I due castelli
Nell'alto e medioevo, l'alta Leventina era considerata una valle limitrofa piuttosto insignificante fino a quando, intorno al 1230, il Passo del Gottardo si trasformò in una delle più importanti vie di comunicazione attraverso le Alpi.
La valle entrò a far parte degli interessi strategici immediati del regno degli Hohenstaufen, il che si rifletteva non da ultimo nella costruzione di castelli. A quell'epoca ad Airolo furono probabilmente costruiti due siti fortificati, su entrambi i lati della stretta gola del Ticino vicino a Stalvedro.
Sulla roccia settentrionale sorgeva il Castello Madrano, vicino all'omonimo villaggio. Oggi non se ne vedono quasi più le tracce. Sulla roccia meridionale fu costruito il castello di Stalvedro. Il complesso è noto anche come "Torre Pagani" - secondo la tradizione, fu fondato in epoca longobarda.
Non esistono quasi fonti o letteratura sulla storia dei due castelli. Il castello settentrionale era di proprietà della famiglia Annexia nel XIII secolo. Non è chiaro se qui si trovasse anche il castello di Stalvedro, presumibilmente più grande. Questo complesso era protetto sul lato della montagna da un profondo fossato e copriva l'intera area della cresta rocciosa fino alla gola. Le rovine di una torre si trovano nel punto più alto della parte occidentale del parco del castello. È costruito sopra le mura di cinta, con un'estremità rotonda verso l'esterno e un angolo verso il cortile. L'andamento delle mura è ancora rintracciabile per diverse decine di metri. I resti di una seconda torre sarebbero stati visibili fino al XX secolo, ma oggi non sono più localizzabili.
Verso la fine del XIII secolo, la famiglia Annexia si ribellò al dominio di Milano e Como sulla Leventina. Non si sa se il castello di Stalvedro sia stato distrutto in quel periodo. È probabile che abbia perso la sua antica importanza al più tardi nel XV secolo, quando la valle passò sotto il dominio confederato.
Il castello di Madrano
Il castello di Stalvedro
E il Rahn (1885): «Una torre rovinata, ma che misura nondimeno ancora m 8, occupa la sommità della rupe ad occidente; è costrutta ...senza calce, con ciottoli e scaglie; la base forma un trapezio che si chiude ad occidente con un segmento scemo di circolo. La facciata è munita in alto di due grandi finestre ad arco tondo, e, cosa assai strana, non è collegata col lato nord, al piede del quale si apre un largo arco semicircolare.
Le escavazioni intraprese nel 1885 dall’ing. Giuseppe Vanzini di Airolo hanno messo in luce l’interno della torre sino alla profondità di due metri sotto il suolo esterno. A piè del muro orientale escono dalla terra i fondamenti con sporgenza di m 1,25, mentre le mura, che formano il segmento occidentale, presentano, in causa di una triplice rientranza, uno spessore che varia dal massimo di tre metri, alla base, ad un metro soltanto nel piano che contiene le finestre. Nelle vicinanze della torr si scorgono, qua e là, resti di altre muraglie e due fianchi di mura, in comunicazione diretta colla stessa e che sembrano indicare che questa torre formava il vertice sud ovest di una linea di mura triangolare» (1885).
Contrariamente a quanto dice il Rahn, a Stalvedro si tratta di una costruzione con calce (prof. R. Fransioli, 29-11-1955). L’ing. G. Vanzini, di Airolo, che vi praticò degli scavi nell’estate del 1885 parla di pietre non tagliate e senza calce; ma poi dice di un luogo, a 30 cm sotto il suolo, dove si preparava «la molta»...
Dalla strada cantonale un sentiero conduce già a una cappella solitaria all’inizio della gola. Un ponticello porta alla sponda destra del fiume. Dall’alto di una rupe che sbarra la valle, guardano le rovine del castello di Stalvedro. Il luogo desolato e pieno di rumori che salgono dalla gola, ove fra vertiginose pareti spumeggia e ribolle il Ticino, si presta alle leggende: così il popolo ha battezzato col nome di «Casa dei Pagani» quelle malinconiche rovine; e uno scrittore fantasioso immaginò attorno a quelle torri una lagrimevole storia: «La torre dei gufi».
L'opera del Rigolo
L'opera del Rigolo che oggi, dopo duecento anni dacche è scritta, per la prima volta si dà alle stampe, giaceva manoscritta ed ignorata nel vasto archivio di casa Sola-Busca in Milano. Fortunato scopritore di tale importante manoscritto di storia Leventinese fu nel 1883 l' egregio signor Alessandro Spinelli, studiosissimo delle cose storiche d'Italia,
Lo Spinelli, appena trovato il manoscritto Rigolo, s' affrettava a pubblicarne un'accurata descrizione bibliografica nel Bollettino storico della Svizzera Italiana (fascicolo del luglio 1883)
Rigolo?
