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Bischofszell

Il pallino per Bischofszell oltre alle traduzione del nome (la cella del vescovo) me la da un splendido arazzo presente al museo di storia di Basilea. Mentre dell’analisi dello stesso me ne occupo altrove decido di approfittare di una delle domeniche dove il locale museo é aperto per fare visita

La prima cosa a colpirmi la trovo subito sulla porta di entrata principale della cittadella. Il mosaico che appare tra gli stendardi di Turgovia e Bischofszell riporta immediatamente ai dipinti di Hodler sulla ritirata di Marignano

 Il mosaico sul lato orientale dell'ex porta della città fu realizzato nel 1945 dall'artista Carl Roesch di Diessenhofen in occasione dell'ultima grande ristrutturazione. Raffigura il "ritorno a casa dei coraggiosi abitanti di Bischofszell dalla battaglia del Gubel"

Appurato quindi che la creazione di Roesch é posteriore a quella di Hodler risulta subito chiaro chi si sia ispirato a chi. La battaglia del Gubel (1531) é un evento minore se rapportato a quello di Marignano e fa parte delle guerre confessionali svizzere. Il Gubel l’avevo già affrontato con “l’ultima marcia di Zwingli”

Anche all’interno del museo trovo un quadretto con scene di colonne militari in movimento di vago gusto hodleriano. Purtroppo non trovo nessuna didascalia inerenti a queste opere.

Bogenturm

Ah già, la porta di entrata…propongo un immagine del passato. Nella giornata odierna Bischofszell é molto frequentata (causa concorso delle decorazioni delle fontane) e non riesco a immortalare la torre principale come vorrei.


Ex porta orientale del complesso cittadino, trasformata in porta interna dopo l'espansione della città alta. Dopo l'apertura della Kirchgasse nel 1876, perse la sua funzione di strettoia.
L'illustrazione della Cronaca federale di Stumpf del 1548 fa già riferimento all'aspetto attuale dell'edificio, ad eccezione della torretta di colmo, distrutta nell'incendio della città del 1743.

Vista originale di Bischofszell dalla Cronaca di Stumpf, prima edizione del 1548.
Fino al 1870, questa piccola città, una delle più importanti della Turgovia, era raffigurata in 29 stampe.Qui vediamo un'immagine della città ancora medievale, ma con i dettagli molto semplificati.Gli artisti hanno usato questa vista come modello fino al XVIII secolo.

Sul lato est, a metà della facciata, si trova il mosaico a pannelli realizzato da Carl Roesch nel 1945, che raffigura tre Bischofszeller riformati di ritorno dalla battaglia del Gubel (1531). I "Tre Confederati" si potevano vedere qui fino al 1862.

Vista di Bischofszell

Una cronaca pittorica ricca di dettagli è stata realizzata grazie all'uso sofisticato di numerosi tipi di punto con filati di lana colorati su un panno di lana lavorato a pezze. Mostra Bischofszell sul pendio davanti al Bischofsberg e il paesaggio alla confluenza dei fiumi Sitter e Thur. Il torrione del castello porta lo stemma del vescovo di Sonnenberg. Di particolare interesse sono le scene che si svolgono in un ambiente rurale con pollame, bestiame grosso e piccolo. Un cavaliere, la cui sella è ornata dallo stemma vescovile, marcia verso un aperitivo di benvenuto con un seguito variopinto. Un bagnante salta dal ponte Sitterbrücke e i contadini contrattano accanto al carro del raccolto. I venditori ambulanti si affrettano sulla collina, un boscaiolo si dedica al suo lavoro e un ecclesiastico non manca nel variopinto trambusto.

Riproduzione
Appendiabiti da parete con veduta di Bischofszel, ricamo in lana su fondo di violino, originale del Historisches Museum di Basilea
(M. 117, 8 216 cm), Svizzera orientale, L terza 16,1h.
Caratura laurgree Ritbber Der Wandeharg nis der Arsida von Bacrofzel, Basilea 2013 (disponibile per l'acquisto presso la reception).

