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E sesso fu - parte V - Carnevale anale

"A carnevale ogni scherzo vale", o anche dovrebbe essere detto "quello che succede a carnevale rimane confinato a carnevale"

Per quel che riguarda l'approccio ed ad un certo libertinaggio favorito anche dall'alcool si ha un incremento in questo periodo di nuove coppie che nascono. Questa tradizione di approcciar ragazze é presente nel Carnevale da tempi immemori. Nel nostro piccolo Ticino ecco qualche testimonianza dal XX° secolo

Approcci carnascialeschi del Ticino nel XX° secolo

Numerosi anche gli scherzi rivolti alle ragazze in età da marito, bersaglio prediletto dei giovani; in questo caso le burle erano un pretesto per avvicinarle, conoscerle e corteggiarle. A Biasca, i ragazzi sbarravano con ceppi l'uscio delle case delle giovani che avrebbero voluto recarsi al ballo; a Broglio, la sera dopo cena i giovanotti si recavano a rangulaa, a sussurrare con la voce contraffatta convenevoli e frasi impertinenti sotto le finestre o davanti alle porte delle case dove c'erano ragazze nubili: se qualcuno si affacciava o apriva l'uscio, i giovani scappavano ricurvi per non farsi riconoscere.

La denuncia e la condanna potevano esprimersi anche in modo meno nascosto, sulla pubblica via, come accadeva, ad esempio, nel Varesotto: il giovedì grasso, sistemati su un carro ornato di stoffe, carte e fiori, alcuni giovanotti mascherati facevano il giro del paese fermandosi ad ogni incrocio e in ogni piazza per leggere la bosinada, un poema satirico indirizzato alle giovani in età da marito; fra di loro ce n'era uno vestito da cacciatore il quale, soffiando in un fucile di legno riempito di crusca, infastidiva le ragazze (Viggiù).

"al va, al va l carnevaa, e se l va lassémal andá; in tra quést ann e l'ann passaa póch tosann ém maridaa, in tra quést'ann e l'ann che végn póch tosann maridarém"
va, va il carnevale, e se va lasciamolo andare; tra quest'anno e l'anno scorso abbiamo maritato poche ragazze, tra quest'anno e l'anno prossimo poche ragazze mariteremo (Rovio);

a Fescoggia, la prima domenica di Quaresima, si intonava: 
l'è sciá or carnavaa, a gh'ò tré tosann da mari-daa, vine la fa i capéi de paie, n'alte la fa i capéi de fiór, ra püssée bèle la fa r'amór
ecco il (fantoccio di) carnevale, ho tre ragazze da maritare, una fa i cappelli di paglia, l'altra fa i cappelli di fiori, la più bella fa all'amore;

Canzoni di carnevale nel XVI° secolo

I riti del carnevale usavano la finestra come spazio per il desiderio erotico nel periodo speciale del Calendimaggio, tempo di festeggiamenti e dissolutezza che cade tra il primo maggio e il 24 giugno e celebra il ritorno della primavera. Il frontespizio della Canzone per andare in maschera per carnesciale, risalente a qualche anno prima del 1515, mostra a sinistra Lorenzo de' Medici, che promosse un nuovo tipo di canzone di carnevale

Frontespizio della Canzone per andare in maschera per carnesciale, Firenze,
1507] Harvard College Library, Houghton Library, Department of Printing and Graphic Arts, n. 525.05.424

Egli è distante dai cantanti, un po' distaccato, ma attento, dato che li osserva con un atteggiamento autorevole, con una mano sul fianco, rivelando di avere sotto controllo la situazione. Tre uomini e due ragazzi eseguono la Canzona de' confortini, la prima degli undici Canti carnascialeschi scritti da Lorenzo il Magnifico. Composto nel 1475-1478, questo testo conserva i doppi sensi e le oscenità giocose tradizionali del genere. Offrendo dolci, o confortini, alle donne "per bene" alle finestre, gli uomini comunicano il loro desiderio sessuale, che spesso veniva ostacolato a Firenze, dove generalmente gli uomini si sposavano piuttosto tardi.

