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Ai piedi del podio pavese

Ogni cittadina ha un luogo, un elemento, una costruzione che la contraddistingue dalle altre. É piuttosto facile capire quale sia, basta recarsi in qualsiasi chiosco e visionare le cartoline della località in questione. Quello riportato con più frequenza é senza dubbio il simbolo della città, spesso sono presenti cartoline by night dell'opera, questa é la conferma definitiva. 

A Pavia il simbolo é senza dubbio il ponte. Poi il Duomo e il castello. Il podio é completo. Giù dal podio tutto il resto, tra i quali questi tre scorci della cittadina che riporto

Minerva 

É l’opera che vedo più spesso nella mia tre giorni, é inevitabile perché alloggia tra l’albergo e l’accesso al centro della città. 
Dovrei dire almeno due parole sull’autore, scelgo quindi di dire che é di origine siciliana e che a Parigi ha conosciuto Rodin, sì quel Rodin autore della porta all’esterno del museo d’arte a Zurigo e della statua all’ingresso del museo d’Arte a Basilea.
Ah già, si chiama Francesco Messina

Pavia
Dalla gloria millenaria del suo ateneo tragga auspicio a maggiori fortune

Per il viso di Minerva pare che nello studio di Messina abbia posato una giovane sposa milanese.

Lo scultore ha dato al viso un’impronta fiera, fronte spaziosa, mascella forte, naso greco, il tutto si uniformava ai canoni dell’epoca, ovvero anche la donna lasciava la bellezza muliebre per assumere la bellezza statuaria.

Originariamente Minerva era a seno nudo come tutte le dee greche ma negli anni trenta il seno nudo era giudicato scandaloso perciò, dopo varie discussioni, in Consiglio Comunale toccò al Podestà Nicolato chiedere a Messina di ricoprirlo con un bavarino

Francesco Messina accanto alla scultura nella versione originaria con il seno scoperto.

Le torri

Per la serie che esiste solo una torre in Italia (Pisa), o anche per chi risponde a questi ultimi: Bologna é la città delle torri...

Ma perché poi costruire tutte queste torri?
Ben lungi dal poter sfoggiare macchinoni di lusso sovradimensionati a livello pratico, ma utilissimi per sfoggiare lo status, i nostri antenati medievali dovettero studiare qualcos’altro. Nasce così una gara verso l’alto costruendo torri. I maligni al giorno d’oggi direbbero che esse sono inversamente proporzionali alla dimensione degli attributi dei proprietari e servirebbero per compensare la mancanza.

Quelle di Pavia sembrano piuttosto dritte, questo schemino solo per abbassare un attimo le ali alla torre di Pisa; non pensare di essere l’unica torre pendente al mondo

Le prime torri urbane pavesi sono documentate dall’anno 1018, anche qui, come in gran parte dell’Italia settentrionale, ben prima della diffusione dei castelli signorili

Torre dell’Orilogio dell’Università di Pavia

A Pavia, come in altre città, le torri non furono costruite con intenti difensivi, le dimensioni e l’altezza infatti le rendevano inadatte a tali scopi, ma a compiti rappresentativi e propagandistici, erano infatti l’espressione più diretta della grandezza e della potenza dei vari clan familiari.

Pavia, chiesa di San Teodoro, veduta di Pavia, dettaglio (1522 circa) si osservano alcune delle numerose torri ancor presenti nella prima metà del Cinquecento.

Gran parte delle torri sorsero negli angoli degli isolati in cui era divisa Pavia, spesso affiancate da un voltone, che garantiva alla struttura l’effetto di controspinta.

Attilio Zuccagni Orlandini - 1845
Incisione su rame all'acqua forte

L’accesso era in genere consentito tramite porte situate ai piani superiori e collegate agli edifici adiacenti. Seppur gran parte delle torri gentilizie sia ora ridotto in altezza, tanto che gran parte di esse sono equiparate al livello delle case e dei palazzi propinqui, ancor oggi si stagliano sul cielo di Pavia alcuni edifici di notevole altezza, come la torre del Maino, alta 51 metri o la torre di San Dalmazio (41 metri), dei veri e propri grattacieli per l’epoca.

Da sinistra Torre dell'Orologio, Torre del Maino e Torre del Fraccaro

La statua fascista

É in un angolo, con il cartello delle informazioni deperito ma c’è.
Nel sempre attualissimo dibattito “Io sono un antifascista, tu sei un fascista? Devi dirlo che sei un antifascista per convincermi di non esserlo” che attanaglia la vicina penisola italica, e sottrae non poche energie e sforzi alle reali necessità del bel Paese, nel castello Visconteo é incredibilmente presente quest’opera. 

Come detta é messa lì in un angolo, abbandonata, senza alcuna cura, come se dargli una pulita sarebbe sinonimo di essere fascisti. Sicuramente in passato aveva altra ubicazione ma é già un miracolo che sia ancora lì. Se gli antifascisti lo sapessero probabilmente darebbero l’assalto al castello così come in Francia fecero con la Bastiglia.

Giovanni Scapolla (Pavia1908 -1995)Monumento ai caduti fascisti - 1937 - Bronzo

Questa l'iscrizione che si legge a stento

Nel 1936 L’opera viene commissionata dall’ artista (autore anche della celebre scultura detta Lavandaia del 1981), dichiaratamente antifascista, per commemorare i fascisti morti durante la guerra civile spagnola. Realizzata l’anno successivo assume, toni di un ricordo più generico, e non rappresenta il tipico fascio littorio.
Collocata originariamente nella nicchia sul sul fronte settentrionale della chiesa pavese di Santa Maria alla Cacce, é stata rimossa nel luglio 1943, con la caduta del regime, e trasferita all'interno del Castello Visconteo


Se avete il coraggio...si trova nell'angolo sotto l'arco all'estrema sinistra, ironia della sorte!

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