Quest'opera é ispirata dall'arazzo di cui parlavo all'inizio. Naturalmente il museo non può fare a meno di esporre qualcosa che almeno richiami l'arazzo. "L'anno scorso l'abbiamo avuto in prestito da Basilea e l'abbiamo esposto, ora al primo piano c'é una foto"

La cella del vescovo

Vescovo, consigliere e cittadino Salomone, vescovo di Costanza, è considerato il fondatore di Bischofszell. Per 1'000 anni il vescovo è stato il signore della città. Questo è visibile ancora oggi nello stemma della città.
Nel castello risiedeva un balivo, braccio destro del vescovo, i cittadini erano rappresentati da consiglieri e signori di corte, il cui numero è salito a 12 nel corso del tempo. Il balivo doveva sempre essere presente alle riunioni e aveva l'ultima parola.
Il consiglio regolava gli affari amministrativi della città, gli scambi e il commercio, emetteva mandati e sottoponeva ogni anno l'elenco nominativo delle cariche all'amministrazione vescovile per la decisione finale.
L'amministrazione vescovile era l'unico giudice di vita e di morte. Essa nominava il balivo come ufficiale giudiziario imperiale nei procedimenti di alta corte e, in ultima istanza, per far rispettare la sentenza.
Bischofszell fu incorporata nella Repubblica Elvetica nel 1798 e apparteneva quindi al Canton Turgovia.
Oggi il consiglio comunale è composto da sette membri.

Il Capitolo di Bischofszell

Capitolo di canonici secolari dedicato a S. Pelagio nella cittadina di campagna di Bischofszell (TG), appartenente alla diocesi di Costanza fino al 1814 e a quella di Basilea dal 1829.

Fondata probabilmente nel IX sec. dal vescovo di Costanza Salomone I, la prepositura è menzionata per la prima volta nel 1150. 

Bischofszell conobbe un momento di particolare fioritura attorno al 1500. Nel 1529 numerosi canonici abbracciarono la nuova fede. 

Theodor Buchmann, detto «Bibliander»
(1505-1564)
Riformatore di Bischofszell, successore di Huldrich Zwingli a Zurigo.
Il ritratto è una copia dell'originale di Hans Asper, 1550, conservato nel Museo storico di Turgovia.
Dipinto da Emil Bosshard. Olio su tavola.
Museo storico di Bischofszell, Inv. 16752

Nel 1531 (stesso anno della battaglia del Gubel) i cantoni cattolici imposero il ritorno al cattolicesimo. Nel 1535 fu nuovamente celebrata la messa, nonostante le resistenze della popolazione, in prevalenza riformata.

Il capitolo, amministrato dallo Stato a partire dal 1798, fu soppresso nel 1852.

La cittadina

La parte più antica della città, "im Hof", fu fondata dal Vescovo di Costanza prima del 919 d.C.. A metà del XIII secolo, Bischofszell ottenne lo statuto di città.

Viborada di San Gallo in conversazione con Salomone III

La città si estende successivamente fino alla "Porta ad arco" ("Zeitglockenturm"). Nel 1437, il sobborgo a est di questa porta, che era stato demolito durante le guerre di Appenzello, fu ricostruito e incorporato nella cerchia di mura.

Le strade della bella cittadina sono caratterizzate da edifici tardo-gotici e numerosi edifici tardo-barocchi.

E di piantine della cittadina non faccio fatica a trovarne, 



Al numero 4 la sede del museo


L'incendio

Prima o poi é capitato a tutti: ogni raggruppamento di case é stato soggetto ad almeno un incendio. Bischofszell non fu da meno, l'unica incognita era il quando, per la cittadina turgoviese fu il 1743

Vista della Kirchgasse settentrionale, prima del 1743, probabilmente Georg o suo figlio Hans Jakob Held, copia, XVIII/XIX secolo.

Vista della Marktgasse prima dell'incendio del 1743. Sul lato sinistro c'è lo stemma della città di Bischofszell, con una mano in un guanto di ferro. Le tre fiamme rappresentano i tre incendi che hanno colpito la città, mentre le tre stelle simboleggiano le rispettive ricostruzioni. Al centro del dipinto si vede la fila di case dove oggi c'è il museo (l'edificio a sinistra della torre ad arco) - olio su tela, artista sconosciuto Museo storico di Bischofszell, Inv. 14101

Tre volte un grande incendio ha colpito Bischofszell, ma quello del 16 maggio 1743 ha segnato la città fino ad oggi. In poche ore sono andate distrutte 70 case, cioè metà del centro storico. La causa è stata un incendio doloso nella Marktgasse, causato dal lavaggio proibito dei panni.

Incendio del 16 maggio 1743, disegnato da Johannes e Hans Konrad Nötzli, inciso da David Herrliberger, 1754.

I soccorsi arrivarono da lontano, anche da 45 km di distanza, per combattere le fiamme con pompe antincendio, secchi, ganci e pelli bagnate. 


Ben presto si radunò una folla di curiosi e fu necessario sorvegliare le rovine.

