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Pavia 1525 - Il Parco Vernavola e il castello di Mirabello

Non é da tutti essere così appassionati di sperare che ci sia la nebbia di primo mattino. Il motivo? Proprio quella sensazione di immersione, di transazione temporale completa che si prova non solo recandosi direttamente sui luoghi teatri di vicende storiche, ma se possibile nelle stesse condizioni, stagionali e metereologiche comprese.
E poco importa se nel frattempo lo sfondo é cambiato nel tempo, si tratta pur sempre di QUEL posto, più di così, più che quello che propone il presente non é fattibile. Il resto lo fa l'immaginazione supportata da cronache storiche.

A dare ulteriore fascino alla battaglia di Pavia del 1525 é l’ubicazione della stessa; all’interno di un parco, ad una riserva di caccia per i nobili. Questo luogo che originariamente é un luogo di svago e piacere si trasforma luogo di morte e sofferenza. Il contrasto é forte e aggiunge un ulteriore nota di unicità del momento che mi appresto a vivere. 

Così mentre pian piano sollevo la tapparella del B&B in cui alloggio sul viso mi si accenna un sorriso: nebbia, profondamente nebbia. Esattamente come quella mattina del 24 febbraio 1525. 

(...) l’avanguardia guidata da Alfonso d’Avalos, composta da circa 3.000 archibugieri, riesce a penetrare nel parco, coperta dalla nebbia e dalla scarsa luce del mattino, per dirigersi verso il quartier generale francese.

Svelto indosso le scarpe, anche l'orario pressapoco coincide con quello della battaglia; é primo mattino, una domenica, sono poche le persone che incrocio. Tanto meglio. Dopo una mezz'oretta di cammino a passo sostenuto entro finalmente nel parco. Lo scenario, complice la cara vecchia madre natura, é stupefacente. Sono in viaggio.
 
Parco vecchio di Pavia e nella mia testa civili (presi dagli arazzi di Capodimonte) che fuggono dall'ingresso delle truppe imperiali. La simbiosi

Proprio qui in pochissime ore si risolse la situazione di stallo che si perpetrava da mesi. Ricorda quegli incontri di boxe, di cui si inizia a parlare con largo anticipo, si fanno mille articoli, interviste, chiacchiere davanti alla macchinetta del caffé  e quando lo scontro inizia si risolve tutto in un baleno, tempo di uno, massimo due rounds. 

Il parco vecchio

Il luogo dove si svolse la battaglia era il cosiddetto Parco vecchio, una splendida tenuta di caccia dei signori di Milano, che era stata ampliata verso nord con il Parco nuovo. Vi si trovavano cascine, terme, boschetti, voliere e altre piacevolezze (anche se nel 1525 ormai molte cose dovevano essere state rovinate dal tempo). Una via alberata collegava il piccolo e delizioso castello di Mirabello con il castello di Pavia. L'area era interamente recintata da un muro alto un paio di metri e notevolmente spesso. Sul lato orientale i guastatori aprirono la breccia che diede inizio all'"invasione" delle truppe imperiali e alla battaglia.

Mappa del parco. Il mio obiettivo odierno é quello di partire dalla torretta e arrivare fino a San Genesio e Uniti passando dal castello di Mirabello, proprio e vero fulcro delle operazioni

Gran parte della battaglia si svolse all’interno dell’immensa riserva di caccia dei duchi di Milano, il parco Visconteo, che si estendeva per oltre 2200 ettari, alcuni degli episodi più importanti della battaglia si svolsero all’interno del parco della Vernavola, che si estende a sud-ovest del castello di Mirabello. Nei pressi del parco, nel 2015, durante alcuni lavori agricoli furono rinvenuti due palle di cannone, probabilmente sparate dalle artiglierie francesi.

Storia del parco

Il parco Visconteo fu una delle più originali creazioni della dinastia milanese: un vastissimo parco destinato principalmente alle cacce e allo svago dei signori e della corte (il più vasto d’Europa ai tempi) al cui interno si trovavano anche aziende agricole, fornaci e mulini di proprietà dei signori di Milano.

