituiscono degli elementi positivi di parziale riabilitazione del soldato ticinese.

Giuseppe Trosi

L’avanguardia ticinese che si trovava a Cima al Bosco comandata dall’ignoranza del Bernasconi, grand’uomo per fuggire, appena ebbe veduto gli urani circa a un’ora di lontananza si mise a fuggire precipitosamente giù pel Bosco, giù fino al Ticino e, invece di passare il ponte, guazzavano nell’acqua per non perdere tempo a fuggire e così si avviarono verso Nante

Eligio Pometta

«Il nemico (prosegue quell' esattissima relazione), portò due cannoni sulla strada davanti al paese, e tirò da dodici a venti colpi senza fare danno alcuno, ed ai quali risposero i cannoni nostri: in pochi istanti esso era in piena fuga, riuscendo a malapena a salvare i suoi pezzi. Cinque minuti più tardi la sua ritirata sarebbe stata tagliata».

È un fatto che per i Ticinesi la sorpresa era stata completa: era circa il tocco e stavasi distribuendo il rancio, allorché, avendo un colpo di vento dispersa la nebbia, ai loro sguardi apparvero le colonne attaccanti, che discendendo in lunghe file, erano già a poca distanza da Airolo.
Il col. Luvini fece battere «la generale», ufficiali e soldati corsero alle armi, ma, ad eccezione di alcune compagnie di Carabinieri regolari e «della Giovane Leventina», in breve tempo il grosso della truppa si pose in ritirata precipitosa.

«Già la fanteria e l'artiglieria ticinesi eran fuggiti, ed ancor la più gran parte dei carabinieri, teneva testa ai nemici vincitori... per più ore e fino a notte molti di loro opposero accanita resistenza», dice la «Relazione» di un ufficiale dell'armata federale.
Neppure un carro e nessun cannone fu preso dal vincitore ed il capit. Veladini si ritirò con tutti i suoi pezzi ed i suoi uomini, attraversando a carriera Airolo già occupata dal nemico.

Canton Ticino

Appena diradate le tenebre della notte, non curanti della fitta nebbia e della neve, circa 1700 urani, untervaldesi e vallesani (riserva) partono divisi in tre colonne dal San Gottardo nell'intento di piombare su Airolo ove è accantonato il grosso della VI Divisione. La carenza di avamposti in punti nevralgici e la nebbia permettono loro di giungere, verso mezzogiorno, sin poco sopra il villaggio. 

Quando gli ufficiali ticinesi stanno lasciando tranquillamente le sale di teoria e i soldati attendono alla distribuzione del rancio, la nebbia improvvisamente scompare. Colti di sorpresa, i nostri battaglioni in tutta fretta e non tutti in buon ordine si dispongono per l'inevitabile battaglia: chi marcia contro la colonna che scende dal Sella, in direzione del maggengo Stüei, chi si apposta lungo la strada del San Gottardo e un battaglione occupa le posizioni all'imbocco della Val Canaria. Qualche nostro ufficiale coi suoi uomini dà prova di coraggio nell'opporre resistenza alle truppe avversarie. Ma, tra la generale confusione, lo scompiglio, il panico derivante dal fatto di trovarsi isolati e chiusi in una conca, si fa subito strada l'idea di battere in ritirata.

La fuga

Archivio

Poiché la posizione era sfavorevole per la forza principale dei ticinesi e in definitiva insostenibile, la ritirata, durata 14 ore, si svolse fino al mattino successivo fino al ponte sulla Moesa, passando per Arbedo e arrivando a Bellinzona.