Vale la pena leggere tutto il testo sull'incendio, che viene dall'annuario della Turgovia del 1943. Riportarlo tutto qui sarebbe troppo lungo per il sito web. In questo testo ci immergiamo nella vita dei nostri antenati a Bischofszell intorno al 1750 e possiamo vivere tante storie divertenti.

Ecco qualche breve estratto:

«Il municipio cade vittima degli elementi insieme ai secchi antincendio che vi erano conservati. Quando le guardie gridano a squarciagola “al fuoco”, la gente si sveglia di soprassalto, spaventata. Chi vede la propria casa in fiamme cerca di salvarsi la vita come può, spesso vestito solo con la camicia. Molti dei signori borghesi devono presentarsi il giorno dopo per strada con abiti malridotti o presi in prestito, senza giacca, parrucca o cappello. Le donne, per lo più “salvate” nei sobborghi o fuori dalle mura, non possono affatto mostrarsi nei loro “abiti”. 

”Il bagliore dell'incendio è visibile sul Lago di Costanza fino a Meersburg. A Bischofszell devono smettere di suonare le campane dalla torre della chiesa; il calore sta diventando insopportabile. Nelle cantine il vino e il mosto iniziano a bollire.

Nel corso di questo “duro giudizio di Dio” sono arrivati più di mille curiosi. Con i curiosi sono comparsi furfanti e fannulloni, come ancora oggi è consuetudine: il miracolista segue a ruota la carità cristiana e la disponibilità ad aiutare il prossimo, e gli uomini oscuri della società, che approfittano della confusione generale, si uniscono al corteo. Si rubava, secondo la testimonianza del cronista (J. Diethelm), «come non sarebbe mai successo tra popoli non cristiani e barbari».

Rovine dell'incendio viste dall'alto, probabilmente Georg o suo figlio Hans Jakob Held, probabilmente copia, XVIII/XIX secolo.

Gli inviati del Consiglio raccolsero fondi per finanziare la ricostruzione.

Il vescovo di Costanza, come signore della città, chiese tetti di tegole, vicoli più larghi, case tutte della stessa altezza e più edifici in pietra. I fratelli Grubenmann di Teufen fecero il progetto generale e una dozzina di case sono state costruite da loro. Per ricostruire ci vollero centinaia di artigiani da ogni dove. L'ultimo vuoto fu colmato solo a metà del XIX secolo.

Frieda Keller l'assassina

Nome: Frieda Keller
Date: 1879-1942
Città natale: Neukirch a. d. Thur (TG)
Stato civile: single
Figli: 1
Professione: ricamatrice, cameriera, sarta
Carica: -
Altre info: ha ucciso suo figlio di cinque anni ed è stata condannata a morte. Il caso ha fatto scalpore in tutto il Paese, ma è stata graziata e ha passato 15 anni in prigione.

Quello che il museo di Bischofszell propone é un semplice box con i poche stringate righe (riportate qui sopra) e accompagnate da una catena. Poi sta al visitatore decidere cosa fare: accontentarsi di questa misera descrizione oppure lasciarsi trasportare dalla sete di conoscere tutta la storia ed ricercare cosa portò a uno degli atti più difficili da comprendere per l'essere umano: l'uccisione del figlio da parte della madre. Ovviamente opto per la seconda opzione 

Vita prima del fatto

Frieda Keller è nata a Bischofszell, quinta di undici figli di Jakob e Anna Keller-Kobi. Suo padre Jakob Keller aveva una bottega di calzolaio a Bischofszell.

Frieda Keller ha iniziato a ricamare e cucire quando ancora andava a scuola a Bischofszell. Dopo aver finito la scuola, ha lavorato come «tagliatrice di fili» nell'industria del ricamo per aiutare la famiglia. Nell'autunno del 1895, a 16 anni, iniziò un apprendistato come sarta nell'atelier di Mathilde Müller a Bischofszell, che finì dopo un anno e mezzo. Dopo, Frieda Keller aiutò la mamma malata nelle faccende di casa. 

Per guadagnare qualcosa in più, iniziò a lavorare come aiutante nella taverna «Zur Post» a Bischofszell. Il capo, Karl Zimmerli, era un amico di suo padre ed era sposato. Ha violentato Frieda Keller più volte nella cantina del ristorante e nel suo appartamento. Nel novembre 1898 Frieda Keller si accorse di essere incinta. Lasciò quindi il suo lavoro alla locanda «Zur Post» e iniziò a lavorare come sarta presso Leontine Bahon a San Gallo. 

