Già sentita nominare, sicuramente letto o visto da qualche parte, la maschera di ferro sa più di leggenda che di realtà.
Ci vorrebbero per iniziare delle prove concrete della sua esistenza, anche se una sua eventuale materializzazione non garantirebbe che sia stata anche indossata. Un po’ come la vergine di Norimberga, dopo aver appurato la sua esistenza, allo stesso modo ho appurato si tratta di un falso per intrattenere e meravigliare gli ospiti. Ma poi, mettiamo il caso fosse veramente esistita ed utilizzata, ma in che maniera? A che scopo? In quali casi?
Sta di fatto che la maschera di ferro e derivati la trovo per ben tre volte durante il mio peregrinare. Vediamo dove e che dicono in proposito chi la espone.
Die demütigende Verhüllung des Gesichts mit zum Teil sehr phantasievoll gestalteten Masken war eine beliebte Ehrenstrafe
Maschera in acciaio brunito, modellata con i lineamenti di un uomo calvo di mezza età e composta da due parti congiunte, divise sotto la linea orbitale: la sezione superiore comprende parte della calotta, la fronte, gli occhi e l'attaccatura del naso mentre quella inferiore ingloba il resto del volto e parte del collo. La bocca e le narici presentano vere e proprie fessure mentre gli occhi sono evidenziati da forature sagomate; altri forellini sono presenti alle estremità delle orbite.
Le due sezioni che compongono la maschera sono state prodotte nel nord Europa - verosimilmente in Germania o in Inghilterra - in epoche differenti, per poi essere assemblate in un unico manufatto nel XIX secolo.
La porzione inferiore è riferita alla produzione settecentesca e presenta una modellatura più raffinata, di retaggio barocco, mentre quella superiore, di manifattura ottocentesca, è caratterizzata da tratti più grossolani e approssimativi. Per conferire un aspetto unitario all'armamento, al momento dell'assemblaggio è stata operata la brunitura dell'intera superficie.
La definizione «maschera da giustizia» discende dalla tradizione del romanticismo ottocentesco, periodo in cui nelle armerie fiorirono oggetti fortemente caratterizzati da elementi macabri. Gli unici riscontri invero si possono instaurare con manufatti del tutto inventati, esposti nelle cosiddette «sale di tortura» ottocentesche.
L'unicità dell'esemplare genera numerose incognite sulla sua conformazione che evoca due modelli diversi: le maschere da guerra romane di epoca imperiale - comunemente realizzate in bronzo - e le maschere funebri diffusesi tra i popoli della steppa.
Lo studio dell'archivio economale della famiglia Bagatti Valsecchi ha permesso di accertare che la maschera fu acquistata dall'antiquario Giuseppe Baslini il 28 marzo 1884. Tale acquisto è testimoniato dalla tattura emessa dallo stesso mercante, e da suo nipote Romeo Rainoldi, in data 28 febbraio 1885. Il documento permette di accertare che la maschera fu acquistata congiuntamente a due tovaglie, per una spesa complessiva di millecentocinquanta lire.
Tali maschere avevano una funzione prettamente “psicologica” perché in grado di incutere timore negli animi avversari. Spesso fungevano da elemento protettivo per tutti quei soldati che materialmente non erano in grado di portare uno scudo, vedasi i signiferi (portatori di insegne). Fino a qualche tempo fa, la convinzione era che queste maschere di ferro – talvolta bronzo – fossero solo per l’estetica di una parata.

La Maschera di Ferro (... – Parigi, 19 novembre 1703) fu un individuo la cui identità non è mai stata realmente accertata e del quale vi sono notizie storiche che dicono che fosse un prigioniero durante il regno di Luigi XIV di Francia.
Fra gli autori che si interessarono al suo caso vi furono Voltaire ne Il secolo di Luigi XIV e soprattutto Alexandre Dumas padre, che ne fece un personaggio nel romanzo Il visconte di Bragelonne, ipotizzando fantasiosamente fosse un gemello o fratellastro del re Luigi XIV, nonché vero primogenito di Luigi XIII. A quell'episodio del romanzo di Dumas sono stati ispirati numerosi film, con differenti gradi di fedeltà.
Voltaire concluse che «La maschera di ferro era senza dubbio un fratello del re Luigi XIV.
Ci vorrebbero per iniziare delle prove concrete della sua esistenza, anche se una sua eventuale materializzazione non garantirebbe che sia stata anche indossata. Un po’ come la vergine di Norimberga, dopo aver appurato la sua esistenza, allo stesso modo ho appurato si tratta di un falso per intrattenere e meravigliare gli ospiti. Ma poi, mettiamo il caso fosse veramente esistita ed utilizzata, ma in che maniera? A che scopo? In quali casi?
Sta di fatto che la maschera di ferro e derivati la trovo per ben tre volte durante il mio peregrinare. Vediamo dove e che dicono in proposito chi la espone.
Museo Rosgarten di Costanza
É esposta in una sala dedicata al Medioevo, più precisamente in una vetrina dedicata alle punizioni. Sta al centro , come una vera protagonista tra spade d’esecuzioni e manette.
La maschera di ferro al museo Rosgarte di Costanza (D)
Cosa dice la didascalia?
Kupferne Schandmaske, 15./16. Jh.Die demütigende Verhüllung des Gesichts mit zum Teil sehr phantasievoll gestalteten Masken war eine beliebte Ehrenstrafe
Maschera di vergogna in rame, XV/XVI secolo.