Avvocato Giulio Bossi

Il già citato colonnello von Schwarzenberg scrive infatti: dopo pochi istanti (da che la nebbia erasi diradala e gli Urani erano ..apparsi: scendevano in lunghe file per uno a breve distanza dal paese) ..il corpo ticinese era in fuga: cinque minuti più tardi esso sarebbe stato ..totalmente fatto prigioniero". Sarebbe stalo davvero quello un magnifico successo per il contingente del Sonderbund

Giuseppe Trosi

La truppa che si trovava ad Airolo comandata dagli ufficiali si mise a fuggire abbandonando ogni cosa, perfino i bauli, e via, fuggendo da tutte le parti tanto che il viaggio che si faceva in 12 ore fu stato fatto in sette ore da Airolo a Bellinzona, e fuggirono fin quando non si furono assicurati che gli urani e compagni non li avrebbero raggiunti che dopo tre o quattro giorni. In vista di ciò gli urani entrarono in Airolo e vi rimasero tutta la notte che la milizia ticinese, come ho già detto, era in fuga e quel bel uomo di comando detto il comandante Luini se ne fuggì a cavallo ad un cannone, che non sapeva più quello che si faceva e, arrivato a Bellinzona, volle recarsi sul Monte Ceneri per aspettare gli urani e compagni. I bellinzonesi non glie l’hanno permesso e nemmeno la truppa lo volle seguire.

Stalvedro e Monte piottino

Avvocato Giulio Bossi

Ma eccoci ad un altro guaio: scongiurato il pericolo maggiore, alcuni ufficiali d'ogni rango del Battaglione Veghezzi N.8 e tra essi il tenente Domenico Brentani di Lugano, tentarono al Monte Piottino di far cessare la ritirata e di organizzare la resistenza; ciò mi fu narrato da alcuni superstiti Carlo Conti di Lugano e Giovanni Ponti, detto Giuvannin della Bavosa, frazione sopra Beltramina), ed è confermato dalla "Relazione di un ufficiale confederato" della quale Eligio Pometta ha un manoscritto. e da una Conferenza tenuta dal maggiore Giovanni Gambazzi che fu ufficiale istruttore padre del maestro di ginnastica sig. Felice Gambazzi. apparsa sul Repubblicano.

Ma è anche vero purtroppo che quel tentativo non riuscì. Alcuni ufficiali ticinesi superiori si posero colle loro cavalcature di traverso alla strada per fermare la turba, ma invano. Anche qui forse l'infamia non fu totale: mi diceva infatti il fuciliere Carlo Conti: "Mentre un buon numero di noi aveva fatto fronte verso il nemico a ciò animati da alcuni tra i nostri ufficiali, e già molti erano in posizione, ecco sopraggiungere altri ufficiali, ed ..anzi alcuni di rango superiore, i quali ordinavano: Avanti, avanti..ma ..indicando la direzione verso Bellinzona! Ed allora anche noi ce ne andammo al seguilo della massa, senza che nessun ordine, ne comando ci venisse più ..dato da nessuno..."

È probabile che quegli ufficiali intendessero dover la ritirala continuare soltanto per un altro tratto fino a qualche posizione verso Biasca perchè così era forse stato deciso in qualche affrettalo consiglio di guerra; ma il risultato fu come si è dello, del lutto negativo, e soltanto a Bellinzona cessò la ritirata generale.

Eligio Pometta

Presso Stalvedro ed al Dazio Grande molti ufficiali cercarono di riorganizzare i fuggenti, quelli a cavallo ponendosi attraverso ponti e strade con le loro cavalcature, ma invano; regnava il panico più fatale. Solo dietro il ponte della Moesa, si poterono comporre le sparse milizie, e predisporre una valida resistenza.

La ritirata della truppa ticinese non fu catastrofica, e non si ebbero gravi scene di panico né di indisciplina: dopo perso il contatto con gli inseguitori, ciascuno procedeva come in una marcia libera, senza legame organico, ma conservando armi e bagagli, verso Bellinzona.

Soli incagli erano il pesante Kepy in forma di cilindro, e 'opprimente congegno delle larghe cinghie in cuoio bianco incrociantisi sul petto che sostenevano la daga e le giberne! Ed al Ponte della Moesa, come scrisse il col. Luvini, «il soldato parve svergognato, e dichiarò di voler difendere Bellinzona».
Il col. v. Schwarzenberg, dopo giunta la notizia della sconfitta dell'esercito sonderbundista a Gislikon, riparò come un fuggiasco ad Hospenthal, «sempre con il terrore di cader nelle mani dei Ticinesi che, avendolo riconosciuto già ad Airolo come ufficiale austriaco, avevano giurato d'impiccarlo se fosse venuto in loro poteге».

