Un grande segreto della vita é accettare che le cose succedano, che non sempre tutto vada come lo vorremmo, purtroppo a volte bisogna rassegnarsi e farsene una ragione.
Se però ti trovi nel XVII° secolo e un bue ti cade nel burrone / un bambino muore di una misteriosa malattia non era accettabile; ci doveva essere per forza qualcuno che tramava nell'ombra, una presenza maligna...
Oltre agli ebrei un buon appiglio su cui sfogare tutta l'incapacità di accettare la malasorte erano le streghe, fossero queste donne (in maggioranza) o uomini, gente del paese, con cui si viveva fianco a fianco per decenni e che all'improvviso si trasformavano nel male assoluto. E se non confessavano si poteva ricorrere alla tortura perché non può esserci altra spiegazione, devono ammetterlo!
Ma non sempre era così, o almeno, non sempre il maligno giocava in casa
La buzza
Una delle più grandi sciagure, anzi, si può affermare la più grande sciagura naturale avvenuta in Ticino dall'antichità a oggi é la buzza di Biasca. Il monte Crenone all'imbocco della valle di Blenio frana e questa va a ostruire il normale defluire del fiume Brenno e creando un enorme diga naturale. Tutta la piana di Malvaglia viene sommersa dall'acqua e dove si trovava il villaggio ora non c'é altro che uno specchio d'acqua con un campanile in mezzo a far capolino.
Due anni dopo (1515, l'anno della battaglia dei Giganti), le autorità cercano un rimedio presso un ingegnere milanese per riuscire a far defluire le acque, ma non c'é abbastanza tempo, improvvisamente il 20 maggio 1515 la diga naturale cede ed un enorme ondata spazza il Ticino da Biasca a Locarno portando morte e distruzione.
La buzza di Biasca distrugge il ponte della torretta a Bellinzona (xilografia del 1548)
Il "j'accuse"
A questo punto ci si aspettano critiche e proteste, specialmente da parte di chi si trovava direttamente a valle della diga, ci si aspetta che tutte le colpe vengono concentrate su un ignaro capro espiatorio, e in fatti così é:
"Dopo l'alluvione, la comunità di Biasca accusò davanti ai giudici i Bleniesi di avere fatto scaricare il lago con le arti magiche di un negromante forestiero, e i Bleniesi si difesero affermando di aver cercato l'aiuto di un tecnico e che del resto il cataclisma «fuisse ex potentia et permissione omnipotentis dei et non aliter». È un episodio sintomatico, come lo è pure la successiva tradizione che attribuì poi la rottura di quell'argine all'intervento di certi maghi dell'Armenia, e non a sortilegi di stregoni locali."
Il bagatto, la prima carta dei Tarocchi
Il Bagatto è una carta velocissima: determina un avvenimento che si materializza in un tempo brevissimo, e anche la durata sarà limitata. L'avvenimento in questione, proprio come una scintilla, serve semplicemente come impulso iniziale di una catena di eventi, sia al positivo che al negativo.
Interessante quindi che gli abitanti di Blenio in questo caso tutelino un loro convallerano per caricare tutte le colpe su non meglio precisati personaggi dell'oriente. Quindi vien da pensare che il diavolo non é poi così brutto, anzi, indigeno, come lo si dipinge.
E per la peste?
"I baliaggi svizzeri d'Italia furono visitati più volte dalla peste, e proprio anche negli anni dominati dall'ossessione delle streghe, eppure il morbo non fu mai imputato a esse, e l'unguento servi loro solo per ungere la rocca e volare al sabba, mentre i presunti untori furono sempre cercati tra le persone forestiere, vagabonde e marginali, come mendicanti, saltimbanchi e ciarlatani. Anzi, il solo riferimento alla peste emerso in questi processi è di segno contrario, poiché l'imputata Giovanina Mafinetti di Giornico, «cognominata la Storta Vecchia», riferi negli interrogatori di avere guarito con la polvere un bambino appestato e i giudici non tentarono di ritorcere contro di lei questa dichiarata azione taumaturgica (1649)"
Quindi, a differenza di altri posti a settentrione delle alpi, in Ticino non si ricorse ad additare la stregoneria come capro espiatorio delle varie, peraltro terribili, ondate di pestilenza.
Potranno quindi dirci di tutto (vedi le considerazioni sui ticinesi sul finire del XVII° secolo,
qui e
qui) ma ora già sapete che rispondere quando uno svizzero tedesco vi apostrofa con i soliti luoghi comuni
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