Nel Medioevo i rapporti tra le razze erano avvelenati. Le persone erano ben consapevoli delle appartenenze etniche altrui.
Almeno nelle grandi città di porto, era facile venire in contatto con un'ampia varietà di viaggiatori diversi, provenienti dall'altra riva del Mediterraneo e da terre ancor piú lontane.Le vie di pellegrinaggio verso la Terrasanta che partivano da oriente e da occidente, come anche il fiorente commercio di articoli esotici e quotidiani, implicavano frequenti scambi intercontinentali. La rapida espansione dell'Islam che si irradiava dal Golfo Arabico incontrò una resistenza altrettanto decisa da parte delle potenze occidentali. Quello che seguí fu uno dei piú prolungati periodi di conflitto interculturale prima dell'epoca moderna, una sanguinosa e feroce serie di guerre di religione. Dalla fine dell'XI secolo, come in una coreografia, campagne e controcampagne di jihad e di crociate vedevano popolazioni schierate in guerra tra loro, religione contro religione, razza contro razza.
Il diverso colore della pelle divenne rapidamente un fondamentale elemento di identificazione, denigrazione e demonizzazione del nemico.
Nella medicina mediorientale circolarono per un certo periodo teorie secondo le quali i corpi degli occidentali nordeuropei soffrivano di alcune intrinseche deficienze umorali di base. Il geograto Abu al-Hasan al Masudi (896-956 circa) sosteneva che:
"Per quanto riguarda i popoli del quadrante settentrionale, tra loro la potenza del sole è scarsa a causa della distanza che li separa da esso... tra quei popoli vi è carenza di umore caldo. 1 loro corpi sono possenti, le loro nature grossolane, i loro costumi rudi, la loro intelligenza pigra, le loro lingue pesanti. Il loro colore è talmente bianco che dal bianco trascolora nell'azzurro. La pelle è sottile e la carne è spessa."
I successivi propagandisti musulmani ebbero buon gioco nel far valere questo antico parere medico nei conflitti del XII e XIII secolo: presentavano le differenze fisiche del nemico come imperfezioni di natura mentale. La strana bianchezza della pelle e l'inquietante azzurro degli occhi venivano trasformate in imperizia bellica e codardia congenita. Da parte loro i propagandisti cristiani parevano ancora piú abili a usare il colore della pelle e la costituzione fisica come pretesti per sottolineare la diversità. Le illustrazioni delle opere occidentali sulle crociate e la loro storia coglievano qualsiasi opportunità per raffigurare i nemici di origine musulmana e africana. La foggia straniera dei loro abiti veniva accentuata e la loro pelle veniva scurita per enfatizzare quella che veniva considerata un'irriducibile differenza psicologica di base.
Gli artisti europei, tra le altre cose, riecheggiavano l'inveterata convinzione cristiana che voleva il colore nero o scuro associato ad atti peccaminosi. Se Cristo, secondo il Vangelo di Matteo, era lux mundi, la luce del mondo, allora coloro che si opponevano a lui - Satana, gli spiriti, i demoni, i pagani
- dovevano venir presentati come la sua antitesi: ammantati d'ombra, in senso sia letterale sia morale.
"Per quanto riguarda i popoli del quadrante settentrionale, tra loro la potenza del sole è scarsa a causa della distanza che li separa da esso... tra quei popoli vi è carenza di umore caldo. 1 loro corpi sono possenti, le loro nature grossolane, i loro costumi rudi, la loro intelligenza pigra, le loro lingue pesanti. Il loro colore è talmente bianco che dal bianco trascolora nell'azzurro. La pelle è sottile e la carne è spessa."
I successivi propagandisti musulmani ebbero buon gioco nel far valere questo antico parere medico nei conflitti del XII e XIII secolo: presentavano le differenze fisiche del nemico come imperfezioni di natura mentale. La strana bianchezza della pelle e l'inquietante azzurro degli occhi venivano trasformate in imperizia bellica e codardia congenita. Da parte loro i propagandisti cristiani parevano ancora piú abili a usare il colore della pelle e la costituzione fisica come pretesti per sottolineare la diversità. Le illustrazioni delle opere occidentali sulle crociate e la loro storia coglievano qualsiasi opportunità per raffigurare i nemici di origine musulmana e africana. La foggia straniera dei loro abiti veniva accentuata e la loro pelle veniva scurita per enfatizzare quella che veniva considerata un'irriducibile differenza psicologica di base.
Gli artisti europei, tra le altre cose, riecheggiavano l'inveterata convinzione cristiana che voleva il colore nero o scuro associato ad atti peccaminosi. Se Cristo, secondo il Vangelo di Matteo, era lux mundi, la luce del mondo, allora coloro che si opponevano a lui - Satana, gli spiriti, i demoni, i pagani
- dovevano venir presentati come la sua antitesi: ammantati d'ombra, in senso sia letterale sia morale.