Canton Ticino

Dapprima se ne vanno i battaglioni di fanteria, mentre l'artiglieria cerca di coprirne la ritirata. Poi, giù tutti verso Bellinzona. A nulla valgono i tentativi di alcuni ufficiali nell'intento di fermare la truppa alla gola dello Stalvedro o nelle vicinanze. E, dietro i nostri, drappelli di soldati dell'altro fronte scendono sin a occupare Biasca e a portarsi più oltre ancora. Pagina, questa, mortificante della nostra storia militare

18 novembre 1847 - il giorno dopo

Archivio

Gli uraniani inizialmente non proseguirono oltre - cosa per la quale furono in seguito in parte criticati - e passarono la notte nella zona di Airolo; il mattino seguente spinsero le loro truppe in avanti verso Faido insieme all'artiglieria. I ticinesi, d'altra parte, avevano piazzato un avamposto di tre compagnie di tiratori scelti vicino al villaggio, mentre la forza principale assicurava la testa di ponte sulla Moesa. Il 18 novembre il Canton Ticino fu posto in stato di guerra, ma non vi furono ulteriori scontri. Le truppe urane avanzarono indisturbate fino a Biasca, dove attesero le promesse truppe vallesane che sarebbero state necessarie per il previsto attacco a Bellinzona.

Giuseppe Trosi

Gli urani e compagni il giorno 18 si avanzarono fino a Faido lasciando un presidio in Airolo il quale si appropriò la facoltà di prendere le armi da fuoco e spedirle oltre il San Gottardo assieme ad altri effetti di buffetteria e ad oltre 9’000 pagnotte che erano in Airolo. Il bottino acquisito ascendeva a franchi 200’000 e questo fu ingrazia alle buone milizie ticinesi e governamentali.

Dal 18 via -Congiura politica?

Giuseppe Trosi

Il giorno 19 gli urani e compagni occuparono Pollegio ed il ponte di Biasca e qui restarono fin verso il giorno 21, indi la Confederazione chiamò gli urani e compagni al dovere.

Quando gli urani e compagni occuparono il San Gottardo, la Confederazione ancor essa chiamò i contingenti federali ed in otto giorni formò un corpo di 96’000 uomini sotto il comando del generale Dufour il quale con 60’000 uomini la sera del giorno 21 occupò il cantone di Zugo, indi si avviò verso Lucerna. Ma gli urani e compagni erano a Gisikon a difendere il passaggio e ivi attaccò la battaglia ma dopo alcune ore gli urani e compagni ebbero la peggio.

Il 23 e 24 l’armata federale si avvicinò a Lucerna ed alle otto del mattino entrò in detta città. Così ebbe fine la guerra del Sonderbund.

Gli urani e compagni tornarono al Ticino. Avendo saputo come passavano le cose a Zugo, Ghislicon e Lucerna incominciarono a retrocedere e il giorno 23 le truppe di Lucerna, Untervaldo, Vallesane ed Urane valicarono il San Gottardo.

Ben inteso i vallesani partirono per la Valle Bedretto ed ivi incontrarono un corpo di 900 uomini che venivano in soccorso. Tutti rientrarono ai loro focolari. Gli Urani poi lasciarono un corpo di uomini sul Gottardo il quale veniva levato il giorno 28.

Quando gli Urani e compagni furono retrocessi ai loro focolari, ecco i bravi Ticinesi che il 29 arrivano a Faido ed il 30 ad Airolo. Che coraggio, quando gli urani e compagni sono partiti per abitare nei loro focolari!

Tutto il danno recato qui ad Airolo è stato a causa della milizia ticinese o dei Sciabatini governamentali così pieni di coraggio, di quel ingiusto governo del Ticino unitamente alla sua canaglia.