La fama del parco era diffusa un po’ in tutta Europa


Sicuramente per Galeazzo II, e ancor di più per Gian Galeazzo, il parco aveva anche un forte valore simbolico: l’antico palazzo reale di Pavia, sede dei sovrani longobardi e di quelli del regno d’Italia, era dotato di un vasto giardino (viridarium), con la realizzazione del grande parco i Visconti intendevano quindi riallacciarsi a quel passato, manifestando le loro aspirazioni regie.

Infatti il parco non era destinato solo allo svago, alle cacce e ai tornei (uno dei più memorabili fu organizzato da Galeazzo Maria nel 1471) dei signori, ma fu utilizzato dai Visconti e dagli Sforza come luogo di rappresentanza; qui venivano portati sovrani, prelati, ambasciatori e tutti gli ospiti più importanti, che osservando l’abbondante selvaggina, gli animali esotici, la bellezza degli edifici e l’imponenza del complesso certosino, avevano così modo di toccare con mano la grandezza dei duchi di Milano.

La flora e la fauna

Il parco era caratterizzato dalla presenza di grandi zone boschive, piantumante secondo un preciso progetto paesaggistico: esse erano infatti poste lungo i margini, lasciando libero il corpo centrale, attraversato dalla valle della Vernavola (a sua volta delineata solo una fascia di ontani), in modo che lo sguardo dei visitatori potesse spaziare e percepire la grandezza del parco.

Anche i boschi erano attentamente studiati, essi erano infatti caratterizzati dalla presenza di un’essenza principale per ogni massa arborea, si ottenevano così il “bosco delle querce”, quello “dei castagni” e quello “degli olmi”.

Il terreno del Parco era più ondulato di quanto appare al giorno d'oggi ed era tagliato da fossi e rogge per l'irrigazione. Il più importante di questi corsi d'acqua era la Vernavola, un grosso colatore che nasceva nel Parco Nuovo e scendeva verso Pavia attraversando il Parco Vecchio in tutta la sua lunghezza, ne usciva presso il convento di San Paolo, compiva un largo giro sfiorando i conventi di San Giacomo e San Lazzaro, per gettarsi quindi nel Ticino a valle di Pavia.

Una delle anse della Vernavola, il fiumiciattolo che percorre il parco

Nei suoi tempi migliori il Parco ospitava un'abbondante selvaggina che trovava rifugio ideale nei boschi che ne ricoprivano una grossa parte.

Il parco ospitava una ricchissima fauna: in età sforzesca il numero di cervi, daini e caprioli superava le 5.000 unità, ma moltissime erano anche le lepri, i fagiani, le pernici e le quaglie. Non mancavano anche orsi, posti principalmente in un serraglio detto “orsaia”. Un apposito serraglio conteneva rare specie esotiche, con esemplari a volte unici in Europa, quali struzzi, ghepardi e leopardi, bertucce e cercopitechi, pappagalli, leoni, e una capra nubiana, immortalati nel celebre Taccuino dei disegni di Giovannino de' Grassi, primo esempio di dettagliata raffigurazione naturalistica di specie esotiche dell'arte europea.
 
Taccuino dei disegni di Giovannino de' Grassi

Sappiamo inoltre che durante l’estate, per impedire che gli animali danneggiassero i raccolti, venivano allestiti steccati e aree delimitate dove essi venivano alloggiati.

Le mura del parco

Il Parco arrivava fino alla Certosa di Pavia, costituendo un mirabile insieme con il castello della città,
Aveva una forma trapezoidale, con il lato minore corrispondente alle mura settentrionali di Pavia e il lato più targo adiacente al muro di cinta della Certosa, a circa cinque chilometri più a nord in linea d'aria.

Era circondato da un robusto muro di mattoni alto in media due metri e mezzo con uno spessore di circa quaranta centimetri e della lunghezza di ventidue chilometri. Partendo dall'angolo nord-orientale delle mura di Pavia, il muro procedeva in linea retta fino alla località Due Porte, per volgere poco dopo verso occidente e correre adiacente al muro sud della Certosa. Percorse alcune centinaia di metri, il muro piegava decisamente verso sud e, sempre in linea retta, raggiungeva l'angolo nord-occidentale delle mura cittadine.