La sua capa non si accorse della gravidanza fino a otto settimane prima del parto. Su richiesta di Frieda Keller, Leontine Bahon andò a Bischofszell dai genitori di Frieda per informarli della gravidanza fuori dal matrimonio. Il padre ripudiò Frieda. Morì il 4 settembre 1901. Sua madre Anna Keller si mostrò più comprensiva, così come la sua datrice di lavoro Leontine Bahon. Il figlio Ernst Keller nacque il 27 maggio 1899. Le tre donne decisero di affidare il bambino dopo la nascita all'istituto di custodia «Tempelacker» di San Gallo.

Frieda Keller 1903

Il padre del bambino, Karl Zimmerli, fu informato della nascita dalla madre di Frieda Keller. Lo stupro non ebbe conseguenze penali per Zimmerli. Frieda Keller non ha nemmeno fatto causa per il riconoscimento della paternità, perché all'epoca era una cosa impossibile. Secondo il codice di diritto privato del Canton Turgovia, le cause di paternità venivano respinte, tra l'altro, se il convenuto era sposato al momento del concepimento e la ricorrente era a conoscenza del suo stato civile. 

Karl Zimmerli ha dato a Frieda Keller 30 franchi una volta e 50 franchi un'altra volta per il mantenimento del bambino. Frieda Keller faceva fatica a pagare le sue spese e il vitto di Ernst al Tempelhof. Però riceveva un aiuto economico dalla mamma, che dopo la morte del papà, il 4 settembre 1901, tornava a trovare regolarmente nella casa dei genitori a Bischofszell. 

Poco prima di innamorarsi, nell'autunno del 1902, di un impiegato ferroviario di nome Heinrich Rothenfluh, che stava facendo il servizio militare a San Gallo, sua madre morì il 29 settembre 1902. Frieda Keller, per paura di perderlo, non aveva detto a Heinrich Rothenfluh nulla del figlio illegittimo e dello stupro. Dopo che Heinrich Rothenfluh fu trasferito a Rapperswil, la loro relazione finì. 

Il 6 settembre 1903, le suore dell'istituto per bambini «Tempelacker» dissero a Frieda Keller che Ernst avrebbe dovuto lasciare la struttura perché stava per raggiungere l'età massima e doveva essere sistemato altrove. Frieda Keller si trovava quindi in una situazione di emergenza finanziaria e familiare. Nel gennaio 1904, Frieda Keller chiese alla direzione del «Tempelacker» di tenere Ernst fino a Pasqua. Ciononostante, le suore continuarono a insistere affinché Frieda Keller andasse a prendere suo figlio.

Assassinio e indagini di polizia

Frieda Keller andò a prendere suo figlio il 2 maggio 1904 al «Tempelacker». Disse che voleva portarlo a Monaco di Baviera da una zia. Dopo aver lasciato l'istituto, madre e figlio si sedettero per un po' su una panchina vicino al bosco Hagenbuchwald a St. Fiden. Frieda Keller iniziò a scavare una fossa con le mani e le scarpe. Poi ha strangolato Ernst con una corda. Ha poi coperto il corpo con terra e foglie.

Il fatto: Frieda Keller (Julia Buchmann) nel bosco. Foto: Condor Films

Il 7 giugno 1904, due passanti, Liliana Pellizari e Luigi Lavagni, hanno trovato nel bosco Hagenbuchwald a St. Fiden il corpo di un bambino sconosciuto, parzialmente coperto di foglie. Il corpo era già in avanzato stato di decomposizione. Secondo il medico incaricato dell'autopsia, la morte era avvenuta da sei a otto settimane prima del ritrovamento. La causa del decesso era stata stabilita come strangolamento. Sul luogo del ritrovamento non furono trovate tracce che potessero fornire indizi sull'autore del delitto. 

Per ottenere informazioni, il 13 giugno 1904 fu pubblicato un annuncio ufficiale sulla stampa. Questo conteneva una descrizione dettagliata dei vestiti trovati sul bambino.
Il 14 giugno 1904, due suore che lavoravano nel “Tempelacker” si presentarono alla procura. Lina Rüge e Malwina Durisch, dopo aver esaminato i vestiti, riuscirono a identificarli come appartenenti al loro ex pupillo Ernst Keller. Lo stesso giorno, durante la pausa pranzo, Frieda Keller è stata arrestata a casa della sorella Bertha Keller-Iselin. Ha confessato subito. Come motivo dell'omicidio ha detto di essersi trovata in una situazione senza via d'uscita, perché sua madre, su cui aveva sempre potuto contare in passato, era morta. Si vergognava per aver mentito per tanti anni.

