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La torre dei Pagani

Qualche anno fa iniziai a scrivere i 100 motivi per abitare ad Airolo. Questo perché nel mio intimo sono convinto che in questo ridente borgo immerso nelle alpi non manchi nulla. Convinzione che ho anche oggi. 
Tra le innumerevoli piccoli grandi cose presenti sul territorio non vanno dimenticati i ruderi di quello che una volta doveva essere come minimo un posto di osservazione fortificato. Certo nei 100 motivi pompai parlando di castello (in realtà, addirittura due), ma come vedremo non sono stato l'unico a definirlo così.

Vista verso la gola dello Stalvedro da sud. La torre dei pagani é l'unica struttura visibile dell'immagine. Si può notare che una volta la strada passava dal versante opposto della valle rispetto a oggi.

I due castelli

Nell'alto e medioevo, l'alta Leventina era considerata una valle limitrofa piuttosto insignificante fino a quando, intorno al 1230, il Passo del Gottardo si trasformò in una delle più importanti vie di comunicazione attraverso le Alpi. 

La valle entrò a far parte degli interessi strategici immediati del regno degli Hohenstaufen, il che si rifletteva non da ultimo nella costruzione di castelli. A quell'epoca ad Airolo furono probabilmente costruiti due siti fortificati, su entrambi i lati della stretta gola del Ticino vicino a Stalvedro.

Sulla roccia settentrionale sorgeva il Castello Madrano, vicino all'omonimo villaggio. Oggi non se ne vedono quasi più le tracce. Sulla roccia meridionale fu costruito il castello di Stalvedro. Il complesso è noto anche come "Torre Pagani" - secondo la tradizione, fu fondato in epoca longobarda.


Non esistono quasi fonti o letteratura sulla storia dei due castelli. Il castello settentrionale era di proprietà della famiglia Annexia nel XIII secolo. Non è chiaro se qui si trovasse anche il castello di Stalvedro, presumibilmente più grande. Questo complesso era protetto sul lato della montagna da un profondo fossato e copriva l'intera area della cresta rocciosa fino alla gola. Le rovine di una torre si trovano nel punto più alto della parte occidentale del parco del castello. È costruito sopra le mura di cinta, con un'estremità rotonda verso l'esterno e un angolo verso il cortile. L'andamento delle mura è ancora rintracciabile per diverse decine di metri. I resti di una seconda torre sarebbero stati visibili fino al XX secolo, ma oggi non sono più localizzabili.

Verso la fine del XIII secolo, la famiglia Annexia si ribellò al dominio di Milano e Como sulla Leventina. Non si sa se il castello di Stalvedro sia stato distrutto in quel periodo. È probabile che abbia perso la sua antica importanza al più tardi nel XV secolo, quando la valle passò sotto il dominio confederato.

Il castello di Madrano

Madrano aveva un castello che dominava la strada del Gottardo, che fu restaurato verso la fine del XIII secolo dalla famiglia Annexia

Era una casa-forte, con torre. A sud-ovest di Madrano, sul colmo della gola di Stalvedro, a sinistra del fiume, in faccia al castello di Stalvedro, nel luogo detto Mòtt Caslasc, da dove signoreggiava la strada della Valle, che allora passava di là. Serviva anche da locanda. Nel 1282 era una rovina. Ricostruito dal nobile Giacomo Anesia (Annexia), di Airolo, che nel 1303 lo abitava, e nel quale lo stesso Anesia venne imprigionato dal Podestà della Valle per motivi che non conosciamo. Questo castello e l’Anesia ebbero larga risonanza nel processo di Milano nel  1311,  fra  l’Imperatore Enrico  VII  ed  i  Canonici  del  Duomo  di  Milano 

Nel 1309 un'altra rivolta fu tentata da Giacomo Annexia, signore del castello di Madrano. 

Il castello di Stalvedro

Sulla destra del Ticino, a circa un km e mezzo a sud di Airolo, quasi di  fronte  alla  Val  Canaria,  sopra  un’alta  rupe  sovrastante  alla  gola  di Stalvedro  e  da  dove  si  può  tener d’occhio  l’alta  Leventina e  la  Val  Bedretto, sono ancora visibili le rovine di un castello che i cronisti del paese vogliono sia stato costruito da Desiderio, re dei Longobardi. Nessun documento.  È  ricordato  dai  vecchi  cronisti  (p.  Angelico,  I  Leponti, e il Rigolo 

Gola dello Stalvedro

Ecco come il Rigolo, che lo vide alla metà del Seicento, ne parla:  «Desiderio...  fecce edificare  nelli  distretti  di detto Contado alcuni  Castelli, et Torri...  tra  li  altri, uno ne fece edificare nel  territorio di  Airolo con due Torri,  ancor  di  presente  patenti  (a.  1682)  sopra uno scoglio molto eminente, con cinta di mura per circuito più di un quarto di miglio...» e  altrove  parla  di  «due Torri con cinta di  forti  mura per circuito con la  sua Rondella per uso della sentinella, il quale resta buona parte il  di d’oggi in  piedi in  vista de passaggeri»  (1682).  Questo castello  sopra una rupe, detto la Casa dei Pagani, è quello di Stalvedro.