Il transito del commercio per il San Gottardo è interrotto per ora. Il tempo è bello.

Eligio Pometta

Nel Cantone si disse che parte dei militi conservatori eran fuggiti a disegno; questo può essere verosimile, ma solo da parte di individui e da pochi gruppi isolati; poiché tutti i militi nelle prime avvisaglie, senza distinzione di parte, fecero il loro dovere. Ed il col. G. B. Pioda, membro del Governo, ebbe a dichiararlo apertamente in Gran Consiglio.

La Segreteria del col. Luvini, il suo cappello, la sciabola e le lucenti spalline rimasero invece agli Urani, e ciò indica come egli abbia in quei tragici istanti pensato non a sé, ma al suo dovere.

Tra i documenti da lui perduti si rinvenne l'ordine del gen. Dufour al Luvini:

«La défense nous est commandée par la position excentrique qui nous affaiblit partout: ainsi n'agissez, comme il vient d'être dit, qu'en cas d'absolue nécéssité».

Da una lettera del col. Luvini, datata dal Molinazzo, 30 novembre 1847, ad un «Amico carissimo» (forse il Franscini) togliamo i dati principali che bene lumeggiano quei fatti:

 «Avrai ricevuto la mia da Faido, nella quale ti narravo la nostra disfatta... Si era risolto di ritirarsi nei Grigioni per riunirsi a quei battaglioni.
Più tardi, cioè nella notte del 18, gli ufficiali risolvevano di non abbandonare il Cantone, ma di andare al Ceneri, contando sulla leva in massa del Distretto di Lugano... A me sembrava potessimo difenderci almeno a Bellinzona... alla mattina il soldato parve svergognato, e dichiarò di voler difendere Bellinzona... Allora decisi di prender posizione alla Moesa, dove ora mi trovo.
Tutti gli ufficiali hanno perduto l'equipaggio, molti i cavalli, perché l'attacco essendo riescito improvviso, nessuno pensò agli effetti, ma tutti corsero a combattere... A veder quella gente a fuggire, ad attraversare il Ticino a corsa, era una cosa desolante!
Abbiamo fatto fare una linea di trincee, strada per cannoni, abbattuto alberi, reso impraticabile il ponte.
Mi trovai l'ultimo ad Airolo, aspettando Veladini, che era indietro con la pezza... Egli si ritirò al galoppo... Se (Urani, Unterwaldesi e Vallesani)... vengono, Caccia Dio che le nostre milizie non ripetano per la terza volta la fuga e l'eterna nostra vergogna».


Il dispaccio urgente e confidenzialissimo spedito dal col. Eman. Muller, da Airolo, il 23 novembre 1847, al Governatore di Milano, è di una gravità eccezionale; esso diceva: 

«Ricevo in questo momento dal Consiglio di Guerra dei sette Cantoni l'incarico di chiedere alla V. Ecc. l'invio di un aiuto militare, nonché di denaro e di viveri.
Devo presentare alla V. E. la più urgente preghiera di occupare al più presto possibile Bellinzona
. Io le invio questo scritto a mezzo del capit. De Sepibus, e devo pregarla nel modo più urgente di accogliere la nostra richiesta senza perdere nemmeno un istante...».

Al governo di Vienna Siegwart-Muller dichiarava: «Noi siamo qui come in un'isola circondata da un mare in tempesta: nessuna diligenza postale, né alcun messo riesce più a passare: solo il Furka è ancora aperto verso l'estero».

Anche il col. Müller scriveva l'11 novembre al Principe Metternich reiterando la domanda di un pronto aiuto.

Gli Urano-Unterwaldesi osservarono una stretta disciplina e giunsero fino a Faido. Il col. Müller lanciò un proclama ai Ticinesi per esortarli ad unirsi alle sue truppe onde opporsi ai protestanti ed ai nemici della religione. Ma nessuno si mosse, ed il 22 novembre egli fu richiamato d'urgenza a Lucerna. Ma egli non giunse in tempo sul campo decisivo della lotta.
Il giorno 23 nella battaglia di Gislikon le sorti del Sonderbund erano perdute, e si iniziarono le trattative di pace. L'invio del grosso contingente di truppe scelte con artiglieria da montagna ed obici contro i Ticinesi privò l'esercito del Sonderbund di un forte coefficiente, e non fu certo una delle ultime cause della sconfitta di Gislikon.

