Un simpatico animaletto difficile da vedere in natura. Ho sempre ammirato la sua ingegnosità, abilità e non da ultimo la resistenza dei suoi denti. Questo in gioventù. Poi il nulla, il nulla cosmico per anni se non decenni finché di colpo nel giro di due settimane lo incrocio due volte ed entra così anche lui a far parte del mio bagaglio storico. Come vedremo anche in maniera piuttosto sorprendente.
Il castoro (fiber o beber) era un animale molto presente nei fiumi dell'Europa medievale poiché anticamente viveva sulle loro rive, e alcuni fiumi, come la Bièvre, probabilmente gli devono il nome.
Matteo Plateario, Circa instans, traduzione francese anonima, Francia, fine del xv secolo
San Pietroburgo, Biblioteca nazionale, ms fr. t. v. V1, 1, 24 X 17.3 cm
L. r6s: Un castoro mostra il castoreo, un unicorno in grembo a una vergine
San Pietroburgo, Biblioteca nazionale, ms fr. t. v. V1, 1, 24 X 17.3 cm
L. r6s: Un castoro mostra il castoreo, un unicorno in grembo a una vergine
Più pesce che carne
Il primo incontro avviene durante la visita al refettorio della Certosa di Pavia, refettorio che appare come un intermezzo tra i due splendidi chiostri: chiostro grande e chiostro piccolo.Vista sul chiostro piccolo alla Certosa di Pavia
Il refettorio si tratta di un locale rettangolare con un enorme affresco su una parete di fondo, ma quello a colpire maggiormente é quel classico odore di chiuso, che oltre a far passare l’appetito trasmette quella sensazione angosciosa di stare bene mprigionati, proprio come in effetti era per i monaci certosini.

Ancora oggi, circa 280 monaci certosini presenti in Europa sono praticamente vegetariani. Essi infatti non mangiano carne nemmeno dietro prescrizione medica. Questo perché per loro la carne aveva tutta una serie di significati simbolici. Viene infatti associata alla ricchezza, alla aristocrazia, alla violenza, perché la carne deriva nella maggior parte dei casi procurata attraverso la caccia. Altra attività, aristocratica comunque, sempre attraverso l'uccisione o il spargimento del sangue dell'animale.