La gola vista da nord

E  il  Rahn  (1885):  «Una  torre rovinata, ma che misura nondimeno ancora  m  8,  occupa  la  sommità  della  rupe  ad  occidente;  è  costrutta  ...senza calce, con ciottoli e scaglie; la base forma un trapezio che si chiude ad occidente  con  un  segmento scemo di  circolo.  La  facciata è  munita in  alto di due  grandi  finestre ad arco tondo, e,  cosa  assai  strana,  non è  collegata col lato nord, al  piede del quale si  apre  un  largo arco semicircolare.  

Le  escavazioni intraprese nel 1885 dall’ing.  Giuseppe  Vanzini  di  Airolo  hanno messo in  luce l’interno della  torre  sino alla  profondità di due metri sotto il suolo esterno. A piè del muro orientale escono dalla terra i fondamenti con sporgenza di m 1,25, mentre le mura, che formano il segmento occidentale, presentano, in causa di  una triplice rientranza, uno  spessore che varia dal massimo di tre  metri, alla  base, ad  un metro soltanto nel piano che contiene le  finestre. Nelle vicinanze della torr  si  scorgono, qua e là, resti di altre muraglie e due fianchi di mura, in comunicazione diretta colla stessa e  che  sembrano  indicare  che  questa  torre  formava  il  vertice sud ovest di una linea di mura triangolare»  (1885).

Contrariamente a quanto dice il  Rahn, a Stalvedro si  tratta di una  costruzione con calce  (prof.  R.  Fransioli,  29-11-1955).  L’ing.  G. Vanzini, di  Airolo, che vi praticò degli scavi nell’estate del 1885  parla di pietre non  tagliate e senza calce; ma poi dice di un luogo,  a 30 cm sotto il suolo, dove si preparava «la molta»... 

Dalla strada cantonale un sentiero conduce già a una cappella solitaria all’inizio della gola. Un  ponticello porta alla sponda destra del  fiume. Dall’alto di una rupe che sbarra la valle, guardano le  rovine del castello di Stalvedro. Il  luogo desolato e pieno di rumori  che  salgono dalla gola, ove fra vertiginose pareti  spumeggia e ribolle il  Ticino, si presta alle leggende: così il popolo ha battezzato  col nome  di  «Casa  dei  Pagani» quelle  malinconiche rovine; e uno  scrittore fantasioso immaginò attorno  a  quelle  torri una lagrimevole storia: «La torre dei gufi».

1820 circa

1820-1839 - Sulla sinistra si intravede la torre del castello di Stalvedro. In basso a sinistra una grande costruzione che potrebbe essere l'origine del nome del posto (stabulum vetus)

1895 circa

L'opera del Rigolo

L'opera del Rigolo che oggi, dopo duecento anni dacche è scritta, per la prima volta si dà alle stampe, giaceva manoscritta ed ignorata nel vasto archivio di casa Sola-Busca in Milano. Fortunato scopritore di tale importante manoscritto di storia Leventinese fu nel 1883 l' egregio signor Alessandro Spinelli, studiosissimo delle cose storiche d'Italia, 
Lo Spinelli, appena trovato il manoscritto Rigolo, s' affrettava a pubblicarne un'accurata descrizione bibliografica nel Bollettino storico della Svizzera Italiana (fascicolo del luglio 1883) 

Rigolo?

Donde e chi era il Rigolo, e come mai si trovò il manoscritto suo in Milano?.....
Il prete Giovanni Rigolo era di Anzonico, fu curato di Cavagnago e dicesi sua opera l'organo di quella Chiesa. Ma Anzonico, per essere stato distrutto si può dire completamente nel 1667 da una valanga, non ha conservato le fonti a noi necessarie per la biografia del Rigolo. Ch'egli fosse veramente d'Anzonico lo prova il documento di sua morte

La carta del Rigolo

Del nostro Rigolo null'altro di sua esistenza sapevasi, tranne che era nota nella Leventina la sua Carta geografica della valle omonima, della quale se ne vedono parecchie copie e se ne conservava fino a pochi anni fa il rame originale

Rielaborazione dell'Alta Leventina sulla carta del Rigolo (1681)
dedicata al card. Federico Visconti.