L'umiliante copertura del viso con maschere in parte molto fantasiose era una punizione molto popolare.
Museo del Boia di Sissach
Le maschere di ferro esposte nel minuscolo museo di Sissach (BL) sono diverse, più elaborate, più sfarzose. Il loro obiettivo appare a prima sensazione simile a quello della maschera di Costanza
Non ci sono infatti bisogno di parole per spiegare la sua funzione, basta osservare in immagine poco distante presente nello stesso museo
Lo scopo appare evidente, punire, umiliando, mettendo alla berlina il soggetto protagonista di qualche malefatta. Certo non riusciamo ad immaginare reati più gravi di qualche frutto o una rissa in stato di ebrezza. Fatto sta che lo scopo di questa tipologia di maschera appare ben chiara
Casa Bagatti Valsecchi
Chi lo direbbe che nel cuore di Milano, a pochi metri dalla via Monte Napoleone si trova una maschera di ferro? La sua costruzione é assai differente di quelle visionate in precedenza
MASCHERA DETTA DA GIUSTIZIA
Manifattura tedesca o inglese
XIX secolo Acciaio brunito; 1100 g
Maschera in acciaio brunito, modellata con i lineamenti di un uomo calvo di mezza età e composta da due parti congiunte, divise sotto la linea orbitale: la sezione superiore comprende parte della calotta, la fronte, gli occhi e l'attaccatura del naso mentre quella inferiore ingloba il resto del volto e parte del collo. La bocca e le narici presentano vere e proprie fessure mentre gli occhi sono evidenziati da forature sagomate; altri forellini sono presenti alle estremità delle orbite.
Le due sezioni che compongono la maschera sono state prodotte nel nord Europa - verosimilmente in Germania o in Inghilterra - in epoche differenti, per poi essere assemblate in un unico manufatto nel XIX secolo.
La porzione inferiore è riferita alla produzione settecentesca e presenta una modellatura più raffinata, di retaggio barocco, mentre quella superiore, di manifattura ottocentesca, è caratterizzata da tratti più grossolani e approssimativi. Per conferire un aspetto unitario all'armamento, al momento dell'assemblaggio è stata operata la brunitura dell'intera superficie.
La definizione «maschera da giustizia» discende dalla tradizione del romanticismo ottocentesco, periodo in cui nelle armerie fiorirono oggetti fortemente caratterizzati da elementi macabri. Gli unici riscontri invero si possono instaurare con manufatti del tutto inventati, esposti nelle cosiddette «sale di tortura» ottocentesche.
L'unicità dell'esemplare genera numerose incognite sulla sua conformazione che evoca due modelli diversi: le maschere da guerra romane di epoca imperiale - comunemente realizzate in bronzo - e le maschere funebri diffusesi tra i popoli della steppa.
Lo studio dell'archivio economale della famiglia Bagatti Valsecchi ha permesso di accertare che la maschera fu acquistata dall'antiquario Giuseppe Baslini il 28 marzo 1884. Tale acquisto è testimoniato dalla tattura emessa dallo stesso mercante, e da suo nipote Romeo Rainoldi, in data 28 febbraio 1885. Il documento permette di accertare che la maschera fu acquistata congiuntamente a due tovaglie, per una spesa complessiva di millecentocinquanta lire.
Altre varianti
Proprio la didascalia della maschera di ferro di casa Bagatti Valsecchi apre nuovi possibili impieghi di queste maschere
Maschera romana - Signifer
In linea di massima, i ritrovamenti registrati fino ad oggi, indicano come le maschere romane avessero principalmente due scopi: quello protettivo-militare (utilizzate da chi portava i vessilli in battaglia) e quello da parata.Maschera da parata in ferro ricoperta d'argento appartenuta a un cavaliere romano, rinvenuta sul luogo della battaglia di Teutoburgo

La maschera di ferro
Ultimo ma non da ultimo va annoverata la maschera più celeberrima, quella di ferro indossata da un misterioso personaggio.Fra gli autori che si interessarono al suo caso vi furono Voltaire ne Il secolo di Luigi XIV e soprattutto Alexandre Dumas padre, che ne fece un personaggio nel romanzo Il visconte di Bragelonne, ipotizzando fantasiosamente fosse un gemello o fratellastro del re Luigi XIV, nonché vero primogenito di Luigi XIII. A quell'episodio del romanzo di Dumas sono stati ispirati numerosi film, con differenti gradi di fedeltà.
La maschera di ferro alla Bastiglia
La regina doveva essere convinta che fosse colpa sua se non nasceva un erede a Luigi XIII, quando la regina rimase incinta - senza per altro convivere con il re - si confidò col cardinale Mazarino, il quale fece in modo che il re Luigi XIII e la regina dormissero per un periodo nello stesso letto.
In quest'incontro fu concepito Luigi XIV, e la regina di concerto col cardinale decisero di tenere nascosta al sovrano, l'esistenza dell'altro figlio, la Maschera di Ferro. Questo segreto rimarrà tale anche per Luigi XIV, almeno fino alla morte del Mazarino. Quando Luigi XIV seppe del fratellastro, stimò più pietoso e giusto, continuare a tenerlo nascosto piuttosto che far piombare sulla corte di Francia l'onta di una nascita illegittima.»
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