Il desiderio dei cantanti è di tipo particolare. In questa esibizione multisensoriale, i confortini, a forma di ciambella, possono essere serviti per evocare l'ano delle donne, dato che la canzona polifonica invita ripetutamente le donne a partecipare a un rapporto anale. Questa canzone spiritosa sboccata si apre con gli uomini che annunciano che i dolci che stanno offrendo alle donne, sono i migliori che si possano trovare («Berticuocol donne, e confortini! / Se ne volete, I nostri son de' fini»). Poi, come ha rivelato Riccardo Bruscagli, esortano le donne mediante dei doppi sensi dedicarsi al sesso anale, o pentolini, quando sono mestruate. I versi succesivi tornano ripetutamente sul tema del rapporto anale («bassetta»)".

A quell'epoca a Firenze la sodomia era duramente condannata sia dalla Chiesa sia dallo Stato. A seguito della crisi demografica causata dalla peste, il sesso non finalizzato alla procreazione era giudicato non solo una minaccia per l'anima individuale, ma anche per il benessere della comunità. Ciò nonostante i rapporti anali tra gli uomini e le loro mogli, domestiche, schiave e prostitute sono documentati in questo periodo sia a Roma che a Venezia.

I costumi indossati dai cantanti nella xilografia indicano che il desiderio sodomita era associato a un gruppo specifico. I loro travestimenti sono ibridi; la bizzarra mescolanza di elementi li pone al di fuori dell'esperienza ordinaria. I ragazzi indossano dei copricapi fiorentini e maschere bianche, mentre un uomo ha un cappello persiano e una barba finta, che veniva associata ai musulmani. Un altro porta un turbante, che contraddistingue ulteriormente il gruppo come proveniente dall'Oriente. Nell'Italia del Quattrocento era consuetudine attribuire la sodomia ai musulmani. Come ha mostrato Juliann Vitullo, nell'epica cavalleresca contemporanea «l'Oriente fungeva da spazio immaginario in cui le questioni riguardanti la sessualità... potevano essere esaminate a distanza di sicurezza»*. Analogamente, la xilografia mostra degli uomini fiorentini che sono in grado di proporre a delle donne "per bene" dei rapporti anali senza correre rischi, perché lo fanno durante il carnevale e mascherati da musulmani. La presenza di Lorenzo de' Medici, tuttavia, serve a divulgare l'audace licenziosità in questa pubblica manifestazione di una pericolosa proposta erotica che normalmente non veniva espressa. La canzone carnascialesca eseguita in maschera sotto la finestra di una donna diventa uno sfogo sicuro per un desiderio illecito.

Meno attive delle prostitute, le nobildonne ritratte mentre ascoltano questa canzone si affacciano comunque alle finestre del loro palazzo e guardano direttamente gli uomini. Hanno un'espressione dolce, ma la decorazione del bordo della stampa suggerisce una violenza sottesa.

In basso, due gruppi di cupidi alati che reggono in mano delle girandole si dirigono uno contro l'altro a cavalcioni di maiali, l'animale carnevalesco per eccellenza. In alto, un cane ringhioso insegue un coniglio spaventato, in quel che sicuramente veniva interpretato come una metafora della relazione tra i sessi. La bocca del cane, che in alcune versioni è dipinta in rosso brillante, tenta di mordere le zampe della sua preda e il guinzaglio allentato suggerisce che si è liberato dal padrone, ossia dalle restrizioni imposte dalla società.

In breve, come le immagini di corteggiamento, questa xilografia rappresenta un tempo particolare nella vita di una donna, un tempo di dissolutezza in cui perfino le donne patrizie potevano infrangere i loro abituali limiti spaziali ed essere viste nello spazio liminare della finestra. Ma in questo caso, diversamente dalle immagini di corteggiamento, le donne vengono invitate 
a evadere anche dalle restrizioni sessuali. Peter Burke ha definito il carnevale come un momento di liberazione e di «attività sessuale particolarmente intensa», che «forniva uno sfogo per desideri sessuali che normalmente venivano repressi». Questo è sicuramente vero nel caso della Canzona de' confortini.

E sorprendente che nella xilografia della canzone carnevalesca le donne fiorentine, che si diceva fossero le più recluse, non solo appaiano alla finestra, ma ascoltino anche l'invito a darsi alla sodomia, che oltre a essere l'atto sessuale più censurato nell'Italia rinascimentale, era una pratica spesso riferita esclusivamente agli uomini.

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