Nella gola di Stalvedro, sulla lato destro del fiume si vede chiaramente il "Castello del Re Desisderio Longobardo 774". Sulla sponda sinistra in corrispondenza di Madrano sembra però non esserci nessuna fortificazione. Va anche detto che la presenza di Brugnasco fa pensare ad una ubicazione più a meridione quando però il provilo della gola non può dare adito a dubbi.
Va anche detto che la carta pullula di castelli e torri a me completamente sconosciuti

La carta è dedicata all’Arcicescovo di Milano, in allora il Card. Federico Visconti, e rimase ignota ai nostri storici. Non la ricordarono l’Oldelli, il Franscini, nemmeno nel secolo passato il minuzioso Haller. La ricordò il Dr. Cattaneo nei Leponti , il medesimo che per il primo segnalava Desistenza del ritratto inciso del Rigolo. Fino al 1883 nessuno sapeva quali e dove fossero i lavori storici del nostro Leventinese. Soltanto la Carta geografica era conosciuta . Il ritratto porta la data del 1710, fattura d’incisore milanese, ma non ne vedemmo che un esemplare della vecchia tiratura , in possesso del signor Celso Togni di Chiggiogna .  È curioso che al ritratto si sia apposta al basso l’altisonante dicitura 

« Ioannes Righolvs Leoponticvus
rervm patriae historiochrafus (sic)»

Giovanni Rigolo, nato ad Anzonico nel 1640 e morto a Camporicco (Lombardia) il 17 settembre 1711. Curato di Cavagnago e, dal 1673 alla morte, di Camporicco. Nel 1681 pubblicò a Roma una carta della Leventina e nel 1682 scrisse lo Scandaglio historico dell'antico contado Lepontico, pubblicato per la prima volta a Bellinzona nel 1886 

Quando poi pubblicava la Carta (1681) già trovavasi fuori della Leventina, parroco a Camporicco, presso Gorgonzola, Il ritratto del Rigolo ~ pur esso un’incisione in rame, delle dimensioni come all’ unita riproduzione — porta la data 1710. Il Rigolo è rappresentato in abito ecclesiastico e come un vecchio, un po’ austero. Vecchio egli era diffatti in allora , poiché l’anno dopo (1711) nel mese di settembre moriva più che settantenne a Camporico

Il Rigolo ci è rappresentato quale uno zelante ed energico sacerdote . Scorrete il suo Scandaglio ed il nostro storiografo figurerà fiero leventinese, aperto nemico del dominio urano

Nei nostri annali è questo del Rigolo l’unico esempio di un cittadino che abbia, nei secoli passati , steso con amore di storico l’intiera narrazione delle vicende della natia valle.

Il Rigolo adunque morì ai 17 settembre 1711, un anno dopo che si incidesse il suo ritratto . Nè altro sappiamo sul suo conto.

La torre di Stabulum Vetus

L'antica torre quadrata di Stalvedro (Stabulum vetus), simile a quella di Hospenthal, le cui rovine sono ancora visibili, risale alla dominazione longobarda: la tradizione la attribuisce al re Desiderio, che l'avrebbe costruita intorno al 774, quel che rimane insomma del castello di Stalvedro. 

  • "stabulum" (stalla, ma anche osteria, locanda con stallaggio), unito all'aggettivo "vetus, veteris" = vecchio.
  • Il nome Stalvedro (Airolo) deriverebbe da "hospitale" (ostello, luogo dove si alloggiano gli ospiti, i forestieri), oppure da "stabulum" (stalla, ma anche osteria, locanda con stallaggio) + vedro = vetero
  • védro altro non è se non l’aggettivo latino vétere, vecchio, ch’era ben corrente nell’Alta Italia medievale (v. Arch. glott. it. XII 439), vive sempre nel bergamasco éder, stantio, e ricorre altrove in nomi locali; Castelvetro, ecc.. La prima parte è ‘ stallo ’ eh’ io non so se più viva in Levantina, ma che vive altrove col significato di ‘ caseggiato ’ ‘ cortile rustico ’ ‘ casa colonica ’ ‘ trabacca ’; v. il Monti s. ‘ stai ’ e aggiungi il valcanobb. stai casa. Del resto, Stalvedro deve riferirsi alla cosi detta Torre di Desiderio, che quivi sorge, e che Dio sa a quali e quanti usi può avere servito

Re Desiderio

Originario di Brescia, appartenente all'aristocrazia Alla morte di Astolfo aspirò al trono longobardo in opposizione al fratello Rachis, che aveva abbandonato il monastero di Montecassino dove si era ritirato ed era ritornato a Pavia, occupando il palazzo regio.