Canton Ticino

18 novembre-5/6 dicembre: al termine del generale scompiglio, dislocata e riordinata la truppa nei pressi del ponte della Moesa, dichiarato in stato di guerra il Cantone Ticino, e ordinata la mobilitazione generale si sbarra il ponte; nei pressi si scavano trincee e si costruiscono solide opere di fortificazione. 

Guerra del Sonderbund, Svizzera, 1847: La batteria di Rust nella battaglia di Gislikon.

Fine della guerra e conseguenze

Archivio

L'alta Leventina e la Val Bedretto, occupate dalle truppe vallesane, rimasero l'unica conquista territoriale del Sonderbund in questa guerra, che pure occupò, anche se l'occupazione durò alla fine solo cinque giorni.

Il generale Henri Dufour reagì a questa azione solo con un rinforzo di una brigata, formata da due battaglioni di riserva fermi a Uznach e trasferita a Bellinzona via Coira e Misox. I rinforzi non raggiunsero il Canton Ticino, le unità più veloci raggiunsero Mesocco. Sebbene questa azione vincolasse 2.000 soldati sul fronte meridionale, non fu affatto sufficiente a dissuadere Dufour dal suo piano, già in atto, di procedere contro il sobborgo lucernese di Sonderbünd subito dopo la (quasi) resa di Friburgo senza combattere, per poter concludere la guerra il più rapidamente e senza spargimento di sangue possibile dal suo punto di vista; inoltre, però, soprattutto per prevenire il già citato temuto intervento di Paesi stranieri.

Dopo che il 22 novembre le truppe urane e vallesane ricevettero notizie sfavorevoli da Lucerna, Emanuel Müller ricevette l'ordine di ritirare le sue truppe per utilizzarle nella difesa di Lucerna. Le truppe urane si ritirarono con il loro bottino di guerra e 17 prigionieri di guerra, che furono successivamente internati a Lucerna. Per il dispiacere di Uri, anche i vallesani si ritirarono attraverso il Passo della Novena nel loro cantone d'origine

Canton Ticino

La mattina del 22 novembre finalmente arriva in aiuto il primo battaglione grigionese! Ma ormai gli eventi precipitano: da Gislikon giunge la notizia della sconfitta del «Sonderbund» e i soldati urani danno evidenti segni di far ritorno a casa, dopo aver lasciato segni di saccheggi specialmente dalle parti di Airolo. Nei di seguenti si dà inizio alla smobilitazione che si conclude nei giorni 5 e 6 dicembre

Lo stato maggiore dell'esercito federale: Kurz, Minscher, Enloff, Bontemps, Gerwer, Müller, Ziegler, Bourkhardt, Dufour, Rilliet de Constant, Luvini, Donats, Ochsenbein e Gmür.

Alcune cifre

Avvocato Giulio Bossi

I ticinesi ebbero 5 o 6 morti, una ventina di feriti, fra i quali il tenente Bianchetti di Locamo, e 16 prigionieri, e tra essi il lenente Guglielmo Franzoni di Locarno

Eligio Pometta

I Cantoni vinti dovettero rifondere 6.000.000 di franchi ai vincitori per le spese della campagna
Le perdite furono lievi: quattro morti, ventun feriti e sedici prigionieri; tra i feriti il ten. Bianchetti (che fu poi amputato d'un braccio a Lucerna), il capit. Augusto Fogliardi, che fu portato però in salvo dal serg. magg. Pietro Guscetti sotto una pioggia di proiettili. Unico ufficiale fatto prigioniero fu il tenente Guglielmo Franzoni del batt. Rusca, N. 25, locarnese, che lasciò un interessante diario sulle sue vicissitudini, ed era ancora vivente nel 1910.