Condanna e grazia

Il processo al Tribunale cantonale di San Gallo si tenne l'11 e il 12 novembre 1904. L'accusa era di omicidio volontario e il pubblico ministero chiese la pena di morte. Il difensore di Frieda Keller, Arnold Janggen, chiese una condanna per omicidio colposo e circostanze attenuanti a causa della situazione di emergenza e della disperazione dell'imputata. Il 12 novembre 1904 il tribunale condannò Frieda Keller a morte per omicidio. La sentenza scatenò un'ondata di indignazione, soprattutto tra le organizzazioni femminili svizzere, poiché non erano state prese in considerazione alcuna circostanza attenuante. 

Ci furono però anche voci critiche, come quelle del quotidiano cattolico Die Ostschweiz, che dipingeva Frieda Keller come un'assassina a sangue freddo con una vita immorale

Una scena tratta dal film

Vita in carcere e morte

Il 14 novembre 1904, l'avvocato difensore Arnold Janggen presentò una richiesta di grazia al Gran Consiglio del Cantone di San Gallo, che doveva decidere sull'esecuzione della sentenza di morte. Una seconda richiesta di grazia fu presentata dalla condannata. Il Parlamento cantonale accolse le richieste il 28 novembre 1904. La condanna a morte fu revocata e commutata in ergastolo in isolamento.

Frieda Keller fu rilasciata il 25 novembre 1919. Dopo alcune tappe intermedie presso la sorella Bertha Keller-Iselin a San Gallo e un fratello a Strasburgo, Frieda Keller finì da una sua vecchia amica d'infanzia, Ida Marbach, a Hilterfingen, che, essendo divorziata, gestiva l'Hotel Marbach. Ida Marbach si fece carico di tutte le spese mediche di Frieda Keller, che aiutava come cameriera nell'hotel.

Gli anni di prigionia avevano lasciato il segno: Frieda Keller era fisicamente provata. Il 15 luglio 1937, il 30 dicembre 1937 e il 12 settembre 1938 Frieda Keller ebbe un ictus. Successivamente fu trasferita all'istituto di cura e assistenza di Münsingen. Il 22 settembre 1938 è stata trasferita al manicomio di Münsterlingen, nel cantone di Turgovia, dove è morta il 7 settembre 1942.

Locandina del film

Elementi religiosi

Sono giunto a Bioschofszell in anticipo, questo mi ha permesso di fare un giro nel villaggio prima di assaltare il museo. La più grande particolarità che trovo é nell'ex ossario un affresco alla parete una crocificcione a "X"

La cappella è stata usata fino al 1544 come ossario e cappella dei defunti.
La parte centrale rettangolare risale al XIV/XV secolo. Il cimitero comunale, che era nel prato a nord della chiesa, è stato spostato nel 1544 nel Sandbänkli, fuori dal centro storico. Così, il locale di culto al piano superiore e l'ossario al piano inferiore hanno perso importanza. Quest'ultimo viene riempito nel 1841 e il pavimento del piano superiore viene abbassato.
Durante i lavori di restauro dal 1970 al 1973 vengono restaurati gli affreschi tardogotici (scene sacre, figure singole come Gallo, Maddalena, Caterina, Barbara e altre) nella cappella superiore.
Nel piano inferiore si trovano frammenti di un Giudizio Universale.

Rimane da scoprire chi é il santo crocifisso nell'affresco della cappella

Le croci usate dai Romani per le pene giudiziarie all’epoca di Gesù erano di tre tipi: la crux decussata, o croce di Sant’Andrea, era formata da due pali fissati a forma di X; la crux commissa, con i pali disposti a T; e infine c’era la crux immissa, quella più celebre, in cui la trave orizzontale (patibulum) veniva posta a due terzi dell’altezza di quella verticale (stipes). Quest’ultimo assetto permetteva di affiggere sul prolungamento sopra al capo del condannato il cosiddetto titulus, un cartello recante le generalità dell’accusato, la condanna e la sentenza.

Il santo crocifisso con lo stemma di Bschofszell (la mano del vescovo) sotto

Senza andare a inventarci l'acqua calda la prima identificazione del santo porta a Sant'Andrea

Sant'Andrea fu martirizzato per crocifissione a Patrasso (Patrae) in Acaia (Grecia), probabilmente nel 60 d.C., regnante Nerone. Dai primi testi apocrifi, si sa che Andrea venne legato e non inchiodato su una croce latina (simile a quella dove Cristo era stato crocifisso), ma la tradizione vuole che Andrea sia stato crocifisso su una croce detta Croce decussata (a forma di X) e comunemente conosciuta con il nome di "Croce di Sant'Andrea"

Malgrado questo il santo patrono di Bischofszell é San Pelagio, che morì però in tutt'altra maniera:
La versione originale prende in considerazione la bellezza dell'adolescente e la concupiscenza omosessuale dell'emiro (o di un signorotto musulmano locale), cui Pelagio oppose netto rifiuto. La conseguenza fu che questi venne sottoposto a tortura con smembramento degli arti fino a morirne, oppure straziato con tenaglie e poi decapitato.