Cartina della battaglia di Pavia. In nero i francesi, in giallo gli imperiali.
1 Campo francese,
2 Campo imperiale,
3 Brecce nel muro orientale del Parco Vecchio,
4 Francesco I con la cavalleria pesante,
5-12 Svizzeri,
6 Lanzichenecchi della Banda Nera al soldo francese,
7 Cavalleria imperiale,
8 Spagnoli,
9. Lanzichenecchi tedeschi,
10-11 Francesi e italiani,
13 De Leyva,
14 Riserva di cavalleria del duca d'Alençon,
11 Artiglieria

Il Parco era suddiviso in Parco Vecchio, a sud, e Parco Nuovo, a nord, da un muro che andava dal Cantone delle Tre Miglia, a occidente, a Due Porte, a oriente, quest'ultima località così chiamata perché nel muro di cinta si aprivano due porte, attraverso le quali si entrava rispettivamente nel Parco Vecchio e nel Parco Nuovo. Nella cinta muraria esterna e nel muro divisorio si aprivano in tutto dodici porte.


All'epoca della battaglia di Pavia il muro di recinzione era in stato di semiabbandono, danneggiato durante l'assedio del 1522, ed era da tempo iniziato il disboscamento del Parco a vantaggio delle colture.

La Vernavola formava con il suo letto un avvallamento più o meno marcato, spesso pantanoso e acquitrinoso per lo straripare delle acque.

Quasi nel mezzo del Parco Vecchio, sulla riva - destra della vicina Vernavola, sorgeva il Castello di Mirabello, in realtà più un magnifico palazzo di caccia e un luogo di svago dei duchi di Milano che un edificio fortificato, tuttora in parte esistente. Alcuni piccoli insediamenti, semplici cascine, erano sparsi nel Parco: Torre del Gallo, sul muro orientale, Cantugno, Cornaiano, la Repentita, sul muro divisorio, la
Pantaleona ed altri ancora.

Il castello di Mirabello

Quando giungo a Mirabello la battaglia doveva essere alle sue fasi finali. Il re Francesco I fu catturato nelle fasi finali proprio nei dintorni, come ricorda la scritta alla base dell'obelisco 

O Deus Dissipa Gentes Quae Bella Volunt
(O Dio, disperdi le nazioni che desiderano la guerra.)

LA TREMENDA BATTAGLIA DI PAVIA
24 FEBBRAIO 1525
NELLA QUALE CADDE PRIGIONIERO
FRANCESCO I° RE DI FRANCIA
SI SVOLSE IN QUESTI DINTORNI

TU CHE LEGGI
RICORDA A DIO L'ANIME DI QUEGLI UCCISI
(una riga ancora più sotto è illeggibile per le troppe lettere cadute)

Su un lato del sagrato della chiesa di S. Maria Assunta in Mirabello un obelisco, eretto nel 1983 su iniziativa di privati, ricorda la battaglia del 24 febbraio 1525

Dopo una rapida visita alla chiesa raggiungo il castello, punto cardine della giornata

Il castello di Mirabello

Seppur in parte mutilato nel corso del Sette e dell’Ottocento, quando fu trasformato in un’azienda agricola, il castello di Mirabello, un tempo sede del capitano ducale del Parco, ancor oggi si erge a poca distanza dalla Vernavola (La Vernavola (o Vernaola, nome derivante forse dal celtico verna, "ontano") e conserva al suo interno alcuni curiosi elementi decorativi (camini, affreschi e finestre) non ancora adeguatamente restaurati e studiati, in stile tardo gotico francese, aggiunti alla struttura di età sforzesca durante la prima dominazione francese del ducato di Milano (1500- 1513)

Il castello nel 1854

Secondo gli studi più recenti, il toponimo Mirabello compare per la prima volta in un documento del 1223, anche se l’edificio originale risale molto probabilmente all’ultimo quarto del XIV secolo, quando Gian Galeazzo Visconti fece costruire un nuovo padiglione di caccia all’interno del Parco Vecchio, abbattendo il preesistente monastero di San Cristoforo. 

Le porte sono chiuse ma nulla mi impedisce di dare una sbirciatina 

Nel 1384, il “castello” viene citato nei documenti in relazione ad una sua “reparatione” ma non abbiamo alcuna idea del suo aspetto originale. L’edificio attuale risale infatti all’epoca di Filippo Maria Visconti mentre il fossato che lo circondava venne dotato di tre ponti levatoi da Galeazzo Maria Sforza nel 1472. Galeazzo Sanseverino, genero di Ludovico il Moro, ottenne in concessione dal suocero il castello di Mirabello nel 1487, apportandovi modifiche sostanziali e facendo erigere nuovi corpi di fabbrica. 