Lanciando il suo primo appello alla crociata, nel 1095 papa Urbano II puntellava l'ordine di riconquistare Gerusalemme, caduta in mani musulmane, con una lunga sequela di invettive razziali, insinuando che tutti i seguaci dell'islam erano codardi, e che ciò era connaturato alla loro cultura, agli umori e alla pelle. Riecheggiando inconsapevolmente al-Masudi, Urbano II proclamava che «è cosa ben nota che qualunque nazione nata nei climi orientali viene disseccata dal gran calore del sole. Essi hanno meno sangue nelle vene, ed è per questo che rifuggono dalle battaglie corpo a corpo. Sanno di non avere sangue da sprecare». Questa linea di pensiero, in parte propaganda aggressiva e in parte pseudo-eugenetica, fece sí che una distorta ma efficace logica medica venisse incorporata nell'immagine che i crociati si costruivano dei loro nemici dalla pelle scura: l'immagine di un «altro» feroce, selvaggio e impuro.
Ironicamente, sia gli attivisti cristiani che quelli musulmani ricorrevano alle stesse teorie biologiche per sottolineare il pericolo insito nella differenza del colore della pelle dell'altro.
Queste esasperazioni erano però ben piú profonde di una semplice campagna di propaganda bellica. Dato l'ambiente estremamente uniforme e religiosamente conservatore della maggior parte delle società medievali, una generale stereotipizzazione razziale si poteva insinuare in gran parte della vita quotidiana. Il Salterio di Luttrell, un libro di devozioni private realizzato tra il 1320 e il 1340 per il ricco proprietario terriero del Lincolnshire Geoffrey Luttrell, contiene, miniata nel margine inferiore di una delle sue pagine, una scenetta rivelatrice. Impegnati a giostrare su due cavalli bardati con esagerata eleganza, al fondo del foglio di pergamena stanno due personaggi chiave della storia delle prime crociate.
A sinistra, identificabile grazie agli araldici leoni rampanti sul suo scudo, vediamo Riccardo I d'Inghilterra, il Cour de Lion o Cuordileone, comandante tattico della terza crociata, negli anni novanta del XII secolo. A destra, abbigliato con un'armatura molto piú esotica e un elmo scintillante di foglia d'oro, vediamo invece il sultano Salah ad-Din Yusuf ibn Ayyub (1137-II93 circa), fondatore della potente dinastia egitto-siriana degli Ayyubidi, noto in Occidente come Saladino.
Ironicamente, sia gli attivisti cristiani che quelli musulmani ricorrevano alle stesse teorie biologiche per sottolineare il pericolo insito nella differenza del colore della pelle dell'altro.
Queste esasperazioni erano però ben piú profonde di una semplice campagna di propaganda bellica. Dato l'ambiente estremamente uniforme e religiosamente conservatore della maggior parte delle società medievali, una generale stereotipizzazione razziale si poteva insinuare in gran parte della vita quotidiana. Il Salterio di Luttrell, un libro di devozioni private realizzato tra il 1320 e il 1340 per il ricco proprietario terriero del Lincolnshire Geoffrey Luttrell, contiene, miniata nel margine inferiore di una delle sue pagine, una scenetta rivelatrice. Impegnati a giostrare su due cavalli bardati con esagerata eleganza, al fondo del foglio di pergamena stanno due personaggi chiave della storia delle prime crociate.
A sinistra, identificabile grazie agli araldici leoni rampanti sul suo scudo, vediamo Riccardo I d'Inghilterra, il Cour de Lion o Cuordileone, comandante tattico della terza crociata, negli anni novanta del XII secolo. A destra, abbigliato con un'armatura molto piú esotica e un elmo scintillante di foglia d'oro, vediamo invece il sultano Salah ad-Din Yusuf ibn Ayyub (1137-II93 circa), fondatore della potente dinastia egitto-siriana degli Ayyubidi, noto in Occidente come Saladino.
Le caricature di Riccardo I e del Saladino giostrano sul margine del Salterio di Luttrell,
miniato nel Lincolnshire intorno al 1320-40.
La scena è puramente di fantasia: i due non si erano mai incontrati di persona, e si affrontavano per procura, in battaglie combattute dalle rispettive armate reali; nel XIV secolo, ormai, i racconti dei due sovrani e della loro crociata stavano a metà tra l'autentica cronaca di fatti militari e il genere letterario delle avventure romanzate. Tuttavia non c'è alcun dubbio su chi dei due, sul margine del manoscritto di Geoffrey, venisse presentato come vincitore: la lancia da torneo di Riccardo colpisce dritta, facendo perdere l'equilibrio a Saladino e respingendolo all'indietro sulla sella. Sembra stia per cadere in terra per essere calpestato dagli zoccoli del suo stesso cavallo. Nello scontro, poi, il suo ornato elmo è scivolato all'indietro sulla testa, per dar modo all'artista di farci vedere i piú inquietanti tratti del sultano. Come nella descrizione di papa Urbano, la sua pelle orientale è tanto scura, tanto «non-bianca», da assumere una colorazione blu intenso che lo fa sembrare ancora piú alieno della caricaturale testa mora di Maometto istoriata sul suo scudo. Piú dei bizzarri pennacchi a ragnatela con cui è bardato il suo cavallo, piú del rosso acceso della sua corazza di maglia metallica, l'indicatore evidente dell'alterità di Saladino resta il perturbante e impossibile colore della sua pelle.
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