L'arcano viene risolto con uno dei due pannelli d'altare presente nel museo storico

Pannello di sinistra dell'altare della chiesa collegiata di San Pelagio a Bischofszell, intorno al 1535
i santi Teodoro con croce obliqua e Potentiana con libro, fuoco e cittadina di Bischofszell.

Altare di San Teodoro, 1817
Parte centrale dell'altare di San Teodoro in stile classicista con reliquie decorate in modo artistico. Un tempo era un altare laterale dell'altare maggiore nella chiesa collegiata di San Pelagio a Bischofszell.
In prestito dalla parrocchia cattolica di Bischofszell, Inv. D 16771

Trovo molti elementi degni di nota nel museo, riferimenti a danza della morte o degli inferi, cosa piuttosto rara per un museo

Danza macabra, XVI secolo.
Due dipinti che mostrano il potere della morte sulla vita degli esseri umani.
Olio su tavola.
Museo storico di Bischofszell, Inv. 16760, 16761

Pannello di destra dell'altare della chiesa collegiata di San Pelagio a Bischofszell, intorno al 1535
 i santi Fridolino con bastone pastorale e Pelagio con foglia di palma.

Retro pannello San Fridolino: voragine infernale. Tempera su legno.
In prestito dalla parrocchia cattolica di Bischofszell, Inv. D 14676

I giocattoli

La sezione dei giocattoli é quella che "mi tocca" sempre maggiormente sul piano emotivo.
In essi infatti  rivedo un passato più povero ma allo stesso tempo più ricco e tutte le riflessioni ad esso collegato. Io vengo ancora da una generazione da pantaloni macchiati d'erba e sarasette nelle bucalettere.

La tecnologia ha preso il sopravvento rubando ai giochi al campetto prezioso tempo di spensieratezza che fanno oggi parte dei miei ricordi più belli. Se facciamo un ulteriore passo indietro, come qui al museo di Bischofszell, mi rendo conto che già la mia generazione é stata sprovvista di quella fantasia necessaria per usufruire dei giocattoli che a quei tempi i bimbi avevano a disposizione.
Invidio loro questa semplicità nel divertirsi con poco.

Calcio soffiato, una versione delle simulazioni di calcio da tavolo sorprendentemente semplice

Un esempio su tutti é il primo giocattolo che propongo; oggi siamo a delle versioni di videogiochi calcistici in cui inizia a diventare veramente difficile distinguere una partita vera da una da consolle. Non solo la  grafica (i dettagli si stanno spingendo fino a riprodurre i peli nel naso) ma anche i movimenti risultano estremamente naturali. Ecco, STOP, fare un passo indietro di circa una secolo: ecco la prima versione di calcio: due cannucce, una pallina da soffiare in due piccole porte in cartone sorvegliate da un elegante ma staticissimo portiere. Non ho idea per quanto tempo i ragazzini nel XX° secolo ci avrebbero giocato prima di stufarsi, ma quelli del giorno d'oggi sarebbe questione di minuti, anche perché le alternative più performanti sono molte. Quindi viziati che non siamo altro becchiamoci una velocissima carrellata di giocattoli che furono e mai più saranno

Piccolo parco rotante.

Soldatini svizzera con l'uniforme della prima guerra mondiale

Questa bellissima pecora é stato l'oggetto più struggente: presenta infatti un altro squarcio nella parte superiore del collo, col peso della testa essa la tiene bassa, come ion segno di sconfitta. Ed é proprio con questa lettura malinconica che lascio la sala dei giocattoli

Oggetti inusuali

Quando il vulcano indonesiano Tambora scoppiò nell'aprile del 1815, il clima di tutto il mondo ne risentì. Nel 1816 ci furono siccità e inondazioni che portarono alla carestia.
Nella Svizzera orientale il grano marcisce nei campi, il bestiame non trova quasi niente da mangiare e la carne viene venduta a prezzi più bassi del grano.
La crisi fu riconosciuta troppo tardi e le importazioni di cereali erano troppo scarse.
La gente affamata vagava, mendicava, raccoglieva piante selvatiche o addirittura rovistava nel letame alla ricerca di qualcosa da mangiare. Le autorità cercarono di aiutare con mense per i poveri.

