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Hic sunt leones; ai confini del mondo conosciuto

La faccenda dell’uomo selvatico mi ha particolarmente coinvolto, un personaggio così particolare e misterioso che assume significati così diversi a dipendenza della zona di riferimento: a Lucerna spesso raffigurato con gli stemmi della città é un paladino di sentimenti come forza e libertà. A Basilea nella Kleinbasel come tradizione lo troviamo festante e ballerino, a Romont (FR) invece viene a rapire giovani fanciulle mentre in Verzasca porta all’alpe e pascola le capre.

Proprio queste differenze mi spingono ad approfondire con un libro a tema.

Lo stesso libro mi fa fare dei passi indietro e mi riporta al rapporto dell’umanità coi mostri, in particolare nel mondo non ancora conosciuto in cui ci si immagina la presenza di creature orripilanti che diventano icone nel passato

Hic sunt leones

L'uomo selvatico viveva nell'immaginario medievale furoi dai centri urbani, ai limiti della terre conosciute e anche oltre. 

Dal treccani: 〈ik sunt leònes〉 (lat. «qui abitano i leoni»). – Legenda che si trova nelle antiche carte geografiche dell’Africa, per indicare le regioni ignote; la frase è talora ripetuta per accennare scherzosamente a un pericolo certo ma di natura ancora non ben precisata, o anche per indicare vaste zone d’ignoranza nella cultura generale o di qualcuno in particolare.

Alla stessa stregua dei leoni esiste la variante coi draghi "hic sont dracones", in questo caso riferito a creature marine presenti nell'immensità degli oceani inesplorati

Mostri marini

Andando poi a scavare nelle mappe antiche iniziano a venire a galla diverse tipologie di mostri ai confini del mondo conosciuto

Mappa mundi di Juan de la Cosa

Questa carta nautica sfarzosamente illustrata è stata la prima mappa delle Americhe a mostrare lo storico sbarco di Cristoforo Colombo nel 1492. Per secoli si ritenne perduta fino a quando non fu scoperta, nel 1832, in un negozio di Parigi, in condizioni di estrema fragilità. Nel 1853 fu acquistata dalla regina di Spagna, dato che lo scopo originario della carta era quello di mostrare alla corona spagnola del XV secolo i territori occidentali appena scoperti.


De la Cosa fu il primo navigatore e cartografo a riprodurre le Americhe come continente distinto, e non come un'isola dell'Asia come credeva Colombo. A sinistra è disegnato il profilo curvo del nuovo continente, verde e invitante, nella parte destra, de la Cosa inverte la geografia tradizionale e raffigura mostri e meraviglie; a sinistra, inizia a prendere forma un nuovo mondo.


Nell'angolo in alto a destra, ai limiti estremi delle terre dell'Asia settentrionale, de la Cosa riproduce la topografia fantastica dell'Atlante catalano. Vi sono raffigurati i mostri Gog e Magog, uno mezzo cane, l'altro con la testa nel torace, che sembrano mangiare carne umana.
La loro vicinanza con la rosa dei venti mette in risalto la contraddizione tra teorie scientifiche e mitologiche presente in tutta la carta.

Mappa mundi di Hereford

Con le sue 1.100 scritte che definiscono nel dettaglio le dimensioni geografiche, teologiche, cosmologiche e zoologiche della vita medievale, è uno dei più importanti manufatti dell'epoca ancora esistenti, e offre una visione generale unica del Medioevo europeo. 


La mappa fu progettata intorno al 1300 da un gruppo di religiosi che risiedevano nelle cattedrali di Lincoln e Hereford, in Inghilterra, guidati dall'enigmatico Riccardo di Haldingham. Fu disegnata su velino di vitello, con il collo in alto e la colonna vertebrale che corre in basso lungo il centro. La pelle fu conciata e raschiata, poi scribi e artisti ne decorarono la parte interna con inchiostro, dorature e pigmenti. È sempre rimasta nella cattedrale di Hereford, dove si può vedere ancor oggi. Il suo significato e funzione ha lasciato perplessi gli studiosi per secoli: alcuni ritengono che facesse parte delle opere di divulgazione e guida della Chiesa cristiana e che servisse a istruire la congregazione sui misteri geografici e teologici del mondo, altri che contenesse citazioni più banali in riferimento a dispute locali della diocesi medievale di Hereford.