Rivisitazione a freddo

Avvocato Giulio Bossi

Vennero poco dopo le benemerite indagini di Eligio Pometta, negli Archìvi di Vienna«, apparve luminosamente provato: la cosidetta scappata d'Airolo non fu un fatto cosi vergognoso come l'avevano voluto presentare sia l'astio politico sia lo spirilo aulo-demolitore dei ticinesi, Gli articoli di Eligio Pometta sul Dovere e sul bollettino storico della Svizzera Italiana compirono la revisione del primitivo crudo giudizio

Nella Storia del Canton Ticino tutti gli elementi di spiegazione, e di scriminazione sono stati presi nella debita considerazione. Ma se ora può dirsi cassata la assoluta sentenza di condanna, molte ombre rimangono ancora nel quadro sintetico di quell'episodio, e l'amor di patria non deve impedire il rispetto del vero.

'Troppo vaghi erano poi gli ordini dati al colonnello Luvini dal comandante in capo Generale E. Dufour: ..che si attenesse alla difensiva, e non agisse che in caso di assoluta necessità..'' Ma in pari tempo egli doveva impedire che dalla Novena venissero truppe vallesane o d'altri Cantoni sonderbundisli

Il primo scopo avrebbe permesso al Luvini di tenere il suo corpo in miglior posizione, ma in tal caso avrebbe dovuto abbandonare Airolo al nemico e, per poter dominare l'imbocco di Val Bedretto egli andò a cacciarsi nella conca di Airolo.

Giusto il riconoscere che i due battaglioni dei Grigioni posti agli ordini di Luvini, e che avrebbero dovuto giungere dalla Valle del Reno per Oberalp ad Airolo, non arrivarono nel tempo prescritto; solo il 2 dicembre ne arrivò uno a Roveredo di Mesolcina. Pare che il ritardo sia stato dovuto ad una ribellione da parte dei militi dei Grigioni specie della Valle di Disentis partigiani della Lega separata

Che il corpo spedito contro di essi era composto di truppe scelte, da ufficiali e militi reduci dal servizio estero, ed addestrali alla guerra assai meglio dei ticinesi: notisi che fra questi un gran numero non aveva fatto neppure la scuola reclute; eppure tra essi eravi certo Giovanni Bernasconi, di Biogno di Breganzona. padre del sjg. Floriano, il defunto noto fabbricanti di mobili al Molino Nuovo che fu tra coloro che affrontarono il nemico, restò ferito ed ebbe poi dal Governo un premio di 200 Lire cantonali.

Quel corpo di circa 2500 uomini agguerriti e ben comandati mancò all'esercito del Generale Salis-Soglio nella battaglia di Gislikon, presso Lucerna, e non è escluso che tale mancanza sia una d'elle cause della sconfina dei cattolici

Di più: la vittoria riportata dal Generale Dufour fa cessare quella infausta guerra civile e tolse all'Austria, che già si preparava ad occupare militarmente il Ticino, ogni pretesto per l'esecuzione di tale progetto; è noto con quale insistenza il feldmaresciallo Radetzky coltivasse l'idea di occupare il Ticino, che era la fucina préparatrice dell'insurrezione italiana. E non sappiamo se una volta qui insediato lo straniero, sarebbe stato facile allontanarlo: Radelzky infatti riteneva indispensabile per la sicurezza della Lombardia l'occupazione del Ticino, fino al lago di Lugano!

Canton Ticino

La presenza della nostra Divisione ha impedito agli urani di andare a rafforzare l'esercito del «Sonderbund» impiegato nella difesa di Lucerna contro l'esercito federale. La ritirata ha pure evitato una inutile e smisurata macchia di sangue tra compatrioti.

