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Motivazioni per festeggiare il proprio compleanno - parte 4 - Le tre colonne

Ci vogliono pochi minuti dalla chiesa di San Giulio alle famigerate tre colonne nella campagna di Roveredo. La mia prossima tappa é semplice, spartana dal lato concreto ma carica di significati.

Le tre colonne

Ci sono tre colonne nella campagna di Roveredo, un collega originario di li mi ha riferito che quando hanno costruito l'autostrada hanno previsto una curva per preservare il sito. Tutto per tre piccole colonne, anzi, avanzi di colonne....

Le tre colonne di Roveredo

Incrocio due signore a qualche centinaia di metri dal posto, scambio due parole, sono tentato di chier loro cosa sanno in proposito ma non lo faccio. Avrò modo di scoprire più tardi che le persone del luogo sono tutti a conoscenza della loro presenza e spannometricamente della loro funzione. Nessuno però sa indicare con precisione cosa si svolgeva.

Sulla sinistra si intravedono i resti delle tre colonne

Dopo pochi minuti giungo in vista del luogo. È a qualche metro dalla strada che costeggia il fiume e che una volta doveva essere un punto di transito principale. Dettagli all'appatrenza senza importanza

Storia dei patiboli

Sui Patiboli venivano eseguite le condanne capitali; alcuni sono conservati a Ernen, Jörgenberg, presso Olten, a Susch, Vicosoprano, Zuoz e in valle d'Orsera. Nella sua Topographia Helvetiae (1642), Matthaeus Merian menziona alcuni patiboli presso Altdorf (UR), ad Appenzello, Coira, Friburgo, Neuchâtel, Svitto e Stans. 

Dal XIII o XIV secolo il patibolo consisteva generalmente in una struttura fissa in pietra, costruita in una posizione ben visibile su una collina o un pendio sovrastante la strada, sempre al confine di una giurisdizione, all'entrata nel territorio di una città o di una signoria.

Diebold Schilling salva Jakob Kessler, che era stato condannato a morte per sfilacciamento e che sotto tortura aveva confessato un omicidio a Lenzkirch che non aveva commesso (1495).

Parte integrante del rito dell'esecuzione era il percorso, a piedi o su un carro, dei condannati dal luogo del giudizio al patibolo, accompagnati da un sacerdote, dal giudice e dai curiosi. I corpi dei giustiziati sulla forca e di altri deceduti (suicidi, decapitati) appesi in mostra venivano lasciati a marcire o dati in pasto ai corvi. Una volta caduti dalla forca, i resti dei cadaveri e le ceneri dei condannati al rogo venivano seppelliti dal boia sotto o vicino al patibolo.

Patibolo di forma triangolare del tribunale di alta giustizia della contea di Baden a Dättwil. Particolare di un disegno acquerellato di grigio di Felix Meyer, 1700 ca. (Zentralbibliothek Zürich, Graphische Sammlung und Fotoarchiv).

Poiché i lavori di costruzione dei patiboli erano considerati diffamanti, le autorità dovevano proteggere i loro artigiani tramite chiamate pubbliche (Mestieri vili).

Con l'introduzione dell'esecuzione a porte chiuse, dopo il 1800, tra l'altro per mezzo della ghigliottina (utilizzata a Lucerna fino al 1915), rispettivamente dopo l'abolizione della pena di morte, i patiboli di proprietà dei cantoni caddero in disuso e furono abbandonati. Oggi solo alcuni toponimi evocano la loro antica esistenza (bosco della forca, in tedesco Galgenholz ). Alcune strutture sono state in parte conservate, in particolare ad Aarburg, Ernen, Hospental e Roveredo (GR).

Canton Sciaffusa

Quasi esattamente 200 anni fa, il 18 febbraio 1822, fu eseguita per l'ultima volta una condanna a morte sul Galgenbuck. Secondo i testimoni dell'epoca, migliaia di spettatori si radunarono per vedere il capo dei briganti Johann Baptist Wild penzolare dal patibolo.

L'ultima esecuzione sul patibolo di Galgenbuck è stata un vero e proprio spettacolo popolare.

All'inizio del XIX secolo, lo storico di Sciaffusa David Stockar ha studiato attentamente i documenti giudiziari e ha scoperto che tra il 1460 e il 1847 nel cantone Sciaffusa ci sono state 139 decapitazioni. Invece, «solo» 37 persone sono state impiccate. Probabilmente per questo motivo nell'antica Confederazione circolava il detto: «Ladro, se vuoi rubare, vai a Sciaffusa».


Nel 1840 il Consiglio di Sciaffusa capì che un patibolo del genere non era più adatto ai tempi moderni e illuminati. In un'operazione notturna e segreta, alle quattro del mattino, il capomastro Jakob Schalch e tre suoi assistenti dovettero smantellare il luogo dell'esecuzione sul Galgenbuck.

Ernen (VS)

Il più bello dei patiboli ancora in piedi in Svizzera si trova nel Vallese. Su un'altura sopra Ernen, verso Mühlebach, vicino al luogo dell'esecuzione, si può trovare anche quando c'è la neve.

Il patibolo si trova sulla cresta occidentale del Mosshubel. Fino al XVIII secolo era il luogo dove si facevano le esecuzioni capitali nella zona di Zenden/distretto di Goms. Il 31 luglio 1702, il maestro Franz Wissen ricevette dal governatore della circoscrizione Joseph Schwick l'incarico di innalzare le tre colonne del patibolo e di coronarle con capitelli in tufo. 