Medaglia ricordo della grande carestia del 1817, 
premi più alti di Zurigo nel mese di giugno, dopo il 1817

Sempre inerente il periodo post carestia ecco una tavola dei prezzi piuttosto originale.

Di tutt'altro stampo il secondo oggetto, un layout sicuramente compatto, una lettura alla portata di tutti

Confezione di carta igienica (senza cloro e acidi, venduta da Rudolf Fürrer, negozio di carta, libri contabili e articoli per ufficio, Zurigo, dal 1887), intorno al 1900

Il re di fiori é un certo I. Müller di Diessenhofen
Trattasi di Johannes Müller che compì un apprendistato di fabbricante di carte a Sciaffusa e Diessenhofen (1829-32). In seguito continuò a lavorare nella fabbrica di carte da gioco Rauch di Diessenhofen (1832-38), che rilevò nel 1838 e poi ampliò.

«La cantante», 1920/30
Gruppo in porcellana in stile rococò, manifattura Volkstedt-Rudolstadt (Turingia). Fondata nel 1762, la manifattura è ancora attiva oggi.
Museo storico di Bischofszell, Inv. 16107

Va fatto un plauso al responsabile del marketing per questo olio per motori

Vecchie scatole con nomi destinati all'oblio

Le sale

Come se non bastasse la casa museo offre diverse sale ed ambienti

Sala da pranzo

Sala della musica

Salotto

Farmacia

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Ci vogliono pochi minuti dalla chiesa di San Giulio alle famigerate tre colonne nella campagna di Roveredo. La mia prossima tappa é semplice, spartana dal lato concreto ma carica di significati. Le tre colonne Ci sono tre colonne nella campagna di Roveredo, un collega originario di li mi ha riferito che quando hanno costruito l'autostrada hanno previsto una curva per preservare il sito. Tutto per tre piccole colonne, anzi, avanzi di colonne.... Le tre colonne di Roveredo Incrocio due signore a qualche centinaia di metri dal posto, scambio due parole, sono tentato di chier loro cosa sanno in proposito ma non lo faccio. Avrò modo di scoprire più tardi che le persone del luogo sono tutti a conoscenza della loro presenza e spannometricamente della loro funzione. Nessuno però sa indicare con precisione cosa si svolgeva. Sulla sinistra si intravedono i resti delle tre colonne Dopo pochi minuti giungo in vista del luogo. È a qualche metro dalla strada che costeggia il fiume e che una volt...

Belli i capelli

La lunghezza massima dei miei capelli l’ho raggiunta nel 1994 quando mi arrivarono quasi alle spalle. Durò poco. Ora a 20 anni di distanza il mio pensiero inerente i capelli é "meglio grigi che assenti".  Non fanno sicuramente parte della mia quotidianità ma tornano saltuariamente nei miei pensieri quando lo scarico della doccia si ottura.  Al castello di Valangin ho modo di approfondire il tema e rendermi conto che anche loro fanno parte in qualche modo della storia Volantino dell mostra temporanea NON C'È NESSUN PELO IN CIÒ CHE PORTA FORTUNA: IL PIEDE, IL TALLONE E LA LINGUA Detto di Trinidad e Tobago Peli e capelli come barriera contro le aggressioni esterne  Proprio come la pelle, anche i peli hanno diverse funzioni. Prima di tutto, fanno da barriera fisica e aiutano a regolare la temperatura, soprattutto grazie al sudore.  I capelli proteggono dal sole, una funzione che i peli hanno perso perché ormai sono troppo sparsi per essere davvero efficaci. I peli pubici...

Glorenza

Approfitto della mia tre giorni in "estremo oriente" (con le dovute proporzioni), per penetrare in Italia, o meglio ancora nel ambiguo territorio della Val Venosta. Dopo aver visitato Curon mi sposto a sud per visitare Glorenza. Glorenza é affascinante per una sua caratteristica che difficilmente si riscontra nei villaggi nelle Alpi: le sue mura. Quando si entra da una delle sue tre porte si ha la voglia di scoprirne ogni angolo, di non lasciarsi sfuggire l’occasione di sentirsi catapultati in un altra epoca ad ogni passo che si fa. Per dare un’immagine dell’urbanistica della cittadina la miglio soluzione é dall’alto.  Foto scattata all’esterno del museo storico di Glorenza Ma non bisogna fantasticare troppo, avere la testa tra le nuvole potrebbe diventare estremamente pericoloso, meglio guardare chi arriva, soprattutto dai due assi principali che tagliano la cittadina; se una volta era cavalli oggi i tempi di reazione devono essere più scattanti, perché chi sopraggiunge po...