Le cause della ritirata della nostra Divisione? Alcune di natura militare (insufficienze e errori tattici) si possono in parte dedurre già dalla cronaca dei fatti. Ma occorre anche chiederci: molti uomini costretti, anche se impreparati, a far uso delle armi comprendevano chiaramente i motivi del conflitto sonderbundista in tutte le sue componenti politiche? All'insufficiente consapevolezza s'aggiungano ancora forti perplessità, per non dire riluttanze, nel dover battagliare contro compatrioti coi quali si sentivano fratelli nella fede. A casa loro e durante l'abituale conversazione sul sagrato dopo le funzioni di chiesa, certo, avevano udito discorsi e commenti ben diversi da quelli degli uomini politici che detenevano il potere. Ne è, tra l'altro, una prova il numero non irrilevante dei nostri soldati disertori, ai quali si accenna nella Raccolta di rapporti e di lettere del colonnello G. B. Pioda riguardante la campagna di Airolo dal 2 al 16 novembre 1847 conservata inedita presso l' «Archivio privato dei Pioda» (proprietà della Società ticinese per la conservazione delle bellezze naturali ed artistiche). 

Ancora il 16 novembre il comandante della Brigata si rivolgeva al Consiglio di Stato in questi termini: «In questi giorni si verificarono nella truppa di questo Cantone vari casi di diserzione, alcuni spariscono dalle compagnie in Lugano, in Bellinzona; chi nel viaggio ad Airolo; altri in Airolo mede[1]simo in questi giorni. È dell'interesse del Cantone, è dell'onore dell'armata Ticinese, che la truppa sia forte anche per numero, e non si sottilizzi con delle diserzioni suggeri[1]te da vile paura. Devesi dunque impedire la diserzione, e punire severamente e pronta[1]mente i disertori, onde l'esempio della pena sia freno ad altri. Egli è perciò che urge prender delle misure istantanee, ed il più possibilmente efficaci per arrestare tutti i disertori. Ciò si può ottenere con ordinare ai Commissari di stabilire una sorveglianza attiva tendente all'arresto dei disertori. E sarà opportuno emanare un ordine a tutte le municipalità di arrestar i soldati, che chiamati al servizio, ora si trovano alle loro case». 

Nel gennaio 1848, i rapporti sulla campagna militare, durante la quale le truppe ticinesi non ebbero che 4 morti, furono discussi in Gran Consiglio naturalmente con qualche battuta polemica che non fu l'ultima; ma il discorso scivolò però subito sull'opportunità di migliorare il nostro ordinamento militare. E negli uffici s'avviò il lavoro per regolare le spese e le pensioni ai feriti, sicché in breve tutto ebbe fine. È da segnalare il gesto patriottico del Battaglini che scongiurò l'errore di processare il deciso gruppetto di ticinesi raccolti attorno all'ing. Angelo Somazzi a parteggiare per il «Sonderbund». Un simile processo politico avrebbe ulteriormente esasperato la nostra popolazione. 

Al generale Dufour la Svizzera espresse i più vivi ringraziamenti per il modo prudente e umano con cui aveva assolto il suo delicato compito. Non volle essere di meno anche il Ticino. Il Gran Consiglio (28 giugno 1848) gli conferì la cittadinanza cantonale onoraria. «Presi in considerazione i servigi eminenti prestati da Sua Eccellenza il Signor Guglielmo Enrico Dufour di Ginevra nella sua qualità di Generale in Capo dell' Armata Federale contro l'ora disciolto Sonderbund, considerando che col suo sapere militare ha difeso la Svizzera dall'interna anarchia, colla sua condotta patriottica e umana, ravvicinando e riconciliando gli animi ha potentemente contribuito a pacificarla ... il Gran Consiglio decreta: Sua Eccellenza Guglielmo Enrico Dufour di Ginevra già Generale in Capo dell' Armata Federale è colle presenti ammesso alla Cittadinanza della Repubblica e Cantone del Ticino. Egli ed i suoi legittimi discendenti godranno in perpetuo i diritti annessi a questa qualità e ne adempiranno i doveri». 

Inoltre; a Vincenzo Vela si passò l'incarico di scolpire nel marmo il busto del Generale: scultura oggi collocata nel corridoio che adduce alla sala del Gran Consiglio, cui a quel momento era destinata.

Il Dufour del Vela

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VERSO

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