Se si va ad osservare il dettaglio non può sfuggire sulla sinistra la scena di un banchetto

Sin dai tempi classici, la Scizia, regione dell'Asia centrale a nord del
Mar Nero, è stata descritta ai margini del mondo e abitata da mostruosi barbari cannibali.
 Qui la carta mostra una tribù ostile, gli «Essedoni», armati di coltelli. Essi mangiano i genitori morti in una «festa rituale in cui si serve carne di animali mista a carne umana». Sono raffigurati nell'atto di nutrirsi di teste e piedi umani.

Sempre nella stessa mappa a colpire più in alto diverse figure:

In particolare l'uomo con la testa di uccello in basso a sinistra, al centro la leggenda del pellicano e in alto a destra un uomo con una gamba e un piede enorme.

Proprio quest'ultimo si tratta di uno sciapode

Schizzo di un bassorilievo con uno sciapode (in basso), cattedrale di Saint-Étienne a Sens

I popoli mostruosi nelle cronache di Norimberga

Nel pregevole incunabolo Schedel'sche Weltchronik (Cronache di Norimberga), del miniaturista tedesco HARTMANN SCHEDEL, si rinviene "un quadro d'insieme", in cui sono raffigurati tutti i popoli mostruosi della mitologia occidentale:

Cronache di Norimberga

Gli Antipodi o Abarimoni 

Nella mitologia romana, sono un leggendario popolo mostruoso con caratteristiche fisiche particolari. Vengono descritti da Plinio il Vecchio come esseri dotati di piedi capovolti, con il calcagno avanti e le dita dietro.

Gli Arimaspi 

Sono un popolo leggendario citato da autori greci e latini (tra i quali Plinio il Vecchio) abitanti in un territorio posto a nord-est della Grecia.
Avevano la particolarità di avere un unico occhio e per questo venivano chiamati anche uomini monocoli. Fanno parte dei popoli mitologici ciclopi.

Un uomo monocolo rappresentato nelle Cronache di Norimberga

Gli artabatici

Sono un popolo favoloso dell'Africa, citato anche da Plinio il Vecchio nella Naturalis historia. 
Secondo la tradizione mitologica, gli artabatici erano un popolo di uomini dall'andatura quadrupede

Gli astomi

Nell'Induismo, gli Astomi sono un'antica razza leggendaria di persone che non hanno bisogno di mangiare o bere del tutto, e sopravvivono odorando mele e fiori.

Megastene menziona questa gente nel suo Indica. Collocati alla foce del fiume Gange, sono descritti come esseri dai corpi rozzi, pelosi e senza bocca. Quando viaggiano sono soliti trasportare radici, fiori e mele da odorare. Possono morire a causa di odori sgradevoli.

I blemmi

I blemmi (in greco: Βλέμυες; in latino: Blemmyae) erano un'antica popolazione nomade della Nubia menzionata da alcune fonti storiche tardo-romane e bizantine. Altre fonti, greco-romane e soprattutto medioevali, ne forniscono invece una descrizione mitizzata; in questo secondo contesto, i blemmi sono un popolo mostruoso stanziato in un luogo imprecisato dell'Africa orientale: la Nubia, l'Etiopia, o più genericamente le terre a sud dell'Egitto.

Raffigurazione di un blemma, dalle Cronache di Norimberga (1493)

I blemmi mostruosi sono descritti come degli esseri acefali, con gli occhi e la bocca posti sul ventre o sul torace. Così li riassume, ad esempio, Plinio il Vecchio (23-79) nella sua Naturalis historia: «Si dice che i Blemmi non abbiano il capo, e che abbiano la bocca e gli occhi nel petto».

Pomponio Mela nella sua Chorographia sostiene che i "Blemyae non hanno teste, ma hanno le facce sul petto".