Rachis raccolse inizialmente vasti consensi nell'Italia settentrionale, mentre tutti gli oppositori del casato friulano di Rachis e Astolfo sostennero Desiderio, che si guadagnò anche l'appoggio di papa Stefano II e del re dei Franchi, Pipino il Breve

Il papa esercitò pressioni dirette sul "re monaco", che si mostrava esitante ed era ulteriormente indebolito dalla defezione di quanti, tra i suoi sostenitori, temevano un nuovo intervento franco. Nel marzo del 757 Rachis rientrò in monastero, spianando la strada all'incoronazione di Desiderio.

Re Desiderio

Alla morte di papa Stefano II (aprile 757), Desiderio non mantenne le promesse fatte, sfruttando un momento turbolento nella vita della Chiesa

Desiderio colse il pericolo di una nuova alleanza tra il papa e i Franchi e tentò di sventarla per via diplomatica. Adriano rimase però irremovibile nella sua richiesta di completa esecuzione degli accordi precedenti, con la cessione al papato di tutti i territori che reclamava; Desiderio passò quindi all'offensiva

Alle Chiuse presso Susa, Desiderio riuscì a frenare i Franchi, ma il fronte presidiato da Adelchi cedette sotto l'urto dell'esercito guidato dallo zio di Carlo, Bernardo. Il rapido successo franco fu facilitato anche dalle divisioni che erano sorte tra i Longobardi

Colte dal panico, le schiere longobarde si ritirarono disordinatamente in Val Padana.  Desiderio e la moglie si chiusero invece nella capitale, Pavia, mentre i contingenti provenienti dai vari ducati fecero ritorno alle proprie sedi. I Longobardi non erano stati compatti nell'opporsi all'attacco franco; già prima della battaglia diversi non avevano appoggiato Desiderio, alcuni spingendosi fino al tradimento e alla fuga nel regno franco,

Desiderio fu mandato da Carlo Magno assieme alla moglie Ansa in Francia, e imprigionati in un monastero, a Liegi o forse a Corbie dove terminò i suoi giorni in una data imprecisabile. Nello stesso giugno del 774 Carlo assunse il titolo di re dei Longobardi ponendo fine al regno indipendente.

Croce di Desiderio (fronte) nella Chiesa di Santa Maria in Solario nel Museo di Santa Giulia Brescia. Formata da 211 pietre, cammei e vetri colorati, è il più grande manufatto di oreficeria longobarda esistente e tra i più pregiati e conosciuti

Desiderio venne sconfitto e catturato nel 774, lo stesso anno in cui vennero costruiti i castelli di Stalvedro. Questo fa pensare che lo scopo di questi costruzioni fosse quello di eventualmente contrastare i franchi di Carlo Magno nelle fasi finali della guerra

Le vicende della torre dei pagani nel bollettino storico della svizzera italiana

Agosto 1885 - Entusiasmo

Il bollettino storico della svizzera italiana dell'agoto 1885 conferma la versione di Re Desiderio e con grande slancio da buone notizie 


Agosto 1885 la torre sembra in procinto di rivivere una seconda giovinezza

Febbraio 1886 - Stare in piedi o cadere

1887 - La demolizione

Ora la Torre, non è più come la vide il Rahn. Nel 1887, contrariamente al parere del Governo Ticinese, che voleva salvaguardare questo pittoresco monumento dei Longobardi, la Torre è stata in parte demolita per opera della Direzione della Ferrovia del Gottardo, pel timore di possibile danni alla Ferrovia che passa ai piedi della rupe.

Nei vocabolari fraseologici

c'è di paèi, lett. casa dei pagani, in località a sud est di Airolo sopra la gola di Stalvedro sulla sponda destra del Ticino, vi si vedono ancora i ruderi, ormai ridotti a poca cosa per incuria e vandalismo

Planimetrie e rilievi della Torre dei Pagani

L'unica cosa che emerge con certezza é la torre ad angolo. E non poteva essere altrimenti, é l'unica di cui siano rimasti delle chiare rovine. Il resto é tutto più incerto





1. Fossa del collo
2. Torre d'angolo
3. Ormeggio
4. Estesa area del castello (senza resti riconoscibili di mura)
5. Gola di Stalvedro

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