Durante l’assedio di Pavia vi alloggiò per alcuni giorni Francesco I. Situato nelle retrovie dell’esercito francese che era accampato più a sud, verso Pavia, il castello fu occupato dall’avanguardia imperiale nelle fasi preliminari della battaglia del 24 febbraio 1525.

Il castello rappresentato in uno dei sette arazzi della battaglia

Alle 6:30 circa, gli archibugieri di del Vasto emersero dai boschi appena a nord di Mirabello e presero d'assalto il castello. Nonostante il rumore della battaglia che infuriava a nord-est, i pochi difensori francesi dovettero farsi trovare impreparati poiché il castello fu conquistato rapidamente.

A Mirabello erano anche parcheggiati i carriaggi francesi e il relativo seguito di venditori, artigiani, prostitute e simpatizzanti. Secondo Fleuranges, coloro che non erano in grado di scappare furono massacrati dagli imperiali.

Scena di vita di campo in una stampa del XVI secolo

Quello che si svolge al castello di Mirabello non é quindi che la prima portata del menu: gli imperiali erano convinti di trovare il re francese Francesco I e quindi diressero le loro forze su questo manufatto.


Facile immaginare lo sgomento e il terrore da parte dei civili al seguito dell'esercitzo francese qui installati che cercarono di mettersi in salvo. Questo é un luogo di una carneficina, certo come tutt'intorno, ma ancor più cruento perché contro delle persone indifese. La pace di questa domenica mattina fa da contrasto. Passo lungi minuti in silenzio ad osservare quello che resta e faccio un pensiero per tutte quella massa di disperati che qui hanno trovato la morte

In questa stampa tedesca del XVI secolo sono raffigurati un soldato e una vivandiera che porta sulle spalle un sacco contenente attrezzi da cucina

Il parco dopo la battaglia

Con la caduta degli Sforza nel 1500 il parco entrò in decadenza: nel 1522 l’esercito francese che allora assediava Pavia si accampò nel Parco e lo devastò e maggiori danni furono portati durante la battaglia del 1525, che si svolse infatti al suo interno.

La battaglia di Pavia, 1525 (di Rupert Heller) - Museo Nazionale, Stoccolma

Dopo la battaglia di Pavia e l'affermarsi della egemonia spagnola in Italia e sul Ducato di Milano, il Parco andò progressivamente in rovina. Gli animali selvatici che lo popolavano scomparvero, così come la vegetazione originale. Inoltre, il muro che lo delimitava venne abbattuto per utilizzarne i mattoni come materiale da costruzione per le cascine e i villaggi vicini:
Oggi, di questo meraviglioso giardino di caccia dei duchi di Milano non restano che poche tracce. Oltre al Castello di Mirabello, qualche resto della recinzione nella località Due Porte e a San Genesio, dove esiste ancora la pusterla dell'antica Porta Pescarina, che si apriva nel muro divisorio tra Parco Vecchio e Nuovo. A Certosa di Pavia sopravvive un'altra porta del Parco, nota come Torre del Mangano.

Nel XVI il parco e gli ex edifici e strutture dei duchi furono gestiti dalla Camera Ducale, ma a Milano non vi era più una corte, dato che il duca era ora il re di Spagna, e quindi la Camera (pur nominando periodicamente nuovi capitani del Parco) si limitò ad affittare i beni a privati, principalmente aristocratici pavesi o milanesi.

Progressivamente il magnifico parco scomparve: le mura e diversi edifici e strutture divennero una cava da mattoni e di altri materiali edilizi, dati in concessione a privati o ordini religiosi e sfruttati anche per costruzione dei nuovi bastioni di Pavia. Non diversamente i grandi boschi furono progressivamente abbattuti, si ha infatti notizia che, dal 1575 al 1670, parecchi alberi vennero destinati alle esigenze dell’artiglieria del ducato di Milano, mentre altri furono ceduti a privati.

Con l’arrivo degli austriaci, a partire dagli anni ’50 del Settecento il Magistrato Camerario dello Stato di Milano progressivamente mise in vendita i fondi e i beni dell’ex parco. Nonostante le devastazioni, all’interno dell’area dell’ex parco si conservano tre aree naturalistiche

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