No, non va sottovalutata, mai! Sono proprio le cose sottovalutate che sulla distanza fanno la differenza. Anche gli escrementi hanno lasciato un segno nella storia, ancora oggi ricopre un ruolo importante in agricoltura, come fertilizzante, altro possibile utilizzo é quello di combustibile. Certo in millenni di storia c'é stata anche l'occasione di vederla sotto vesti quantomeno curiose.
I Proverbi fiamminghi è un dipinto a olio su tavola (117x163 cm) di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1559 e conservato nella Gemäldegalerie di Berlino. È firmato in basso a destra "BRVEGEL 1559".
Esso contiene 80 proverbi fiamminghi, uno dei quali ha come protagonista l'atto defecatorio
Proverbio fiammingo: cacare in due dallo stesso buco
Significato: esser d'accordo
Versione italiana: culo e camicia
Orgoglio vichingo
La coprolite della Lloyds Bank, conosciuta anche come Lloyds Bank turd, è un esemplare di feci umane di origine vichinga conservato presso il Jorvik Viking Centre.
Rinvenuta a York, nel Regno Unito, nel 1972 durante uno scavo archeologico, è nota per essere la più grande coprolite umana mai rinvenuta, con una lunghezza di 20 cm, rendendola anche il reperto del suo genere più costoso al mondo.
Scoperta durante uno scavo diretto dallo York Archaeological Trust, la coprolite della Lloyds Bank fu trovata in un terreno umido presso la futura sede della banca a Pavement, York. A differenza di altre coproliti trovate a York,
questa può essere attribuita a un singolo individuo.
Esaminata da Andrew Jones, paleoscatologo dello York Archaeological Trust, la coprolite suscitò grande interesse mediatico. Esibita presso l'Archaeological Resource Centre, fu accidentalmente danneggiata nel 2003, ma è stata ricostruita e ora è esposta al Jorvik Viking Centre.
Valutata 30.000 £, è la coprolite umana più costosa del mondo e assicurata per 400.000 $. Le sue grandi dimensioni e il perfetto stato di conservazione contribuiscono al suo alto valore.
Analisi
L'esame al microscopio mostra che contiene grani di polline e resti di crusca di cereali. Contiene anche le uova di verme e di verme-macella, nematodi parassiti che vivono nell'intestino crasso. È sorprendente che un abitante medio di Jorvik possa aver ospitato da 600 a 2.500 vermi della frusta! I vermi causano mal di stomaco, diarrea e infiammazione dell'intestino. Quando i vermi sono numerosi, i sintomi possono simulare quelli dell'ulcera gastrica e duodenale.
I vermi adulti possono migrare dall'intestino e penetrare in altri organi dove possono provocare danni ingenti, arrivando persino in punti come l'orecchio e il naso degli sfortunati malati.
L'aria mefitica
Di miasmi l'aria medievale era piena.
«Riconosci la lascivia del tuo ventre, o lettore, / nel sentire con le tue nari il puzzo dello sterco. / Respingi perciò nella bocca l'avidità del ventre, / sia sobria la tua vita nel momento dovuto»'.
Versi eloquenti, quelli di Alcuino di York, uno dei grandi intellettuali al servizio di Carlo Magno, che dipingevano con forte realismo un classico momento della vita quotidiana invitando, però, ad approfittarne per fare riflessioni ben più alte.
I bisogni corporali, nel Medioevo, si facevano, ove possibile, nelle latrine ereditate dal mondo antico, che seppure malandate in alcuni casi ancora sopravvivevano. Le dimore dei ricchi (e i castelli) erano dotate di speciali stanzini con comoda, che consisteva in un sedile di pietra bucato e coperto da un asse di legno sotto il quale era posto un catino. Raramente erano collegati a un sistema di smaltimento.
Il più delle volte sbucavano direttamente su un vicolo che fungeva da latrina, e lo si vede bene nella novella del Decameron (la quinta della seconda giornata) che narra le peripezie del giovane mercante Andreuccio da Perugia, che vi cade a seguito di un tranello escogitato da una prostituta per derubarlo.
I vasi colmi erano raccolti e svuotati dai servi. Anche nei ceti medio-bassi la pratica più diffusa era quella di fare i propri bisogni in casa propria utilizzando pitali, secchi o altri recipienti che, di norma,
dato che il sistema fognario si era deteriorato ed era caduto in disuso, venivano svuotati sulla strada. Si può solo immaginare quale tanfo dovesse sprigionarsi per le strade, invase da liquami di ogni sorta!