I Blemmi sono un popolo molto curioso, poiché non hanno una vera e propria testa: occhi, naso e bocca sono sul corpo. Sono anche conosciuti come "acefali". Non c'è bisogno di cercare una spiegazione scientifica per questo fenomeno: come l'ermafrodito, i Blemmi provengono dai miti dell'antichità e sono uno degli incontri inevitabili con l'ignoto.
Il Libro delle meraviglie di Jean de Mandeville (1410-1412 circa).
BNF, ms. fr. 2810, fol. 194v. Foto BNF.

Brachistomi

I brachistomi (in lingua latina Homo brachystomus) sono uno dei popoli mostruosi.
Sono caratterizzati da una bocca molto piccola, una sorta di piccolo foro che permette loro di nutrirsi con l'ausilio di una lunga cannuccia.
Sono descritti e raffigurati da Kaspar Schott nella sua "Physica Curiosa" nel paragrafo dedicato ad "astomi" (popoli privi di bocca), "brachiostomi" (con bocca piccola) ed "elingui" (privi di lingua o del suo uso).
.

Homo brachystomus - Particolare di un'illustrazione per le Cronache di Norimberga.

Schott cita ampi stralci di Pomponio Mela e di Plinio i quali, descrivendo i popoli dell'Etiopia, parlano di genti con un solo foro sotto le narici che devono nutrirsi di singoli granelli di grano attraverso una cannuccia ("calamis avena")

I ciclopi

I Ciclopi sono delle figure della mitologia greca. Sono in genere uomini giganteschi con un occhio solo al centro della fronte, a volte dipinto come unico organo visivo della creatura, altre volte invece accompagnato da una coppia di occhi. Compaiono in vari racconti della mitologia greca e la loro descrizione varia a seconda dell'autore: nella Teogonia di Esiodo vengono rappresentati come artigiani e fabbri eccezionali, mentre nell'Odissea di Omero diventano delle creature rozze, violente e selvagge dedite alla pastorizia e, occasionalmente, all'antropofagia (cannibalismo); di quest'ultimo gruppo fa parte uno dei ciclopi più noti, ossia Polifemo.

Odilon Redon, Le Cyclops, museo Kröller-Müller

Il mito che descrive i ciclopi con un unico occhio centrale, secondo alcune ipotesi, potrebbe essere nato a causa di alcuni ritrovamenti fossili di elefanti nani, vissuti in Sicilia al tempo del Paleolitico. La particolarità dei loro crani è di avere un grande buco al centro, che non è altro che il foro nasale dell'elefante.Tali resti fossili potrebbero quindi essere stati scambiati per uomini giganteschi con un occhio solo e infatti anche il filosofo Empedocle afferma che "in molte caverne siciliane furono ritrovati fossili di una stirpe di uomini giganteschi oggi scomparsa.

L'ipotesi più attendibile rimane oggi quella secondo cui i Ciclopi, antichi fabbri, fossero in realtà degli artigiani emigrati da oriente fino alle isole Eolie dove si sono trovate tracce della lavorazione dei metalli durante la facies Diana (IV millennio a.C.). I riscontri archeologici potrebbero così confermare il mito che li voleva residenti proprio su tali Isole. La presenza di un occhio solo potrebbe essere una tradizione legata all'usanza di coprire con una benda l'occhio sinistro per proteggerlo dalle scintille o da un ipotetico tatuaggio sulla fronte rappresentante il Sole, elemento al quale questi antichi artigiani potevano probabilmente essere devoti.

Gorgadi

Le gorgadi o gorille sono esseri mitologici, parte dei popoli mostruosi, caratterizzati dal corpo interamente ricoperto di pelo.
Abitavano alcune isole al largo della costa atlantica dell'Africa.

Un esempio di Gorgade rappresentata nelle Cronache di Norimberga

Gli ippopodi

Secondo diversi geografi antichi, gli Ippopodi abitavano un'isola assieme a due altre razze leggendarie: i Panozi e gli Eonae. La Naturalis historia di Plinio il Vecchio colloca tale isola nei pressi delle coste della Scizia.