Refettorio della Certosa di Pavia
Ancora oggi, circa 280 monaci certosini presenti in Europa sono praticamente vegetariani. Essi infatti non mangiano carne nemmeno dietro prescrizione medica. Questo perché per loro la carne aveva tutta una serie di significati simbolici. Viene infatti associata alla ricchezza, alla aristocrazia, alla violenza, perché la carne deriva nella maggior parte dei casi procurata attraverso la caccia. Altra attività, aristocratica comunque, sempre attraverso l'uccisione o il spargimento del sangue dell'animale.
I certosini, provenienti spesso da famiglie nobili, rinunciavano poi ai costumi della loro classe sociale di provenienza per dedicarsi ad una vita di preghiera e di contemplazione. I certosini però possono mangiare prodotti di derivazione animale, come ad esempio il pesce e il formaggio, anche il latte naturalmente.
E in alcuni giorni dell'anno, cioè proprio in corrispondenza delle grandi festività, possono mangiare i pesci, quali appunto erano considerati senza sangue e di conseguenza erano considerati ovviamente più puro rispetto alla carne. Tuttavia, attorno al Seicento, in una certosa di area toscana a poco a poco iniziò a diffondersi quindi consumare un altro alimento che non era propriamente pesce, era il castoro.
Il castoro che nuotava copioso all'interno dei nostri fiumi venne a un certo punto equiparato ai pesci in quanto animale d'acqua e in questo in virtù di un antico pronunciamento conciliare , di conseguenza i monaci certosini in questa attuale età consumarono il castoro e qualsiasi altra cosa fosse simile al castoro, lontre, ecc, ecc. Tutto questo all'attenzione del priore dello certoso che ancora oggi esercita una paternità spirituale su tutti gli altri monasteri certosini il quale naturalmente si dichiarò contrario al consumo di fatto carne di castoro e nonostante questo pronunciamento questa abitudine, che certo si limitò, non cadde mai nel dubbio in disuso perché ancora nel 1802 e nel 1803 in una certosa dell'area romana sono stati ritrovati tracce del consumo di questo animale.
I castori come esempio di autocontrollo sessuale
Rincontro il simpatico animaletto in una chiave di lettura completamente diversa una settimana dopo.
Secondo lui bisognava stare ben lontani da questi terribili peccati. E c'era solo un modo per farlo: comportarsi come i castori.
Proprio così. Avete presente i bestiari medievali?
Quei libri in cui i naturalisti dell'epoca raccontavano com'erano fatti gli animali (secondo loro)? Ecco, nei bestiari non solo venivano descritte le caratteristiche degli animali in un modo a dir poco fantasioso, ma a ciascuno di essi erano anche associate delle specifiche interpretazioni allegoriche, degli insegnamenti morali per aiutare gli uomini ad assumere dei comportamenti retti.
Del castoro si credeva fossero molto preziosi i testicoli perché ricchi di proprietà mediche. Con il loro contenuto si creava una sostanza detta castoreum che veniva usata un po' per tutto: emicranie, mal di denti, mal di stomaco, paralisi e, perché no, anche demenza. Si raccontava che il castoro sapeva bene di essere una preda molto ambita proprio per questo motivo, perciò quando si accorgeva di essere inseguito da un cacciatore si recideva i testicoli con i denti e glieli lanciava in faccia. Così il cacciatore li avrebbe raccolti e gli avrebbe risparmiato la vita. E di fronte a un altro cacciatore gli sarebbe bastato mostrare di essere già senza testicoli per essere lasciato in pace.
Del castoro si credeva fossero molto preziosi i testicoli perché ricchi di proprietà mediche. Con il loro contenuto si creava una sostanza detta castoreum che veniva usata un po' per tutto: emicranie, mal di denti, mal di stomaco, paralisi e, perché no, anche demenza. Si raccontava che il castoro sapeva bene di essere una preda molto ambita proprio per questo motivo, perciò quando si accorgeva di essere inseguito da un cacciatore si recideva i testicoli con i denti e glieli lanciava in faccia. Così il cacciatore li avrebbe raccolti e gli avrebbe risparmiato la vita. E di fronte a un altro cacciatore gli sarebbe bastato mostrare di essere già senza testicoli per essere lasciato in pace.
Fior di virtú, traduzione francese di François de Rohan, Maestro di François de Rohan, Parigi, 1530
Parigi, BnF, ms fr. 1877, 21 x 13 cm
f. 19p: Allegoria della Pace
Qual era il significato allegorico di questa storia?
I testicoli rappresentavano i vizi, e il cacciatore il diavolo. Il castoro era l'uomo, quello che doveva trovare il coraggio di recidere da sé ogni vizio per salvare la propria vita, o meglio la propria anima.
I testicoli rappresentavano i vizi, e il cacciatore il diavolo. Il castoro era l'uomo, quello che doveva trovare il coraggio di recidere da sé ogni vizio per salvare la propria vita, o meglio la propria anima.
«Chiunque vive secondo la legge divina e vuole vivere castamente, recida da sé ogni vizio e ogni atto impudico e li getti dietro di sé in faccia al diavolo; questi, allora, vedendo che quell'uomo non ha nulla di ciò che è suo, confuso si allontana da lui»
si leggeva nel Fisiologo, uno dei più antichi di questi bestiari allegorici, redatto nel II secolo forse ad Alessandria d'Egitto.
Recidersi i testicoli e lanciarli in faccia al diavolo: questo bisognava fare per salvare la propria anima anche secondo Pier Damiani
Be', non letteralmente. Metaforicamente. L'uomo doveva estirpare dal suo cuore quello che il castoro estirpava dal proprio corpo:
«Elimina dal tuo cuore ogni occasione di lussuria e così, mentre abbandoni con un supremo sforzo di volontà ogni atto lascivo, è come se tu togliessi da te stesso le parti vergognose che ne sono la radice».
Dal bestiario
Ho un libro enorme e bellissimo: un bestiario, ma non uno qualsiasi; IL BESTIARIO. Alla prima occasione cerco quindi di consultarlo alla ricerca di informazioni o conferme come in questo caso.
L'iconografia medievale di questo animale lo rende spesso irriconoscibile, tanto che può essere identificato solo dal contesto delle sue rappresentazioni le quali, in genere, evocano la leggenda piú nota che lo riguarda.
L'origine testuale di questa leggenda risale a Esopo che, molto probabilmente, è stato la fonte dell'autore del Fisiologo alessandrino. Questo mito, che si trova in tutti i testi medievali che riguardano il castoro, lo descrive come una bestia pacifica i cui testicoli, per sua sfortuna, vengono utilizzati nella preparazione di molti rimedi, il che lo rende preda regolare dei cacciatori. Ma, sapendo esattamente il motivo per il quale viene cacciato, il castoro si automutila e lancia i propri testicoli in faccia al cacciatore, per evitare di essere ucciso. Se poi per caso, tempo dopo, un castoro già castrato viene di nuovo cacciato, si alzerà sulle zampe posteriori e mostrerà la cicatrice, cosí da dimostrare al proprio inseguitore che la sua cattura non potrà recargli alcun vantaggio.
I miniatori che illustrano questa scena di solito raffigurano l'animale proprio nell'atto della castrazione, nel momento in cui si strappa i testicoli con i denti mentre i cacciatori lo inseguono.
Fisiologo (versione B), Bologna, 1300 ca.
Parigi, BnF, ms lat. 2843E, 23 x 13,5 cm
f. 720: Il castoro si castra da solo per sfuggire al cacciatore
Talvolta il miniatore ha ritratto due sequenze della stessa azione, rappresentando un paio di testicoli già strappati e lasciati sul sentiero.
Spesso i cacciatori indicano i testicoli, o si impadroniscono del loro bottino, mentre un castoro già mutilato sta ritto sulle zampe anteriori per mostrare il suo inguine insanguinato e mentre un altro si mutila.
La morale di questa favola esopica:
«Anche tra gli uomini, sono saggi coloro che, attaccati a causa delle loro ricchezze, le sacrificano per non rischiare la propria vita»,
sarà ripresa anche nel Medioevo ma adattata alle idee cristiane, e nel Fisiologo risulterà cosí:
«Anche tu, cristiano, rendi al cacciatore ciò che è suo. La prostituzione, la lussuria e l'avidità sono in te. Asporta da te questi vizi e dalli al cacciatore-diavolo ed egli ti lascerà in pace, affinché anche tu possa dire: "Siamo stati liberati come un passero dal laccio dei cacciatori"»
(Salmo 124, 7).
Il castoro diventa, cosí, il simbolo dei religiosi che accettano di rinunciare ai beni materiali. E anche questa credenza che ha portato Isidoro di Siviglia a sostenere che il nome di questo animale deriva dal suo sistema di difesa: la parola «castoro» avrebbe origine da «castrazione».
Invece, secondo la Topografia cristiana (II, 6) scritta nel vi secolo da Costantino di Antiochia, detto Cosma Indicopleuste, è piú probabile che questo termine derivi dalla parola sanscrita kasturi, o kastouri, che significa «muschio», perché le secrezioni profumate e oleose del castoro sono state usate in profumeria fin dall'antichità per il loro valore afrodisiaco.




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