Vaso da notte: un tempo si trovava in fondo a ogni letto e veniva svuotato nel modo più diretto.
Incidente della latrina di Erfurt
Tra i mille modi di morire potrebbe esserci qualcosa di simile: uno degli episodi più bizzarri successi in tutto il medioevo, e aggiungerei, nella storia umana
Antefatti
A nome di suo padre, l'imperatore Federico, il re Enrico (VI) cerca di riconciliare l'arcivescovo Corrado di Magonza e il langravio Luigi di Turingia durante una riunione di corte tenutasi nella cattedrale di Erfurt.
Raffigurazione di Erfurt nel 1493 circa dalla Cronaca di Norimberga
L'evento
Nobili da tutto il Sacro Romano Impero furono invitati alla riunione come testimoni e molti arrivarono il 25 luglio 1184 per partecipare, assiepandosi in massa nei locali prescelti per la dieta. Proprio quando l'assemblea stava per iniziare, il pavimento di legno dove erano sistemati i nobili collassò per il troppo peso e gli invitati caddero nella latrina sottostante. In seguito al disastro morirono circa 60 persone, annegate nei liquami o soffocate dalle loro esalazioni tossiche.
I conti Federico di Abenberg, Enrico di Turingia (Schwarzburg), Gosmar d'Assia (Ziegenhain) e Federico di Kirchberg, così come (il burgravio) Burchard di Wartburg e molti altri, tra cui un certo Beringer di Mellingen (Cron. Reinhardsbrunn.), trovano la morte,
Sia Ludovico sia Corrado sopravvissero, mentre sembra che il re Enrico si salvò solo perché seduto sull'unica parte della stanza col pavimento di pietra, che quindi non crollò.
Sopravvissuto: raffigurazione di Enrico VI nel Codice Manesse
In lattina
Nel dicembre del 1961, l'autore Piero Manzoni sigillò 90 barattoli di latta, uguali a quelli utilizzati normalmente per la carne in scatola, ai quali applicò un'etichetta identificativa, tradotta in quattro lingue (italiano, francese, inglese e tedesco), con la scritta «Merda d'artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961». Sulla parte superiore del barattolo è apposto un numero progressivo da 01 a 90 insieme alla firma dell'artista.
L'opera suscitò anche un'interrogazione parlamentare da parte di Guido Bernardi, contrario ad una retrospettiva dell'autore a Roma nel 1971. Attualmente i barattoli sono conservati in diverse collezioni d'arte pubbliche in tutto il mondo; ad esempio, l'esemplare n. 01 è esposto presso il Museo San Fedele di Milano (parte della Nanda Vigo-Private Collection), il n. 04 alla Tate Modern di Londra, il barattolo n. 80 si trova al Museo del Novecento di Milano, il Centro Georges Pompidou di Parigi possiede la scatoletta n. 31 e al Museum of Modern Art di New York troviamo la n. 14.
A Milano, il 7 dicembre 2016, un collezionista privato si è aggiudicato l'esemplare n. 69 a 275.000 euro, compresi i diritti d'asta, nuovo record mondiale d'asta.
Piero Manzoni - Merda D'artista (1961)
Non è previsto che il contenuto della scatoletta sia conosciuto dal fruitore, che se ne può accertare solo aprendola, dunque distruggendola e annientandone il valore.
Come già aveva fatto nelle Linee, rotoli di carta tracciati da un segno continuo presentati all’interno di un cilindro sigillato, anche in questo caso il “reliquiario” diventa in se stesso la garanzia di ciò che contiene.
Agostino Bonalumi, amico di Piero Manzoni, ha dichiarato che, in realtà, all'interno delle famose scatole non vi è nient'altro che gesso. Più precisamente:
«Posso tranquillamente asserire che si tratta di solo gesso. Qualcuno vuole constatarlo? Faccia pure. Non sarò certo io a rompere le scatole.»(Corriere della Sera di lunedì 11 giugno 2007, pagina 30)
Nel 2008, Bernard Bazile, artista francese, ha aperto una delle scatolette, appropriandosi dunque dell'opera attraverso la sua distruzione. Dentro vi ha trovato una seconda lattina più piccola (che però non ha aperto).
Cochi Ponzoni, amico di Piero Manzoni, ha dichiarato in una intervista che la nipote di Piero Manzoni, Giuseppina Pasqualino di Marineo, in arte Pippa Bacca, gli abbia riferito che, in realtà, all'interno delle famose scatole non vi è nient'altro che marmellata d'arance
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