"Del maiale non si butta via niente" una massima vera soprattutto nel Medioevo quando veniva raccolto ed utilizzato in cucina anche il sangue della macellazione. (cosa che oggi, a molti, farà storcere il naso). La ricetta francese del Menager de Paris del 1393 prevede l'aggiunta di grasso e interiora, cipolle, sale, zenzero, chiodi di garofano e pepe per realizzare un ottimo "boudin". Perfetto anche nelle salse aggiunto al grasso o al brodo di carne.
Anonimo Toscano (fine '400) lo aggiunge alla "zeunia" uno stufato di pollo con cipolle e lardo, molto saporito e forte di pepe dall'inconfondibile colore scuro dato dal sangue e dai fegatelli utilizzati per addensare il tutto.
Un manuale inglese intitolato Libro di cucina elenca le portate di un banchetto offerto per celebrare l'ordinazione di John Stafford ad arcivescovo di Canterbury, avvenuta nel 1443. Il menú è ricco, per usare un eufemismo.
La prima portata include: cervo, manzo, cappone, fagiano, cigno, airone, abramide e crema pasticciera. Segue la seconda: altri capponi, gru, ancora cervo, coniglio, pernice, chiurlo, carpa e frittelle. E poi una terza: crema aromatizzata, gelatina, brodo, melone, piviere, dolcetti di zucca, rallo, quaglia, colomba, ancora conigli e di nuovo frittelle.Il Liber de coquina, scritto in latino nella Napoli del primo Trecento, attinge a una nutrita serie di tradizioni culinarie regionali, presentando ricette italiane provenienti da Lombardia, Campania o Sicilia insieme ad altre che vengono definite ad usum Angliae (inglesi) o ad usum Francie (francesi). Certo le tradizioni culinarie locali erano ormai, a quella data, ben assestate, e tuttavia le ricette restano abbastanza vaghe e avare di dettagli. Vediamo ad esempio quella della limonia, una pietanza a base di pollo al limone:
Ad limoniam faciendam, suffrigantur pulli cum lardo et cepis. Et amigdale mundate terantur, distemperentur cum brodio caris et colentur. Que coquantur cum dictis pullis et speciebus. Et si non habentur amigdale, spis-setur brodium cum uitellis ouorum. Et si fuerit prope horam scutellandi, pone ibi succum limonum uel limiarum uel citrangulorum.
Per fare la limonia: soffriggete i polli con lardo e cipolle. Sminuzzate mandorle sgusciate e mondate, stemperate con brodo di carne e filtrate. Cuocete poi coi polli e spezie. Se non avete mandorle, arricchite il brodo con tuorli d'uovo. Quando è quasi ora di impiattarlo, aggiungete succo di limone, limetta o cedrangolo.
Un cuoco moderno, abituato ai ricettari moderni, potrebbe trovarsi in difficoltà. Quanto pollo? E quanto lardo, e di che tipo? Che cos'è il «brodo di carne»? Quanto tempo deve cuocere il pollo? In queste ricette medievali raramente troviamo indicazioni di quantità, di misura, di procedure e tempi di preparazione, il che fa pensare che fossero semplicemente dei suggerimenti fondati su tecniche e metodi che i cuochi già conoscevano a menadito. Che fosse un esperto professionista agli stipendi di un ricco signore oppure il capocucina di una piccola fattoria, il cuoco che intendeva seguire queste ricette doveva rimpolpare il loro nudo scheletro, improvvisando in base agli ingredienti disponibili. Che questa ricetta si realizzasse in un pollo al limone, alla limetta, al cedrangolo, o anche, perché no?, in un pollo all'aglio o alla cipolla, dipendeva esclusivamente da quali ingredienti erano a portata di mano e, naturalmente, dai gusti dei commensali.
In certi casi possiamo ancora leggere tra le righe e scoprire deboli tracce di quella che era la vera e propria arte culinaria.
Leggiamo questa ricetta per le crespelle trovata in un manuale di economia domestica francese del 1393 intitolato Ménagier de Paris («Manuale della casalinga di Parigi»):
Crespes.
Prenez de la fleur et destrempez d'oeufs tant moyeux comme aubuns, et y mettez du sel et du vin, et batez longuement ensemble: puis mettez du sain sur le feu en une petite paelle de fer, ou moitié sain ou moitié beurre frais, et faites fremier; et adonc aiez une escuelle percée d'un pertuis gros comme vostre petit doit, et adonc mettez de celle boulie dedans l'escuelle en commençant ou milieu, et laissez filer tout autour de la paelle; puis mettez en un plat, et de la pouldre de succre dessus. Et que la paelle dessusdite de fer ou d'arain tiengne trois choppines, et ait le bort demy doy de hault.
Crespelle
Prendete della farina, unitela a delle uova, sia il tuorlo che l'albume, e aggiungete sale e vino, e sbattete tutto insieme a lungo: poi mettete della sugna sul fuoco in una piccola padella di ferro, oppure metà sugna e metà burro fresco, e fate soffriggere; tenete a portata di mano una scodella forata il cui buco sia grande come il vostro mignolo, e mettete il composto nella scodella iniziando dal centro e lasciate colare nella padella tutt'intorno; poi prendete un piatto e cospargete di zucchero in polvere. E che la padella anzidetta di ferro o di rame tenga tre misure e abbia il bordo di mezzo dito d'altezza.
Al pari delle odierne crêpes francesi questa ricetta contiene sia uova sia farina, mentre il vino, che all'epoca era piú debole di gradazione rispetto ai nostri vini d'annata,- fungeva da sostituto sterilizzato per l'acqua o per il latte. Ma leggendo questa ricetta cogliamo anche l'atmosfera di quella che doveva essere la cucina medievale in quanto pratica effettiva, a cominciare dalle diverse temperature di cottura per finire con ciotole e padelle specifiche, e perfino riusciamo a immaginare in azione il cuoco stesso, con le sue dita che costituivano un'unità di misura empirica e naso e orecchie all'erta per cogliere il momento esatto in cui il burro inizia a soffriggere.
E in Ticino?
Fin dal medioevo le terre del Cantone Ticino hanno esportato cuochi in tutto il mondo. Il più conosciuto è il Maestro Martino, originario della valle di Blenio e cuoco presso la casa degli Sforza a Milano nel XV secolo.Una tavola da duchi
Come si mangiava alla corte degli Sforza?Le illustrazioni mostrano una selezione di ricette del Maestro Martino. Sono state create utilizzando l'intelligenza artificiale.
Tuttavia, il risultato non è del tutto accurato: l'invenzione della forchetta a quattro punte, ad esempio, risale solo al XVIII secolo.
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