Le tre colonne di pietra alte 4,2 m sono ancora oggi collegate tra loro da un muretto. Sopra le colonne c'erano delle travi di legno su cui ladri, streghe e assassini ricevevano la loro ultima punizione. Oggi il patibolo è un bene culturale svizzero di importanza nazionale.

Nel 1764 qui furono eseguite per l'ultima volta le condanne a morte.
Il tribunale della Zenden fece impiccare tre uomini accusati di aver rubato dalla cassa comunale di Geschinen. Dopo essere stati “interrogati in modo molto amichevole”, i ladri confessarono il loro misfatto “senza costrizione e in modo del tutto volontario” sotto tortura. 

La maggior parte se la cavava con la prigione e multe, alcuni venivano messi alla gogna e marchiati a fuoco sulla spalla. È anche documentato che la tortura era usata soprattutto nei processi alle streghe.

Si dice che un tempo i vallesani avessero inviato una delegazione al Papa per chiedergli un corpo santo. Il Papa avrebbe risposto loro di andare al patibolo e scavare lì.

Quando nel XVIII secolo un artigiano svevo fu condannato a morte sul patibolo di Erner, la gente avrebbe protestato dicendo che il patibolo era per loro e i loro figli e non per ogni straniero “Hudel”. Il condannato fu quindi graziato con 101 anni di esilio e portato al confine meridionale.

Testimonianze museali

Trovo alcune tracce di questa tipologia di patibolo a tre colonne in due musei. Il primo é é il museo di archeologia di Costanza (D) che tra le altre cose é famoso per la presenza all'ultimo piano di diverse ricostruzioni di scene storiche tutte fatte con i playmobil

Come riportato sopra i cadaveri venivano lasciati penzolare in bella vista alla merce dei corvi. Questa procedura non era sintomatica ed é ipotizzabile che con il passare degli anni fosse sempre meno in voga

La seconda testimonianza é un diorama presente nel museo cantonale di Lucerna. Esso ricostruisce un patibolo.

Il modello mostra l'area di esecuzione così com'era nel XVIII secolo.
Alta Corte, fiumi Kleine Emme e Reuss, ponte, dogana, strada principale da Lucerna a Basilea. L'esposizione dei cadaveri sul patibolo serviva a scoraggiare la criminalità.
Data / Epoca: Modello realizzato nel 2003
Fonte: Archeologia cantonale di Lucerna
Ubicazione: 2F-2.04.01 Museo cantonale di Lucerna

Diversi sono gli elementi di interesse. Oltre alla forca si possono notare altri condannati che giacciono sulla ruota dopo essere stati martoriati. La forca si presenta all'interno di un recinto ma risulta comunque ben visibile dalle persone in transito sul vicino ponte. Con ogni probabilità il fiume fungeva anche da confine e questo rafforza la tesi del "biglietto da visita" per chi giungesse nel nuovo territorio: mentre oggi siamo abituati ai cartelli con il classico "benvenuti a.." una volta la premura era di far sapere che ci si apprestava ad entrare in un territorio in cui chi infrangeva la legge era pesantemente punito

Replay

A questo punto, forti delle nuove informazioni acquisite proviamo ad immaginarci la scena; stiamo scendendo la passo del San Bernardino in direzione di Bellinzona, é una giornata uggiosa e c'é poca gente in giro. Passiamo l'abitato di Roveredo, non manca ormai molto all'arrivo. Dopo aver passato il villaggio di Roveredo attraversiamo le sue campagne e pian piano sulla sinistra si delinea una scena.


Tra le colonne penzola un uomo, c'é un piccolo nugolo di persone ai suoi piedi, l'esecuzione deve essere avvenuta da poco perché solitamente ci si limita a passare davanti alle colonne senza soffermarsi, indipendentemente che c sia appeso qualcuno o meno


L'effetto dissuasivo doveva avere un grande impatto, questa tecnica psicologica era già in voga presso i romani, dove i condannati alla crocifissione venivano lasciati ai bordi delle strade come monito. Si pensi ad esempio alla rivolta di Spartaco.

Edor Andreevich Bronnikov (1827-1902). La scatola maledetta. Luogo di esecuzione nell'antica Roma. Gli schiavi crocifissi. Anno 1878. Olio su tela. Galleria Tretyakov, Mosca.

Spartaco morì in battaglia nel 71 a.C. durante la sua rivolta contro Roma. Non fu crocifisso, ma i suoi seguaci sopravvissuti all'ultima battaglia, circa seimila prigionieri, vennero crocifissi lungo la Via Appia, da Capua fino a Roma, come monito e punizione esemplare.

Potenziale motivazione per autocelebrarsi e/o celebrare la vita Nr.06: 
Deviare un autostrada per conservare una, architettonicamente umile, testimonianza del passato manifesta una forte volontà di tenere un canale aperto con il passato. Come ben testimonia lo slogan della rivista Focus Soria "scoprire il passato per capire il presente" é più che mai valido. 
Un passato che di nuovo percepiamo come estremamente duro e crudele, l'esistenza dei diritti dell'uomo é sicuramente una buona motivazione per celebrare la vita

Ancor maggiore é la motivazione per celebrare la volontà di mantenere queste testimonianze di cui il nostro territorio é costellato ma a cui troppo spesso non prestiamo attenzione presi come siamo da mille altre faccende. Avere il piacere di non accontentarsi di notare tre avanzi di colonne, la volontà di approfondire, di capire, anche questo é celebrare la vita

È giunta l'ora di lasciare la valle Mesolcina e dirigersi verso l'ultima tappa odierna: Locarno é la mia nuova meta

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