Ippopode dalle cronache di Norimberga

Nell'XI secolo Adamo da Brema scrisse che gli Scritofinni erano in grado di correre più veloci degli animali selvatici. Olao Magno illustra come gli Scritofinni prendano il nome dal movimento di salto che eseguono mentre cacciano sugli sci. Lo stesso collegamento può essere visto anche in una mappa di Abramo Ortelio risalente al 1595 (Europam, Sive Celticam Veterem), nella quale Ippopodi e Scritofinni vengono collocati nella stessa regione della Scandinavia settentrionale.

Resoconti successivi
Il resoconto di viaggio del XIV secolo I viaggi di Mandeville colloca il popolo degli Ippopodi presso le coste del sudest asiatico. Li descrive come particolarmente veloci e soliti cacciare inseguendo la loro preda.

I nuli

I Nuli, conosciuti anche con i nomi di Nuloi o Nouloi (in greco: Νυλοι, Νουλοι) erano una leggendaria razza di uomini dotate di piedi con otto dita rivolti all'indietro, che vivevano in India, sul monte Nulus, per certi versi simili agli Antipodi.

Illustrazione delle Cronache di Norimberga (1493)

I panozi

l panozio (dal greco pan e othi, significa tutto orecchi) è un mostro antropomorfo del folklore medioevale, chiamato anche panozo (al plurale panozi, dal latino panotii). In tempi antichi si riteneva vivessero nelle isole all'estremo nord del continente europeo, come scrive Plinio (libro IV, capitolo 95)[1]. Avrebbero orecchie talmente grandi da toccare terra, e le userebbero come giaciglio e coperta, al momento di dormire. Essendo molto timidi, alcune fonti dicono che all'avvicinarsi di qualcuno le spiegano come ali e volano lontano dal pericolo.

Illustrazione di un panozio, dalle Cronache di Norimberga (1440 - 1514)

La caratteristica principale di questo essere sono le enormi orecchie, usate dalle femmine dei panozi per coprire i propri seni. Per il resto i panozi sono molto simili agli umani. Come molte altre creature mostruose, vedono la loro nascita da altre razze con caratteri insoliti o mostruosi, che, per la sovrabbondanza di tali caratteri atti già da soli a renderli sufficientemente alieni, vengono suddivisi dando origine ad altri miti.

Gli sciapodi

Gli sciapodi (σκιάποδες — dal greco σκιά "ombra" e ποὑς "piede") o monopodi sono esseri mitologici dotati di una sola gamba e di un solo enorme piede, che si supponeva abitassero l'India.

Uno sciapode. Dalle Cronache di Norimberga (1493).

Con questo termine s'indicavano in epoca greca (ad esempio in Alcmane, ma anche in Erodoto) alcuni leggendari abitanti dell'India caratterizzati da un solo enorme piede, col quale all'occorrenza essi si sarebbero fatti ombra.

Questo sciapode tiene il suo unico piede nella mano. Plinio il Vecchio colloca queste mostruose creature agli Antipodi (in altre parole, in India) e sono citate anche da Jean de Mandeville. Sono descritte come capaci di muoversi molto velocemente su questo unico piede, che usano come ombrello quando il sole è allo zenit.
Capitello (1110) della chiesa di Saint-Patrice a Saint-Parize-le-Châtel (Nièvre). Foto AKG-Images, Hervé Champollion.

Hic sunt terrones

Chiudo con un immagine di copertina di un fumetto uscito per qualche periodo in chiara chiave politica: il leghista.

Ne sono stati distribuiti solo quattro numeri. Un quinto venne annunciato ma non arrivò mai nelle edicole.
Nel primo numero viene spiegato l'intento del fumetto: «Riprodurre sulla carta un piccolissimo frammento narrativo tratto dalla complessa e multiforme realtà italiana.


Indubbiamente azzeccata la battuta, probabilmente capita dalla stragrande minoranza, una traduzione in italiano tra le parentesi aiuto a capire il titolo ma non a godere della sua “finezza”

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