Scioperi svizzeri

Mia nonna diceva sempre di non parlare né politica né di religione durante gli incontri conviviali. A casa però le discussioni più accese ruotavano proprio attorno al tema politico. Con il susseguirsi delle epoche le ideologie hanno mutato assai l’impatto sulla società. Ho però sempre pensato che se fossi vissuto ai tempi della nonna sarei stato con ogni probabilità della sua stessa fazione. Basta vedere cosa proponeva il comitato di Olten nel 1918: il diritto di voto e di eleggibilità per le donne, l'introduzione della settimana di 48 ore e l'assicurazione per la vecchiaia e l'invalidità. Come non essere d'accordo? Oggi questi punti sono delle ovvietà, ma non fu sempre così...anzi come vedremo sorprendentemente durante le ondate di peste, nella perenne guerra padrone - operaio ,  il coltello dalla parte del manico passò decisamente in mano a questi ultimi....e se così non era bastava a ricorrere all’arma dell’ultima spiaggia, arma potentissima: lo sciopero. Alexandre ...

Motivazioni per festeggiare il proprio compleanno - parte 2 - Il Dio di lamiera

Il tragitto in postale tra Mesocco e Roveredo dura pochi minuti, non c'é nemmeno il tempo di sentiere le emozioni della prima tappa scendere che già si giunge nella ridente capitale della Moesa.  Roveredo Roveredo ha preso il suo nome dai folti boschi di rovere che lo circondano. Negli antichi documenti troviamo spesso le impronte del sigillo di Roveredo. Il più antico porta la data del 1615 e non rappresenta altro che un rovere con sei rami, tre per lato, armonizzati in uno stemma. Attorno sta la dicitura “Sigilium Roveredi Comunitatis”. Roveredo (GR): casa Zuccalli con i suoi graffiti risalenti alla metà del sedicesimo secolo. Nella foto il graffito presente sulla facciata della casa risalente alla metà del sedicesimo secolo riscoperto e restaurato. Al primo piano, dopo un restauro parziale eseguito dal restauratore Marco Somaini nel 2004, possiamo ammirare  il dio greco Hermes dai piedi alati, messaggero degli dei e protettore dei mercanti (il dio Mercurio romano) e i...

Dürer tatuato - prima parte

Ho un debole per Albrecht Dürer, molto marcato. Molto meno per i tatuaggi. Diciamo che se proprio fossi obbligato a tatuarmi qualcosa, la scelta potrebbe facilmente cadere su un opera dell’incisore tedesco. Pensieri ben distanti da me nella giornata del 8 febbraio 2025. L’obiettivo odierno era il moulage di Zurigo appena finito di visitare. La strada di rientro verso la città vecchia passa davanti all' ETH di Zurigo (politecnico). Edificio principale rispettivamente Graphische Sammlung, Politecnico federale svizzero (ETH Zürich) in Svizzera Ero passato di lì ore prima in direzione del moulage e sulle sue fiancate, tra tanti personaggi non mi é scappato, con grande sorpresa, quello di Albrecht Dürer. E li ero già contento, la giornata era già guadagnata, un accenno ad uno dei miei artisti preferiti, che volere di più? Lo spicchio della facciata del Politecnico di Zurigo dedicato a Dürer Il resto poi l’ha fatto la mia curiosità: notare che l'edificio era aperto al pubblico, entr...

Patto di Locarno

Sono divorziato. Da molti anni ormai.  Il divorzio non deve essere letto come qualcosa di negativo, spesso é un miglioramento delle condizioni di vita. Spesso? Diciamo sempre. Quando quel giorno nella sala del pretorio di Locarno ero intento a battagliare con l'avvocato della mia ex non sapevo che circa 90 anni prima nella stessa aula si tenevano discorsi ben più importanti per l'umanità intera. Presenti tutti i pezzi grossi dell'Europa In breve Dal 5 al 16 ottobre 1925 si svolse a Locarno una conferenza diplomatica tra le delegazioni di sette stati europei: il Belgio, la Francia, la Germania, il Regno Unito, l’Italia, la Polonia e la Cecoslovacchia.  Dopo dieci giorni di trattative, furono parafati sette trattati e convenzioni, di cui il principale fu un trattato di garanzia reciproca – chiamato anche Patto Renano – tra il Belgio, la Francia, la Germania, il Regno Unito e l’Italia, con il quale la Germania accettava la frontiera lungo il Reno scaturita dal trattato di Vers...