La carta del Rigolo
La carta è dedicata all’Arcicescovo di Milano, in allora il Card. Federico Visconti, e rimase ignota ai nostri storici. Non la ricordarono l’Oldelli, il Franscini, nemmeno nel secolo passato il minuzioso Haller. La ricordò il Dr. Cattaneo nei Leponti , il medesimo che per il primo segnalava Desistenza del ritratto inciso del Rigolo. Fino al 1883 nessuno sapeva quali e dove fossero i lavori storici del nostro Leventinese. Soltanto la Carta geografica era conosciuta . Il ritratto porta la data del 1710, fattura d’incisore milanese, ma non ne vedemmo che un esemplare della vecchia tiratura , in possesso del signor Celso Togni di Chiggiogna . È curioso che al ritratto si sia apposta al basso l’altisonante dicitura
Quando poi pubblicava la Carta (1681) già trovavasi fuori della Leventina, parroco a Camporicco, presso Gorgonzola, Il ritratto del Rigolo ~ pur esso un’incisione in rame, delle dimensioni come all’ unita riproduzione — porta la data 1710. Il Rigolo è rappresentato in abito ecclesiastico e come un vecchio, un po’ austero. Vecchio egli era diffatti in allora , poiché l’anno dopo (1711) nel mese di settembre moriva più che settantenne a Camporico
Il Rigolo ci è rappresentato quale uno zelante ed energico sacerdote . Scorrete il suo Scandaglio ed il nostro storiografo figurerà fiero leventinese, aperto nemico del dominio urano
Nei nostri annali è questo del Rigolo l’unico esempio di un cittadino che abbia, nei secoli passati , steso con amore di storico l’intiera narrazione delle vicende della natia valle.
La torre di Stabulum Vetus
- "stabulum" (stalla, ma anche osteria, locanda con stallaggio), unito all'aggettivo "vetus, veteris" = vecchio.
- Il nome Stalvedro (Airolo) deriverebbe da "hospitale" (ostello, luogo dove si alloggiano gli ospiti, i forestieri), oppure da "stabulum" (stalla, ma anche osteria, locanda con stallaggio) + vedro = vetero
- védro altro non è se non l’aggettivo latino vétere, vecchio, ch’era ben corrente nell’Alta Italia medievale (v. Arch. glott. it. XII 439), vive sempre nel bergamasco éder, stantio, e ricorre altrove in nomi locali; Castelvetro, ecc.. La prima parte è ‘ stallo ’ eh’ io non so se più viva in Levantina, ma che vive altrove col significato di ‘ caseggiato ’ ‘ cortile rustico ’ ‘ casa colonica ’ ‘ trabacca ’; v. il Monti s. ‘ stai ’ e aggiungi il valcanobb. stai casa. Del resto, Stalvedro deve riferirsi alla cosi detta Torre di Desiderio, che quivi sorge, e che Dio sa a quali e quanti usi può avere servito
Re Desiderio
Originario di Brescia, appartenente all'aristocrazia Alla morte di Astolfo aspirò al trono longobardo in opposizione al fratello Rachis, che aveva abbandonato il monastero di Montecassino dove si era ritirato ed era ritornato a Pavia, occupando il palazzo regio.
Rachis raccolse inizialmente vasti consensi nell'Italia settentrionale, mentre tutti gli oppositori del casato friulano di Rachis e Astolfo sostennero Desiderio, che si guadagnò anche l'appoggio di papa Stefano II e del re dei Franchi, Pipino il Breve
Il papa esercitò pressioni dirette sul "re monaco", che si mostrava esitante ed era ulteriormente indebolito dalla defezione di quanti, tra i suoi sostenitori, temevano un nuovo intervento franco. Nel marzo del 757 Rachis rientrò in monastero, spianando la strada all'incoronazione di Desiderio.Alle Chiuse presso Susa, Desiderio riuscì a frenare i Franchi, ma il fronte presidiato da Adelchi cedette sotto l'urto dell'esercito guidato dallo zio di Carlo, Bernardo. Il rapido successo franco fu facilitato anche dalle divisioni che erano sorte tra i Longobardi
Colte dal panico, le schiere longobarde si ritirarono disordinatamente in Val Padana. Desiderio e la moglie si chiusero invece nella capitale, Pavia, mentre i contingenti provenienti dai vari ducati fecero ritorno alle proprie sedi. I Longobardi non erano stati compatti nell'opporsi all'attacco franco; già prima della battaglia diversi non avevano appoggiato Desiderio, alcuni spingendosi fino al tradimento e alla fuga nel regno franco,
Desiderio fu mandato da Carlo Magno assieme alla moglie Ansa in Francia, e imprigionati in un monastero, a Liegi o forse a Corbie dove terminò i suoi giorni in una data imprecisabile. Nello stesso giugno del 774 Carlo assunse il titolo di re dei Longobardi ponendo fine al regno indipendente.Le vicende della torre dei pagani nel bollettino storico della svizzera italiana
Agosto 1885 - Entusiasmo
Febbraio 1886 - Stare in piedi o cadere
1887 - La demolizione
Nei vocabolari fraseologici
c'è di paèi, lett. casa dei pagani, in località a sud est di Airolo sopra la gola di Stalvedro sulla sponda destra del Ticino, vi si vedono ancora i ruderi, ormai ridotti a poca cosa per incuria e vandalismo
Planimetrie e rilievi della Torre dei Pagani
L'unica cosa che emerge con certezza é la torre ad angolo. E non poteva essere altrimenti, é l'unica di cui siano rimasti delle chiare rovine. Il resto é tutto più incerto
1. Fossa del collo
2. Torre d'angolo
3. Ormeggio
4. Estesa area del castello (senza resti riconoscibili di mura)
5. Gola di Stalvedro
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